• Non ci sono risultati.

Accertamenti standardizzati: studi di settore e redditometro

CAPITOLO 2: IL CONTRADDITTORIO ENDOPROCEDIMENTALE

2.3 Accertamenti standardizzati: studi di settore e redditometro

Il termine accertamento standardizzato, come è noto, non viene rinvenuto in alcuna disposizione dell’ordinamento tributario; tuttavia è un termine divenuto comune per dottrina e giurisprudenza nel riferirsi agli accertamenti basati su parametri, studi di settore e redditometro. Il riferimento è quindi a tutte quelle metodologie di accertamento standardizzate, riferite cioè non puntualmente alla capacità reddituale del contribuente, ma alla disponibilità di taluni beni, come il redditometro o al raffronto con i dati medi di settore, come i parametri e gli studi di settore77; questi muovono, in senso lato, una comparazione del reddito dichiarato con degli indici di normalità economica, sia, nel caso dell’impresa, per determinare la congruità di ricavi e compensi dichiarati sia, nel caso delle persone fisiche, per individuare una dichiarazione infedele muovendo dal tenore di vita dell’individuo78.

75 Così, SALVINI, “La nuova partecipazione del contribuente (dalla richiesta di chiarimenti allo statuto del contribuente ed oltre)”, op. cit.

76 Così, MULEO, “L’obbligo del contraddittorio”, op. cit. pag. 1-11.

77 L’art. 39, 1° comma, lett. d, secondo periodo, disciplina l’accertamento analitico-induttivo basato su presunzioni e prevede che possa essere affermata l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate “anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti”. Va aggiunto inoltre che gli accertamenti analitico-induttivi “possono essere fondati anche sull' esistenza di gravi incongruenze tra i

ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell'art. 62- bis del presente decreto”; questo è quanto disposto dall’art. 62-sexies, comma 3, D.l. n. 331/93. L’accertamento

può dunque essere fondato, oltre che su presunzioni anche su gravi incongruenze, per la determinazione del reddito imponibile occorre tener conto anche degli altri componenti positivi e negativi, perciò, gli accertamenti basati sugli studi di settore vanno qualificati come accertamenti analitico-induttivi.

46 2.3.1 Gli studi di settore

Facendo un breve excursus storico è opportuno ricordare che, il reddito degli imprenditori può essere determinato su base contabile quando l’impresa ha una certa dimensione e tiene in modo sistematico la contabilità secondo il regime della contabilità ordinaria. Non è invece possibile fare affidamento sulla contabilità per l’accertamento del reddito delle imprese minori, il cui impianto contabile è piuttosto rudimentale; ecco perché, a partire dagli anni ’80, il Legislatore, preso atto dell’inefficacia dei metodi analitico-contabili previsti dalla riforma degli anni ’70 per tutti gli imprenditori, ha via via introdotto normative dirette a tassare gli imprenditori minori su base presuntiva, mediante procedure di accertamento standardizzato79. Tali procedure sono poi state estese anche agli imprenditori in contabilità ordinaria, per cui oggi l’accertamento standardizzato è applicato senza differenze all’intera platea degli imprenditori.

Lo strumento dell’accertamento standardizzato è costituito dagli studi di settore il cui iter formativo è descritto nella circolare del 21 maggio 1999, n. 110/E. La sua elaborazione avviene attraverso la divisione in gruppi omogenei (clusters) delle imprese, in base ad una molteplicità di fattori: modelli organizzativi, tipo di clientela, area di mercato, modalità di svolgimento dell'attività. Sulla base di tali elaborazioni, valutando la situazione di campioni significativi di contribuenti appartenenti a ciascun gruppo omogeneo, viene individuata la relazione matematica tra le caratteristiche dell'attività (capitale investito, prezzi ordinari praticati, costo medio di acquisto di beni servizi, numero di addetti, ecc.) e l'ammontare presunto dei ricavi o compensi. L'elemento

