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ASPETTI MEDICO-LEGALI IN CHIRURGIA CERVICALE Prof. Vincenzo Denaro – Dr. Alberto Di Martino

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ASPETTI MEDICO-LEGALI IN CHIRURGIA CERVICALE

Prof. Vincenzo Denaro – Dr. Alberto Di Martino*

Abstract:

Il potenziale coinvolgimento medico-legale per un chirurgo ortopedico cresce in maniera esponenziale quando ci troviamo a parlare delle patologie della colonna cervicale. La vicinanza delle strutture midollari, dell’arteria vertebrale e del fascio vasculonervoso del collo assieme agli organi della deglutizione e della fonazione rendono necessaria la profonda conoscenza dell’anatomia e del completo spettro di complicanze che possono associarsi a questo tipo di chirurgia. Le lesioni del midollo spinale cervicale e delle radici nervose possono tradursi in quadri clinici complessi, dalle semplici paralisi radicolari a casi più gravi di monoplegie, emi-paraplegie, tetraplegie ed addirittura pentaplegie.

La conoscenza di tutte le possibili complicanze ci mette al riparo nell’attenzionarle e quindi nel prevenirle, ma esistono una gran quantità di eventi non prevedibili o rischi da correre se si vuole giungere ad un gesto chirurgico corretto ed efficace.

Nell’epoca dell’esplosione delle rivendicazioni medico legali faziose cresce la preoccupazione o la paura di dover correre rischi medico-legali per compiere il nostro dovere. La tentazione è quella di astenersi dall’affrontare interventi pesanti per il chirurgo, dato che veniamo giudicati da non specialisti o cultori della materia. Molti colleghi, di fronte all’accrescersi di false e faziose richieste solo a scopo di lucro, hanno abbandonato questa chirurgia.

* Cattedra di Ortopedia e Traumatologia, Scuola di Specializzazione in Ortopedia e Traumatologia, Università “Campus Bio-Medico” di Roma, Direttore: Prof. V. Denaro.

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Introduzione

Il potenziale coinvolgimento medico-legale per un chirurgo ortopedico cresce in maniera esponenziale quando ci troviamo a parlare delle patologie della colonna cervicale. Tale condizione è sostenuta principalmente dalle considerazioni anatomiche e dalle correlazioni anatomo-cliniche peculiari di questo segmento del canale vertebrale.

In particolare, la vicinanza delle strutture midollari, dell’arteria vertebrale e del fascio vasculonervoso del collo assieme agli organi della deglutizione e della fonazione rendono necessaria la profonda conoscenza dell’anatomia e del completo spettro di complicanze che possono associarsi a questo tipo di chirurgia (Vd. Figura 1). Le lesioni del midollo spinale cervicale e delle radici nervose si possono tradurre in quadri clinici complessi che possono andare dalle semplici paralisi radicolari a casi più gravi di monoplegie, emi-paraplegie, tetraplegie ed addirittura pentaplegie.

Le patologie del rachide cervicale di interesse chirurgico possono essere traumatiche, degenerative, neoplastiche (sia primitive che secondarie), infiammatorie (acute o croniche) e, più raramente, congenite.

La complicanza in questa tipologia di pazienti può nascere da un gesto chirurgico non corretto, da un gesto chirurgico corretto, ma incompleto, o da un gesto chirurgico non eseguito (Astensionismo).

Inoltre, le complicanze possono essere secondarie a errori di diagnosi, errori di indicazione, ad una tecnica inadeguata o incompleta, ad un errore di livello, o a complicanze che si verificano nel postoperatorio (come flebiti o infezioni). Il chirurgo

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vertebrale deve attentamente valutare la anamnesi del paziente e l’esame fisico alla luce dell’intera diagnostica differenziale che applica. Trappole comuni da evitare comprendono diagnosi errate di patologie cericali confuse con sindrome del tunnel carpale, o altre patologie da intrappolamento periferico dei nervi, la sindrome dello stretto toracico, una patologia primitiva della spalla, una neurite acuta del plesso brachiale, o patologie degenerative del sistema nervoso centrale. La conoscenza dei punti deboli inerenti ad una singola procedura è essenziale per minimizzare gli effetti collaterali e per riconoscerli e trattarli adeguatamente qualora si dovessero verificare.

