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UN'A_ VVENTURA NELLE PRATERIE JliOBILI DELLA LUISIANA

Nel documento ROMA SociETÀ (pagine 104-112)

A

POCHE miglia da N e w Orleans, dall' estremo lembo delle sue maravigliose foreste, una im-. • mensa pianura si stende.

Da lungi appare come una zolla infinita, perchè lo sguardo non ne tocca i confini, ed è tutta coperta da verdi erbe gigantesche e sparsa qua e là di ciuffi d'ar-boscelli.

Ma questo verde tappeto di velluto, che agli occhi è come una carezza soave, questa prateria immensa, tanto amata dai cacciatori perchè il sel vaggiume vi abbonda, questa sconfinata superficie sulla quale mai spira il più leggiero soffio di vento, è una grande trap-pola seminata d'insidie: è una di quelle praterie molli, mobili, tremanti, delle quali Vietar Hugo parla in uno dei più bei capitoli de' suoi ~M~iserabili; e l'imprudente che osasse avventurarvisi difficilmente potrebbe uscirne:

non ne uscirebbe mai, anzi, se vi si avventurasse solo, senza aver prima studiato quel suolo dalla menzognera apparenza.

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Le praterie mobili della Luisiana si stendono fra le rive dei laghi e dei grandi corsi d'acqua. Sono ter-reni d'alluvione sui quali hanno germogliato canne e giunchi, che spesso raggiungono un'altezza di tre a quattro metri. Il suolo, molliccio) è in molti punti co-perto da piccole lagune, dai

lagoni,

come laggiù le chiamano, e da larghe pozze d'acqua ... E guai al cac-ciatore disattento, l'occhio del quale è distratto dal volo d'un uccello, e che mette il piede in una di esse ... Il suolo improvvisamente gli viene meno sotto, ed egli sprofonda sino alle cosce, sino all' anche, sino alle ascelle ... Ben presto non rimangono liberi di esso che il capo e le braccia ... E se niuno accorre in suo aiuto, la sua morte è fatale: una morte orribile, atroce. Il terreno lo inghiotte, lo assorbe, ventosa possente, ineluttabile:

i suoi sforzi son vani : essi non servono che ad affrettare il supremo momento, quando il crepaccio si rinchiuderà su di lui, e l'acqua dellagone, dopo un lievissimo

sob-'bollire, occuperà il suolo sovra il suo capo ...

Oh! se ne narrano tante, di queste spaventose morti, delle quali i numerosi cranii umani e d'animali cor-nuti sparsi nella prateria, rendono triste testimo-nianza ...

Il cacciatore che sa il segreto della prateria evita facilmente questo pericolo . .Ma guai per lui se perde la bussola, se ne ignora la topografia. La prateria è un la-berinto inest.ricabile perchè senza traccia di sentiero. Chi vi si reca senza un filo d'Arianna qualunque è irre-missibilmente perduto. E, purtroppo, spesso accade che inseguendo la selvaggina si smarrisca la via ... Le alte cannè nascondono l'orizzonte: è impossibile scoprire nella. sfera del raggio visivo un punto qualunque che ..

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serva a rimettere sulla via smarrita: ogni speranza è perdut?t ...

Quattordici anni or sono, visitando la Luisiana, ne vi-sitai pure le praterie. Erano con me due francesi da lungo tem.po abitanti New Orleans, e tr2 americani, tutti cac-ciatori appassionati e praticissimi dei luoghi, ed io non avevo pensato neppure alla possibilità d'una disgrazia.

Camminammo per molte ore, chiacchierando e cac-ciando. Poi, verso le quattro ore del pomeriggio, ci pre-parammo al ritorno.

Eravamo in mezzo ai canneti, quando improvvisa-mente non vidi più i miei compagni ... Li chiamai ...

Nessuno mi rispose. Era troppo tardi, ed avevo conse-gnato a un servo che ci seguiva il mio fucile. Ero solo, isolato, abbandonato nella immensità paurosa della prateria, senz'armi, senza viveri ... Ero perduto. cam-mino, avvicinandosi su' miei fianchi, allontanandosi sempre più dinanzi e dietro a me ...