79 Così, TESAURO, “Istituzioni di diritto tributario”, op. cit., pag. 221-224. Le principali normative introdotte sono state le seguenti: la legge Visentini-ter (art. 2 del D.L. 19 dicembre 1984, convertito con L. 17 febbraio 1985, n. 17) stabiliva che, per gli imprenditori in regime di contabilità semplificata e per gli esercenti arti e professioni, l’Iva era determinata detraendo, dall’imposta dovuta sulle operazioni imponibili, una percentuale a titolo di detrazione forfettaria, analogamente, per le imposte dirette, dai ricavi effettivi si deduceva una misura di costi prefissata percentualmente; l’art. 11 del D.L. 2 marzo 1989, n. 69, convertito con L. 27 aprile 1989, n. 154, prevedeva dei coefficienti presuntivi elaborati in base a dati desunti dalle dichiarazioni, dagli accertamenti e da altri dati in possesso dell’Amministrazione ed avevano per oggetto la determinazione dei ricavi e dei compensi (ai fini delle imposte dirette) e del volume d’affari (ai fini Iva). Determinate così le spese di produzione del reddito, assunte come indici di ricavi e compensi (spese per i locali usati per lo svolgimento dell’attività, retribuzioni corrisposte ai dipendenti, le spese per consumi energetici, acquisti di materie prime, ecc.), ne veniva desunto il totale dei componenti attivi da cui erano deducibili solo le spese dichiarate dal contribuente o prese a base dei coefficienti; l’art. 62-bis del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito con L. 29 ottobre 1993, n. 427, ha previsto l’elaborazione degli studi di settore, cioè che gli Uffici identificano campioni significativi di contribuenti appartenenti ai medesimi settori da sottoporre a controllo allo scopo di individuare elementi caratterizzanti l’attività esercitata.

47

caratteristico degli studi di settore è dunque la relazione matematica con cui, per ciascun cluster, partendo dai dati contabili strutturali (variabili indipendenti) si calcola la variabile dipendente, cioè l'importo presunto dei ricavi o dei compensi. Gli studi di settore si applicano agli imprenditori e ai lavoratori autonomi, la cui elaborazione è più problematica; i risultati economici di un’attività artistica o professionale dipendono fortemente da caratteristiche soggettive, meno inquadrabili delle imprese in categorie standardizzate. Ogni contribuente che appartiene ad una categoria alla quale si applicano gli studi di settore deve presentare, insieme con la dichiarazione dei redditi, un modello con cui comunica i dati (contabili ed extracontabili) rilevanti ai fini degli studi. I moduli si compilano e si trasmettono attraverso un software che applica automaticamente lo studio di settore ed indica: cluster di appartenenza, congruità e coerenza oltre che volume di ricavi o compensi previsti dallo studio80. Con l'uso del software, ogni contribuente può controllare la propria posizione reddituale alla luce dello studio di settore che lo riguarda; al contribuente è anche consentita la possibilità di adeguarsi al risultato degli studi, se in sede di presentazione della dichiarazione il contribuente si avvede che il risultato delle proprie scritture contabili è inferiore a quello previsto dello studio di settore, può innalzare il valore dei propri ricavi indicando in dichiarazione quello risultato dagli studi e pagando una piccola maggiorazione del 3%81.

Una questione centrale del procedimento accertativo standardizzato riguarda il contraddittorio endoprocedimentale; l’Ufficio, quando procede con gli accertamenti da studi di settore, inizia la propria attività avendo come indizio il presunto maggiore risultato positivo di reddito proveniente dall’uso di un semplice calcolo statistico. La ricostruzione della ricchezza del contribuente non avviene in base alla realtà soggettiva, ma mediante presunzione semplice; in tema di accertamenti non analitici, il contraddittorio infatti, assume un’importanza straordinaria. La giurisprudenza ha chiarito la portata della norma e le molte sentenze, sia di merito sia di legittimità, che hanno contribuito a consolidare la natura di norma di precetto, riferita al contraddittorio applicato agli studi di settore. Le risultanze dell’accertamento con tali studi,

80 Ogni contribuente deve dunque: inquadrare la propria attività in un cluster, sulla base dei principali dati extracontabili rilevanti; indicare se il volume dei ricavi e compensi dichiarati è congruo, cioè se rientra o meno nell’intervallo di confidenza parametrale; individuare la coerenza dei principali indicatori economici (produttività per addetto, tasso di rotazione del magazzino, resa ordinaria per addetto, ecc.) che caratterizzano la sua attività rispetto alla forchetta di valori (minimo e massimo) assunti come normali per il cluster di appartenenza.