Considerando le complicanze del gesto chirurgico, queste possono essere correlate alla Via d’accesso, alla Tecnica chirurgica, o a Fattori estrinseci (es. posizione del letto, tecnica anestesiologica, etc…).

Complicanze legate alle vie d’accesso (Vd. Tabella 1):

Una schematizzazione delle vie d’accesso più comuni al rachide cervicale è proposta in Figura 2.

Via transorale:

Lo sviluppo dell’accesso transorale, già descritto da Crowne e Jansen (1944), è stato portato da Fang e Ong (1962) e Verbiest (1963) ad una migliore caratterizzazione per quanto riguarda le potenzialità di applicazione, ma anche di tutto lo spettro di

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complicanze possibili ad esso correlate. Proprio la notevole incidenza di complicanze ha portato per molti anni ad un abbandono dell’uso di questa via d’accesso, che solo negli ultimi quindici anni è stata rivalutata.

Tale via d’accesso necessita dell’uso di un divaricatore dedicato per i tessuti molli che permetta di divaricare la lingua ed il palato, aumentando per quanto possibile l’esposizione del faringe; quest’ultimo viene sezionato longitudinalmente per avere accesso allo spazio retrofaringeo e, profondamente a questo, alla superficie anteriore delle prime due vertebre.

Le complicanze più comunemente riportate nell’utilizzo di questa via d’accesso sono:

Ø L’infezione post-chirurgica, prevalentemente da germi saprofiti del cavo orale, ad oggi molto più rara che in passato grazie ai progressi della profilassi antibiotica;

Ø Lesioni dei tessuti molli quali lingua, palato molle, colonne del faringe, che possono necessitare di riparazione chirurgica;

Ø Lesioni dell’arteria vertebrale, in caso di asportazione di lesioni molto laterali verso le masse dell’Atlante: in questi pazienti, data l’esiguità dell’esposizione chirurgica, la lesione risulta impossibile da riparare e pertanto letale.

Ø Lesioni neurologiche, secondarie alla difficile valutazione della profondità del campo operatorio.

Ø Quando vengono utilizzati mezzi di sintesi, questi possono mobilizzarsi e migrare anteriormente entrando in conflitto con la parete posteriore del faringe.

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Vie presternocleidomastoidea alta e bassa (retrofaringea, precarotidea)

Questa via d’accesso fornisce un accesso relativamente agevole alla regione cervicale alta ed al clivus, consentendo di operare dalla cerniera occipito-cervicale ed alla base del cranio, fino alle ultime vertebre cervicali. Inoltre permette di avere accesso all’arteria vertebrale, ai rami della carotide esterna, ai rami nervosi cervicali, ai nervi laringeo superiore ed ipoglosso. Quando associato alla via precarotidea, permette un accesso combinato pre e retrocarotideo al rachide cervicale.

Le più frequenti complicanze di questi accessi chirurgici sono:

Ø Complicanze viscerali soprattutto a livello del faringe, dell’esofago e della ghiandola sottomandibolare

Ø Complicanze vascolari a livello dell’arteria carotide o dell’arteria vertebrale, della vena giugulare e del d

Ø Dotto toracico a livello del passaggio cervico-dorsale

Ø Complicanze neurologiche di vario genere, con particolare interssamento del nervo Facciale (VII), del Nervo Accessorio Spinale, del nervo Ipoglosso (XII), del Nervo laringeo superiore ed inferiore con paralisi delle corde vocali o del Plesso simpatico cervicale con S. di Horner

Ø Infezioni con fistole faringo-esofagee o salivari, ed edema della glottide.

