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L’abuso del diritto nel progetto di codice italo francese, nel progetto

Sezione I – Il definitivo superamento del principio qui suo iure

3. L’abuso del diritto nel progetto di codice italo francese, nel progetto

codice del 1942 e nei lavori dell’Assemblea costituente

Campo di elezione della teorica dell’abuso del diritto fu la proprietà, ma in epoca industriale (primi del secolo), specialmente in Germania, la repressione si sviluppò nei campi sia della responsabilità contrattuale, sia di quella extracontrattuale.

Una certa influenza subì anche il nostro ordinamento e lo si può riscontrare nel progetto italo-francese del codice delle obbligazioni del 1927 e nel progetto definitivo del codice civile del 194249. L’abuso del diritto cominciò ad assumere importanza particolare specialmente in ambito contrattuale, in cui venne poi ricondotto alla violazione della buona fede oggettiva, alla teoria della mancanza di causa concreta, alla mancanza di me- ritevolezza50. D’altronde, considerato il principio dell’autonomia delle parti contenuto al

49 Così recita l’art. 74 del progetto italo francese del codice delle obbligazioni: «È tenuto al risarcimento colui che ha cagionato danno ad altri eccedendo nell’esercizio del proprio diritto e i limiti posti dalla buona fede e dallo scopo per i quali il diritto gli fu riconosciuto».

50 Per un approfondimento specifico sull’istituto dell’abuso dl diritto in relazione alla violazione della buona fede oggettiva si v. infra, cap. I, sez. II, par. 1.

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comma 1 dell’art. 1322 c.c., intitolato per l’appunto «autonomia contrattuale», il contratto risulta prestarsi facilmente ad essere ‘strumento’ per abusare di un proprio diritto.

Tornando al progetto di codice italo-francese, in particolare, l’art. 74, comma 251, collocato all’interno della rubrica «degli atti illeciti», prevedeva che «è ugualmente tenuto al risarcimento colui che ha cagionato danno ad altri eccedendo, nell’esercizio del proprio diritto, i limiti posti dalla buona fede o dallo scopo per il quale il diritto gli fu ricono- sciuto».

Nel commentare l’articolo in oggetto Mariano d’Amelio, all’epoca primo presi- dente della Corte di Cassazione e membro della commissione redattrice della proposta normativa, mostrava la propria consapevolezza del carattere profondamente innovativo della previsione de quo e affermava: «Vi è serio pericolo di sconfinare e di porre l’eser- cizio di ogni diritto alla mercé del potere discrezionale del giudice […]. I giuristi italiani si sono preoccupati del danno che un concetto esagerato dell’abuso del diritto può cagio- nare; ma, d’altra parte, era impossibile estirpare dalla vita giuridica francese un concetto che vi è radicalmente penetrato, per infondervi uno squisito senso di equità. Né sarebbe stato giusto respingerlo da parte dalla legislazione italiana, purché si fossero potuti evitare i danni temuti, mediante una rigorosa formulazione del principio. Il capoverso dell’art. 74 è stato perciò uno dei più elaborati […]. Scolpito in tal modo il concetto di abuso di diritto, è da prendere che i giudici ne faranno un uso ragionevole e che la funzione della giurisprudenza, avvalorata da tale nuova forza, varrà a rende sempre più giusto ed umano l’esercizio del diritto»52.

Analogamente a quanto disposto dall’art. 74, comma 2, del progetto di codice italo francese, l’art. 7 delle preleggi di cui al progetto del codice civile italiano del 1942 stabi- liva che «nessuno può esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per il quale il diritto medesimo gli è stato riconosciuto».

51 Il riferimento è al progetto di codice italo-francese delle obbligazioni e dei contratti del 1927. In merito si v. BRUGI B., L’abuso del diritto nel progetto di codice delle obbligazioni e dei contratti, in Studi in onore di A. Ascoli, pubblicati per il XLII anno del suo insegnamento, Messina, 1931: 79 e ss.; ALPA,CHIODI (a

cura di), Il progetto italo francese delle obbligazioni (1927), in Rassegna forense, Quaderni, 2007. 52D’AMELIO M., Un codice unico delle obbligazioni, per l’Italia e la Francia, in Nuova Antologia, 1927: 83 e ss. I timori per l’attribuzione ai magistrati di un eccessivo potere discrezionale nella valutazione delle singole fattispecie abusive furono rappresentati in seno alla commissione redattrice del progetto di codice da Rotondi, che si era già espresso criticamente nei confronti della figura dell’abuso del diritto. A tal pro- posito si v. M.ROTONDI, L’abuso del diritto, in Riv. dir. civ., 15/1923: 105-128.