48

costituiscono solo parametri di riferimento, partendo dai quali l’Amministrazione sviluppa l’iter logico giuridico necessario, da un lato, a soddisfare l’onere probatorio a suo carico e, dall’altro, a motivare adeguatamente l’avviso di accertamento.

Il contraddittorio ha una funzione di garanzia sia per il contribuente (che può rimarcare gli elementi che conducono a quantificazioni del reddito più aderenti alla capacità contributiva) sia per l’Amministrazione; con tale istituto avviene il passaggio dalla fase statica (gli standard) a quella dinamica dell’accertamento (applicato al singolo contribuente). L’attivazione del contraddittorio svolge una funzione strumentale rispetto alla corretta effettuazione dell’accertamento e presenta: sviluppi positivi per il contribuente se fornisce chiarimenti richiesti; effetti sfavorevoli in caso di mancata risposta, giacché legittima l’utilizzo di standard presuntivi da parte dell’Amministrazione. La mancata partecipazione al contraddittorio non preclude, tuttavia, al contribuente la possibilità di presentare in giudizio le medesime eccezioni e giustificazioni che avrebbe potuto far valere in sede di contraddittorio. Pertanto, la prova che non è stata data in sede amministrativa può essere fornita in sede processuale. L’introduzione del contraddittorio, quando si accerta un maggior reddito da studi di settore, risponde alla concreta esigenza posta a tutela e garanzia del contribuente, che intende esporre e far valere all’Ufficio le ragioni per le quali i dati contabili del soggetto esprimano un risultato reddituale che per l’Ufficio, e secondo gli studi di settore, non è soddisfacente. Attraverso il deposito di memorie e documenti offerti dal contribuente nel contraddittorio, prima che sia emanato l’atto di accertamento, l’Ufficio arricchisce la fase istruttoria.

Il contraddittorio tenutosi prima del giudizio è indubbiamente garanzia di un procedimento corretto. In merito, la Corte: ha confermato la natura di atti amministrativi generali di organizzazione rivestita dagli studi di settore, previsti dall’art. 62-bis, D.L. n. 331/93, i quali non possono ritenersi sufficienti affinché l’Ufficio effettui l’accertamento; con la sentenza n. 17229 del 2006, afferma che l’attività di accertamento conseguente anche agli studi di settore sia completata dal principio generale del giusto procedimento, cioè consentendo al contribuente di intervenire già in sede procedimentale amministrativa, prima di essere costretto ad adire al giudice tributario; il rispetto della procedura incardina il giusto procedimento, necessario affinché si osservino le regole e si instauri la trasparenza tra l’Erario ed il contribuente. L’Ufficio

49

ha l’obbligo di una valutazione preventiva della specifica situazione, solo dopo tale fase, tenendo in attenta considerazione le eventuali obbiezioni del contribuente, potrà emettere l’avviso di accertamento82.

Sulla questione della centralità del contraddittorio si sono espresse anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione83, mediante un gruppo di sentenze con le quali hanno attribuito all’accertamento, mediante parametri e studi di settore, natura di presunzione semplice84. Esso deve presentare le caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, elementi che potranno essere integrati attraverso l’attivazione del contraddittorio con il contribuente, obbligatoriamente posto a carico dell’Amministrazione Finanziaria dal comma 3 bis dell’art 10 legge n. 146/98, introdotto con la legge n. 311/200485. Non si ritiene, infatti, che ci possa essere strumento migliore di quest’ultimo per calare l’operatività dello strumento standardizzato all’interno della realtà economico-sociale dei contribuenti interessati. Ciò significa che i parametri e gli studi non possono costituire l’unico elemento a supporto di un atto di accertamento e che, di conseguenza, diventano estremamente rilevanti le deduzioni effettuate dal contribuente nell’ambito del contraddittorio con gli Uffici per confutarne l’operato, evidenziandone gli elementi che escludono l’applicabilità dello studio alla propria situazione. Allo stesso modo, l’Ufficio è tenuto a smontare la difesa del contribuente sul punto, argomentando in modo specifico sulle sue affermazioni e, quindi, chiarendo i motivi corredati da adeguati