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Via d’accesso posteriore

Tale via d’accesso è agevole per le strutture posteriori della colonna cervicale alta (compreso occipite e forame magno) e bassa. Con l’approccio posteriore, una volte rimosse le strutture che le ricoprono, è agevole l’accesso alla porzione posteriore delle strutture meningeo-midollari e radicolari. Proteggendo e divaricando delicatamente queste strutture è possibile anche l’accesso alla porzione più laterale della parete posteriore dei copi vertebrali e degli spazi discali, ai peduncoli ed ai canali di coniugazione. Con questa via non è possibile raggiungere la parete posteriore centrale dei corpi vertebrali.

Le più comuni complicanze legate a questo approccio sono:

Ø Lesioni neurologiche, sia dirette delle radici nervose e del nervo grande occipitale di Arnold o sul midollo, che lesioni durali (durante l’ampliamento del forame magno o nel distacco della membrana atlo-occipitale) con conseguenti Fistole liquorali per uso di Kerrison o Curette

Ø Lesioni Vascolari dell’Arteria vertebrale sia all’arco posteriore dell’Atlante che ai massicci laterali (Vd. Figura 3) o dell’Arteria cervicale profonda (lateralmente alle articolazioni interapofisarie cervicali).

Ø Deformità a “collo di cigno” , vale a dire cifosi segmentarla post-chirurgica.

Complicanze legate alle tecniche chirurgiche:

Le complicanze in corso di intervento chirurgico al rachide cervicale sono direttamente correlate alla tecnica utilizzata.

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Tecniche anteriori:

Nella tecnica di Cloward, in cui si utilizza una fresatura manuale del corpo vertebrale, risulta infatti fondamentale il corretto posizionamento della guida, che non deve essere eccentrica o angolata. La adeguata rimozione degli osteofiti dalla superficie anteriore dei corpi vertebrali creando una superficie liscia ed uniforme risulta pertanto fondamentale. Quando posizionate troppo lateralmente, la fresa può penetrare in maniera decentrata o angolata, portando a lesioni delle radici nervosa, del midollo o dell’arteria vertebrale. Sia nella tecnica di Cloward che nelle fresature con fresa ad alta velocità, una ulteriore causa di complicanze è l’incorretta valutazione della profondità della fresatura, con conseguente lesione midollare. Inoltre si possono verificare intraoperatoriamente lesioni durali e midollari, così come lesioni intraoperatorie dell’arteria verterale.

L’uso di strumentazione anteriore a livello dei corpi vertebrali può associarsi a complicanze specifiche quali, mobilizzazione dei mezzi di sintesi, subsidence, rottura delle viti e lesioni mieloradicolari in corso di posizionamento.

Tecniche posteriori:

Lesioni della dura madre si possono verificare sia durante l’uso di laminotomi che durante le operazioni di distacco dei processi spinosi. Se non adeguatamente trattate, queste possono esitare nella formazione di fistole liquirali con fuoriuscita di fluido cerebrospinale; possono in seguito verificarsi infezioni e meningiti. Vi possono essere inoltre lesioni delle radici nervose e del midollo da uso incauto di elettrobisturi

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nel plesso venoso del canale radicolare. Un’altra complicanza può essere dovuta ad inadeguata decompressione delle strutture nervose o da asportazione parziale o completa della faccetta articolare con conseguente deformità postoperatoria a collo di cigno.

L’uso di strumentazione, tipicamente a livello dei massicci laterali del rachide cervicale, può a sua volta accompagnarsi a lesioni delle strutture mieloradicolari o dell’arteria vertebrale, o a fratture dei massicci stessi. Inoltre, nel tempo tali strumentari possono mobilizzarsi o rompersi (Vd. Figura 4).

Complicanze correlate all’uso di trapianto osseo

Il trapianto osseo è utilizzato per ricostruire l’anatomia su piani coronale e sagittale in seguito a lesioni del rachide.