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Le vicende dei lavori preparatori al codice civile italiano del 1942 recano sicura testimonianza del sostrato ideologico dell’abuso. Al fermo rifiuto dell’introduzione del divieto di abuso da parte della Commissione reale per la riforma dei codici, presieduta da Vittorio Scialoja, le osservazioni e proposte dei corpi tecnici suggerivano che l’introdu- zione del divieto fosse non solo opportuna, ma indispensabile per riflettere la reale co- scienza sociale del Paese, «non come semplice enunciazione di un principio morale, ma come affermazione della consapevolezza socialmente raggiunta dalla superiorità degli interessi della collettività, giuridicamente organizzata, sugli esclusivismi ed interessi in- dividuali»53.

Il legislatore del ’42, tuttavia, non ha inteso disciplinare l’abuso del diritto, le aspettative contrarie che avevano trovato un terreno fertile nei due progetti normativi non furono accolte.

I timori di un eccessivo spazio che la figura dell’abuso del diritto avrebbe garantito alla discrezionalità dei magistrati, unitamente alla preoccupazione che il dogma della cer- tezza del diritto potesse subire un vulnus da parte di una clausola generale come quella dell’abuso del diritto, fecero sì che non avesse luogo l’inserimento della norma summen- zionata nella versione definitiva del codice civile del 1942.

In contrasto con la consolidata linea volta a considerare il divieto di abuso del diritto come espressione di un inquisitorio controllo da parte dello stato sul diritto dei privati, fu l’On.le Codacci Pisanelli che, nel corso della seduta pomeridiana dell’Assem- blea costituente del 28 marzo 1947, propose di costituzionalizzare il principio di divieto di abuso del diritto affermando che «quando il diritto viene usato per uno scopo diverso da quello per cui è stato attribuito, evidentemente si commette un abuso dannoso alla società, che sarebbe opportuno fosse vietato in genere proprio nella Costituzione».

53 Si legga la ricostruzione della vicenda in V.GIORGIANNI, L’abuso del diritto nella teoria della norma giuridica, op. cit.: 14 e ss., in cui sono riportate anche le citazioni dei lavori preparatori. L’A. osserva che questa linea di pensiero rappresentava il sentire della comunità giuridica del tempo – le osservazioni pro- poste raccoglievano le opinioni degli accademici universitari, magistrati, ordine degli avvocati e procuratori – e portò alla traduzione della regola di cui all’art. 74 del progetto di codice, la quale disponeva che «è ugualmente tenuto al risarcimento colui che ha cagionato il danno ad altri eccedendo nell’esercizio del proprio diritto i limiti posti dalla buona fede o dallo scopo per il quale il diritto gli fu concesso» (art. 74 del progetto di Codice italo-francese delle obbligazioni del 1928) nel principio: «Nessuno può esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per cui il medesimo gli è riconosciuto» di cui all’art. 7 del progetto definitivo curato dalla Commissione di revisione. Come è noto la Commissione parlamentare chiamata ad esprimere parere sul progetto definitivo concluderà per la inopportunità di introdurre una simile disposi- zione di carattere generale, comportando lo stralcio della disposizione e rinviandone la formulazione ai singoli istituti.

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L’obiettivo dell’On. Codacci Pisanelli era quello di estendere la tutela giurisdizio- nale a quegli interessi che non trovano «la loro protezione in una vera e propria norma giudica, ma nel buon uso del potere discrezionale»54.

A tal fine proponeva di integrare l’articolo 19 della bozza di costituzione in di- scussione che recitava «tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi», introducendo un comma 2 che chiarisse che «nessuno può esercitare il proprio diritto per uno scopo diverso da quello per il quale gli è stato attribuito»55.

Tale proposta venne da subito contrastata da coloro che negavano l’opportunità di inserire nel nascente testo costituzionale una specifica previsione relativa al divieto di abuso del diritto.

Di particolare interesse è l’osservazione dell’On.le Umberto Tupini che, con rife- rimento all’emendamento proposto dall’On.le Codacci Pisanelli, affermava che «eviden- temente noi non crediamo che si possa prevedere una cosa simile nella Costituzione. Certo è che l’abuso è sempre proibito, mentre la Costituzione e le leggi non devono pre- vedere che l’uso normale del diritto. Il meno che si possa dire è che si tratti di una proposta superflua e quindi pleonastica»56.