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Sezione III – Abuso del diritto e figure collaterali nell’interpretazione

1. Dal diritto civile al diritto tributario: il caso Halifax

diritto a confronto con frode alla legge e simulazione. 3. L’abuso del diritto e l’interposizione fittizia di persona. 3.1. Ancora confusione su evasione, abuso e interposizione soggettiva.

Premessa introduttiva

Dopo le riflessioni svolte nelle sezioni precedenti, intese – come si è visto – a delineare, da un lato la concezione dell’abuso nel diritto romano, dall’altro la concezione odierna dell’istituto, è risultato opportuno cominciare ad indagare il fenomeno che ha generato l’idea costituente la presente trattazione: lo sviluppo dell’abuso del diritto nel settore del diritto tributario, in cui l’istituto è “esploso” grazie al contributo della Corte di Giustizia, che lo ha definito un “principio non scritto” dell’ordinamento europeo, come statuito nel noto caso Halifax che sarà, qui, oggetto di analisi.

Come è noto l’abuso del diritto interseca molteplici settori, ma, quello tributario, come verrà evidenziato, assume importanza peculiare ed è stato scelto per diversi ordini di motivi: per la recente introduzione, all’interno dello Statuto dei diritti del contribuente, di una clausola generale antiabuso, per l’ampio utilizzo che ne ha fatto la Giurisprudenza, nonché per il fatto che nel diritto tributario si è avuta una positivizzazione dell’istituto, non solo al livello interno, ma anche eurounionale.

In seconda battuta verranno estrapolati i dubbi interpretativi che emergono, a par- tire dalla Giurisprudenza, in merito all’istituto dell’abuso: spesso confuso con la simula- zione, con la frode alla legge e con l’evasione. Si cercherà, a questo punto, di fare chia- rezza ponendosi il seguente quesito: l’abuso del diritto si sovrappone a taluna di queste

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fattispecie o si tratta di un istituto a sé stante? Una volta fornita risposta a questa domanda si analizzeranno quelli orientamenti, ormai obsoleti, con cui la Corte di Cassazione e la Corte di Giustizia hanno utilizzato istituti tratti dal diritto civile per trovare rimedio ad ipotesi in cui il contribuente, attraverso operazioni contrattuali tipiche, cercava di ottenere un vantaggio fiscale.

1. Dal diritto civile al diritto tributario: il caso Halifax

Come si è avuto modo di mettere in luce, l’abuso del diritto ha trovato terreno fertile specialmente nell’ambito del diritto civile, nonostante il legislatore ritenne all’epoca opportuno non positivizzarlo nel codice. Il problema dei comportamenti “abu- sivi” si è sviluppato, in particolare, in materia contrattuale. Ciò in quanto, a causa dell’am- pia autonomia concessa alle parti ex art. 1322 c.c., risulta agevole la strumentalizzazione di un contratto per ottenere fini diversi rispetto a quelli concessi al titolare del diritto dal legislatore.

In un secondo momento il principio di divieto di abuso del diritto ha cominciato ad insinuarsi anche nel settore del diritto tributario, in cui è esploso da circa un decennio grazie al contributo della Corte di Giustizia, che lo ha definito un principio non scritto dell’ordinamento europeo149, individuandolo nell’uso distorto delle norme giuridiche per ottenere vantaggi fiscali «la cui concessione sarebbe contraria all’obbiettivo perseguito da quelle stesse disposizioni»150.

Non di rado l’ordinamento tributario ha utilizzato strumenti coniati dal diritto ci- vile per trovare un rimedio all’abuso del diritto. Perciò risulta opportuno, in questa sede,

149 L’abuso del diritto è oggetto di una espressa regolamentazione nell’art. 17 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e nell’art. 54 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. L’art. 17, rubri- cato «Divieto dell’abuso del diritto» prevede che «nessuna disposizione della presente Convenzione può essere interpretata come implicante il diritto per uno Stato, un gruppo o un individuo di esercitare una attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione, o porre a questi diritti e a queste libertà limitazioni più ampie di quelle previste in detta Convenzione». L’art. 54, rubricato «Divieto dell’abuso di diritto» stabilisce che «nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata nel senso di comportare il diritto di esercitare una attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente Carta o di imporre a tali diritti e libertà limitazioni più ampie di quelle previste dalla presente Carta».