Un trapianto con componenti sia corticali che trabecolari porterà a migliore supporto ed incorporazione più facile: pertanto sono considerate buone scelte la cresta iliaca, il perone, le diafisi femorale e tibiale, le coste e la testa del femore.

I trapianti ossei sono deboli al massimo 6 mesi dopo l’intervento, e possono impiegare fino a 2 anni ad essere sostituiti da tessuto osseo vivente; pertanto fratture da stress possono esservi nel periodo da 5 ad 8 mesi post-intervento, periodo in cui il trapianto è stabile e fermo.

Si può assistere durante il prelievo a lesioni vascolari come dell’ arteria circonflessa iliaca profonda, dell’arteria glutea superiore (branca dell’iliaca interna), dell’arteria ileolombare e della quarta arteria lombare. L’arteria glutea superiore è il vaso a

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maggior rischio in questa zona:questa esce a livelklo del tronco dello sciatico, portandosi quindi rostralmente ad irrorare i muscoli gluteo medio e minimo. La chirurgia del prelievo non dovrebbe essere effettuata al di sotto di un alinea passante per la Spina iliaca posteriore superiore e la Spina iliaca anteriore inferiore.

Le lesioni neurologiche invece a questo livello sono prevalentemente a carico di nervi sensitivi. Ricordiamo il nervo Cutaneo Laterale della Coscia che scorre sulla superficie anteriore del muscolo ileopsoas inferiormente al legamento inguinale e si rende superficiale circa 1 cm dalla spina iliaca anteriore superiore, medialmente al muscolo sartorio; passa quindi sulla superficie laterale del muscolo sartorio stesso.

In circa 15% di casi segue un decorso alternativo al di sopra della Cresta iliaca anteriore superiore, circa 2 cm lateralmente alla spina iliaca anteriore superiore.

Clinicamente si traduce in “meralgia parestesica”.

Per prevenire tale patologia, la regione dei 2 cm anteriori della cresta iliaca e contigua alla spina iliaca anteriore superiore dovrebbe essere evitata durante l’intervento chirurgico.

Il Nervo Ileoinguinale invece attraversa il muscolo trasverso dell’addome al di sopra della cresta iliaca ed emerge a livello dell’anello inguinale superficiale con branche destinate alla regione del monte di venere, alle grandi labbra o allo scroto ed al pene. La lesione a questi nervi è rara, e di solito secondaria a lesioni da divaricatori.

I Nervi cluneali originano superiormente alla cresta iliaca posteriore superiore con direzione longitudinale; vanno a dare sensibilità alla regione delle natiche nel loro

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terzo medio. L’approccio posteriore alla cresta iliaca per il prelievo osseo spesso porta ad incontrare questi nervi (particolarmente se si usa una incisione trasversale) Lesioni a questi nervi può essere evitata esendo una incisione longitudinale 8 cm lateralmente ai processi spinosi verso la spina iliaca posteriore superiore.

I nervi primari motori della regione dell’anca sono il n. sciatico, il n. femorale ed il n. gluteo superiore. Una loro lesione è rara durante un intervento di prelievo di trapianto osseo autoplastico dalla cresta iliaca.

· N. Femorale: deficit del quadricipite. Secondario a divaricazioni forzate dell’ileopsoas.

· N. Sciatico; per esplorazioni al di sotto del m piriforme. Di solito dà una lieve neuroaprassia

· N. Gluteo superiore: stessa zona di esplorazione dello sciatico; innerva i mm glutei medio e piccolo: deficit si manifesteranno con un Trendelenburg positivo (di solito transitorio).

Una volta impiantato a livello del rachide cervicale, il trapianto osseo può inoltre andare incontro a fenomeni di Mobilizzazione, Rottura, o Riassorbimento.

