GLI ESITI DELLE LESIONI TRAUMATICHE E CHIRURGIA D’ELEZIONE DEL PIEDE E DELLA CAVIGLIA:
EVENTUALI RIPERCUSSIONI MEDICO-LEGALI DEL TRATTAMENTO
Prof. Sandro Giannini, Roberto Bevoni, Alberto Ferruzzi *
Gli aspetti medico-legali in chirurgia del piede che comprendono gli standard di trattamento, le complicanze e le differenze nelle aspettative del risultato tra il chirurgo e il paziente, sono simili a quelli che si incontrano in tutti i tipi di chirurgia superspecialistica ortopedica. Vi sono comunque aspetti unici che caratterizzano questo tipo di chirurgia, infatti, vi è una continua evoluzione e miglioramento delle tecniche, degli strumentari e dei materiali utilizzati, alcune complicanze sono specifiche e spesso il chirurgo si trova ad affrontare patologie progressive in cui le aspettative del paziente sono superiori a quelle ottenibili con l’intervento.
Come nelle altre superspecialità ortopediche il chirurgo è tenuto ad operare con il know-how necessario, quest’ultimo è determinato non solo dalle nozioni di base dell’ortopedia ma soprattutto dagli aggiornamenti frutto delle nuove ricerche sia in campo ortopedico generico, come l’utilizzo di nuovi materiali, sia in campo superspecialistico.
Fra gli elementi specifici legati alla Chirurgia del Piede e della Caviglia, numerosi articoli della letteratura riportano come negli Stati Uniti ultimamente l’Associazione dei
2 Chirurghi del Piede e della Caviglia (AAOS) abbia evidenziato l’aumento di risarcimenti per danni dovuti al “wrong site surgery”, ovvero errori dovuti allo sbaglio della sede dell’intervento. Questo fenomeno è legato soprattutto alla nascita di ambulatori specialistici attrezzati per la chirurgia del piede e della caviglia, in cui i chirurghi eseguono più interventi al giorno utilizzando due sale operatorie distinte.
In queste situazioni il chirurgo deve assicurarsi che il paziente, il supporto dell’equipe e del sistema, assicurino che il campo chirurgico sia adeguatamente preparato.
Sembrerebbe logico che il paziente sia in grado di indicare quale sia il piede o la caviglia da operare ma a volte la compliance del paziente è veramente bassa generando errori. Uno studio prospettico di cento pazienti operati consecutivamente in una clinica privata per chirurgia del piede e della caviglia, ha evidenziato come un numero di pazienti sorprendentemente alto non sia stato in grado di aiutare il chirurgo nella scelta del lato da operare, anche utilizzando semplici istruzioni prestabilite.
Un altro aspetto molto importante è rappresentato dal Consenso Informato. Idealmente il chirurgo ortopedico deve discutere i rischi e i benefici dell’intervento e dei trattamenti preoperatori, intraoperatori e postoperatori con il paziente o con un suo tutore.