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comprendere come gli istituti di diritto civile siano stati applicati dalla giurisprudenza e dalla dottrina tributaria.

È opportuno ricordare preliminarmente che, per sua natura, la norma tributaria si presenta come cosiddetta norma di secondo grado la quale, per poter configurare un pre- supposto impositivo, necessita a monte di istituti civilistici quali i contratti e i diritti reali.

Per potersi configurare un prelievo tributario è, quindi, necessario che preesistano elementi rilevanti in termini di patrimonio, reddito o consumo i quali, per loro natura, non possono prescindere da relazioni civilistiche e/o commerciali.

Pertanto, ogni qualvolta la giurisprudenza tributaria si è trovata a dover affrontare tematiche non riconducibili alle specifiche e analitiche norme antielusive (antiabusive) tributarie151, ha trovato agevole disconoscere gli “indebiti” vantaggi fiscali del contri- buente, rilevanti sul piano della norma tributaria come norma di secondo grado, utiliz- zando, non sempre in maniera esatta, istituti civilistici, di per sé presupposto primario rispetto alla norma tributaria152. Da qui l’esigenza di ripercorrere i principali passi che hanno condotto la giurisprudenza tributaria all’odierna concezione di abuso del diritto, spesso tramite l’utilizzo distorto delle categorie del diritto civile; lo scopo della ricerca, come anticipato più volte, è quello di ristabilire la supremazia e la centralità del diritto privato in materia contrattuale.

Il leading case in materia tributaria, al livello comunitario, è il noto caso Hali-

fax153con cui la Corte di Giustizia ha esteso, al settore dell’Iva, l’orientamento, già con- solidatosi in altri settori del diritto europeo, secondo cui il divieto di abuso del diritto costituirebbe un principio immanente dell’ordinamento comunitario.

La Corte di Giustizia, in quell’occasione, ha ritenuto abusivo il comportamento di una banca che, tramite la creazione di una società partecipata, ove far transitare l’acquisto di alcuni beni e servizi nell’interesse della medesima azienda di credito, voleva aggirare

151 In primo luogo l’articolo 37 bis del d.p.r. 600/1973, oggi abrogato.

152 Si tratta di alcuni orientamenti della Corte di Cassazione sviluppatisi tra il 2005 e il 2006. Il riferimento è in particolare alla nota sentenza n. 20816/2005, cit., con cui la Corte di Cassazione, sezione tributaria, ha statuito che l’Amministrazione finanziaria può far valere incidentalmente la nullità dei contratti stipulati dal contribuente, per effetto del combinato disposto degli artt. 1344 c.c. e 53 Cost., essendo le disposizioni tributarie norme imperative a tutti gli effetti, poste a tutela dell’interesse generale del concorso partitario alle spese pubbliche.

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il divieto di detrazione dell’Iva sugli acquisti, divieto riguardante i soggetti che svolgono operazioni esenti154.

Nel caso di specie la banca abusava delle disposizioni contenute nella sesta Diret- tiva europea155, che assegna il diritto di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto as- solta sugli acquisti dai soggetti che, svolgendo un’attività commerciale, pongono in essere operazioni imponibili e, o, non imponibili.

Con la sentenza Halifax è stato affermato, per la prima volta in campo fiscale, il principio del divieto di abuso del diritto: «la sesta Direttiva in materia tributaria deve essere interpretata come contraria al diritto del soggetto passivo di detrarre l’IVA assolta a monte, allorché le operazioni che fondano tale diritto integrino un comportamento abu- sivo».

Il merito della pronuncia sta nell’aver dato una vera e propria definizione di abuso: «perché possa parlarsi di comportamento abusivo le operazioni controverse devono, no- nostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta Direttiva, e della legislazione nazionale che le traspone, procurare un vantag- gio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da quelle stesse disposizioni156. Deve altresì risultare, da un insieme di elementi obiettivi, che dette ope- razioni hanno lo scopo essenziale di ottenere un vantaggio fiscale». Da queste premesse concettuali la Corte di Giustizia trae la conseguenza che «ove si constati un comporta- mento abusivo, le operazioni implicate devono essere ridefinite in maniera da ristabilire la situazione quale sarebbe esistita senza le operazioni che quel comportamento hanno fondato»157.