Complicanze della decompressione allo stretto toracico (Vd. Tabella 2)

La sindrome dello stretto toracico è probabilmente la neuropatia da intrappolamento affrontata dai neurochirurghi più difficile da trattare. L’ostruzione dell’egresso toracico è una sindrome di raro riscontro secondaria ad anomalie dei

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tessuti molli correlate ai muscoli scaleno anteriore e medio, e che causano compressione neurovascolare nella regione dello stretto toracico. In un numero ristretto di casi (circa il 4,5% del totale dei pazienti) si associa ad anomalia anatomica di costa cervicale. Tale condizione rende l’intervento chirurgico e la sindrome clinica più complesse, in quanto la posizione in cui la costa cervicale si trova è tale per cui restringe ulteriormente il triangolo dello scaleno attraverso i quali il plesso brachiale e l’arteria succlavia devono passare.

L’intervento chirurgico in questi pazienti deve pertanto essere consigliato solo come ultima opzione possibile dopo trattamento conservativo, dopo aver affrontato con il paziente una chiara discussione che enfatizzi i rischi potenziali e le complicanze dell’intervento chirurgico in questa regione anatomicamente complessa.

L’intervento chirurgico di liberazione dell’intrappolamento nervoso allo stretto toracico è notoriamente associata ad un elevato numero di complicanze. Le complicanze in questo tipo di intervento riportate in letteratura sono molto numerose, e vanno da quelle vascolari a quelle nervose, sia in senso di assenza di risoluzione della sintomatologia clinica, sia all’instaurarsi di nuove lesioni. Le complicanze più importanti della chirurgia del plesso brachiale comprendono il chilotorace da lesione del dotto toracico, la lesione del nervo frenico o del plesso brachiale, emorragia dalle vene ed arterie succlavia, pneumotorace. Recenti casistiche hanno mostrato come lesioni tendano a manifestarsi in oltre il 20% dei pazienti sottoposti a chirurgia: 21,6% nella casistica di Degeorges su 155 pazienti, mentre Donaghy su una casistica su 35 pazienti con sindrome dello stretto toracico,

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(42 interventi chirurgici) ha presentato complicanze postchirurgiche in 10 (28%

circa).

Urschel riporta i risultati della casistica più estesa per questo tipo di chirurgia in pazienti affetti da sindrome dello stretto toracico: 3914 pazienti. Di questi, addirittura 1221 sono stati rioperati per sintomatologia recidivante. Fra le complicanze da lui osservate, riporta: apertura della pleura nella maggior parte delle procedure, e lesioni neurologiche maggiori in 4 pazienti. Nel suo lavoro, Urschel cita i risultati delle casistiche di Dale, in cui su 881 pazienti operati le lesioni neurologiche al nervo frenico si sono verificate nel 4,9% dei casi, e sulla casistica di Cheng, in cui su 168 pazienti il nervo frenico è stato lesionato nel postoperatorio in circa il 4% dei casi. Nella casistica riportata da Sharp su 36 interventi per sindrome dello stretto toracico, 11% dei pazienti ha avuto complicanze neurologiche, fra cui due paralisi del nervo frenico, verosimilmente secondarie a retrazione in corso di intervento chirurgico. Altri autori riferiscono come la paralisi del nervo frenico dal lato operato possa verificarsi dall’1,7% fino al 7% dei pazienti operati; tale complicanza viene considerata come minore in quanto è comunemente accettato che una lesione unilaterale del nervo frenico sia ben tollerabile in un individuo con riserva polmonare normale, e solo in alcuni pazienti sono state riportate ipossia ed intolleranza allo sforzo; infatti una paralisi diaframmatica unilaterale raramente causa una compromissione respiratoria severa. Si è visto infatti che pazienti con paralisi diaframmatica isolata hanno una capacità di esercizio relativamente ben preservata, condizione che suggerisce la presenza di un meccanismo adattativo di

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compenso (soprattutto a carico dei muscoli respiratori extradiaframmatici ed addominali); inoltre, il tempo di recupero dalla sintomatologia di dispnea da sforzo o ortopnea, quando presente, vari da 4 mesi a 4 anni.

