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Il caso Amazon e le misure della Commissione Europea

Nel documento Tesi Federico Vilmercati (pagine 50-75)

3.1 Elusione e tax planning

Prima di andare ad analizzare gli schemi di elusione adottati dalle multinazionali del web, è necessario introdurre l’argomento con una comparazione tra vecchi e nuovi principi di tassazione che ci potrà permettere di capire al meglio quali sono i punti su cui le società fanno leva per ottenere privilegi fiscali, non sempre leciti. I vecchi principi di tassazione, che rappresentano tutt’oggi una buona guida da seguire, si basano su:

- neutralità: non ci sono distorsioni tra beni tradizionali e immateriali;

- efficienza: consiste nel ridurre distorsioni e forme di unfair competition o concorrenza sleale;

- equità: se le imprese non pagano il dovuto, gli effetti sono evidenti sulla pressione fiscale di altri soggetti;

- semplicità: attuabile ad esempio nel pagamento o nella riscossione;

- compliance: facile e non costosa.

Attualmente invece, la tassazione presenta:

- aliquote d’imposta sul reddito diverse nei paesi Ue;

- diversa tassazione dei dividendi e deducibilità delle spese;

- norme su transfer pricing che rappresentano una variabile cruciale;

- aliquote Iva diverse (UE e OCSE) che influenzano establishment degli e-traders.

Inoltre, in materia di IVA, l’accordo dell’Unione Europea sul VAT package ha portato un tipo di tassazione basato sul principio di destinazione, ovvero il principio di tassazione nel paese in cui avviene il consumo finale (dove si trova il consumatore finale).

Tutto questo fa sorgere delle domande riguardo una necessaria armonizzazione delle aliquote, sulle possibilità che offre la tecnologia, se ancora esiste una sovranità dello stato in ambito fiscale o su come comportarsi con i paesi terzi non appartenenti all’Unione europea. Dal punto di vista dei gruppi multinazionali poi, la necessità di competere sul mercato globale ha mutato la loro struttura organizzativa: ne è nato un modello globale di grandi gruppi societari altamente integrati, per penetrare i mercati, creare sinergie e ridurre i costi. Il disallineamento dei sistemi fiscali ha inizialmente generato problemi di doppia imposizione e costi di adempimento per le società globali.

Le multinazionali hanno posto in essere strategie di lecita pianificazione fiscale, che sfruttano questi disallineamenti per “rispondere” a schemi di imposizione societaria molto differenziati tra Paesi, oltre che a livelli di tassazione diversi. Tornando al concetto di elusione, occorre innanzitutto darne

una definizione. A tal punto possiamo dire che l’elusione consiste in un comportamento che fa ricorso ad atti e negozi giuridici artificiosi per ridurre l’imposta o ottenere agevolazioni non dovute.

All’interno del nostro ordinamento, al pari dell’evasione, l’elusione fiscale è illegale. Affinché un’operazione possa essere considerata elusiva però, occorre che questa sia validamente e regolarmente documentata dall’amministrazione finanziaria e che manchi, per definizione, una norma tributaria o di diritto civile che la vieti espressamente68. L’elusione fiscale si configura sotto diverse forme sia a livello nazionale che internazionale, ovvero quando sono coinvolti più Stati.

Normalmente le caratteristiche delle attività più importanti sono queste:

- artificiosità delle operazioni: tutte le operazioni poste in essere in uno schema preciso hanno un effettivo interesse economico come scopo primario;

- applicazione distorta della norma: l’elusione sfrutta le lacune presenti nel sistema normativo per ottenere vantaggi fiscali.

L’elusione fiscale persegue la riduzione dell’imposizione non in modo illegale ma con metodi che il legislatore non intendeva perseguire. Tali mancanze nella normativa possono consistere nell’evitare di porre in essere operazioni tassabili o sfruttare vantaggi riconosciuti da precise norme fiscali. In genere ciò implica una contravvenzione dei principi basilari di equità e non discriminazione. A causa dell’internazionalizzazione delle imprese le quali, in un ambiente caratterizzato da una sempre maggiore integrazione con le diverse realtà economiche, si trovano a gestire sedi e filiali in stati diversi dal punto di vista fiscale, la questione dell’elusione fiscale ha assunto carattere internazionale. Come effetto diretto di tale situazione fiscale si assiste ad una dilatazione delle situazioni di doppia imposizione e al crearsi di molteplici modelli di elusione internazionale. Nel concreto però, le operazioni con paesi a bassa fiscalità sono state da sempre ricondotte nell’area dell’elusione internazionale, come confermato dalle scelte operate dal legislatore italiano con le prime disposizioni contro le legislazioni dei paradisi fiscali (Legge n. 413/1991). La stessa disciplina in materia di società controllate estere (CFC), introdotta recentemente nel nostro ordinamento, mira a limitare un fenomeno di elusione fiscale internazionale quale il «tax deferal», ossia l’utilizzo di società domiciliate in paradisi fiscali per eludere o differire il pagamento di imposte nazionali a prescindere da logiche operative o produttive di gruppo. Grazie a questa pratica però, vengono violati i principi di neutralità e trasparenza in materia di esportazione di capitali e di localizzazione produttiva, e in maniera ancor maggiore se si tratta di quei regimi riservati solamente ai soggetti non residenti o che nello Stato di localizzazione non svolgono alcuna attività economica (cd. ring

