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Gli abitanti dell’Amazzonia e i fazenderos: i rapporti di forza che incentivano l’urbanizzazione

Come abbiamo avuto modo di affrontare nel secondo capitolo in merito al tema dell’acquisizione delle terre, il land grabbing ha ripercussioni sull’intera comunità: in questa, naturalmente, rientra la società civile. Il ruolo di quest’ultima all’interno della produzione alimentare è subordinato agli interessi economici che regolano la catena di montaggio, di cui le popolazioni rappresentano l’ultimo tassello. Nel momento in cui si investe nella terra si pensa che si possa offrire un beneficio agli imprenditori, ovviamente, così come alle persone che abitano quei luoghi nonché apportare uno sviluppo del territorio. Ma come abbiamo potuto dimostrare, non solo la manodopera è sempre meno utilizzata per via della modernizzazione del lavoro agricolo, ma quando questa viene assunta si vede retribuire con stipendi miserevoli. Questo accade nella migliore delle ipotesi (si fa per dire), perché spesso si può avere la situazione di migrazioni di massa forzate, ovvero nel momento in cui le popolazioni locali sono costrette ad abbandonare la propria casa che, di lì a poco, non esisterà più e verrà sostituita con aree vastissime da destinare alla coltivazione. La situazione che si sta verificando oggigiorno in Brasile è molto simile a quella appena descritta. I contadini, così come le piccolo-medio imprese agrarie a conduzione familiare non hanno la forza per contrastare i fazenderos, i grandi latifondisti, e sono costretti a migrare verso i centri urbani. Un esempio tipico di grande imprenditore delle terre proveniente dal Brasile è, forse, raffigurato da Blairo Maggi, soprannominato “o rei da soja” (il re della soia). Maggi venne eletto senatore e due volte governatore dell’intera area del Mato Grosso, la prima nel 2003. Nel 2005 Greenpeace gli conferì, metaforicamente e ironicamente, il premio“motosega d’oro” per essere stato uno dei più attivi protagonisti nel disboscamento delle foreste: l’azienda di quest’uomo poteva contare su appezzamenti di terreno che si estendevano per 300 mila ettari, quasi totalmente coltivati a soia.

L’utilizzo dell’imperfetto nel caso di Maggi è d’obbligo in quanto, a differenza della stragrande maggioranza dei fazenderos, in lui è avvenuta una conversione, forse tardiva e certamente parziale.

Durante l’amministrazione Temer, venne infatti nominato Ministro dell’Agricoltura, una scelta che fece discutere dato il passato del grande imprenditore, ma figlia di un suo cambio di visione – non totale, è giusto precisarlo. In un’intervista rilasciata a Al Jazeera,182 l’ex governatore del Mato Grosso

182 Newman, L., (2019), Meet Brazil’s former ‘King of Soy’, now hailed by some coservationists, 27.12.2019, Al Jazeera, in www.aljazeera.com/blogs/americas/2019/12/meet-brazil-king-soy-hailed-conservationists-191203140503920.html

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si è scagliato contro l’attuale presidente Bolsonaro definendo le sue politiche frutto di una visione ormai superata ma, soprattutto, ritenendo che sia ancora possibile per il Brasile aumentare la produzione agroalimentare in modo sostenibile. Molti sono coloro che hanno visto nelle parole di Maggi la sola volontà di proteggere gli interessi della sua azienda dalle pressioni che gli arrivano, piuttosto che una reale attenzione alla tematica.

Nel tempo, tra i fazenderos e i braccianti (per lo più indigeni) che lavorano nelle terre si è instaurato un rapporto di forza che potrebbe essere definito di semi-schiavismo. “La convivenza tra questi due mondi è difficile. Gli indios odiano i fazenderos; quest’ultimi, d’altra parte, non nascondono il disprezzo che nutrono verso i primi, che considerano creature indolenti, quasi sottosviluppate. Il razzismo si respira nell’aria, anche se nel mirino dei proprietari terrieri non ci sono gli indigeni, ma soprattutto quelle organizzazioni – come il Conselho Indigenista Missionario (CIMI) – che si battono a livello statale e federale per il riconoscimento dei loro diritti”.183 L’impiego della forza lavoro è, infatti, temporaneo e senza garanzie di tutela e per questo in Brasile sono nati numerosi movimenti che portano avanti campagne di denuncia contro questa tipologia di caporalato. Per riuscirci, spingono le popolazioni a occupare le terre. Tra questi movimenti, il più importante per la sua influenza è il Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra (Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra), diventato movimento nazionale nel 1984. Oggi accoglie al suo interno 1,5 milioni di iscritti e conta circa 150 mila famiglie sui suoi territori, suddivise in circa 900 accampamenti. Dalla sua nascita, il movimento è riuscito a espropriare 14 milioni di ettari di terreno e ha sostenuto la causa di 370 mila famiglie per la lotta alla loro terra. All’interno di queste comunità vige il principio democratico, in base al quale gli agricoltori sono inclusi nelle decisioni da prendere, e vengono garantiti i diritti primari (come quello educativo e sanitario) che molto spesso lo Stato non garantisce ai suoi cittadini rurali. Come abbiamo potuto dimostrare con l’esempio della popolazione indigena dei Guarani, lo scontro tra fazenderos e questi movimenti non è solamente ideologico ma sfocia anche nella violenza: nel tempo, i grandi latifondisti hanno ingaggiato delle milizie che potessero minacciare con la forza queste comunità, con il tragico epilogo di avere un migliaio di persone assassinate, molte delle quali appartenenti proprio al movimento Sem Terra.184 L’ostinazione di questi movimenti nel voler rimanere all’interno delle loro terre trova ragione all’interno della stessa costituzione brasiliana. Nel capitolo III, inerente alla “Politica Agraria e Fondiaria e Riforma Agraria”, si può notare come all’art.184 si parli di esproprio dell’immobile rurale “che non stia svolgendo la sua funzione sociale”.185 Quest’ultima, secondo l’art.186 della stessa costituzione, viene soddisfatta nel momento in cui avviene uno sfruttamento razionale e adeguato, un proporzionato utilizzo delle risorse naturali disponibili e la preservazione ambientale, l’osservanza delle disposizioni che