Pertanto l’incidenza sulla capacità respiratoria di uno stupor del nervo frenico in un soggetto in condizioni respiratorie normali è assolutamente trascurabile. Tale evenienza può avere significato clinico solo in casi di paralisi dei muscoli estrinseci toraco-addominali e del cingolo scapolare dove il diaframma è l’unico muscolo valido per la respirazione. D’altronde, se fosse stato totalmente invalidante, il nervo frenico non sarebbe stato utilizzato in ricostruzioni del plesso brachiale sin dal 1970, a volte anche assieme al transfer dei nervi intercostali.

Complicanze correlate a fattori estrinseci

Il posizionamento del paziente sul tavolo operatorio rappresenta un momento fondamentale per la prevenzione di possibili complicanze. Nel posizionamento del paziente, gli arti superiori debbono essere trazionati, e tale condizione può provocare stupor delle radici nervose del plesso brachiale.

Nella chirurgia anteriore il posizionamento del collo va in trazione ed iperestensione. In presenza di una stenosi del canale con danno midollare in atto (a maggior ragione in pazienti con stenosi post-traumatiche o neoplastiche), col paziente con anestesia e con rilassamento muscolare, è possibile non accorgersi di aver posto il collo in iperestensione, manovra che può determinare un’iperpressione posteriore sul midollo con aggravamento del quadro neurologico. All’opposto, la

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mancanza di un adeguato supporto retronucale durante l’uso di frese o di scalpelli può far mancare un appoggio sufficiente alle vertebre.

Nella chirurgia posteriore, il decubito supino si associa ad un’aumentata esposizione a complicanze correlate alla posizione del paziente. Lesioni oculari sono molto frequenti per appoggio diretto dei bulbi oculari alla testiera con lesione irreversibile del nervo ottico. Allo stesso modo, un errato allineamento del rachide sul piano frontale o sagittale può compromettere il risultato degli interventi chirurgici. Quando invece viene utilizzata la testiera di Mayfield, si possono verificare perforazioni del tavolato cranico con lesioni durali e fuoriuscita di liquido cerebrospinale, ematomi subdurali ed infezioni, e lesioni neurologiche da conflitto dei pin con le strutture neurologiche.

Alcuni problemi peculiari della chirurgia vertebrale possono essere associati alla gestione dell’anestesia o del controllo delle vie aeree. L’anestesista dovrebbe essere pratico nella gestione dei pazienti con compromissione del midollo spinale così che può essere fatta attenzione durante l’intubazione. Se il chirurgo richiede l’esposizione di un livello al di sopra di C4, o se il paziente è obeso, una intubazione nasotracheale permetterà la completa occlusione dentaria, prevenendo che la mandibola inibisca lo spazio di esposizione. Inoltre, dovrebbe essere discusso il trattamento postoperatorio delle vie aeree. La possibilità di una compromissione acuta delle vie aeree tende ad aumentare con l’estensione della dissezione e la durata dell’anestesia. La somministrazione agiuntiva di steroidi endovena è incoraggiata in certi casi per ridurre l’edema. Una compromissione acuta delle vie

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aeree può aversi anche in seguito ad ematoma. In questo caso la re-intubazione è molto difficile. Alterazioni della fonazione e della deglutizione possono complicare la chirurgia cervicale anteriore. Come detto precedentemente, sembra che il lato dell’esposizione chirurgica non sia il solo determinante riguardo alla disfunzione delle corde vocali. Se lo stesso sondino nasotracheale è una causa di lesione endolaringea, allora la deflazione e la re-inflazione della cuffia della sonda dopo posizionamento di divaricatori autostatici può ridurne l’incidenza. I pazienti dovrebbero essere resi consapevoli che avranno dolore in gola e difficoltà nella deglutizione per un certo periodo dopo chirurgia. Per pazienti i cui sintomi persistono o pongono a rischio di aspirazione, una consulenza con un foniatra o con un otorino è necessaria.

