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Considerando che l’impresa sociale è stata introdotta in Italia nel 2006 si potrebbe pensare che si tratti un fenomeno abbastanza recente, invece la sua presenza è fortemente diffusa e radicalizzata, sia in termini politici, culturali e istituzionali che geografici.

Il fenomeno è riconducibile alle cooperative sociali, le quali a partire dagli anni settanta, in stretta collaborazione con le amministrazioni locali, hanno iniziato a costruire i sistemi di welfare locali.

Dal punto di vista giuridico le cooperative sociali sono disciplinate dalla L. 381/1996. Ciò che le differenzia dalle altre cooperative è lo scopo più ampio rispetto allo scopo mutualistico semplice: ossia il “perseguimento dell’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”. La cooperativa sociale a differenza delle altre tipologie previste non svolge la propria attività solo nell’interesse degli associati, ma attraverso attività di utilità sociale opera nell’interesse di tutta la comunità.

Le attività che svolgono le cooperative sociali nel perseguire il proprio fine possono essere:

44 b. svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all’inserimento lavorativo di persone “svantaggiate”.

Da qui la classificazione in cooperative sociali di tipo “A” o di tipo “B”, che rispecchia in linea di massima la distinzione già introdotta precedentemente per le imprese sociali. Sono inoltre ammesse le cooperative sociali a scopo plurimo, cioè che hanno ad oggetto entrambe le attività previste dall’art. 1 della L. 381/1991.

All’interno delle cooperative sociali si possono individuare 4 categorie di soci:  i soci lavoratori, i quali percepiscono un utilità economica in virtù della

prestazione fornita;

 i soci volontari, i quali prestano la loro attività gratuitamente per fini di solidarietà. Il loro numero non può superare la metà del numero complessivo dei soci;

 i soci fruitori, i quali usufruiscono direttamente o indirettamente dei servizi offerti dalla cooperativa. Questa tipologia di soci è tipica delle cooperative sociali di tipo A, all’interno delle quali è forte la presenza di utenti e loro familiari come nelle cooperative di consumo;

 i soci finanziatori, i quali non sono interessati alle prestazioni mutualistiche, ma bensì alla possibilità di effettuare un conveniente investimento in denaro. Per le caratteristiche che assume la cooperativa sociale, questa può essere inclusa tra gli enti non profit: presenza di volontari; attività finalizzate al perseguimento di scopi di utilità sociale; inclusione di persone appartenenti a categorie socialmente svantaggiate; vincolo di non distribuzione degli utili.

Confrontando i principi della normativa nazionale sulla cooperazione sociale (L. n. 381/1991) e la definizione generalmente riconosciuta e accettata di impresa sociale dell’EMES, si evince come le stesse cooperative rappresentano le prime esperienze italiane di cooperativa sociale.

45 Tab. 2 Un confronto tra le caratteristiche dell’impresa sociale e quelle della cooperativa sociale

Caratteristiche dell’impresa sociale (EMES)

Caratteristiche della cooperativa sociale (L. n. 381/1991)

Produzione continuativa di beni e/o servizi

Esercizio di un’attività imprenditoriale Elevato grado di autonomia Autonomia e indipendenza

(4° principio ACI) Significativo livello di rischio

economico

Partecipazione economica dei soci (3° principio ACI)

Presenza di forza lavoro retribuita Occupazione di personale dipendente e presenza di uno specifico CCNL

Produzione di benefici per la comunità come obiettivo esplicito

Interesse verso la comunità (7° principio ACI)

Perseguire l’interesse generale della comunità

(art. 1, L. n. 381/1991) Iniziativa promossa da un gruppo di

cittadini

Adesione libera e volontaria (1° principio ACI)

Governo non basato sulla proprietà del capitale

Controllo democratico da parte dei soci (2° principio ACI)

Partecipazione allargata che coinvolga i diversi stakeholder

Presenza di una pluralità dei soci: 1. soci lavoratori (manager e

operatori);

2. soci fruitori (utenti del servizio); 3. soci volontari (art. 2 L. n.

381/1991); 4. soci sovventori

Limitata distribuzione degli utili Partecipazione economica dei soci (3° principio ACI)

46 Analizzando quindi lo sviluppo delle cooperative sociali è possibile comprendere le dinamiche che hanno portato alla diffusione dell’impresa sociale nel nostro paese. L’affermazione delle cooperative sociali in Italia non è riconducibile solo all’iniziativa pioneristica dei soci fondatori o all’introduzione di innovazioni legislative, ma soprattutto, come già precedentemente evidenziato, è legata al comportamento e alle decisioni assunte dalle amministrazioni pubbliche locali. Prima del 1991 il sistema di servizi sociali era ancora incompleto e fortemente frammentato, incapace di fornire risposte ad ampie fasce della popolazione. Le cooperative sociali divengono così, in modo spontaneo, l’interlocutore della pubblica amministrazione nelle costruzione dei sistemi locali di welfare.

Altro fenomeno che favorì questo sviluppo fu la crisi petrolifera internazionale di fine anni Settanta che costrinse le pubbliche amministrazioni a fronteggiare il blocco delle assunzioni e quindi la difficoltà ad assumere personale per strutturare i nuovi servizi socio-assistenziali. Si avviarono processi di esternalizzazione dei servizi per ovviare alla difficoltà.

Questa necessità ha generato un duplice vantaggio: da un lato, la possibilità da parte degli enti di ampliare le tipologie di servizi offerti, dall’altro, un incremento dell’occupazione, con la creazione di numerosi posti di lavoro, indirizzati soprattutto ai giovani.

Le cooperative sociali divennero parte integrante dei nuovi sistemi locali di welfare, sviluppando le prime reti di servizi socio-assistenziali.

A partire dalla metà degli anni Novanta questa strategia subì una profonda trasformazione. L’aumento dei costi dei servizi, dovuta ad una maggior professionalizzazione degli operatori, la crescita assoluta delle cooperative sociali, e la relativa crisi della finanza pubblica che ridusse progressivamente le risorse finanziare destinate a questi tipi di interventi, determinarono un’alterazione delle relazioni. Si passò dalla logica di collaborazione, attraverso lo strumento delle convenzioni, a quella della contrattazione.

47 In base al nuovo modello la selezione degli erogatori di servizi non avviene più sulla base di accordi, ma viene attivata sulla base del livello qualitativo degli interventi e su criteri di convenzione economica.