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N HAMD U GUACU

Nel documento ROMA SociETÀ (pagine 88-104)

Q

UÀNDO lo zio Claudiano ritornò improvvisa-mente dall'altro mondo, e ci trovò tutti riuniti nel salotto del pianterreno, intorno al grande tavolone di noce: Gigi, cbe da un'ora si teneva il capo fra le mani senza riuscire a spremerne una soluzione di non so quale problem_a di geometria, H.ita, che lavorava da due mesi a ricamargli un paio di pantofole, Dina, che borbottava in un canto un'immaginosa storiella del vecchio Testamento, e persino il piccolo Piero, che era intento a disporre sapientemente in ordine di battaglia alquanti bersaglieri e croati di piombo: restammo muti, pietrificati, nell'ultimo atto nel quale l'entrata dello zio ci aveva colti.

- Sono qui, canaglia, aveva detto.

E siccome io era il maggiore dei cinque fratelli, così lo zio pènsò di dover rivolgere a me in particolare la significantissima apostrofe.

Ma solo quando egli ebbe aggiunto:

- -Sono lo zio d' Am.erica ... N o n mi riconoscete?

RACCONTI INCREDIBILI

Solo allora, dico, potemmo tutti riprendere l'uso dei nostri muscoli, e muoverei, e rivolgergli la parola.

- Zio, disse Gigi, ch'era il più assennato di tutti, me compreso, sebbene contasse quattro anni di n'leno;

zio, noi non potevamo riconoscerla ... Non l'avevamo mai veduto!

- N o n ragioni male, canaglia.

- Eppoi, non l'aspettavamo che fra due settimane, continuò Gigi fatto coraggioso dalle parole dello zio Claudiano. quante tasche dei tre soprabiti che indossava.

Ma Pierino, e Dina, e Rita, e Gigi ebbero un bel-l'aprir tanto d'occhi, e interrogan~~o zio, e trasfor-marsi essi stessi in altrettanti giganteschi punti inter-rogativi ... ganasce la _cena, che intanto Rita, aiutata da Carlotta, la nostra vecchia donna di servizio, gli aveva am-mam1ita.

Lo zio Claudiano era un orso: sì, un grande orso polare, bianco per antico pelo; ma sotto la stm grossa

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e ruvida pelle nascondeva un cuore d'oro. Di questo non poteva esser dubbio per me, che troppo bene sa-pevo come nostro padre non ci avesse lasciato che una moclicissima sostanza, fa quale la lunga e dispendiosa malattia della mamma aveva siffattamente impiccio-lita, da non bastare neppure a far vivere la sola Dina, aghi-formi, dalle zampe gigantesche, dal colorito giallo-gri-giastro eli cartapecora, i quali si vedono correre a sbalzi, spesso a ritroso, quasi la volessero misurare, la superficie trahquilla dei nostri maceri e dei nostri ru-scelli ... Ho pensato tanto; ma non ho potuto mai tro-vare un essere vivente al quale lo zio Claudiano rasso-migliasse meglio che a questo. insieme una collezione eli insetti, non dovremmo andar lontano per cercare una velia; e n'avremmo un sì bello e gigantesco individuo, da poter andar attorno

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- E osi chiamarti nipote dell'illustre professore Claudiano Tetrice, autore del più completo trattato d'entomologia. che si conosca, continuatore dell'opera del sommo Lacordaire, uno dei più grandi, sì, oso

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affermarlo, uno dei più grandi araneologi viventi, membro di trentasette Accademie scientifiche, cava-liere di più ordini? non sapesse trionfalmente impadronirsi, e, affogatili nell'alcool de'boccettini che aveva preso con se, dircene il nome latino, improvvisando su essi tali e siffatte dis-sertazioni, che noi più volte ci domandammo se lo zio non avesse mandato a memoria tutti i volumi del Brehm e del Figuier, dei quali avevamo ammirato le incisioni nella biblioteca del babbo.

Ma altre e ben maggiori sorprese ci serbava lo zio. avreb-bero invidiati i superbi Corotoca che partoriscono figli

vivi, i maestosi Pettinicorni, la splendida collezione di tutte le m.ille e cinquecento ventisette specie americane dei Lamellicorni: dagli Scarabei azzurri, verdi, rossi,

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dorati, ai giganteschi Dinastidi, al magnifico Ercole lungo quindici centimetri, al terribile e cornuto iridato, le gigantesche Saturnie; e la JYiantide argen-tina di Buenos-Ayres, e il Fillio che sembra una fo-glia secca, e le infinite specie delle locuste rapaci, e le cicale cieche, e la velenosa Lanternaia di

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nnan1 ....