Complicanze correlate all’uso di protesi discali cervicali (Vd Tabella 3)

Recentemente le protesi discali cervicali sono state impiantate sempre più di frequente in patologia degenerative del rachide cervicale. L’introduzione di queste nuove tecnologie si è accompagnato alla descrizione di nuove potenziali complicanze correlate al gesto chirurgico. In particolare riconosciamo complicanze legate alle vie d’accesso (vd prec) e complicanze specifiche dell’impianto di protesi cervicali.

Altro dato da considerare quando si approccia questa chirurgia, è che l’impianto di protesi cervicali non è scevro da complicanze legate all’atto chirurgico. Possiamo

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infatti distinguere complicanze specifiche dell’impianto della protesi, ed associate alla procedura chirurgica di discectomia cervicale per via anteriore.

Negli ultimi anni sono state descritte un notevole numero di complicanze che vanno dalla perdita dell’articolarità secondaria all’ossificazione paravertebrale periprotesica, dalla persistenza di deficit neurologici (per decompressione incompleta) o alla comparsa di nuovi deficit, allo spostamento della protesi ed al fallimento meccanico della stessa. Altre complicanze riportate sono la perdita di liquido cefalorachidiano, lesioni esofagee, ematomi dalla ferita chirurgica, ed il peggioramento della cifosi cervicale, soprattutto quando l’allineamento preoperatorio è già cifotico.

Recentemente sono state descritti risultati multicentrici di complicanze di questo intervento, con casistiche che hanno riportato fino a circa il 6% di eventi avversi per livello operato. Le complicanze più di frequente riportate in questo lavoro sono state quelle neurologiche, assieme a dolore al cucullare postoperatorio, migrazioni dell’impianto protesico, cifosi segmentaria postoperatoria, ossificazione eterotopica e fusione spontanea. Inoltre, una disfagia transitoria o persistente è stata osservata nella maggior parte dei pazienti.

Tale dato porta a riflettere, anche in considerazione del fatto che in una recente casistica di denunce per “malpractice” in chirurgia cervicale, si è visto che fra le cause più frequenti di denunce, l’uso di strumentari sperimentali rappresentava il 56% delle motivazioni di denuncia.

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Conclusioni:

Nell’epoca dell’esplosione delle rivendicazioni medicolegali faziose, accanto all’esigenza etica di assolvere al nostro compito deontologico, compare la preoccupazione o la paura di dover correre rischi medico-legali per compiere il nostro dovere. Si rischia di essere impunemente diffamato per arrivare magari alla fine con l’avere un “giusto giudizio” di assoluzione dopo un lungo periodo di dispiacere, consulti, visite, perizie di parte, etc.

Ovviamente, la conoscenza di tutte le possibili complicanze, la maggior parte delle quali abbiamo enumerate, ci mette al riparo nell’attenzionarle e quindi nel prevenirle, ma esistono una gran quantità di eventi non prevedibili o rischi da correre se si vuole giungere ad un gesto chirurgico corretto ed efficace (es Osteoblastomi, tumori benigni, distorsioni gravi, fratture amieliche).

Poiché il gesto chirurgico sia efficace bisogna che sia completo!

Si informa in colti di questi casi il paziente con un consenso informato dettagliato, ma di fatto, qualora dovessero sorgere dei problemi non legati sicuramente all’imperizia, ma alla necessità di essere efficaci e di risolvere i problemi in maniera radicale, ci si sente dire dagli avvocati o dai periti, che il paziente non aveva la competenza culturale delle complicanze che noi gli abbiamo esposto e che era nella necessità di dovere accettare quanto da noi proposto.

Il vero guaio è che il perito di ufficio spesso non è all’altezza per capire e discernere sul tipo e l’entità della complicanza perché non è un cultore della materia e spesso attinge a qualche lavoro scientifico o a qualche libro obsoleto.

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Siamo veramente disarmati davanti a certi giudizi sul nostro operato che spesso viene giudicato solo per fini di lucro.

