Boccace humaniste latin, sous la direction d’Hé-
lène Casanova-roBin, Susanna GaMBino lonGo et
Frank la BrasCa, Paris, Classiques Garnier, 2016,
«Rencontres» 278, 418 pp.
Si considera opportuno segnalare in questa sede gli atti del convegno di Parigi (14-16 ottobre 2013) dedicato alla produzione latina di Boccaccio: pur non contenendo saggi espressamente incentrati sulla circolazione e sulla rielaborazione delle opere latine
del Certaldese nella Francia del xvi secolo, il volume
presenta un sicuro interesse per chi si occupi di tali questioni. La maggior parte degli articoli riuniti guar- da infatti a quei testi boccacciani di cui sono apparse diverse edizioni latine e soprattutto vernacolari a Pa- rigi e Lione nel primo Cinquecento: il De casibus vi-
rorum illustrium (ricordiamo le traduzioni pubblicate
da Vérard, Le Noir, L’Angelier), il De genealogiis deo-
rum gentilium (Vérard, Petit) e il De mulieribus claris
(L’Angelier, Rouillé). I contributi, caratterizzati da al- cuni ambiti d’analisi privilegiati (la costruzione della figura autoriale, il posizionamento dell’autore rispetto alle fonti classiche e la sua riflessione intorno a proble- mi di estetica e poetica), sono i seguenti.
Hélène Casanova-roBin, Susanna GaMBino lon-
Go, Frank la BrasCa, Introduction, pp. 9-22. Première
partie («La mémoire des grands hommes»): Paolo
viti, Boccaccio e le fonti classiche nel “De casibus vi-
rorum illustrium”, pp. 25-50; Émilie séris, Le livre IV
du “De casibus virorum illustrium” de Boccace. Essai de structure et d’interprétation, pp. 51-72; Johannes
BartusChat, Portrait du jeune poète en fils des Muses.
Quelques remarques sur Boccace, biographe de Pétrar- que et l’essor de l’humanisme, pp. 73-92; Florence
vuilleuMier laurens, De la “Griselda” aux “Femmes
illustres”, pp. 93-106. Deuxième partie («Géographie
littéraire et philologie sur les traces des Anciens»): Su-
sanna GaMBino lonGo, Autobiographie et auctorialité
dans l’écriture encyclopédique de Boccace. L’exemple du “De montibus”, pp. 109-128; Emanuele roManini,
«Alter Iohannes os auri». L’omaggio al Boccaccio nel
preambulum delle “Additiones” di Giovanni Segarelli, pp. 129-148. Troisième partie («La correspondance
latine de Boccace»): Frank la BrasCa, De la «Scrip-
tura» à la «Litteratura». Considérations sur les lettres latines autographes de Boccace, pp. 151-173; Pierre
laurens, «Preceptor inclite». Les lettres latines de
Boccace à Pétrarque. Lettres conservées, lettres perdues, lettres reconstituées, pp. 175-187; Sabrina ferrara,
L’amitié trahie dans la correspondance latine de Bocca- ce, pp. 189-211. Quatrième partie («Mythe, allégorie
et philosophie»): Pierre MaréChaux, Mythologie et
mythographie dans la “Généalogie des dieux païens” de Boccace. Les contradictions de l’herméneutique et de la poétique, pp. 215-249; Marcos Martinho dos santos,
Les références aux “Mythologies” de Fulgence dans la “Généalogie des dieux païens” de Boccace, pp. 251-280;
Fosca Mariani zini, La théologie physique dans la
“Généalogie” de Boccace. Les Muses de la poésie et les Lares de la philosophie, pp. 281-299. Cinquième partie
(«Sagesse et poésie»): Sonia Gentili, La nature de la
Cinquecento 117
pp. 303-321; Hélène Casanova-roBin, De la libération
des passions à la spiritualité. L’églogue «Phylostropos» (Boccace, “Bucolicum Carmen”, xv), pp. 323-347; Pier-
re Caye, Fortuna et virtus dans le “De casibus virorum
illustrium” de Boccace, pp. 349-358; Thomas riCklin,
La fortune des autres et sa propre renommée. Les risques de l’auteur face au “De casibus virorum illustrium”,
pp. 359-377.
