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Le prime teorizzazioni sul concetto di impresa sociale risalgono agli anni ’80 del secolo scorso. L’obiettivo era quello di qualificare quel fenomeno per cui sempre più organizzazioni non lucrative, a carattere volontaristico, venivano a costituirsi con l’obiettivo di produrre direttamente servizi sociali e attività finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

Le imprese sociali vengono definite come organizzazioni che «da un lato producono per il mercato, dall’altro lo fanno per finalità diverse dal profitto» (Capaldo, 1995) e generalmente riconducibili all’ ”interesse generale” o “sociale”.

La necessità di ricorrere ad un riconoscimento di questo soggetto è legato al fatto che queste organizzazioni si trovano a gestire transazioni economiche sempre più importanti senza che ci sia una specifica forma regolamentata e disciplinata dall’ordinamento giuridico. L’introduzione di un’apposita regolamentazione è finalizzata a disciplinare l’attività e favorirne la costituzione e l’operatività.

La definizione più completa di impresa sociale risale alla fine degli anni ’90, elaborata dal network EMES, e condivisa da tutti gli studiosi e legislatori, i quali si sono ispirati per regolamentare questa nuova forma imprenditoriale. Essa si articola lungo due dimensioni: quella economico-imprenditoriale e quella sociale.

La prima prevede la sussistenza di quattro requisiti: una produzione di beni e/o servizi in forma continuativa e professionale; un elevato grado di autonomia sia nella costituzione che nella gestione; l’assunzione da parte dei fondatori e dei proprietari di un livello significativo di rischio economico; la presenza, accanto a volontari o utenti, di un certo numero di lavoratori retribuiti (Borzaga, Defourny, 2001).

La dimensione sociale richiede invece il possesso delle seguenti caratteristiche: avere come esplicito obiettivo quello di produrre benefici a favore della comunità nel suo insieme o di gruppi svantaggiati; essere un’iniziativa collettiva, cioè

32 promossa non da un singolo imprenditore, ma da un gruppo di cittadini; avere un governo affidato esclusivamente o prevalentemente a portatori di interesse diversi dai proprietari del capitale; garantire una partecipazione ai processi decisionali allargata, in grado di coinvolgere tutti o quasi i gruppi interessati all’attività; prevedere la non distribuibilità degli utili, o al più una distribuibilità limitata, e quindi la loro assegnazione ad un fondo indivisibile tra i proprietari, sia durante la vita dell’impresa che in caso di suo scioglimento (Borzaga, Defourny, 2001).

Borzaga (Borzaga, 2009) riassume l’impresa sociale come:

un soggetto giuridico privato e autonomo che svolge attività produttive secondo criteri imprenditoriali (continuità, sostenibilità, qualità), ma che persegue, a differenze delle imprese convenzionali, una esplicita finalità sociale, che si traduce nella produzione di benefici diretti a favore di un’intera comunità o di soggetti svantaggiati. Essa esclude la ricerca del massimo profitto in capo a coloro che apportano il capitale di rischio, ed è piuttosto tesa alla ricerca dell’equilibrio tra una giusta remunerazione di almeno una parte dei fattori produttivi e le possibili ricadute a vantaggio di coloro che utilizzano i beni o i servizi prodotti. Un’impresa quindi che può coinvolgere nella proprietà e nella gestione più tipologie di stakeholder (dai volontari ai finanziatori), che mantiene forti legami con la comunità territoriale in cui opera e che trae le risorse di cui ha bisogno da una pluralità di fonti: dalla pubblica amministrazione, dalle donazioni di denaro e d lavoro, ma anche dal mercato e dalla domanda privata.

Indipendentemente dalla definizioni accolta, rimangono dei dubbi circa la collocazione di questo soggetto ibrido, che assume caratteristiche sia imprenditoriali che tipiche del terzo settore. Per capire cos’è che differenzia l’impresa sociale da quelle for profit e dalle altre organizzazioni non profit bisogna effettuare un’attenta analisi dei due termini che identificano il soggetto: “impresa” e “sociale”.

In riferimento al concetto di impresa non ci si focalizza sulla definizione dettata dal c.c. all’art. 2082, ma bensì si pone l’attenzione alla dimensione dell’innovazione che

33 essa assume (ottica schumpeteriana). La ricerca di realizzare nuove soluzioni dal lato dell’offerta, o la capacità di soddisfare una quota diversa di domanda, rendono l’impresa sociale diversa da qualsiasi altro ente di promozione sociale, che assume un comportamento reattivo e non proattivo.

La funzione economica è inoltre rappresentata dalla capacità dell’ente di creare valore mediante lo svolgimento in via stabile e principale di un’attività economica di produzione o di scambio di beni e di servizi. Tale capacità consente all’impresa di poter operare con continuità ottenendo la propria indipendenza dalle pubbliche amministrazioni.

L’impresa sociale si differenzia però dalle aziende di produzione con riferimento all’economicità. Il conseguimento degli equilibri reddituale, patrimoniale e finanziario non è elemento sufficiente per assicurare anche il successo istituzionale, ovvero il perseguimento delle finalità istituzionali, che in questo caso sono di utilità sociale e di interesse generale. Il successo di queste finalità non può essere misurato solo in termini economici, infatti l’economicità all’interno delle imprese sociali rappresenta un parametro da rispettare ma non corrisponde allo scopo finale. In riferimento al termine sociale l’aspetto maggiormente evidenziato è l’orientamento e la propensione di queste imprese a perseguire determinate finalità di utilità sociale. L’utilità sociale può essere rappresentata dalla tipologia di servizio offerto dall’impresa o dall’internalizzazione all’interno dell’organizzazione di preoccupazioni di carattere sociale (inserimento lavorativo di persone svantaggiate). La creazione di valore sociale è il primo obiettivo, mentre la creazione di valore economico è spesso un sottoprodotto che permette alle organizzazioni di raggiungere l’auto-sufficienza e la sostenibilità (Mair, Seelos, 2005).

E’ proprio dal significato attribuito ai termini impresa e sociale che emergono le caratteristiche distintive di questa nuova realtà imprenditoriale. La supremazia della creazione del valore sociale sull’accumulazione di valore economico denota la componente social dell’espressione, mentre la capacità di riconoscere opportunità di creazione di valore e trarne vantaggio qualificano l’accezione entrepreneurial (Perrini, 2007).

34 Ciò che differenzia inoltre l’imprenditoria sociale dalle altre forme filantropiche è l’organizzazione di mezzi e di persone finalizzate alla produzione di beni e servizi per il soddisfacimento dei bisogni sociali.

Concludendo le imprese sociali assumono caratteristiche sia imprenditoriali – attività di produzione di beni e servizi, assunzione del rischio, autonomia e continuità operativa - che sociali – finalità di utilità sociale e di interesse generale, erogazione di beni e servizi al maggior numero di fruitori possibili senza rincorrere la massimizzazione del profitto, ma attivando nuovi meccanismi di finanziamento.