La tentazione che va contro la deontologia è quella di astenersi dall’affrontare intervetni che sono spesso pesanti per il chirurgo; in altri termini il problema è non avere la professionalità per decidere una strategia chirurgica o per metter in pratica tutta la cultura specialistica che ci siamo fatto per prevenire le complicanze prevedibili. Il problema è, invece, che non possiamo essere giudicati da non specialisti o cultori della materia. Molti colleghi, infatti, di fronte all’accrescersi di false e faziose richieste solo a scopo di lucro, hanno abbandonato la chirurgia.

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Tabella 1: Complicanze più comuni rispetto alle vie d’accesso

Via d’accesso Complicanze

Neurologiche Complicanze

Vascolari Complicanze dei

Tessuti molli Complicanze Correlate ai mezzi di sintesi

Transorale Midollari

Brecce durali Fistole

liquorali

A.Vertebrale Lingua Palato Faringe Infezioni

Protrusione, Mobilizzazione

Anteriori

Presternocleidomastoidea Retrofaringea–

Precarotidea (Alta e Bassa)

N. Facciale N.Acc.Spinale N. Ipoglosso N.Laringeo (sup. ed inf.)

Plesso simpatico cervicale

A.Carotide V.Giugulare A.Vertebrale Dotto

Toracico

Faringe Esofago

G.Sottomandibolare Infezioni ed ulcere

cutanee

Mobilizzazionee infezione

Posteriori Lesioni

durali e midollari Fistole

liquorali Les. Radici

nervose e N. di Arnold Deformità a

collo di cigno

Arteria vertebrale Arteria

cervicale profonda

Rare Mobilizzazione

dei mezzi di sintesi

(22)

Tabella 2: Complicanze della decompressione allo stretto toracico

Maggiori Minori

Lesioni irreversibile del plesso brachiale Lesione alle vene succlavie

Lesione all’arteria succlavia

Lesione al simpatico cervicale con S. Horner

Lesione temporanea del plesso brachiale Chilotorace (dotto toracico)

Lesione del nervo frenico Pneumotorace

(23)

Tabella 3: Complicanze più frequenti dopo protesi cervicali

§ Perdità dell’articolarità da ossificazione periprotesica

§ Deficit neurologici

§ Migrazione e lussazione della protesi

§ Fuoriuscita di liquido cerebrospinale

§ Lesioni faringo-esofagee

§ Ematomi post-chirurgici

§ Paralisi delle corde vocali

§ Disfagia transitoria e persistente

§ Cifosi Postchirurgica

(24)

Figura 1: alcune importanti correlazioni anatomiche peculiari del rachide cervicale: 1) Arteria vertebrale; 2) esofago; 3) trachea; 4) midollo spinale. Modificate da Denaro V.

Stenosis of the cervical spine. Berlin. Ed Springer-Verlag, 1991.

(25)

Figura 2: schematizzazione delle più comuni vie d’accesso al rachide cervicale: A) transorale; B) presternocleidomastoidee; C) posteriore alta con approccio al forame magno; D) posteriore bassa. Modificate da Denaro V. Stenosis of the cervical spine.

Berlin. Ed Springer-Verlag, 1991.

(26)

Figura 3: isolamento dell’arteria vertebrale (freccia) per via posteriore in paziente affetto da osteoblastoma del rachide cervicale: la struttura vascolare, che decorre nel forame intertrasversario, viene individuata dopo la demolizione del massiccio articolare.

(27)

Figura 4: A) stretti rapporti fra massicci laterali del rachide cervicale (frecce bianche) ed arteria vertebrale (freccia nera), da tenere in considerazione per l’infissione di mezzi di sintesi nei massicci laterali. Modificate da Denaro V. Stenosis of the cervical spine. Berlin.

Ed Springer-Verlag, 1991; B) esempio di stabilizzazione con placca e viti nei massicci laterali per via posteriore.

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