[MaurizioBusCa]
Les Muses sacrées. Poésie et théâtre de la Réforme entre France et Italie, sous la direction de Véronique
ferrer et Rosanna Gorris CaMos, Genève, Droz,
2016, «Cahiers d’Humanisme et Renaissance» 135, 494 pp.
Le ricerche sulla poesia e il teatro riformato hanno condotto negli ultimi decenni alla pubblicazione di im- portanti edizioni e studi curati, in Italia, principalmen- te dai membri del Gruppo di Studio sul Cinquecento Francese (che hanno portato avanti in particolare i la- vori avviati da Enea Balmas) e, in Europa, da numerosi studiosi di scuola francese e svizzera: menzioniamo almeno Max Engammare, Véronique Ferrer, Isabelle Garnier, Frank Lestringant, Olivier Millet e Ruth Sta- warz-Luginbühl – ma tale elenco è ben lungi dall’esse- re completo. Il volume degli atti del convegno tenutosi a Verona dal 27 al 29 novembre 2013, che riunisce di- ciannove contributi sulla letteratura della Riforma (fra gli autori dei quali figurano molti degli specialisti che abbiamo ricordato), costituisce un prezioso strumento di lavoro per chi si interessi di tali questioni. La rac- colta si divide in due sezioni: la prima, più estesa, è dedicata alla poesia spirituale, sapienziale, dottrinale e militante (ivi inclusi rifacimenti, imitazioni e traduzio- ni); la seconda è invece dedicata a diverse tipologie di testi teatrali, dalla moralité alla tragicommedia passan- do per la commedia (da intendersi come pièce scritta «pour les simples») e la tragedia (volgarizzamenti di testi classici e opere originali). I contributi raccolti so- no i seguenti.
Première partie («Poésie et Réforme»): Mario riChter, Poésie et Grâce chez les poètes calvinistes du
xvie siècle, pp. 43-55; Véronique ferrer, Parler à Dieu,
édifier les fidèles. La poésie au service de la Réforme,
pp. 57-70; Max enGaMMare, Des vers ajoutés aux ver-
sets. Poèmes dans les éditions protestantes de la Bible au
xvie siècle, pp. 71-98; Jean viGnes, Y a-t-il une poéti-
que réformée de la paraphrase des Psaumes? L’exemple du psaume 3, pp. 99-146; Letizia Mafale, «De l’in-
spiration divine à l’inspiration humaine». Guillaume Guéroult et ses chansons spirituelles, pp. 147-164;
Mariangela Miotti, «Recueillant le fruit de Ronsard et
sa Muse,|Ailleurs je l’employray». La ricerca di André de Rivaudeau, pp. 165-181; Concetta Cavallini, Vit-
toria Colonna, femme-poète «spirituale» et les “Rime spirituali di sette poeti illustri” de Scipione Ammirato (1569), pp. 183-202; Davide dalMas, Letture e riscrit-
ture “riformate” della canzone alla Vergine di Petrarca nel Cinquecento, pp. 203-221; Anna Bettoni, Des
huitains puisés au trésor des Psaumes. Les “Perles d’e- slite” de François Perrot (Genève, 1577), pp. 223-241;
Bruno Petey-Girard, Poupo, le sonnet et la Bible,
pp. 243-259; Isabelle Garnier, Engagement et irénisme
autour d’Henri IV. Les “Poesies Chrestiennes” d’O- det de La Noue, un dialogue posthume avec Ronsard,
pp. 261-283; Frank lestrinGant, Le Songe du Vieillard
Océan. Une églogue marine en épilogue d’un livre de massacres. “Les Tragiques”, V, «Les Fers», 1447-1564,
pp. 285-298; Michele Mastroianni, Una spiritualità
tra Roma e Ginevra? Lettura teologica di due testi di Jean-Baptiste Chassignet, pp. 299-313. Seconde partie
(«Théâtre et Réforme»): Olivier Millet, Poétique de la
moralité réformée francophone, de Neuchâtel à Genève. L’exemple de “La Vérité cachée”, pp. 317-338; Eugenio
refini, D’Oxford à Genève en passant par Bâle. Allégo-
rie et jeu comique dans le “Triomphe de Jésus Christ” de Jacques Bienvenu, pp. 339-356; Filippo fassina, Cri-
stianizzazione del linguaggio tragico nei volgarizzamenti francesi del Cinquecento, pp. 357-386; Jean-Claude
ternaux, La déconfiture de Goliath et le genre tragique,
pp. 387-398; Riccardo Benedettini, «L’innocence est
sujette à l’oppresse de l’homme». Il tema della salvezza nel “David” di Louis Des Masures, pp. 399-419; Daniele
sPeziari, La voix et la Parole dans la “Tragi-comedie”
d’Antoine de la Croix, pp. 421-438.
