Quanto all’ambito oggettivo di applicazione del comma terzo
dell’art. 71 Tuir, il legislatore riprendeva la delimitazione già adottata
nella previgente formulazione dell’articolo
149, sostanziantesi nei
«crediti derivanti da operazioni relative all’erogazione di credito alla
clientela»
150. Tale identificazione dell’operatività caratteristica
dell’impresa bancaria trovava conferma anche nella disciplina
contabile di settore (emanata poco tempo prima) la quale enucleava i
«crediti da finanziamento», distinguendoli dalle “altre attività”
151.
Inoltre, la legge n. 549 prevedeva, innovando rispetto alla disciplina
previgente, l’inclusione nel plafond dei crediti impliciti nei contratti di
148 Così, D.MAZZAGRECO, op. cit., 190.
149 Anche in tale contesto normativo, risultavano, pertanto, validi i chiarimenti di prassi pro tempore emanati. Cfr. Ris. min. 27 luglio 1976, n. 9/876, cit..
150 Veniva confermata (e precisata) l’esclusione dall’ambito oggettivo di
applicazione del regime settoriale dei crediti coperti da garanzia assicurativa e l’inclusione dei crediti concessi a enti istituzionali per finalità connesse al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attività ad esse collegate, nonché le rivalutazioni delle operazioni “fuori bilancio”.
151 V. D.lgs. 27 gennaio 1992, n. 87, il quale, in primo luogo, enucleava la categoria dei “crediti di finanziamento”, distinguendola dai “crediti di funzionamento”, i quali, non facendo parte della gestione caratteristica, andavano riepilogati tra le “altre attività” e, in secondo luogo, distingueva, nell’ambito dei crediti con finalità di impiego, quelli che non riconducibili a forme contrattuali di finanziamento, quali ad esempio, i crediti rappresentati da titoli. Così, S.FIORENTINO, I crediti, cit., 105-106, il quale afferma come la disciplina contabile «sebbene in modo non lineare, sembrava voler soffermare, già da un punto di vista nominalistico, la propria attenzione sui crediti di finanziamento e, tra questi, su quelli aventi forma contrattuale di finanziamento, con esclusione dei crediti di firma». Invero, il «credito da finanziamento» - il quale ha trovato una sua prima collocazione nel dettato normativo della Costituzione all’art. 47 - rappresenta quel credito esercitato professionalmente dagli intermediari finanziari cioè da imprese le cui attività e passività sono rappresentate in via principale (se non anche esclusiva) da attività e passività finanziarie, operatori che assumendo i rischi inerenti all’investimento dei risparmi o dei capitali finanziari da essi posseduti, generano quel che viene generalmente definito credito «indiretto». Cfr. G. VISENTINI, Voce «Credito e
risparmio», in Enc. giur., X, Roma, 3. L’impostazione del d.lgs. n. 87 del 1992 ha
trovato sostanziale conferma nella nuova disciplina contabile di settore recata dalla Circolare di Banca d’Italia n. 252 del 2005 (la quale “adatta” lo schema di bilancio bancario ai principi contabili internazionali) atteso che la stessa distingue i crediti in base alla natura del soggetto debitore.
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locazione finanziaria
152, in quanto ritenute attività gravate da un
rischio creditizio
153. In tale contesto, se era pacifica l’esclusione dal
“monte crediti” dei cd. “crediti di firma”
154, erano stati sollevati dubbi
sulla inclusione dei crediti rivenienti dalle operazioni di pronti contro
termine poste in essere con la clientela
155.
152 L’espresso riferimento a questa tipologia di crediti si rendeva necessaria per le banche che effettuavano operazioni di leasing finanziario e prevedevano la contabilizzazione delle stesse secondo il metodo patrimoniale previsto del d.lgs. n. 87 del 1992. In base a tale metodo il bene dato in locazione aveva evidenza sia patrimoniale (essendo iscritto nello stato patrimoniale come immobilizzazione) sia finanziaria (con l’iscrizione in nota integrativa del credito implicito, il quale era costituito dal credito che residuava sottraendo dal costo del bene locato il capitale rimborsato dall’utilizzatore). I finanziamenti erogati venivano rappresentati, quindi, quali beni in locazione e risultava necessario sommarli ai crediti derivanti dall’ordinaria attività di finanziamento alla clientela. Pertanto, l’inclusione di tali crediti nell’ambito oggettivo dell’art. 71 Tuir sottintendeva la contabilizzazione dell’operazione in base al metodo patrimoniale. Così, M.LEO, Le imposte (2010), cit., 1916. Cfr. ASSONIME,Circolare n. 50 del 1996, cit., ove si rilevava come la regola dell’inclusione dei crediti impliciti nei canoni di locazione si «fondi sul presupposto che il costo del bene dell’impresa locatrice altro non rappresenti, per la stessa impresa, che l’importo del capitale dato a mutuo; ed è proprio per tale motivo che le singole quote di ammortamento del bene devono commisurarsi alle quote di restituzione del capitale contenute nel canone di locazione».