68 Valente, P. (2014). Elusione fiscale internazionale. Ed: Ipsoa

fencing). Conseguentemente la normativa nazionale (contenuta nell’art. 167 T.U.I.R.) reagisce imputando, in sostanza, ai soggetti residenti, che detengono direttamente o indirettamente il controllo di una società localizzata in un paradiso fiscale, tutti i redditi da quest’ultima conseguiti.

Tale contrasto è stato esteso (art. 168 T.U.I.R.) anche alle ipotesi di collegamento societario qualificato, in cui il partecipante residente possa comunque attuare una politica di differimento nella distribuzione degli utili. Interventi antielusivi particolarmente mirati a specifici comportamenti concernono la fittizia localizzazione all’estero di redditi attraverso soggetti interposti69 ovvero la creazione di strutture apparentemente non residenti ma in realtà gestite da centri decisionali in Italia. La particolare configurazione di alcune condotte, riconosciute e contrastate come elusive dall’ordinamento tributario, solleva il problema della loro eventuale rilevanza penale nell’ambito del sistema sanzionatorio predisposto dal D.Lgs. n. 74/2000. Nel concreto vi sono una serie di situazioni e comportamenti, coincidenti con o simili all’elusione internazionale, che si verificano spesso nella prassi e che possono integrare anche fatti penalmente rilevanti. A tal punto, i comportamenti elusivi penalmente rilevanti sono:

a) trasferimento fittizio della residenza all’estero: secondo una parte della giurisprudenza questa fattispecie non realizza un comportamento fraudolento visto che, dopo il trasferimento fittizio di residenza in un paese a fiscalità privilegiata, il soggetto si limita a non dichiarare nulla ma non ad indicare elementi passivi fittizi o elementi attivi di ammontare inferiore a quelli realizzati. Per cui non vi è la falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie. Peraltro, tale situazione è considerata dall’ordinamento tributario, il quale presume che il trasferimento di residenza in uno dei paesi compresi nella c.d. black list abbia finalità elusive e, salva l’eventuale prova contraria da parte del contribuente (inversione dell’onere della prova), non ne ammette i vantaggi fiscali. Secondo un’altra parte della giurisprudenza, l’esterovestizione70 della residenza fiscale, unitamente ad altre modalità volte ad ostacolare l’accertamento, sarebbe una peculiare forma di evasione fiscale internazionale posta in essere da soggetti evasori totali di difficile individuazione.

b) Interposizione soggettiva fittizia: si tratta di un comportamento finalizzato all’abbattimento dell’imponibile che, di norma, integra una classica fattispecie elusiva. Infatti, l’art. 37, comma terzo, del D.P.R. n. 600/1973 provvede a disconoscerne completamente, sul piano fiscale, i vantaggi, imputando i relativi redditi al vero possessore per interposta persona, individuato

69 art. 37 d.P.R. n. 600/1973

70 per esterovestizione si intende a fittizia localizzazione all'estero della residenza di un soggetto che vive od opera in Italia, allo scopo di godere di un regime fiscale più vantaggioso.

anche a mezzo di presunzioni gravi, precise e concordanti. Tale fattispecie di simulazione soggettiva, diventa di certo penalmente rilevante ove siano emesse o utilizzate fatture per operazioni soggettivamente inesistenti;

c) utilizzo di “società di comodo”: cioè strutture societarie non operative costituite all’unico scopo di divenire centri di imputazione di proventi e redditi che sarebbero in altro modo di riferimento a terzi soggetti. Tali strutture, se ben gestite possono essere utilizzate, se residenti in paesi a fiscalità privilegiata, a diminuire il carico fiscale del soggetto controllante italiano. Dal punto di vista penale, sembra possibile qualificare il ricorso alle società di comodo come fraudolento, ma soltanto quando tali società non abbiano concreta operatività e reali finalità imprenditoriali. Il tutto esige quindi un’indagine che per la sua particolare complessità risulta particolarmente difficoltosa;

d) gestioni infragruppo ed operazioni di transfer pricing: tali pratiche, di particolare complessità, sono adatte in maniera quasi esclusiva a grossi gruppi internazionali. Tali comportamenti vengono affrontati dal legislatore italiano con la previsione dell’art. 110, comma 7 del T.U.I.R., in base al quale i prezzi delle transazioni in questione vengono ricalcolati sulla base del «valore normale» dei beni e servizi scambiati nei rapporti interni fra le società71.