Le questioni sollevate nella prima parte del volume coprono un vasto spettro di soggetti e prospettive d’a- nalisi, senza tuttavia perdere una forte unità d’insieme.
I contributi di riChter e di ferrer, che si interrogano
rispettivamente sul valore attribuito alla parola poetica («divin ouvrage» per Du Bartas) e al suo rapporto con la Grazia, e sul ruolo della poesia e della preghiera po- etica nel progetto di educazione ed edificazione della Riforma, prolungano e precisano problemi di ampia portata evocati nella corposa introduzione delle cura- trici (pp. 7-40). I saggi seguenti, che si concentrano su singoli autori o corpora circoscritti, richiamano l’atten- zione sulle scelte estetiche dei poeti riformati, sui temi privilegiati delle loro opere, sulle loro finalità polemi- che o parenetiche, ma anche su episodi che illustrano il «sovrapporsi di teologie diverse» (p. 303) in poesie composte in ambiente cattolico. Dalla funzione delle
pièces liminaires nelle traduzioni integrali o parziali
della Bibbia (enGaMMare) si passa all’analisi compara-
ta di traduzioni, parafrasi o rifacimenti di testi biblici o poetici: le traduzioni del Salmo 3 da Marot a D’Au-
bigné (viGnes), la serie di 450 huitains di François
Perrot ispirati ai Salmi (Bettoni), le riscritture italia-
ne della canzone alla Vergine di Petrarca (dalMas).
Diversi articoli permettono di tracciare i contorni di una ricca costellazione di poeti riformati o sensibili ai dibattiti teologici in corso nel secondo Cinquecento:
Guillaume Guéroult (Mafale), André de Rivaudeau
(Miotti), Vittoria Colonna (Cavallini), Pierre Poupo
(Petey-Girard), Odet de la Noue (Garnier), Agrippa
D’Aubigné (lestrinGant) e Jean-Baptiste Chassignet
(Mastroianni).
Nella seconda parte del volume, sono ben messi in luce i caratteri di un teatro che, volendosi strumento di rinnovamento spirituale, si orienta verso precise scelte anche di ordine formale. Su problematiche re- lative alla definizione dei generi drammatici si vedano
gli articoli di Millet sul ricorso al registro della satira
nelle pièces degli anni Trenta del secolo e in particolare
nella Vérité cachée, di refini sul Christus Triumphans
di John Foxe tradotto e rimaneggiato per soddisfare le attese del pubblico ginevrino da Jacques Bienvenu, e di ternaux sulla Déconfiture de Goliath di Joaquim de
Coignac, che lo studioso non riconosce come tragedia bensì come comédie biblique. Per quanto riguarda l’e- laborazione di un linguaggio tragico informato da una
Weltanschauung cristiana, si rinvia al lavoro di fassina
sugli interventi di cristianizzazione (slittamenti di sen- so, ampliamenti e varianti) operati da Lazare de Baïf e Guillaume Bochetel nelle loro traduzioni dell’Elet-
tra e dell’Ecuba. I due saggi conclusivi, di Benedettini
e di sPeziari (che ha curato anche la bibliografia del
gnanti del teatro di ambiente riformato: la Salvezza (di cui si analizza il trattamento nella trilogia di Louis Des Masures) e la Parola (declinata in Parola divina, parola mendace e silenzio nel Nabuchodonosor di Antoine de La Croix).