Sfortunatamente la pianificazione e il tempo per gli interventi raramente permettono una discussione così dettagliata e spesso ci sono limitazioni da parte del paziente per capire correttamente il trattamento ortopedico proposto. Frequentemente infatti il paziente non riesce a comprendere il tipo di trattamento e le potenziali complicanze, questo senza correlazione con il suo livello di educazione. Nel 2003 Coughlin riportò
uno studio randomizzato condotto in doppio-cieco interrogando i pazienti sui rischi legati alla chirurgia dell’avampiede dopo il consenso informato. Il gruppo A comprendeva 19 pazienti che erano stati informati preoperatoriamente dal primo operatore dell’esistenza di 11 rischi, il gruppo B includeva 19 pazienti che avevano ricevuto lo stesso consenso informato con 11 rischi, legati allo stesso tipo di chirurgia, ma con un aiuto visivo. Non si sono avute significative differenze nei due gruppi riguardo il livello d’istruzione, di sesso, di impiego, precedenti interventi effettuati, e tipo di chirurgia. Alla fine dei controlli il numero medio dei rischi ricordati dai pazienti del gruppo A è stato 1.0 ( range, 0-3) e 0.94 (range, 0-4) per i pazienti del gruppo B, solo due pazienti di quest’ultimo gruppo sono stati in grado di ricordare quello che avevano visto e segnalarlo. Il rischio più frequentemente ricordato è stato quello di morte. 6 pazienti (30%) del gruppo A e 8 pazienti (40%) del guppo B non hanno ricordato nessuno dei rischi. E’ responsabilità dell’ortopedico assicurare che il paziente sia pienamente edotto delle potenziali complicanze. Con l’aumento della facilità d’interazione, dell’accesso alle informazioni e della loro presentazione in formato elettronico, può essere utile fornire al paziente materiale che può visionare a casa o a cui può accedere via internet per migliorare la capacità di comprensione dei potenziali rischi dell’intervento chirurgico. Questo può essere particolarmente utile nel caso di utilizzo di nuove tecnologie (come il trapianto di condrociti autologhi per il trattamento delle lesioni osteocondrali).
4 L’aspetto medico-legale più importante della chirurgia del piede e della caviglia è l’educazione del paziente. Come per il consenso informato il rapporto tra medico e paziente è essenziale per assicurare un bilanciamento del gap tra le aspettative del paziente e quelle del chirurgo.
Le complicanze sono evenienze possibili e il paziente deve essere edotto dei problemi associati a questo tipo di chirurgia. Si verificano dispute medico-legali non necessariamente collegate a complicanze ma ad errata aspettativa del paziente.
Per esempio un trauma del piede e/o della caviglia può esitare in una deformità permanente, un impedimento parziale permanente, nella non soddisfazione del paziente.
In particolare le fratture del calcagno e le fratture-lussazioni del complesso di Lisfranc spesso portano a dolore persistente e limitazione funzionale anche se il trattamento chirurgico riesce ad ottenere una ricostruzione anatomica del piede senza complicanze della ferita. Se le aspettative del paziente sono quelle di riottenere un piede non dolente senza deficit funzionali, saranno ovvie le richieste di un rimborso. Ovviamente queste aspettative del paziente non sono realistiche, ma è responsabilità del chirurgo provvedere ad una appropriata informazione per assicurare che il paziente capisca che questo tipo di fratture sono associate a rigidità e diminuzione della funzionalità del piede.
Talvolta anche se il trattamento è appropriato l’artrosi post traumatica e la condrolisi che ne conseguono possono richiedere ulteriori trattamenti chirurgici come l’artrodesi.
Un paziente non adeguatamente informato può interpretare la necessità di un secondo trattamento come un fallimento dell’intervento principale. Infine, i pazienti devono capire
che l’apparente fallimento degli impianti non implica un fallimento di tutta la procedura chirurgica. La rottura di una vite sindesmosica o delle viti utilizzate per il trattamento di una frattura di Lisfranc rappresentano ad esempio il ristabilimento del movimento fisiologico limitato di queste articolazioni; sebbene l’ortopedico sia a conoscenza della potenziale rottura dei mezzi di sintesi in queste articolazioni una volta concesso il carico, la reazione di un paziente che nota la presenza di viti rotte sulle radiografie può portare ad intraprendere una azione medico-legale. Questo può essere evitato con un’adeguata informazione del paziente prima dell’intervento.
L’ortopedico che si approccia alla chirurgia del piede e della caviglia deve essere a conoscenza dello stato vascolare degli arti inferiori. A volte è semplice focalizzare la deformità del piede e proporre una correzione chirurgica ma se lo stato vascolare è ignorato, in pazienti con vasculopatia periferica, le conseguenze possono essere gravi.
Mentre aree più prossimali del corpo hanno un adeguato apporto ematico per permettere la guarigione dei tessuti, spesso non è così per il piede e per la caviglia.