3.1.1. Pianificazione fiscale legittima vs elusione fiscale

All’interno del panorama delle modalità di riduzione delle imposte, non è sempre facile distinguere l’elusione fiscale dalla legittima pianificazione fiscale. Questo poiché anche quest’ultima implica la riduzione dell’onere fiscale a carico del contribuente. Tuttavia, la pianificazione può essere svolta in modalità tali da non violare la normativa fiscale e rimanere coerente a quest’ultima. Per cui, distinguere le due fattispecie è possibile solo attraverso l’interpretazione delle norme di legge.

Partendo dalle operazioni elusive, queste possono essere verificate attraverso quattro test:

- test dell’intenzionalità: attraverso il quale il contribuente sfrutta le opportunità dalla norma di ridurre o evitare la tassazione che sarebbe scaturita da una certa operazione, raggiungendo lo stesso risultato commerciale;

- test dell’artificialità: attraverso una serie di transazioni complesse che rientrano però nell’ambito della norma;

71vedi nota 71

- test del beneficio: riguarda la caratteristica delle operazioni elusive, le quali garantiscono di solito grandi vantaggi economici e coinvolgono l’attività di esperti in materia fiscale;

- test della giustizia: attraverso la compatibilità delle operazioni con le norme stesse.

Per quanto concerne invece la pianificazione fiscale, in ambito internazionale, in mancanza di norme antielusive ad hoc, questa viene realizzata attraverso la gestione di fattispecie relative alla produzione e allocazione del reddito, facendo ricorso ai seguenti elementi:

- la formazione del reddito: ovvero la scelta di localizzare nuove o diverse basi imponibili in stati a bassa tassazione o che godono di particolari privilegi fiscali;

- l’abbattimento del reddito: consiste nell’ottimizzazione delle deduzioni e delle esenzioni. Questo con l’obiettivo di aumentare i costi deducibili allocabili negli Stati a più alta tassazione ed aumentare base imponibile in Stati a bassa tassazione;

- la diversione del reddito: attuato mediante lo spostamento del reddito da stati ad alta tassazione verso quelli a bassa tassazione;

- un mix delle strategie precedenti.

Partendo dalla formazione del reddito, questa si basa sull’utilizzo degli strumenti fiscali più efficaci in uno Stato al fine di svolgere attività economica e generare reddito in tale Stato. Ciò si realizza mediante la forma giuridica più adatta attraverso cui svolgere l’attività, cioè la scelta fra una branch, ovvero una sede secondaria, o una società sussidiaria. Inoltre, nell’ambito dell’international tax planning legato alla formazione del reddito, anche le società holding risultano essere un mezzo efficace per realizzare le politiche perseguite.

I vantaggi fiscali più evidenti nell’utilizzo di una branch rispetto a una società sussidiaria consistono:

- nella deduzione delle perdite operative realizzate dalla branch da parte della casa madre (mentre, nel caso di una società sussidiaria estera, le perdite non sono trasferibili alla casa madre);

- nell’inapplicabilità di nessuna imposta indiretta sul conferimento di capitale in una branch;

- nella semplicità di rimpatrio degli utili di una branch da un punto di vista fiscale, rispetto alla distribuzione di dividendi poiché in genere non vi è l’applicazione della ritenuta fiscale. Questo meccanismo risulta valido a meno che lo Stato della fonte non applichi una branch profit tax, ovvero una tassa sui profitti della società secondaria, come nel caso degli Stati Uniti.

Tutto questo, naturalmente, deve essere rivisto ed analizzato alla luce della possibilità di applicare la c.d. “branch exemption”, ovvero un’opzione vincolante su tutte le branch estere per la tassazione delle stesse esclusivamente nel Paese della fonte del reddito. Grazie a quest’opzione, quindi, sono

esenti da tassazione per la casa madre gli utili o le perdite generate da ogni branch. Per quanto riguarda invece l’utilizzo delle holding companies, questo permette di sfruttare specifiche caratteristiche che, ai fini fiscali, possono comportare un risparmio d’imposta. Nello specifico, a queste società vengono attribuiti dei privilegi fiscali sia per quanto concerne la tassazione dei dividendi percepiti che per la tassazione delle plusvalenze realizzate dalla vendita di partecipazioni.