[MaurizioBusCa]
tristan viGliano, Parler aux Musulmans. Quatre
intellectuels face à l’Islam à l’orée de la Renaissance,
Genève, Droz, 2017, 384 pp.
Le beau livre de Tristan Vigliano est une première réponse à «une sorte de lacune dans la recherche, pourtant riche, sur les liens entre le monde chrétien d’Europe occidentale et le monde musulman» (comme le reconnaît l’auteur dans l’Avant-propos, p. 10). Le livre de Vigliano ne se veut pas un livre destiné exclu- sivement aux spécialistes, mais il est aussi un livre de divulgation. En s’appuyant sur des études de réfé- rence, Vigliano prouve que le Moyen Âge se fait une idée presque toujours polémique sur l’Islam. L’analyse envisage l’Islam uniquement du point de vue religieux et non culturel, et sans tenir compte des projections contemporaines nées de la juxtaposition entre religion chrétienne et islam. La curiosité et la fascination exer- cées par l’Islam sur le monde occidental n’ont jamais manqué; cependant, la Chrétienté s’est toujours vue comme une identité religieuse et culturelle menacée. Vigliano se dit étonné que les études de référence comme celle de Norman Daniel (Islam et Occident) et de John Tolan (Les Sarrasins. L’islam dans l’imagination
européenne au Moyen Âge) se concentrent uniquement
sur le Moyen Âge, sans prendre assez en compte la Re- naissance. Vigliano décide de prendre en considération et d’approfondir les figures de quatre auteurs, Jean Germain, Pie II, Nicolas de Cues et Jean de Ségovie qui ont effectué, chacun à sa manière, dans les années qui vont de 1451 (année où Germain achève le Débat
du Chrétien et du Sarrasin) à 1461, année de compo-
sition de la Lettre à Mehemet II, une lecture de cette religion. Ces quatre auteurs qui se connaissaient et qui ont eu aussi des intérêts personnels en commun, ont effectué une réflexion portant à une connaissance plus profonde de l’altérité musulmane. Il faut remarquer que les quatre auteurs étaient évêques ou membres du clergé catholique à plusieurs titres; il s’agissait donc d’écrivains «engagés». Chaque chapitre de Vigliano s’ouvre par un paragraphe consacré à la biographie des auteurs qu’il traite, car son but est d’envisager les œuvres à partir aussi du contexte de production. L’ana- lyse des ouvrages se fonde sur des citations ponctuelles et sur un apparat critique important, développé dans une bibliographie riche et approfondie (pp. 355-377) qui se trouve en fin de volume. Les citations, souvent tirées de manuscrits, comme dans le cas du manuscrit de Jean Germain rédigé pour le duc de Bourgogne Philippe le Bon, ont été réadaptées, surtout dans leur ponctuation, à l’usage moderne. De même, les textes des trois autres ouvrages, rédigés en latin, sont donnés en traduction (avec le texte latin en note).