183 Liberti, S., (2011), op.ult.cit cit. p.193

184 Chiappini, F., (2016), Sem Terra: la lunga lotta per la terra brasiliana, 17.11.2016, Lo Spiegone, in lospiegone.com/2016/11/17/sem-terra-la-lunga-lotta-per-la-terra-brasiliana/

185 Fonte: Banche documenti del Consiglio regionale del Veneto

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regolano le relazioni di lavoro e una gestione che favorisca il benessere dei proprietari nonché dei lavoratori. Per queste ragioni, lo Stato non può imporre alle popolazioni rurali sgomberi forzati né tantomeno sanzionarli, anche perché l’art.185 vieta l’esproprio della piccola e media proprietà rurale ai fini di riforme agrarie (a meno che il proprietario non ne possegga più di una). Ma se la funzione sociale può essere utilizzata dai movimenti per la terra come scudo, lo stesso può fare lo Stato in quanto l’interpretazione lascia spazio ad analisi soggettive. Inoltre, le terre coltivate rientrano in un progetto che va oltre quello della produzione alimentare. In Brasile, così come nei paesi del Sud del mondo ovvero dove le condizioni sono maggiormente favorevoli, è in atto un piano per produrre agrocarburanti. Per realizzarlo servono distese di terre coltivate a monocoltura, che non saranno destinate al commercio alimentare ma per la produzione di combustibile. Le aree coltivate, infatti, si stanno spostando verso il centro del paese dove le terre risultano essere maggiormente fertili.186 Vi è anche un altro aspetto da tenere in considerazione: in agricoltura, quando un prodotto ha un tasso di profitto più elevato, tutti gli altri prodotti aumentano di prezzo. Questo è accaduto anche con l’etanolo, che ha fatto aumentare il profitto medio in agricoltura e ha alzato i prezzi di tutti gli altri prodotti agricoli. “Questo è l’effetto più perverso dal punti di vista economico di quanto sta accadendo in Brasile. Il prezzo della terra è salito, il prezzo dei prodotti agricoli è salito, fino ad arrivare a questo livello medio, che l’etanolo ha innalzato”.187

Il dato incontrovertibile è invece lo spopolamento che vede protagonisti i contadini di queste terre:

questi188 L’unica possibilità che hanno a disposizione i cittadini rurali, qualora non vogliano abbandonare le loro attività, è quella di essere inglobati all’interno della grande produzione alimentare, passando di fatto dall’essere proprietari delle loro piccole aziende a dipendenti di multinazionali. Il Brasile è uno dei paesi dove l’esodo dalle campagne alle città è più alto, insieme a Cina, Turchia, Thailandia e Romania: se il tasso di spopolamento per il Sud America è superiore a 13 persone su mille, in Brasile questo è pari a 19 persone su mille.189 Questi movimenti sono giustificati dalla mancanza di risorse: storicamente, il piccolo contadino vive di ciò che produce. Nel momento in cui gli viene sottratta la terra, perde la risorsa principale dalla quale trae il suo sostentamento. Ma il dramma brasiliano non riguarda solamente i lavoratori. All’interno dell’Amazzonia, come ampiamente scritto, vivono comunità indigene che si vedono sottratte le proprie terre in nome dell’agribusiness e dell’appropriazione illegittima delle risorse. La violenza alla quale sono sottoposte questi popoli è continuamente documentata e denunciata, specialmente da gruppi di attivisti. Nel luglio del 2019 è stato assassinato il leader del popolo Wajãpi, nello stato di Amapá nel Brasile settentrionale, dopo che dozzine di cercatori d’oro sono entrati nelle terre abitate

186 Liberti, S., (2011), Land grabbing.

187 Liberti, S., op.cit. – tratto da una conversazione dell’autore con un attivista del Movimento Sem Terra.

188 Fonte: Central Intelligence Agency – CIA, The World Factbook.

189 Magliocco, P., (2018), Quante persone nel mondo si stanno spostando a vivere in città?, 12.06.2018, La Stampa.

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da questi individui e costringendoli a emigrare in un altro villaggio più grande.190 Questa situazione di soprusi e di violazioni dei diritti umani vige in Brasile da decenni e negli ultimi anni è stata implementata ancor di più, con il risultato di aumentare drammaticamente gli squilibri economici e sociali del paese.

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