Infine, un altro esempio molto frequente di veicoli societari utilizzati per la pianificazione fiscale internazionale sono le cd. conduit companies72.

Grafico 12: Le principali tecniche di Treaty shopping73

Queste società hanno lo scopo di convogliare flussi di reddito tra Stati ad alta tassazione verso quelli a bassa tassazione. Possono essere classificate in:

- direct conduits: come le holding companies intermedie, le finance companies o le royalty companies. Ad esempio, una società residente nello Stato P riceve dividendi, interessi e royalties da una società residente nello Stato T. Secondo il trattato tra lo Stato P e lo Stato T la società residente nello stato P chiede di essere totalmente o parzialmente esentata dalla ritenuta

72 vedi nota 72

73 http://slideplayer.it/slide/584992/, slide 16

applicabile nello Stato T. La società è completamente detenuta da una società terza, residente in uno Stato terzo, che non ha diritto di applicazione dei benefici convenzionali esistenti tra lo Stato P e lo Stato T. Quest’ultima, tuttavia, beneficia indirettamente dei vantaggi convenzionali.

Quando la società terza riceve il reddito, si è così realizzata una combinazione di international tax planning data sia dalla formazione del reddito, che dalla diversione del reddito stesso.

- stepping stones: esse sostengono alte spese sotto forma di interessi, royalties e management fees a favore di una seconda società conduit situata in un altro Stato che beneficia di un regime fiscale di tassazione o che è esente da tassazione per i redditi così percepiti. In questo modo si realizza una pianificazione fiscale data dalla combinazione di una attività di formazione dei profitti dove si trova la società stepping stone e di estrazione del reddito nello Stato dove si trova la società che paga interessi, royalties e altre spese.

Passando all’analisi del secondo elemento, ovvero l’abbattimento del reddito, esso viene realizzato attraverso l’ottimizzazione delle deduzioni e delle esenzioni, per far in modo che si aumentino le spese deducibili negli Stati ad alta tassazione e la base imponibile in quelli a bassa tassazione.

L’obiettivo più importante di queste operazioni è quello di ridurre la base imponibile nello Stato del debitore attraverso di importi rilevanti di spese deducibili ai fini fiscali quali royalties, management fees e premi assicurativi. Gli esempi più importanti di attribuzione del reddito sono:

- il leveraged financing: utilizzato al fine di avviare un’attività economica in uno Stato per acquisire un veicolo attraverso cui svolgere attività in un altro Stato attraverso l’indebitamento. I finanziamenti vengono, in genere, forniti da società situate in Paesi a bassa tassazione, in modo tale da ottenere la deducibilità degli interessi pagati nello Stato del mutuatario, che in genere è ad alta tassazione, e il ricevimento di interessi tassabili nello Stato del mutuante, residente in uno a bassa tassazione. Se fosse previsto nello Stato del mutuante il regime della tassazione di gruppo, la società del mutuante e una o più delle altre società correlate potrebbero trarre un immediato vantaggio fiscale. Così le perdite sostenute dal mutuante potrebbero essere compensate con gli utili delle altre società correlate, in modo da ridurre in maniera maggiore l’obbligo fiscale nello Stato del mutuante.

- thin capitalisation: sempre mediante il capitale di debito, quest’operazione si realizza quando le società sussidiarie del gruppo anziché essere capitalizzate, operano esclusivamente tramite capitali di debito. Tali capitali sono forniti o dal socio o dalla società madre. Una società è considerata sottocapitalizzata quando il proprio patrimonio netto è esiguo rispetto ai debiti assunti. In tale fattispecie, i finanziamenti sono più elevati rispetto a quanto ci si attenderebbe

in condizioni normali. Il livello di indebitamento della suddetta società è tale in virtù del fatto che i finanziamenti sono riconosciuti dal socio e non da un terzo che altrimenti non avrebbe finanziato la società. Attraverso quest’operazione in pratica si punta ad ottenere la deducibilità degli interessi passivi, ovvero erodere base imponibile nello Stato del debitore.