153 Come rilevato da Banca d’Italia, Nota di risposta ad Assilea del 28 febbraio 1994, la loro inclusione nella base di computo della svalutazione fiscalmente rilevante deve farsi risalire alla constatazione secondo la quale i crediti impliciti in argomento, pur se non iscritti all'attivo di stato patrimoniale, rappresentano attività gravate da rischio creditizio, delle cui sorti occorre tenere conto ai fini di una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale finanziaria ed economica dell'impresa.
154 Si consideri che la nozione di crediti prevista dal d.lgs. n. 87 del 1992 escludeva esplicitamente i crediti di firma, i quali erano ricompresi nella nozione di “garanzie rilasciate”. La stessa impostazione è stata confermata dall’attuale disciplina contabile, secondo la quale i crediti di firma trovano collocazione nella nota integrativa. Ad avviso di G.CARPENZANO, La determinazione, cit., 181, l’esclusione dei crediti di firma non sembrava agevolmente giustificabile, ove si fosse considerato che tali crediti, comportando l’assunzione di un rischio creditizio, erano comunque oggetto di valutazione in sede di redazione del bilancio. Per contro, risultava decisivo per l’esclusione di tali crediti il fatto che essi, seppur potessero configurare un rischio creditizio, non determinavano l’erogazione di finanziamenti. Così CONSORZIO STUDI E RICERCHE FISCALI del Gruppo Intesa SanPaolo, Circolare informativa, 4 settembre 2009, n. 9.
155 Sul punto, si contrapponevano un orientamento “formalista”, incline a disconoscerne la rilevanza, muovendo dalla constatazione che neppure la rappresentazione delle operazioni di pronti contro termine alla stregua di vere e proprie operazioni di finanziamento consentirebbe il superamento della lettera del comma 3 dell’art. 71 tuir, che espressamente richiama i soli crediti verso la clientela, tra i quali non potrebbero, a rigore, figurare i crediti verso il cedente i titoli oggetto
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In definitiva, con la legge n. 549 si interrompeva «la lunga
tradizione di uniformità di trattamento tra banche ed imprese
commerciali»
156, introducendo specifiche disposizioni dedicate agli
enti creditizi e finanziari
157e, per tal via, realizzando nella sostanza un
vero e proprio regime «settoriale», differenziato e per alcuni aspetti
più favorevole
158, rispetto alle imprese commerciali e industriali, per
le quali il relativo regime tributario rimaneva sostanzialmente
immutato rispetto al passato. La specialità di tale regime rispetto a
quello generale era spiegabile per la centralità che nella gestione
bancaria assumono gli asset creditizi, la cui qualità condiziona in
misura decisiva stabilità e redditività
159, la quale (centralità) rendeva
necessario un più ampio riconoscimento fiscale delle sofferenze
esposte in bilancio. Tale obiettivo veniva raggiunto attraverso
«l’adeguamento della disciplina fiscale alla…impostazione
bilancistica che vede[va] nelle svalutazioni la natura di poste
rettificative specifiche dei crediti, ciascuno nella sua autonoma
di contratto di pronti contro termine (cfr. F.CALEFFI eG. D’ALESSIO, Il regime
fiscale delle rettifiche e delle riprese di valore dei crediti, in il fisco, 1995, 780) ed
uno “sostanzialista”, che, valorizzando il profilo sostanziale dell’operazione, e,
richiamandosi ad insopprimibili esigenze di coerenza e sistematicità
dell'ordinamento giuridico, rilevava come sussistesse un insanabile e non giustificato contrasto tra il presupposto dalla norma civilistica posto a fondamento della rappresentazione di bilancio e le ragioni addotte per la loro esclusione dalla base di calcolo della svalutazione fiscalmente ammessa (cfr. G. FALSITTA, Pronti contro
termine e la base di computo delle rettifiche di valore dei crediti, in il fisco, 1995,
3363;R. PARISOTTO, La svalutazione, cit., 350, al quale si rimanda per ulteriori
richiami di dottrina e di prassi; nonché, più di recente, R.PARISOTTO eR.DOLCE, Le
operazioni in valuta e i derivati finanziari, Milano, 2005, 72-73, i quale rilevano che
«nell’ambito dei crediti pare corretto includere anche le operazioni di pronti contro termine le quali, laddove vi sia l’obbligo per il cessionario a pronti di rivendere a termine, sono del tutto assimilabili a contratti di riporto e quindi considerate civilisticamente come delle vere e proprie operazioni di finanziamento»).