Quando feci una scoperta che mi gelò il sangue nelle vene.

Ero ritornato al mio punto di partenza, sempre in 1nezzo ai canneti. Le traccie de' miei stivali non mi

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lasciavano alcun dubbio possibile. Avevo percorso la circonferenza del più vizioso circolo che si possa imma-ginare!

La notte intanto scendeva rapidamente. Il crepu -scolo durò pochi minuti ...

Ero stanco, estenuato ... Risolsi di passar la notte là dove ero, rimettendo all'indomani i tentativi smo allora vani.

Strappai tutt'intorno dello canne: le sovrapposi, incrociandole sino a farne un lettuccio alto mezzo metro dal suolo, e mi sdraiai.

Ma non fu senza terrore ... Già con1.incia va, con la notte, un concerto strano, terribile, di grida, di g ra-cidii, di fischi, di voci e di rumori indefinibili: il con-certo che accompagna le tregende degli abitatori delle praterie. I serpenti, i coccodrilli, i rospi mostruosi e schifosi, i topi moscati, tutto ciò che v'ha di più ripu-gnante e di più spaventoso nel mondo animale, tutti gli esseri che vivono nel fango e si compiacciono dei detriti organici putrefacentisi, s'erano desti ...

Eppure, non disperavo ... Girando a sinistra, anzi che a destra, camminando sempre diritto, sarei riu-scito ai confini della giuncaia ... Così mi confortavo aspettando l'alba ... Ma come fu lunga quella notte! di quali sogni, di quali visioni popolata ! .. . Uno sche-letro umano, che avevo intravisto poche ore avanti, fra i giunchi, mi tornava con ineffabile pertinacia, ad ogni momento, alla mente.

All'alba, le membra indolenzite, ricominciai con una energia febbrile i miei tentativi del giorno avanti.

L'impronte de' miei piedi, colme d'acqua, mi fecero

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riconoscere la direzione che avevo seguita ... M'incam-minai nella opposta ... terribile. Come lui io sentii la disperazione impadro-nirsi a poco a poco di me: come egli forse, io avevo tro-vato Stll mio cammino delle ossa umane... Ma egli aveva finito per scoprir la via del ritorno, della sal-vezza ... L'avrei io più trovata?

Dal mattino a~vo camminato senza tregua, nè ri-poso, per molte ore: e avevo camminato penosamente attraverso alla fitta foresta dei giunchi, che levavano le loro cime al disopra della mia testa ... Una stanchezza invincibile n1.i paralizzava le membra. La mia voce s'era fatta rauca per l'alte grida ch'io avevo gettate alla solitudine ... Ero perduto se un miracolo non si comp1va per me ...

Mi lasciai. cadere supmo.

Uno stormo di avvoltoi, pensando forse che l'essere umano il quale giaceva immobile fra i giunchi, e ch'essi avevano scorto dalle loro vei'tiginose altezze, fosse già

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-cadavere, piombò su me, mandando lieti stridi. Un grosso rex vulturttrn mi sfiorò la fronte con l'ala dura, appuntita ... Dovetti lottare con quegli animali odiosi, ma vigliacchi, e li misi in fuga a ·colpi eli canna ... essere tanta copia nella prateria e il veleno esser n'lor-tale ... Mentre a pochi passi da me un coccodrillo pas-sa va fra le canne ...

Alcuni uccellacci notturni spaventati dall'uragano passarono sulla giuncaia abbattuta dal vento battendo l'ali sovra il mio capo ...

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avvoltoi, che aspettavano, per gettarsi sopra di me e disputarsi le .mie povere carni, che j miei occhi si chiu-desser per sempre ...

A un tratto udii degli spari... Poi delle voci un'lane ...

Mi levai su, in piedi... legai un fazzoletto ad un giunco, il giunco al bastone, e lo. levai in alto, agi-tandolo ...

Mezz'ora appresso, guidati dagli avvoltoi, gli amici miei, insieme ad alcuni vecchi cacciatori, giungevano sino a me e mi traevano in salvo ...

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