- società assicurative captive o captive insurance companies: attraverso le quali viene svolta attività di assicurazione per conto di società situate in Stati ad alta tassazione. Tali società possono essere utilizzate al fine di assicurare determinati rischi che in genere il mercato assicurativo non accetta di coprire o al fine di ottenere più ampi tipi di coperture assicurative che le normali società non forniscono. Lo scopo è quello di dedurre i premi pagati alla società captive, quali spese inerenti, e pertanto, creare utili nello Stato di ubicazione della società captive estraendo profitti dallo Stato in cui i premi vengono pagati.

Infine, per quanto riguarda la diversificazione dei redditi, vengono in genere utilizzati strumenti di pianificazione quali le holding companies e altre società intermedie. Le holding vengono ubicate in Stati che applicano dei regimi fiscali preferenziali, tra cui la partecipation exemption74, oppure in Stati a bassa tassazione. Altre forme possono essere realizzate mediante l’utilizzo di trattati fiscali o nella diversificazione dei redditi previsti dagli stessi. Nella prima ipotesi si possono verificare treaty shopping, mentre nel secondo caso è possibile sfruttare strumenti di hybrid financing, e altri strumenti similari che sfruttano le incongruenze esistenti tra i vari Stati nella classificazione del reddito. Per quanto riguarda i treaty shopping, essi consentono di rendere disponibili i benefici convenzionali a persone che non ne hanno il diritto. L’obiettivo è quello di ottenere vantaggi convenzionali previsti da un trattato stipulato da quello Stato con un altro.

Grafico 13: Treaty shopping: pianificazione fiscale aggressiva in caso di royalties 75

74 La Participation Exemption (PEX) è un particolare regime che consente di non far concorrere alla formazione del reddito imponibile una parte delle plusvalenze realizzate da società di capitali (articolo 87 DPR n. 917/86) in sede di cessione di partecipazioni sociali.

Tali benefici non sarebbero, altrimenti, disponibili al soggetto, se avesse invece investito direttamente nel terzo Stato. Lo Stato terzo è generalmente lo Stato della fonte. La società che viene interposta è la cd. conduit company. Tale società non viene tassata nello Stato interposto, in base a norme di legge o accordi particolari. In tal modo i benefici tra i due Stati diventerebbero applicabili anche ai residenti di un terzo Stato76.

3.2. Caso Amazon: tax ruling legittimo vs concorrenza sleale

Il tax ruling può essere descritto come una decisione prestabilita in ambito fiscale, attraverso la quale le autorità di uno Stato membro comunicano a una specifica società le modalità utilizzate per calcolare l’imposta sul reddito societario. Mentre l’evasione fiscale consiste in una serie di atti illeciti volti a pagare meno di quanto si dovrebbe per legge, occultando redditi o informazioni alle amministrazioni fiscali, la pianificazione fiscale si verifica quando i contribuenti organizzano legalmente i loro affari al fine di ridurre al minimo il prelievo fiscale gravante su di essi.

L’estremizzazione di questi comportamenti ha generato strategie di pianificazione fiscale aggressiva, consistente nello sfruttare le caratteristiche tecniche di un sistema fiscale o le discrepanze esistenti fra due o più imposizioni al fine di ridurre l’ammontare dell’imposta dovuta, adottando vari schemi. Ogni procedura legittima di tax ruling può avere una durata variabile, da alcuni mesi fino a diversi anni, e si concretizza in accordi basati su documentazioni complesse e a eventuali accessi che hanno lo scopo di verificare l’esattezza dei dati forniti. Il tax ruling, nella sua accezione, è balzato in primo piano nelle cronache a seguito allo scandalo LuxLeaks, nato da una inchiesta giornalistica condotta in 31 paesi che portò alla luce un meccanismo, in quel momento perfettamente lecito, che permetteva a grandi multinazionali di eludere il pagamento delle imposte.

Il nome venne scelto in quanto la base per le operazioni era il Lussemburgo, amministrato allora dall’attuale Presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker. Ne rimasero coinvolte circa trecento multinazionali, di cui 31 italiane. Tramite accordi segreti con il Lussemburgo, giganti come Amazon, Ikea, Deutsche Bank, Procter & Gamble, Pepsi e Gazprom, potevano spostare enormi quantità di denaro versando importi irrisori77. A seguito di un'indagine approfondita, avviata nell'ottobre 2014, la Commissione ha concluso che un ruling fiscale, emanato dal Lussemburgo nel 2003 e rinnovato nel 2011, ha ridotto le imposte versate da Amazon in Lussemburgo senza alcuna

76 vedi nota 72

77 https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/06/il-tax-ruling-tra-regole-violazioni-ed-evasione-fiscale-da-parte-delle- multinazionali/3170196/

Nel documento Tesi Federico Vilmercati (pagine 50-75)