Les deux événements historiques marquants, la prise de Constantinople par les Ottomans en 1453 et le concile de Bâle, qui a vu les quatre hommes d’Église engagés à plusieurs titres, servent de toile de fond à l’analyse des quatre ouvrages, les débats de Germain et la Lettre de Piccolomini, futur pape Pie II, qui est, se- lon certains, un simple morceau de rhétorique sans au- cune véritable finalité diplomatique. Les deux écrits du cardinal allemand Nicolas de Cues, De pace fidei (1453)
et Cribratio in Alkorani (1460-61) sont représentatifs d’un manque de volonté dialogante avec l’Islam. En effet, la religion de Mahomet est vue à l’intérieur d’un dessein de la Providence pour ramener les ‘infidèles’ à la vraie religion, la religion chrétienne. L’approche de Nicolas de Cues diffère de celle de Jean de Ségovie, qui a entretenu une correspondance suivie avec les trois autres écrivains présents dans le livre de Vigliano. Il a retraduit le Coran en latin, après la traduction problé- matique et souvent fautive de Robert de Ketton, et a entretenu un véritable dialogue avec des musulmans.
Cet intéressant volume de Vigliano traduit le besoin des chercheurs en identifiant un domaine qui mériterait d’être encore approfondi. Une analyse de la
question pendant les années qui vont de la fin du xve
à la fin du xvie siècle serait aussi utile. Les Sarrasins,
comme on les appelait à l’époque, et leurs rapports militaires, économiques, politiques avec la Chrétienté, ont déterminé le cours de l’histoire entre la prise de Constantinople et la fin de la Renaissance. La curiosité à l’égard de leur religion était profonde et le nombre de traités, de lettres, de textes consacrés à la question a été important. Faire le tri entre ces textes, les classer, les analyser, n’est pas simple, surtout quand ils furent rédigés sans connaître la langue de départ et se fondent donc sur des malentendus, surtout linguistiques, évi- dents. Le mérite de Vigliano est donc d’avoir indiqué un parcours, de l’avoir entrepris par un volume rigou- reux et cohérent. Nous espérons tous qu’il continuera ce parcours.
[ConCettaCavallini]
david Claivaz, «Ovide veut parler». Les négocia-
tions de Clément Marot traducteur, Genève, Droz,
2016, «Cahiers d’Humanisme et Renaissance» 134, 374 pp.
La presente monografia sulla traduzione marotica del primo libro delle Metamorfosi di Ovidio (1534) intende rilevare le peculiarità di tale lavoro rispetto al contesto culturale di produzione e alle imprese di tra- duzione coeve, ivi comprese quelle di Marot stesso. Nel cap. I (pp. 25-72), l’A. sottolinea come il Premier Livre
de la Metamorphose si allontani sensibilmente dalle al-
tre Metamorfosi vernacolari circolanti negli anni Trenta del Cinquecento (l’antico Ovide moralisé, la Bible des
Poëtes e il Grand Olympe): Marot rinuncia a rileggere
le fables alla luce della Rivelazione cristiana, e si pro- pone di rendere accessibile ad un più vasto pubblico il testo ovidiano emendandolo dagli errori dei suoi pre- decessori e accogliendo gli apporti di commenti recenti (come quello, fortunatissimo, di Regius). Se i volgariz- zamenti non rientrano nel programma di apocatastasis della cultura classica propugnato da umanisti come Budé o Erasmo, la traduzione di Marot non è comple- tamente estranea alle preoccupazioni degli umanisti, e rappresenta una sorta di «alliée objective» del loro progetto (p. 59). L’A. restringe in seguito il campo di osservazione e si concentra sulle condizioni materiali di pubblicazione del Premier Livre (pp. 73-104). Da un lato, si rileva il ruolo per così dire strategico che, nella produzione marotica, ricopre tale lavoro (allineato con la politica culturale del dedicatario, François I, e anti- cipatore di un’intensa attività di traduzione negli anni seguenti); dall’altro, si tenta di definire quali fossero le competenze linguistiche e gli strumenti di cui Marot disponeva per affrontare la traduzione del testo ovidia- no. Il cap. III (pp. 105-135) propone un’interrogazione sul valore estetico del Premier Livre che muove dalle