156 S.FIORENTINO, I crediti, cit., 120.
157 Nello specifico, i commi 3,4 e 5 del novellato art. 71 Tuir.
158 S.FIORENTINO, I crediti, cit., 101-102 e 120.
159 V. M.LEO, op. ult. cit., 1907, il quale richiama la Relazione governativa alla L. n. 549/1995, introduttiva del regime speciale per gli enti creditizi e finanziari.
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individualità»
160. In tale contesto, il regime di deduzione “graduale” si
proponeva di arginare, per un verso, l’effetto dirimente della
valutazione dei crediti sulla determinazione della base imponibile, e di
temperare, per l’altro, la piena discrezionalità riconosciuta, in quella
materia, alle imprese
161, secondo un «meccanismo di equilibrio»
162.
Segue. Il mantenimento nel tempo di tale regime: la
“sopravvivenza” nel vigore del sistema Ias. La finora descritta
impostazione sostanziale del regime settoriale è rimasta
sostanzialmente immutata fino al 2013: i contenuti della norma sono,
infatti, stati nel tempo riproposti anche a seguito del decreto
introduttivo dell’IRES (d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344), il quale non
ha innovato direttamente le regole settoriali in esame, limitandosi,
conformemente alla risistemazione del Tuir, ad una modifica
numerica degli articoli interessati (l’art. 71 è diventato l’art. 106
Tuir)
163. Inoltre, le citate disposizioni sono “sopravvissute” anche a
160 E non più componenti, dunque, di un fondo indistinto e forfettario. Così ASSONIME, Circolare n. 50 del 1996, cit..
161 V. M.LEO, op. ult. cit., 1910. Nello stesso senso, v. ASSONIME, Circolare n. 50 del 1996, cit., secondo cui il legislatore controbilanciava la scelta di rinunciare a controllare il “quantum” delle svalutazioni operate, affidandosi alle risultanze di bilancio e alle garanzie offerte dai relativi criteri di redazione, con il regime di deducibilità “graduale”, il quale sembrava giustificato dalla logica di «limitare l’impatto [negativo] delle svalutazioni stesse nella determinazione del reddito imponibile di periodo». Va, peraltro, precisato che il d.lgs. n. 87/1992, pur richiamando, al pari dell’art. 2426, n. 8, c.c., il criterio di valutazione dei crediti rappresentato dal “valore di presumibile realizzo”, ne puntualizzava la disciplina in modo assai più articolato, tenendo conto del fatto che la valutazione in bilancio dei crediti bancari poneva problemi particolari che non necessariamente si identificavano con quelli afferenti la valutazione dei crediti delle altre categorie di imprese. Il d.lgs. 87 del 1992 determinava fondamentalmente l’analiticità del rilevamento del rischio creditizio. Sul punto, v. amplius D.MAZZAGRECO, I rischi e
le perdite su crediti nelle imposte dirette, Ariccia, 2015, 84.
162M.LEO, op. ult. cit., 1910. Ad essere scoraggiata sarebbe, invero, la pratica dello stanziamento di svalutazioni eccessive, nel riflesso che esse mentre riducono sin da subito il valore del credito, determinerebbero, in caso di suo successivo realizzo, il computo della perdita, ovvero della ripresa di valore, rispettivamente deducibile ed imponibile, ad un minore importo.
163 Va, ad ogni modo, rilevato come a seguito di tale intervento normativo è stata concessa anche alle imprese industriali e commerciali la possibilità di dedurre accantonamenti per rischi su crediti, la quale nel previgente art. 71 Tuir era concessa
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