Errori nel riconoscere vasculopatie periferiche spesso esitano nell’amputazione di una parte o di tutto il piede e frequentemente porta a conseguenze medico-legali importanti.
Questo problema può essere evitato valutando i polsi periferici dei pazienti routinariamente e ottenendo informazioni aggiuntive con esami specifici prima dell’intervento. A volte è necessario richiedere il parere di un chirurgo vascolare prima di decidere se procedere all’intervento.
6 L’incidenza della trombosi venosa profonda a carico del piede e della caviglia è stata ben documentata. L’associazione di chirurgia a carico del retropiede, l’immobilizzazione postoperatoria, l’uso di lacci pneumatici per la chirurgia insieme con l’età avanzata del paziente ne aumentano la frequenza. Solis e Saxby hanno riportato un incidenza di trombosi venosa profonda del 3,5% in una serie di 201 interventi del piede e caviglia.
In aggiunta ad una compromissione vascolare bisogna tener conto di eventuali problemi relativi all’epidermide che nel piede e nella caviglia è particolarmente sottile e delicata.
E’ necessaria una attenta pianificazione dell’approccio chirurgico, poiché possono essere richieste più incisioni per interventi ricostruttivi o per l’esistenza di cicatrici da pregressi interventi o traumi.
Lesioni accidentali di nervi periferici possono avvenire e questo deve essere discusso con i pazienti. Occasionalmente si osservano lesioni nervose dovute all’uso del laccio pneumatico e ancor più raramente per la somministrazione di anestetico locale o regionale. Nevralgie da trazione possono svilupparsi particolarmente in associazione a traumi in inversione della caviglia (nervo peroneo superficiale e surale) o per la retrazione di rami periferici più sottili e delicati. In rari casi una sindrome dolorosa regionale può svilupparsi sia per un trauma che per cause iatrogene.
Sebbene l’incidenza di lesioni nervose della caviglia e del piede sia bassa, la persistenza di un deficit neurologico può essere considerevolmente debilitante. Il paziente deve venire informato prima dell’intervento che un dolore di tipo neurogeno può essere la
causa di una continua disabilità anche senza la sezione diretta del nervo a causa degli stiramenti dei tessuti molli necessari durante interventi particolarmente complessi.
Malallineamenti del piede e della caviglia e patologie degenerative possono richiedere un intervento di artrodesi, un intervento che mediante la fusione articolare elimina il dolore e porta ad ottenere un piede stabile e plantigrado. Sebbene l’intervento sia effettuato con la corretta tecnica chirurgica può insorgere una pseudoartrosi.
Il paziente deve essere informato di queste complicazioni, infatti il rischio di pseudoartrosi è documentato dallo 0 al 20%, un fattore che chiaramente diminuisce la riparazione ossea è il fumo. Studi riportati in letteratura evidenziano come il fumo di sigaretta aumenti il rischio di pseudoartrosi di 2,7 volte rispetto ai non fumatori.
Sebbene questa complicanza possa comunque avvenire, il paziente deve essere informato circa il rischio di aumento di incidenza se questa abitudine viene mantenuta nel periodo perioperatorio.
LESIONI TRAUMATICHE DELLA CAVIGLIA E COMPLICANZE ASSOCIATE
La frattura di caviglia rappresenta l’11% di tutte le fratture. L’approccio terapeutico può essere conservativo o chirurgico.
In ambito medico-legale il fattore più importante da considerare ai fini dell’eventuale richiesta di risarcimenti è il rischio per il paziente di sviluppare un’artrosi post-traumatica, la cui incidenza è riscontrata in percentuali dal 20 al 40% dei casi.
8 Nell’ambito del trattamento per la frattura di caviglia sia la fissazione interna che la riduzione a cielo chiuso hanno dimostrato risultati clinici simili e simile rischio di sviluppo di artrosi secondaria purché in entrambe le procedure si ottenga una riduzione anatomica completa della frattura, mantenuta fino alla consolidazione.