Ma tutto questo era nulla. Il meglio del tesoro dello zio Claudiano erano parecchie centinaia di vasetti di vetro dal tappo smerigliato, dentro ai quali si trovava affogata nell'alcool la più ricca collezione cui mai araneologo potesse sognare.

- Aracnidi! --disse Gigi, che, per fare la corte allo zio, notte e giorno sgobbava sui libri di storia natu-rale;·- animali articolati che hanno capo rattratto, an-tenne mascellari sul cefalotorace, occhi semplici, quattro paia di zampe, e respirano per polmoni o per trachee o per la pelle. Nel loro sviluppo non subiscono metamorfosi ...

C'erano tutte là dentro le mille forme sotto le quali fu da Pallade trasformata Aracne, la bella tessitrice, figliuola al tintore di porpora Idmone l'ateniese: tutte:

dagli Scorpioni, dai Gambastorta, dalle Solpughe, i vermi stregoni dei Calmucchi, ai ragni propriamente detti : ai grossi Ragni uccellatori, i giganti dell'ordine, ai Portacroce dal diadema di rubini, ai Tessitori,

Fantasima errabonda della notte.

(Pag. 77).

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a1 Ragni palo m bari, ai Ragni granchi, ai Ragni tigri, ai microscopici e schifosissimi Acari ...

E bisognava vedere lo zio animarsi, trasformarsi tutto qùanto, il viso rosso, gli occhi splendidi, mentre con voce commossa ci narrava a prezzo di quali e quante fatiche aveva potuto impadronirsi di certe specie _rare, o ci descriveva le singolari proprietà di certe altre! Si capiva come egli non avesse vissuto che per quelle brutte bestiacce villose annegate nel-l'alcool; si capiva come esse f"ossero tutto il suo amore, tutta la sua vita ...

In fondo allo stanzone, presso una tavola immensa, altri ed altri ragni vivi si movevano entro enormi

Borbottò qualche parola incomprensibile fra i denti;

poi, improvvisamente:

- Sgombrate la sala, canaglia! disse.

E ci spinse fuori.

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noce foderato, non so perchè, di ferro, ed irto di chiodi, che parea quello d'una prigione.

Frattanto, poche settimane appresso, lo zio parve avesse motivi di serie preoccupazioni; non mangiava quasi più; dopo il desinare non fumava più la sua . quotidiana pipa di tabacco; sferrava, senza ragioni palesi, rabbiosi e tremendi pugni sulla tavola, scara-ventava le sedie contro le pareti, spezzava i piatti e i bicchieri: una casa del dia volo.

Mandammo segretamente pel dottore, che ve11ne un giorno a desinare con noi per esaminttrlo senza che

Ma l'ufficio nostro era possibile solo parzialmente.

Come continuargliela, infatti, dentro a quel maledetto stanzone, che pareva fosse la causa d'ogni suo ma-lanno?

Passarono alcuni mesi, passò un anno intero, senza che nulla di straordina.rio accadesse. Lo stato dello zio subiva solo delle strane alternative d'eccitazione indubbiamente n1.orbosa, che ·però non duravano a lungo ... Ma con l'autunno il suo stato aggravò. Pa-reva che il pover'uomo avesse perduto la testa a di-rittura. Rispondeva senza compi'endere quello che gli si domandava e quel ch'egli diceva; il più delle volte non rispondeva affatto. In breve corremmo rischio di non saper più dove sederci, e più volte Carlotta venne

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ad avvertirci che bisognava rinnovare le stoviglie fra-cassate ...

-- Un finimondo, signorino! - mi diceva la buona donna ... - Lo zio Claudiano, con tutto il rispetto che gli è dovuto, è pazzo, pazzo da legare ...

E nello stesso tempo ci dava notizia d'u~1o strano fatto,'che per altro, almeno lo supponevamo, non aveva rapporto alcuno con la pazzia dello zio; ogni notte ignoti ladri penetravano nel pollaio e lo mettevano a ruba, senza che si potesse capire donde fossero en-trati e donde usciti.

Fu Gigi· finalmente ad avere una buona idea, la . quale attuò prima ancora di comunicarcela.

un giorno, di fatto, mi chiamò nella sua camera, ch'era posta proprio sopra lo stanzone dello zio, e mi mostrò una larga apertura quadrangola.re ch'egli aveva praticata nel pavin1ento di legno.

Di là lo sguardo poteva spaziare nello stanzone.