Cinquecento 119
considerazioni di Étienne Dolet e di Joaquim du Bellay intorno alle traduzioni di Marot e alla traduzione in generale, per poi convocare le riflessioni di tradutto- ri e teorici della traduzione contemporanei fra i quali Umberto Eco, cui si deve la nozione di «negoziazione» evocata nel titolo. Nei tre capitoli successivi (pp. 137- 267) viene condotta un’analisi del volgarizzamento di Marot nella quale il testo dell’edizione a stampa è con- frontato quasi sistematicamente con quello, anteriore, del ms. Douce 117 (di cui l’A. fornisce un’edizione in formato elettronico) oltre che, ovviamente, con l’origi- nale latino. Dopo aver proposto una ricostruzione del- la suddivisione in sequenze e unità di lavoro che avreb- be guidato il lavoro di Marot (e che si articolerebbe, in maniera molto elastica, intorno a serie di distici), si passa allo studio dei fenomeni di mantenimento, sop- pressione, addizione e trasformazione degli elementi del testo. L’A. si sofferma soprattutto sulle addizioni, nelle quali non riconosce il riflesso di una poetica della
copia ma la conseguenza della volontà di rendere la ma-
teria ovidiana immediatamente accessibile al pubblico di corte attraverso interventi quanto più possibile limi- tati per numero ed estensione (un’operazione, dunque, che presuppone una cernita del materiale elaborato dai commentatori). La ricerca di chiarezza, il ricorso mi- surato ai commenti eruditi e una notevole adattabilità delle proprie pratiche abituali di traduzione sarebbero dunque i tratti che caratterizzano il lavoro svolto da Marot nella redazione del Premier Livre. L’ultimo ca- pitolo (pp. 269-327) è infine dedicato al confronto con i volgarizzamenti che il poeta ha prodotto negli anni successivi e con alcune traduzioni in versi del libro I delle Metamorfosi apparse fra Cinque e Seicento (Ha- bert, Aneau e Thomas Corneille).
[MaurizioBusCa]
Myra orth, Renaissance Manuscripts. The Sixteenth
Century, London-Turnhout, Harvey Miller Publishers,
2015, 2 voll., 339 + 382 pp.
Nous tenons à rendre compte, même avec retard, d’un ouvrage qui constitue avant tout un hommage à la grande spécialiste en histoire de l’art et en codico- logie qu’était Myra Orth, disparue prématurément en 2002, mais qui représente également une synthèse des recherches sur les manuscrits enluminés de la Renais- sance, aussi bien du point de vue artistique que litté- raire. Rédigé par l’auteur pendant de longues années et presque achevé au moment de sa mort, ce répertoire a été publié posthume, grâce à la collaboration entre l’éditeur, auprès duquel le tapuscrit avait été déposé, et un groupe de spécialistes qui ont été interpellés pour mettre à jour les références bibliographiques et les localisations, ainsi que pour combler les quelques lacunes mineures restées en suspens.
Au xvie siècle, le livre manuscrit continua à consti-
tuer un mode de circulation des textes littéraires pra- tiqué régulièrement, bien que concurrencé par les im- primés. Utilisé pour une diffusion officielle ou intime des textes, le manuscrit a pu constituer un objet d’art raffiné, original et d’une grande qualité artistique. Un répertoire qui recense les cent codex les plus représen- tatifs des goûts et des tendances des élites à la Renais- sance ne peut donc que rendre les plus grands services à la communauté scientifique et aux littéraires seizié- mistes. La tranche temporelle retenue (1515-1570) se justifie pleinement par le cours des évènements histo- riques, qui influencèrent considérablement le dévelop-
pement culturel et artistique de la France au xvie siècle.
Le premier volume débute par une Introduction (pp. 25-47) consacrée à l’évocation des éléments du cadre politique littéraire et artistique susceptibles d’avoir influencé la production des manuscrits artis- tiques, avec une attention particulière pour le déve- loppement des traductions, le poids de la Réforme et de la Contre-Réforme, l’empreinte de l’art italien; les relations complexes qui se tissent entre manuscrit et