Inoltre, indipendentemente dal tipo di trattamento, un terzo dei pazienti ha lamentato fastidio alla caviglia ad un follow-up uguale o maggiore di 5 anni.
I fattori che influenzano lo sviluppo dell’artrosi secondaria sono rappresentati dalla severità del danno iniziale, dalla riduzione della frattura, dalla stabilità dei mezzi di contenzione utilizzati (apparecchi gessati) o di sintesi, dal sesso ed età del paziente (i peggiori risultati si osservano nelle donne tra i 45 ed i 64 anni).
La presenza di un frammento tibiale posteriore rappresenta un indice di maggiore severità del danno ed è associato ad un importante incremento del rischio di sviluppo di artrosi secondaria.
Il follow-up per la frattura di caviglia deve essere continuato fino ad un periodo di 18 mesi dall’evento traumatico, poiché entro questo lasso di tempo lo studio radiografico della caviglia mostrerà se l’artrosi è in via di sviluppo. Da un punto di vista radiografico, l’unico indicatore prognostico di risultato più o meno soddisfacente è l’angolo tibio- talare visualizzato in proiezione antero-posteriore.
La frattura della caviglia nel bambino merita un approfondimento a parte; nel 15% dei casi si verificano gravi complicanze scheletriche per alterazioni della crescita in seguito a fratture delle epifisi distali della tibia e perone (distacchi epifisari).
Le complicanze più frequenti sono rappresentate da deformità angolari, deformità rotazionali, dismetrie, incongruenza delle superfici articolari.
Una riduzione anatomica ed una corretta stabilizzazione del distacco epifisario possono non essere sufficienti a prevenire tali complicanze. Il danno che si è verificato a livello della cartilagine di accrescimento infatti non è valutabile immediatamente, ma può essere verificato solo a distanza. Di tale evenienza occorre ovviamente informare i genitori al fine di evitare false aspettative di risultato.
Nel caso di traumi distorsivi è molto importante un esame obiettivo accurato per evidenziare l’entità della lesione capsulo-legamentosa e stabilire quindi un corretto programma terapeutico. In particolare l’esame obiettivo deve escludere una lesione della sindesmosi, una lesione legamentosa laterale e fratture del perone, incluse la frattura peroneale alta e una lesione dell’articolazione tibioperoneale prossimale. Deve essere effettuata anche una valutazione del tendine del tibiale posteriore, del flessore lungo delle dita e del flessore lungo dell’alluce.
LESIONI TRAUMATICHE DEL PIEDE E COMPLICANZE ASSOCIATE Le lesioni a carico del piede possono avere diverse localizzazioni.
10 L’astragalo può andare incontro a fratture o dislocazioni. La riduzione anatomica è essenziale per un risultato soddisfacente e può essere necessaria una riduzione a cielo aperto.
Nelle dislocazioni non complicate i risultati sono eccellenti; meno, nel caso di danni tessutali importanti o fratture associate.
La dislocazione totale dell’astragalo implica anche una lussazione dell’articolazione della caviglia. E’ molto rara ed associata ad una alta incidenza di infezioni, necrosi avascolare, collasso dell’astragalo ed artrosi secondaria.
Il calcagno è la sede più frequente di fratture del piede.
Le moderne tecniche per la fissazione delle fratture calcaneari hanno dato risultati migliori rispetto al trattamento conservativo. Questa chirurgia è molto difficile e per la buona riuscita dell’intervento è necessaria la presenza di chirurghi esperti.
I fattori predisponenti che possono favorire l’insorgenza di complicazioni (lesioni cutanee o vascolari associate) o un cattivo risultato a distanza (comminuzione della frattura) vanno accuratamente valutati, anche in questo caso una corretta informazione del paziente può evitare successive ripercussioni medico-legali.
Una riduzione insufficiente, una stabilizzazione inadeguata o un inadeguato programma terapeutico post-intervento, quale per esempio concessione precoce del carico, al contrario rientrano nel campo della cosiddetta “malpractice” e sono quindi accuratamente da evitare.