Guardai ... E ciò che vidi non lo dimenticherò più, campassi mill'anni.

Proprio sotto, a perpendicolo,-era una grande cassa dalle pareti robustissime di vetro: dentro la cassa una immane e schifosa bestiaccia nera, dai peli rossi, lunghi e folti ... Otto grandi occhi disposti in forma di croce le risplendevano sinist.ramente sul capo, mentre con le zampe robuste, dalle setole del color rosso del rame, stringeva una gallin~, nel sanguinolento corpo della quale avea ficcato i terribili uncini ...

Era una migàle ). nessun dubbio possibile in propo-sito: era uno di quei grandi ragni uccellatori, che gli indigeni delle Amazzoni chiamano ATanhas Caran-,quexetras: la Mygale avicularia dei naturalisti ...

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Nessun individuo di questo genere, che rappresenta i ragni più giganteschi, occupò mai, stendendo le grosse zampe villose, una superficie più ampia di venti centir?etri quadrati ... La stessa accusa di strozzatore e divoratore di uccelli, non gli fu confermata da tutti!

Dove dunque lo zio aveva trovato quel gigantesco ragno, grosso come un grande orang-outang? Come aveva potuto impadronirsene, trasportarlo vivo dalla America in Italia, custodirlo, mantenerlo in vita? Ca-pivo solo questo: che nel suo ventre immane avean dovuto ignobilmente perire le innumerevoli galline sottratte al pollaio di Carlotta ... Tutto il resto era un più diventava di umore stravagante.

Passò l'inverno, passò la primavera, venne l'estate.

Un giorno, sui primi del luglio, vidi la migale giacer supina, c<:>me morta, in fondo alla cassa ... Accanto ad

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-essa due galline, in preda ad un pazzo terrore, dibat-tevano incolumi l'ali, senza che la bestia se ne curasse.

Lo zio non venne a desinare : e neppure andò a dor-mire.

Io e Gigi passammo pure la notte vegliando, e dal nostro osservatorio lo vedemmo camminare su e giù, a grandi passi, con le mani nei capelli, e l'udimmo borbottare frasi sconnesse, incomprensibili, ed orribili

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1m precaz10n1.

Solo sull'albeggiare, dopo aver passato una lunga ora davanti alla cassa mal rischiarata da due candele,

-parve tranquillizzarsi; e se ne andò a dormire.

Io e Gigi lo imitammo.

Ma quale sorpresa ci aspettava l'indomani! Una maravigliosa trasformazione si era operata nella mi-gale. Il grosso ragno avea spogliato la vecchia pelle che gli giaceva accanto lacerata ed aggrinzita, e n'era uscito più forte, più giovane, più nero e lucente! noi ce ne accorgessimo, lo aveva afferrato pel braccio, la cassa si era rovesciata e infranta, e una terribile lotta s'era impegnata fra la bestia e lo scienziato!

Paralizzati dal terrore, noi eravamo rimasti là, im-mobili, con gli occhi fissi su quel ragno favoloso che fra le zampe robuste stringeva lo zio, quando, nella lotta, la ta,vola colma dì vasi di alcool si rovesciò, e jnsieme ad essa cadde la candela accesa.

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In un attimo tutto lo stanzone fu invaso dal fuoco.

Le fiam_me turchine salivano in alto, avviluppando lo zio e il mostro, ne abbruciavano le vesti e i peli im-bevuti d'alcool. .. I vasi ancora jntatti acl ogni istante scoppiavano porgendo nuovo ali.mento alle fiamme.

Balzammo in piedi, conemmo giù per le scale, ur-lando; invocando soccorso.

L'uscio ferrato resistè ad ogni nostro sforzo.

Solo mezz'ora appresso, buttate giù a colpi di ac-cetta le imposte, scalzata l' inferiata d'una finestra, riuscimmo a domare l'incendio, e a penetrare nello stanzone.

Ahi! me ... Un pugno eli cenere grigiastra, vischiosa, mi cadavere carbonizzato, i frantumi di migliaia di vasi di vetro, erano tutto ciò che avanzava del po-vero zio Claudiano, della sua _preziosa raccolta, e di quella sua migale superba, della quale, solo per un in-credibile miracolo di perseveranza, avea fatto un gj.

gante, meraviglioso, incredibile! ...

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Racconti incredibili.

Lo zio Claudiano. (Pag. 83).

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UN'A_ VVENTURA NELLE PRATERIE JliOBILI

Nel documento ROMA SociETÀ (pagine 88-104)

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