82 Cass., Sez. trib., 28 luglio 2006, n. 17229, in Fisco, 2006.

83 Cass., SS. UU., 18 dicembre 2009, nn. da 26635 a 26638 in agenziaentrate.gov.it.

84 Per lungo tempo l’Agenzia delle Entrate aveva espresso l’avviso che le risultanze dello studio di settore costituissero una presunzione legale determinando una inversione dell’onere della prova in capo al contribuente; come conseguenza, l’Agenzia provvedeva a notificare un avviso di accertamento a tutti i contribuenti per i quali si verificava uno scostamento, anche minimo, fra ricavi determinabili in base allo studio di settore e ricavi dichiarati, motivandoli con stereotipate formule di stile nelle quali si faceva riferimento: alle risultanze dello studio di settore; all’esito negativo del contraddittorio; al fatto che le giustificazioni addotte dal contribuente fossero state in generale ritenute non credibili. Tale solco interpretativo è stato spazzato via dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, nel 2009: “Gli accertamenti fondati sugli studi di settore, introdotti con l’art. 62-bis, D.L. n. 331 del 1993,

aggiunto in sede di conversione in legge (L. n. 427 del 1993), pur costituendo fuor di dubbio uno strumento più raffinato dei parametri, soprattutto perché la loro elaborazione prevede una diretta collaborazione delle categorie interessate, restano tuttavia una elaborazione statistica, il cui frutto è una ipotesi probabilistica, che, per quanto seriamente approssimata, può solo costituire una presunzione semplice”. S. GORGONI, “L’accertamento dei

redditi di impresa (art. 39 DPR 600/73)”, par. 4.5, in economia.unipv.it.

85 Articolo 10 - Modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento. 3-bis. “Nelle ipotesi di cui

al comma 1 l'ufficio, prima della notifica dell'avviso di accertamento, invita il contribuente a comparire, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218”.

50

elementi probatori, in base ai quali si è ritenuto di non accogliere le contestazioni86. La qualificazione degli strumenti, come presunzione semplice, spinge a ritenere che l’Ufficio non sarebbe legittimato a basare l’accertamento solo sullo scostamento tra i dati della dichiarazione e le risultanze degli studi, in quanto verrebbero a mancare i requisiti di gravità, precisione e concordanza, che sono ritenuti imprescindibili e ciò anche nel caso in cui il contribuente non fosse in grado di fornire controprova87.

Le Sezioni Unite precisano che gli studi di settore rappresentano la predisposizione di indici rilevatori di una possibile anomalia del comportamento fiscale, evidenziata dallo scostamento delle dichiarazioni dei contribuenti, relative all’ammontare dei ricavi o dei compensi rispetto a quello che l’elaborazione statistica stabilisce essere il livello normale in relazione alla specifica attività svolta dal dichiarante. Lo scostamento non deve essere qualsiasi, ma testimoniare una grave incongruenza88, espressamente prevista dall’art. 62-sexies, comma 3, D.L. n. 331/93, ai fini dell’avvio della procedura finalizzata all’accertamento. Tale circostanza, si ritiene implicitamente confermata nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva, dall’art. 10, comma 1, L. n. 146/9889, nel quale, pur essendo presente un diretto richiamo all’art. 62-sexies, non contempla in maniera espressa il requisito della gravità dello scostamento. Questo legittima l’avvio di una procedura finalizzata all’accertamento, nel cui quadro i segnali emergenti dallo studio di settore, devono essere corretti in contraddittorio con il contribuente per fotografare la specifica realtà economica della singola impresa, la cui dichiarazione dell'ammontare dei ricavi abbia

86 Le Sezioni Unite del 2009 stabiliscono: “ai fini dell'accertamento l'Agenzia delle Entrate ha l'onere di motivare

e fornire elementi di prova per avvalorare l'attribuzione dei maggiori ricavi o compensi derivanti dall'applicazione degli indicatori” de quibus. Non solo, ma “i contribuenti che dichiarano un ammontare di ricavi, compensi o corrispettivi inferiori rispetto a quelli desumibili dagli indicatori ... non sono soggetti ad accertamenti automatici e in caso di accertamento spetta all'Ufficio accertatore motivare e fornire elementi di prova per gli scostamenti riscontrati”.

87 Così, ACCORDINO, “Considerazioni in tema del contraddittorio, alla luce della più recente giurisprudenza”, op. cit.

88 Sul concetto di gravità hanno avuto modo di esprimersi i Giudici di merito, confermando che la gravità sussisterebbe laddove si realizzasse uno scostamento superiore al 25%.