Dopo la pubblicazione della sentenza Halifax la Cassazione afferma: «La sesta Direttiva aggiunge nell’ordinamento comunitario, direttamente applicabile in quello na- zionale, alla tradizionale bipartizione dei comportamenti dei contribuenti in tema di IVA, in fisiologici (perché regolari) e patologici (propri delle frodi fiscali), una sorta di tertium

154 Come le banche.

155 Sesta Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle le- gislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, G.U. n. L 145 del 13 giugno 1877.

156 Nella motivazione, § 75, la Corte chiarisce, su questo decisivo punto, che «il divieto di comportamenti abusivi non vale più ove le operazioni di cui trattasi possano spiegarsi altrimenti che con il mero consegui- mento di vantaggi fiscali».

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genus in dipendenza del comportamento abusivo ed elusivo del contribuente, volto a con-

seguire il solo risultato del beneficio fiscale, senza una reale ed autonoma ragione econo- mica giustificatrice delle operazioni economiche che risultano eseguite in forma solo ap- parentemente corretta ma in realtà elusiva»158.

Se da un lato è vero che la sesta Direttiva richiama più volte l’elusione fiscale attraverso l’abuso di forme giuridiche impiegate surrettiziamente, ma con metodo casi- stico e, quindi, con effetti limitati ai casi da essa previsti, dall’altro bisogna considerare che il generale divieto di abuso del diritto ha avuto successivamente consacrazione, come principio generale, nell’art. 54 della Carta di Nizza159; ciò ha certamente contribuito con il favorire un’interpretazione trascendente la casistica, ancor prima degli ultimi interventi normativi in materia tributaria.

Con sentenze successive, confermando il principio, la Suprema Corte ha aggiunto alcune precisazioni. Innanzitutto, ha affermato che l’accertamento del meccanismo elu- sivo «prescinde dall’accertamento della simulazione o dal carattere fraudolento dell’ope- razione». Poi, che ad escluderlo non bastano «ragioni economiche meramente marginali e teoriche, inidonee a fornire una spiegazione alternativa dell’operazione rispetto al mero risparmio fiscale»160. Infine, «incombe sul contribuente fornire la prova dell’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti di carattere non meramente marginale o teo- rico»161.

Con un’ordinanza del 2006 la Cassazione ha interpellato la Corte di Giustizia, chiedendo se per configurare l’abuso sia sufficiente il fine di realizzare un vantaggio fi- scale, come affermato nella sentenza Halifax, o sia necessario che l’operazione abbia come unico scopo quello di realizzare un vantaggio fiscale, senza altri obiettivi econo- mici162.

158 Cass., sez. trib., n. 10353/2006, in Dir. e Prat. Trib., 4/2007: 20723 e ss., con nota di LOVISOLO A., Il principio di matrice comunitaria dell’«abuso» del diritto entra nell’ordinamento giuridico italiano: norma antielusiva di chiusura o clausola generale antielusiva? L’evoluzione della giurisprudenza della Suprema Corte.

159 L’argomento sarà approfondito nel prosieguo della trattazione.

160 Per questo punto, ed il precedente, si v. Cass., sez. trib., n. 21221/06, cit.

161 Cfr. Cass., sez. trib., n. 8772/2008, in Boll. Trib., 12/2008: 1027; Cass., sez. trib., n. 10257/2008, in Corriere Trib., 22/2008: 1799. Questa sentenza, oltre ad aggiungere la precisazione sull’onere della prova, confermano il principio e gli altri punti richiamati. Si tratta di decisioni peculiari. Nell’ordinanza Cass., sez. trib., n. 5503/2007, in Mass. Giur. It., 2007; nel caso di specie era stato chiesto alla Corte di Giustizia di dire se il diritto comunitario non sia contrario alle presunzioni di frode o evasione che non ammettano prova contraria.

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La tendenza della Corte di Giustizia e della Corte di Cassazione è quella di far confluire nell’abuso del diritto tutte le operazioni poste in essere essenzialmente allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale. Entrambe utilizzano l’abuso per assoggettare ad imposizione determinate attività economiche, facendo ricorso ad un concetto che ha le sue radici nella cultura giuridica dei paesi di civil law, risalendo fino al diritto medievale, utilizzando spesso le tradizionali categorie civilistiche e di teoria generale per poter di- sapplicare le regole alternative e rendere inefficaci le forme che le richiamano163.