CHIRURGIA D’ELEZIONE E COMPLICANZE ASSOCIATE
PIEDE CAVO
Il piede cavo generalmente richiede diversi gesti chirurgici associati: osteotomie ed artrodesi del tarso, osteotomia di sollevamento del I metatarso con tendesi dell’estensore lungo dell’alluce, artrodesi dell’interfalangea del I dito, correzione della dita minori in griffe.
La complicanze possono essere frequenti: pseudoartrosi dell’articolazione interfalangea o pseudoartrosi dell’artrodesi del tarso per errori nella fissazione; mancata correzione del I raggio o del mediopiede per errore nell’esecuzione delle osteotomie.
Lo stato vascolare del paziente deve essere correttamente valutato, infatti la correzione chirurgica di retrazioni muscolo-tendinee dell’avampiede possono esitare nell’ischemia causata dallo stiramento dei vasi digitali. Questa evenienza deve essere monitorata accuratamente, infatti la correzione di dita in griffe che produce una ischemia delle dita richiede la rimozione dei mezzi di sintesi anche se questo porta alla perdita della correzione ottenuta. Errori nella valutazione di questi pazienti nell’immediato periodo post-operatorio possono portare a conseguenze medico-legali per l’ischemia del dito.
Azioni medico-legali possono essere comunque intraprese se il paziente richiede la rimozione di mezzi di sintesi e in seguito a questo viene persa la correzione desiderata. Il
12 intraoperatoria ed postoperatoria, che può comportare la necessità di rimozione dei mezzi di sintesi e la successiva perdita di correzione.
Un altro aspetto importante da considerare nell’esecuzione di diversi gesti chirurgici associati sul piede, è la durata dell’intervento con rischi di sofferenza ischemica delle parti molli da utilizzo prolungato del tourniquet ed incremento del rischio di infezione postoperatoria e la necessità di eseguire più incisioni cutanee, anche questa evenienza infatti può causare una sofferenza ischemica dei tessuti. Occorre quindi valutare attentamente la possibilità di eseguire i gesti diversi chirurgici in tempi successivi.
PIEDE PIATTO
Attualmente il trattamento del piede piatto nel bambino viene effettuato mediante artrorisi dell’articolazione sottoastragalica. L’insuccesso dell’intervento può essere causato dalla presenza di una sinostosi astragalo-calcaneare o calcaneo-scafoidea che se non asportata limita o rende inutile la correzione chirurgica. In associazione a questa tecnica in casi più severi può essere necessario l’allungamento percutaneo del tendine di Achille, che normalmente ha complicanze rare, tra queste la lesione del nervo surale e la sezione completa del tendine stesso che comporta un ritardo del recupero funzionale.
Per quanto riguarda il ritensionamento del tibiale posteriore le complicanze, sezione del tibiale posteriore o ritensionamento del tibiale posteriore non sufficiente, sono rare e sono dovute per lo più ad errori di tecnica chirurgica.
L’osteotomia di calcagno eseguita per lo più nell’adulto presenta poche complicanze, essendo tecnicamente di non difficile esecuzione. Gli errori più comuni sono la ipo o ipercorrezione, tra le complicanze descritte, la pseudoartrosi.
ALLUCE VALGO
Le complicanze dopo intervento chirurgico correttivo per alluce valgo sono molteplici.
Possono riguardare le parti molli (deiscenza della ferita, infezione, cicatrice aderente, parestesie dell’alluce) e sono legate generalmente ad una sofferenza eccessiva dei tessuti, oppure interessano il tessuto osseo (pseudoartrosi, viziosa consolidazione, necrosi avascolare, recidiva per insufficiente correzione, metatarsalgie da trasferimento sul 2° e 3° raggio). Le cause di insuccesso sono legate ad errori nell’esecuzione dell’osteotomia o ad una sintesi insufficiente.