89 Articolo 10 - Modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento. 1. “Gli accertamenti basati

sugli studi di settore, di cui all'articolo 62-sexies del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono effettuati nei confronti dei contribuenti con le modalità di cui al presente articolo qualora l'ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi”.

51

dimostrato una significativa incoerenza con la normale redditività delle imprese omogenee considerate nello studio di settore applicato90.

Ancora una volta, il contraddittorio, previsto espressamente dall’art. 10, L. n. 146/98, è affermato come indefettibile a prescindere dall’espressa previsione della giurisprudenza, in ossequio al principio del giusto procedimento amministrativo e dalla prassi amministrativa; esso è l'elemento determinante per adeguare alla concreta realtà economica del singolo contribuente, l'ipotesi dello studio di settore, altrimenti si trasformerebbe da mezzo di accertamento, in mezzo di determinazione del reddito con una illegittima compressione dei diritti emergenti dagli artt. 3, 24 e 53 Costituzione91. Si può, pertanto, affermare il seguente principio di diritto: “La procedura di accertamento standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore essendo un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente (che può tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento), esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la congruità) della motivazione dell'accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell'attività accertativa siano

90 La circolare ministeriale n. 148/E del 5 luglio 1999, relativa all’applicazione degli studi di settore, ha stabilito che “il contraddittorio con il contribuente consente una più fondata e ragionevole misurazione del presupposto

impositivo che tenga conto degli elementi di valutazione offerti dal contribuente, soprattutto nell’ipotesi in cui sono applicate metodologie presuntive di accertamento che, sia pure particolarmente affidabili quale quella degli studi di settore, possono non aver colto le peculiarità dell’attività concretamente svolta dal contribuente”. Gli

studi di settore richiedono una partecipazione attiva del contribuente al contraddittorio, senza la quale la Pubblica Amministrazione rischierebbe di sottoporre a tassazione manifestazioni di capacità contributiva non effettiva, ma apparente.

91 Se appare ammissibile la predisposizione di mezzi di contrasto all'evasione fiscale che rendano più agile e, quindi più efficace, l'azione dell'Ufficio come indubbiamente sono i sistemi di accertamento per standard (parametri e studi di settore), il limite della utilizzabilità degli stessi sta, da un lato, nella impossibilità di far conseguire, alla eventuale incongruenza tra standard e ricavi dichiarati, un automatismo dell'accertamento, che eluderebbe lo scopo dell'attività accertativa che è quello di giungere alla determinazione del reddito effettivo del contribuente in coerenza con il principio di cui all'art. 53 Cost.; dall'altro, nel riconoscimento della partecipazione del contribuente alla fase di formazione dell'atto di accertamento mediante un contraddittorio preventivo, che consente di adeguare il risultato dello standard alla concreta realtà economica del destinatario dell'accertamento, concedendo a quest'ultimo, nella eventuale fase processuale, la più ampia facoltà di prova (anche per presunzioni), che sarà, unitamente agli elementi forniti dall'Ufficio, liberamente valutata dal giudice adito.

52

state disattese. Il contribuente ha, nel giudizio relativo all'impugnazione dell'atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice può liberamente valutare tanto l'applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall'ente impositore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente”92.

Una volta stabilita la necessità del contradditorio nel procedimento di accertamento mediante studi di settore, l’Agenzia delle Entrate non può prescindere dal chiamare in contraddittorio il contribuente, pena nullità del successivo atto accertativo; può però verificarsi l’ipotesi in cui il contribuente ometta di instaurare il contraddittorio, cioè che il contraddittorio venga offerto dall’Ufficio ma che il contribuente non se ne giovi, o perché non si presenta o perché, presentatosi, nulla alleghi. Le Sezioni Unite del 2009 affermano l’invalidità dell’accertamento che non sia preceduto dal contraddittorio, ma aggiungono che, nel caso in cui l’invito sia stato rivolto al contribuente e questo non presenti o non effettui contestazioni, l’Ufficio può emettere l’accertamento fondandosi solo sulle risultanze degli studi di settore, senza per questo essere invalido. La Sezione tributaria, ha peraltro affermato93 che, se il contribuente non pone in essere una adeguata difesa nel contraddittorio procedimentale, l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla