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ASPETTI MEDICO-LEGALI IN CHIRURGIA DEL GINOCCHIO Prof. Paolo Aglietti - Dr. Francesco Giron - Dr. Pierluigi Cuomo

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ASPETTI MEDICO-LEGALI IN CHIRURGIA DEL GINOCCHIO

Prof. Paolo Aglietti - Dr. Francesco Giron - Dr. Pierluigi Cuomo*

La chirurgia del ginocchio rappresenta uno dei più importanti settori dell’ortopedia su cui si è concentrata la ricerca e lo sviluppo negli ultimi 30 anni.

Numerose infatti sono le patologie che possono interessare un’articolazione così complessa. A partire dalle fratture, che rappresentano la patologia traumatica più frequente, nel giovane si distinguono lesioni meniscali, lesioni legamentose, lesioni osteocondrali e tutte le patologie derivanti da un’alterato funzionamento dell’articolazione femoro-rotulea; nell’anziano invece le patologie più frequentemente rappresentate sono l’artrosi, l’osteonecrosi e le lesioni di tipo degenerativo. Non dobbiamo dimenticare infine che il ginocchio, indipendentemente dall’età, può essere coinvolto da svariate patologie di tipo reumatico che spesso necessitano di un intervento chirurgico.

Al fine di inquadrare correttamente tutti gli aspetti medico-legali di questo tipo di chirurgia dobbiamo considerare alcuni concetti basilari della professione del medico-chirurgo.

* Clinica Ortopedica Università degli Studi di Firenze

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2 Nella professione di medico, oltre alla conoscenza e alla capacità, esiste anche il rapporto medico-paziente. Tale rapporto è disciplinato da regole ben precise che prevedono l’offerta di un trattamento da parte del medico e l’accettazione di tali servizi da parte del paziente. Esso è un rapporto strettamente basato su criteri di confidenzialità, fiducia e onestà da entrambe le parti. Al concetto di rapporto medico-paziente si associa anche quello di cura standard. Per cura standard si intende il grado di cura normalmente esercitata dai medici che praticano la stessa specialità. Bisogna tener conto dell’educazione e dell’esperienza del chirurgo. Nel caso in cui non vengano rispettati i parametri di cura standard si parla di “malpractice” o di cattiva pratica. Questo termine anglosassone definisce una negligenza o imprecisione da parte del medico che produce una lesione o un cattivo risultato al paziente e si basa sul concetto di cura standard. Per tale motivo tutti i casi non sono uguali e bisogna giudicare caso per caso. Tra gli elementi distintivi di

“malpractice” riconosciamo: 1) l’obbligo di cura, basato sul rapporto medico- paziente; 2) l’infrazione dell’obbligo, quando il medico non rispetta gli standard di cura; 3) la causalità; che rappresenta il rapporto tra azione e danno; e 4) il danno, che necessita della testimonianza di un esperto che definisca il nesso di causalità e l’entità del danno provocato.

Oggi in Italia il rapporto medico-paziente vive un momento di profondo mutamento. Assistiamo ad una situazione conflittuale mai registrata per nessuna categoria di professionisti. Il numero di procedimenti legali avviati per la richiesta di

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3 risarcimento danni nei confronti dei medici è molto elevato. Si stima che l’80% dei chirurghi abbia ricevuto almeno una richiesta di risarcimento o un avviso di garanzia. In base ai dati riportati nel 2005 dall’indagine Rasini Vigano’

Assicurazioni per la Regione Lombardia, nel periodo 1999-2004 sono stati raccolti 21000 sinistri, di cui 11000 richieste di risarcimento danni e 10000 denunce cautelative. Le specialità mediche coinvolte erano: l’ortopedia nel 16% dei casi, il pronto soccorso nel 12%, la chirurgia generale nel 10%, e l’ostetricia e ginecologia nell’8%. Secondo quanto riportato dal Procuratore della Repubblica Dott. Di Nicola al 81° Congresso della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia l’esito delle indagini esplicate in relazione alle denunce/esposti nei confronti dei medici è quasi sempre favorevole ai medici stessi (anche se molto dipende dalla relazione dei ConsulentiTecnici che vengono nominati) per cui la maggior parte dei relativi procedimenti si risolvono con l’archiviazione, altri, con sentenza di proscioglimento in udienza preliminare o con sentenza di assoluzione in dibattimento, e, soltanto pochissimi si concludono con sentenze di condanna.

Come sottolineato nel III Congresso Nazionale AMAMI (Associazione per i Medici Accusati di Malpractice Ingiustamente), i medici italiani si sentono controllati dalla magistratura e giudicati ancor prima dalla stampa. Compressi tra la volontà di offrire le migliori cure ai pazienti e le decisioni degli organi di amministrazione economico sanitaria che impongono loro i parametri a cui attenere ogni scelta terapeutica. A ciò si aggiunge l’aggravante che, nonostante l’assoluzione, spesso

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4 però è richiesto all’assicurazione di pagare le spese del procedimento o qualche forma di transazione. L’assicurazione si rivale poi comunque sul medico. Spesso addirittura le compagnie assicurative che offrono garanzia per la responsabilità civile sanitaria, operano la disdetta del contratto assicurativo dopo ogni notizia di richiesta di risarcimento che giunge al medico, indipendentemente dall’accertamento di responsabilità dello stesso. Negli ultimi dieci anni si è assistito ad un aumento esponenziale dei premi ed oggi un chirurgo stenta a trovare una compagnia che lo assicuri pur spendendo una cifra che può superare un’intera mensilità di stipendio.

Parimenti il paziente vive un momento di grande confusione a causa dei messaggi contrastanti offerti dai media. Non passa giorno infatti senza che si abbiano notizie circa i traguardi impensabili raggiunti dalla medicina, ma contemporaneamente di gravissimi e ben poco scusabili errori sanitari. L’ortopedia moderna infatti ha connotati diversi da quella storica. Era una branca biologica, è diventata progressivamente meccanica e sostitutiva ed ora si sta volgendo verso la

“mini-invasività”. A questa evoluzione si è aggiunto il cambiamento del rapporto medico-paziente, spersonalizzato in conseguenza di leggi e regolamenti: il medico è diventato un tecnico e il paziente un utente. Un risultato imprevisto, o indesiderato, non è la conseguenza di un’ineluttabile complicanza o l’evoluzione indesiderata di un procedimento, ma è ritenuto, spesso a torto, un errore. Non va dimenticato che spesso, poi, il risentimento dei pazienti è incentivato dalla consuetudine di certi

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5 medici di criticare l’operato dei colleghi o da avvocati e medici legali che rivendicano il diritto di protestare talvolta senza vero motivo. In questo clima i cittadini possono diventare oggetto della “medicina difensiva”, ossia quella serie di scelte terapeutiche, che i medici operano a volte più per cautela giudiziaria che per reale convincimento scientifico. Tecniche a rischio, pazienti “difficili o situazioni pericolose” vengono molto attentamente valutate e talvolta si dà valore al rischio rinunciando al beneficio. Così tecniche chirurgiche particolarmente difficoltose, ma insostituibili, non essendo più praticate, non verranno più apprese e non faranno più parte della cultura dei medici futuri. La perdita di tecniche chirurgiche valide, ma a rischio di denuncia, costituirà un danno irreparabile per i pazienti futuri.

Il medico non deve essere considerato un nemico da cui difendersi e comunque da perseguitare. Egli ha il preciso dovere di prestare cure adeguate e non può rifiutarsi di intervenire e deve in qualunque luogo o circostanza, prestare soccorso e cure d’urgenza a chi ne abbisogna e comunque tempestivamente attivarsi per ogni più specifica a adeguata assistenza. Il medico ha anche il dovere dell’aggiornamento e della formazione professionale permanente, onde garantire il continuo adeguamento delle sue conoscenze e competenze al progresso clinico scientifico.

La chirurgia del ginocchio, quale branca specialistica della chirurgia ortopedica, risente pienamente di questo situazione. A nostro parere bisogna ricostruire il rapporto medico-paziente. In una società, quale quella odierna, in cui

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6 per vari motivi tale rapporto si sta incrinando, la riconquista del rispetto e della fiducia del paziente attraverso un corretto e onesto rapporto interpersonale, rappresenta un valore fondamentale nella pratica della professione medica. Solo in questo modo si eviteranno fraintesi, malintendimenti, e incomprensioni che possono portare alla rottura del rapporto medico-paziente.

A tal fine l’introduzione del consenso informato rappresenta un punto importante per un informazione adeguata del paziente ed una precisa distinzione di ciò che può verificarsi sia durante che dopo il procedimento. E’ molto importante l’informazione relativa ad ogni innovazione tecnologica. Il professionista si deve impegnare a prestare la propria opera al fine di ottenere il risultato desiderato, ma per legge non si obbliga a conseguirlo. La descrizione deve essere accurata e specifica, e non generica, adottando un linguaggio consono alla cultura del paziente, e naturalmente al suo stato psicofisico. Il consenso deve essere personale, legittimo, informato, consapevole, non condizionato. Nel colloquio con il paziente vanno elencate tutte le alternative di trattamento, i possibili rischi e complicanze, e le percentuali di risultato soddisfacente conseguibile. Il consenso proprio perché informato e non condizionato rappresenta anche un impegno da parte del paziente ad attenersi al trattamento e alle indicazioni suggerite dal medico prescelto.

La precisa compilazione della cartella clinica rappresenta un altro punto fondamentale a riprova della correttezza della condotta del medico. Ricordiamo che tale documento deve essere redatto in tutte le sue parti e deve contenere: l’anamnesi,

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7 l’esame obiettivo, una o più schede di valutazione, tutti gli esami strumentali necessari a confermare la diagnosi, le eventuali consulenze di altri specialisti, la descrizione chiara e dettagliata dell’intervento, il diario giornaliero e le prescrizioni al momento della dimissione. Deve essere compilata in modo chiaro e leggibile e va controfirmata dal medico responsabile di quel determinato paziente.

Nonostante tutte le precauzioni però il risultato di un trattamento può essere insoddisfacente. Il risultato non valido può dipendere da varie cause tra cui la tipologia e la gravità della lesione, lo stato bio-umorale dell’organismo del paziente trattato, un errore del chirurgo, l’insorgere di complicazioni in corso di cura, etc..

Pertanto è importante distinguere l’errore dall’insuccesso e dall’insorgere di eventuali complicanze. Per errore si definisce un’azione o un atto terapeutico o chirurgico in antitesi con i dettami della scienza o di una tecnica conseguente a negligenza, imprudenza o imperizia. L’errore è il risultato di una cattiva condotta e implica una colpa lieve o grave a seconda del danno provocato. Un esempio potrebbe essere l’esecuzione di un intervento chirurgico al ginocchio controlaterale rispetto a quello che doveva essere operato. Per insuccesso si intende, invece, un risultato inferiore alle aspettative del paziente. Si basa sul giudizio soggettivo del paziente stesso e talora è in contrasto con quanto riscontrabile all’esame obiettivo.

Un esempio è la persistenza di un dolore di vario grado dopo un intervento di protesi di ginocchio, in assenza di alterazioni cliniche, umorali o strumentali che supportino l’origine di tale dolore. In ogni intervento chirurgico esistono vari gradi si

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8 successo a seconda dei criteri di valutazione utilizzati e dalle statistiche riportate. E’

importante che il paziente sia a conoscenza che non esiste alcun intervento chirurgico in cui la percentuale di rischio di insuccesso sia pari a zero. Intendesi, infine, per complicazione un evento avverso che si verifica nonostante si siano prese tutte le precauzioni per evitarlo e che di solito si sa possa verificarsi con una certa frequenza. In questo caso l’esempio tipico è il verificarsi di un’infezione dopo intervento chirurgico, nonostante si siano adottate tutte le precauzioni di sterilità possibili al momento dell’atto chirurgico e si sia intrapresa un’adeguata profilassi antibiotica sia prima che dopo l’intervento stesso. In definitiva la complicazione differisce dall’insuccesso perché imputabile al sopraggiungere di eventi direttamente connessi con la malattia o la lesione. Le complicazioni sono situazioni che vanno preventivate nel bilancio di un intervento e a volte anche previste sulla base dei fattori di rischio; possono rappresentare situazioni transitorie prive di conseguenze, ma anche inficiare il risultato nel qual caso vanno differenziate dall’errore.

Su queste premesse è facile comprendere come, in caso di richiesta di risarcimento danni, il ruolo del perito medico legale sia fondamentale per giudicare sulla “malpractice”, sulla negligenza, sulla causalità e sul danno. Deve essere un esperto sul settore specifico. Il medico legale ha conoscenze sugli aspetti legali, ma meno sugli aspetti tecnico-chirurgici per cui è preferibile che venga affiancato da un tecnico specialista. Negli Stati Uniti ad esempio per assumere il ruolo di perito in un procedimento legale è necessario presentare al giudice le pubblicazioni scientifiche

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9 effettuate negli ultimi cinque anni e l’elenco dei procedimenti a cui si è partecipato come perito negli ultimi 4 anni con allegata dichiarazione degli emolumenti percepiti in ogni uno di questi procedimenti. Tali regole sono atte ad identificare quali siano i veri specialisti in un determinato settore della medicina da quei medici che sono interessati a rivestire il ruolo di perito per puro profitto economico.

Nel nostro paese in caso di denuncia vi è la presunzione di colpa. Il paziente che si ritenga danneggiato da un atto sanitario ha il diritto di chiedere l’esistenza del danno e indicare nella prestazione sanitaria il nesso causale. Il medico curante ha l’onere di dimostrare l’assenza di colpa nella sua attività. La presentazione di un esposto o di una denuncia/querela, anche orale, al più vicino posto di polizia o stazione dei Carabinieri è quanto mai agevole e non comporta costi di alcun genere per il paziente. Avvocati e medici, preventivamente interpellati, non solo non fanno da filtro, come dovrebbero, ma, purtroppo, spesso, preferiscono alimentare e qualche volta suscitare speranze infondate su soggetti psicologicamente esposti e facilmente indotti ad attribuire possibili responsabilità a chi, professionalmente, ha dovuto correre rischi per fare il suo dovere.

Che cosa si può fare per limitare il fenomeno e ridare serenità agli operatori sanitari ed in particolare il chirurgo ortopedico? Riteniamo che sia importante seguire l’esempio di altri paesi creando sia un comitato di esperti, che esprima in caso di denuncia un parere dirimente e preventivo sull’archiviazione o meno del caso, sia un registro nazionale degli errori, accessibile da chiunque, con lo scopo di

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10 limitare il ripetersi dello stesso errore da parte di altri. Sarebbe utile definire, in caso di condanna, anche un massimale di risarcimento che potrebbe essere calcolato, come succede in Svizzera, sullo stipendio del cittadino medio. Altre opzioni potrebbero essere l’esistenza di assicurazioni aziendali, assicurazioni di gruppo, fondi di garanzia, o associazioni tipo AMAMI che tutelino il medico nella pratica della sua professione.

In conclusione possiamo affermare che la chirurgia del ginocchio come parte integrante dell’ortopedia in generale non è esente dalle problematiche sopraesposte.

La soluzione del problema può derivare solo dal coinvolgimento, dalla cooperazione e dagli sforzi di più figure. Il medico-ortopedico nello svolgimento della sua professione, oggi come in passato, deve ispirarsi ai principi espressi dal giuramento di Ippocrate difendendo la vita, tutelando la salute, operando con diligenza, perizia e prudenza, e, soprattutto, rispettando l’operato dei colleghi. Il legislatore deve porre qualche freno, soprattutto al penale, e trovare qualche soluzione tra quelle accennate, altrimenti nessun medico accetterà di assumersi rischi. Il paziente deve capire chiaramente che esiste una distinzione tra errore, complicazione o insuccesso.

Il medico, poi, troppo spesso è una facile preda quando sussistano problemi strutturali e organizzativi all’interno delle strutture ospedaliere. Sono necessari centri ad alta specializzazione con equipe di medici e paramedici che operino in sinergia al fine di ridurre al minimo il rischio di errore. Ma soprattutto non bisogna

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11 dimenticare che il paziente è una persona e non un semplice utente, e come tale va rispettato e compreso.

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