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Abolizione dell’eccesso di realtà

PERSONAGGI REAL

III.2. Abolizione dell’eccesso di realtà

Bisognerebbe poter distinguere fra personaggi completamente inventati, che non hanno cioè alcuna corrispondenza con il mondo reale, e personaggi al contrario denotativi, referenziali o storici che stabiliscono un qualche rimando, individuale o collettivo, con la realtà. La nozione di personaggio però non ha nessuna caratteristica che permanga assolutamente immutata, che non possa mai variare. I personaggi, così come ha sottolineato Ludwig Wittgenstein, non costituiscono una classe, ma una famiglia; non c’è tra essi nessun tratto che rimanga sempre e comunque invariato, che possa costituire un infallibile criterio di identificazione. I personaggi delle diverse arti formano invece una famiglia, poiché non condividono un solo tratto presente dovunque, ma una serie di tratti che compongono una rete complicata di somiglianze che si sovrappongono e si incrociano a vicenda. Pertanto, i personaggi che hanno una correlazione diretta con la realtà presentano dei tratti comuni che si andranno delineandosi:

Personaggio, nel senso in cui oggi ci si serve comunemente della parola, è entrato nell’uso a partire dal francese personage, nel senso di «persona che agisce o che è rappresentata in un’opera artistica», significato le cui prime attestazioni risalgono, nella

lingua italiana, all’incirca al Quattrocento. A sua volta, il sostantivo francese rimanda al latino persona.11

Il termine “persona” è stato utilizzato per indicare l’individuo in generale, ma anche specificamente l’individuo in quanto unità corporea (la propria persona, ossia il proprio corpo), l’individuo in senso grammaticale (prima, seconda, terza persona), oppure in senso teologico, in senso giuridico e in altre occorrenze altrettanto decisive della vita privata e pubblica. Anche la persona è un personaggio; una sorta di finzione indispensabile della quale l’uomo si serve nei suoi contatti con il mondo e con gli altri, una finzione che gli permette di rappresentarsi come unità corporea, linguistica, spirituale, giuridica, psichica nelle circostanze fondamentali della sua esistenza. Dunque, “personaggio” vorrebbe dire moltiplicare all’infinito il potere di questa finzione originale che consiste nel presentarsi sulla scena del mondo come individuo, come unità; sia nel senso di rendere se stessi presenza vicaria dell’individualità di qualcun altro, sia in quello di rappresentarla simbolicamente. Perciò la nozione di “personaggio”, così come quella di “persona”, ruota intorno all’uomo, al modo in cui quest’ultimo rappresenta sé e il proprio mondo, tanto da confondersi con la realtà dei fatti narrati.

Esistono romanzi in cui gli eventi narrati sono realmente accaduti e l’autore crea i protagonisti assolutamente simili al vero, talvolta perfino troppo simili perché l’opera, una volta terminata, possa circolare nel mondo senza alcuna restrizione.

Così lo stesso Defoe, nella prefazione a Roxana, scriveva che l’ambientazione del suo racconto era talmente prossima ai luoghi dove esso realmente si era svolto, da rendere necessario mascherare nomi e persone al fine di evitare ogni riconoscimento inopportuno da parte delle molte persone viventi che avrebbero potuto altrimenti

identificarsi nell’uno o nell’altro personaggio, sulla base di particolari assolutamente realistici. 12

Questa procedura narrativa di lasciare intendere, nascondendola, la presenza di una realtà soggiacente al testo, di segnalare nel retroscena del personaggio romanzesco l’esistenza di un modello reale che si è cercato per quanto possibile di nascondere, è la più tipica delle figure che verranno impiegate per modificarne la caratterizzazione, una figura che si può chiamare «abolizione dell’eccesso di realtà»:13 i personaggi dei romanzi saranno a tal punto simili al vero, così perfettamente copiati dal libro della natura, da costringere l’autore a dare garanzie al lettore quanto al loro carattere finzionale, piuttosto che sulla loro natura realistica, che risulterà al contrario del tutto evidente. Solo un altro passo verso la realtà e la finzione sarebbe stata completamente abolita; sulla scena del romanzo sarebbero allora comparse persone e non più personaggi.

La struttura del romanzo concepisce al suo interno un gioco di confini reali e finzionali di cui il personaggio è garante. Perciò, l’autore è colui che decide per primo, assegnando un nome al personaggio, la natura del racconto; comincerà cioè a costruire i personaggi come persone fin dal momento della loro comparsa sulla pagina, attribuendo loro dei nomi assolutamente identici a quelli che vengono utilizzati nella vita reale.

Perciò il personaggio romanzesco si trasforma in una figura, in «un’immagine dell’uomo» estremamente realistica, che il lettore potrà osservare inizialmente dall’esterno, nei tratti familiari della sua superficie, ma che già soltanto per questa somiglianza così stretta con lui sembrerà possedere anche quella «vita interiore» che egli non aveva fino ad allora condiviso con nessuno.14

12 Ivi, p. 105. 13 Ivi, p. 106. 14 Ivi, p. 114.

L’imitazione fantastica del reale supera la realtà stessa, così da non poter essere più distinta. Il personaggio, di qualsiasi natura esso sia, diviene a tutti gli effetti una creatura reale o, viceversa, da reale a fantastica, poiché non è detto che i piani debbano essere invertiti solo da un lato; come il personaggio fantastico appare realistico, anche il personaggio appartenente al mondo reale può entrare a far parte della fantasia. Il libro si arricchisce di elementi illusori a tal punto da confondere il principio creativo del lettore, in modo tale che quest’ultimo non riesca più a decifrare in quale dei due mondi esistano realmente i personaggi con cui ha vissuto le sue avventure.