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SOMMARIO: 2.1 Evoluzione dell’agricoltura in Italia; 2.2 Normativa nazionale Italiana e applicazione del regolamento 852/2004/CE; 2.3 La figura dell’imprenditore agricolo e concetto di rintracciabilità; 2.4 Interazioni tra gli organi di controllo; 2.5 L’agricoltura nella regione dell’Emilia Romagna; 2.6 I prodotti fitosanitari e la loro regolamentazione; 2.7 I farmer’s makets una nuova scelta.

2.1 I cambiamenti che hanno investito il nostro Paese, in quest’arco di circa sessant’anni, sono stati profondi. Il processo di

industrializzazione e modernizzazione della società italiana è avvenuto nell’arco di venti - trenta anni, al contrario di quanto, invece è successo negli altri paesi europei, come Inghilterra, Francia e Germania, in cui tale processo ha interessato un secolo e anche più. C’è stata una concentrazione di fenomeni estremamente rilevante.

L’Italia del dopo guerra era un Paese75 dove la popolazione si presentava in grandissima parte, rurale, non urbanizzata, una popolazione che estraeva il proprio sostentamento dal settore primario, soprattutto dall’agricoltura; una popolazione largamente sott’occupata che, nei contesti rurali che non riusciva a impiegare la propria capacità lavorativa. Si trattava di una popolazione non istruita, mal nutrita per quantità e qualità degli alimenti assunti; insomma un’Italia ben diversa e molto lontana, rispetto all’Italia che conosciamo noi oggi. Questa situazione era il frutto del recente passato fascista ad autarchico del paese e degli effetti, pur devastanti, delle guerra; ma anche, e forse più, di un percorso

75 Si veda sul punto il testo di Luigi COSTATO, “Corso di diritto agrario italiano e

storico lungo secoli che aveva visto le popolazioni italiche sia divise politicamente che geograficamente76.

Le aziende agricole, nell’Italia a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta77, dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono in minima parte integrate nel mercato, definite come realtà ancora pre mercantili, realtà economiche di autoconsumo.

La maggior parte della produzione serviva per il consumo familiare ovvero per la sopravvivenza della famiglia, dove in questo scenario di autoconsmo, l’esigenza di produrre più prodotti è molto forte. L’azienda che produce per l’autoconsumo deve attivare tutti i processi produttivi che danno luogo a tutti gli alimenti di cui la famiglia ha bisogno nel corso dell’anno. È un’azienda78 dove le dimensioni dei singoli processi produttivi sono minuscole, frammentati e parcellizzate. Ciò implica che vi è una scarsissima specializzazione produttiva e quindi bassi livelli di produttivià, il tutto aggravato anche dalla scarsità dei mezzi tecnici utilizzati e dalla loro scarsa qualità e arretratezza.

76 Il testo di questo paragrafo riprende ampiamente l’articolo di A. CARBONE e M.

DE BENEDICTIS “Processi di trasformazione e competitività del sistema italiano in un’Europa più grande” , pubblicato sulla Rivista Economia Italiana n.1, 2003.

77 In quegli anni c’è il latifondo, la mezzadria, ci sono tante famiglie rurali che sono

legate in quanto famiglia alla terra che lavorano, specie al Sud, ma anche in Toscana e alcune aree dell’Italia settentrionale come il Veneto. I rapporti sociali erano arcaici, quasi medievali, in termini economico – sociali; la famiglia contadina era legata al fondo, se si nasceva figlio di contadini, si lavorava poi in quell’azienda, non si era chiamati a fare individualmente una propria scelta.

Con il latifondista c’era un rapporto di tipo signorile, un rapporto che in alcuni casi non era molto distante dalle gerarchie sociali di tipo medievale. Il fatto che le aziende agricole fossero chiuse in se stesse, poiché realtà di autoconsumo, non solo sul piano sociale, ma anche sul piano tecnologico e delle scelte produttive. In quel periodo il mercato era perlopiù locale, i trasporti non erano sviluppati e si avevano piccoli mercati marginali locali dal punto di vista geografico.

78 Aziende, quindi, estremamente despecializzate, con tanti processi produttivi ognuno

attivato a livello infimi. Queste aziende, chiuse dal lato degli sbocchi delle proprie produzioni, erano anche chiuse dal lato dell’acquisizione dei fattori produttivi. Non vi erano mercati per i beni finali, nemmeno per i fattori della produzione, la tecnologia che si adottava nelle aziende era semplice, mezzi tecnici pochi e quasi tutti autoprodotti; la semente era un po’ del raccolto dell’anno precedente trattenuto per attivare la semina l’anno successivo; il concime era il letame dell’unica vacca che serviva per produrre latte e letame per concimare i campi, la forza lavoro era familiare come manodopera, la forza meccanica che era bestiame e attrezzi semplici prodotti in azienda o reperibili dal fabbro o falegname del paese.

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, negli anni successivi, l’economia italiana all’inizio lentamente, e a seguire a ritmi sempre più incalzanti, comincia a crescere.

Uno degli aspetti più importanti del cambiamento in agricoltura, è dato dal formarsi di una crescente domanda di prodotti agricoli a seguito della dinamica demografica, della crescita del reddito e della crescita della quota di popolazione urbana che ricorrere al mercato per procurarsi beni alimentari.

L’agricoltura si è profondamente trasformata attraverso un radicale mutamento dei processi produttivi che la hanno portata a connettersi intimamente con gli altri settori dell’economia: con le industrie fornitrici di fattori produttivi, macchinari e mezzi tecnici di varia natura; e con le industrie di prima e seconda trasformazione e con le diverse imprese legate alla funzione distributiva. Ciò a comportato un’apertura al mercato ma anche una “industrializzazione” dell’agricoltura.

Lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto accompagna questo processo, perché mezzi tecnici e beni possano spostarsi lungo il paese. L’apertura al mercato sul lato dei beni rende possibile la specializzazione delle aziende che, producendo per il mercato, inizia a fornire produzioni per le quali le diverse aree sono più richiamate79.

L’industrializzazione e l’urbanizzazione dovuta al terziario generano processi competitivi che sottraggono suolo alle produzioni primarie. La crescita del redditto, comporta un cambiamento di costumi legati alla dieta che rendono un vago ricordo la magrezza calorica degli anni precedenti. C’è

79 In questa fase la produzione aumenta perché aumenta moltissimo la produttività; in

particolar modo aumenta la produttività del lavoro e della terra, per via della meccanizzazione, dove i mezzi meccanici sono sostituti del lavoro, e per via dell’utilizzazione massiccia di input chimici, sementi geneticamente migliorati e selezionati, migliori rotazioni agronomiche inserite e processo di specializzazione selettiva, per cui i terreni sono utilizzati per produrre ciò che sono più invocati a produrre.

competizione dunque tra l’agricoltura e gli altri settori nell’uso della terra80.

In questi anni le aziende agricole da produttrici per autoconsumo diventano fornitori di beni per i mercati intermedi di trasformazione o finali.

Gli attori del mondo agricolo cambiano81 profondamente e iniziano gli scambi con i mercati esteri fino all’incontro comunitario e la necessità di liberi scambi di persone e merci che ha dato vita alla comunità economica europea.

Da ciò l’esigenza di regolare l’intera materia partendo dalla prima fase di lavorazione fino ad arrivare allo scambio dei prodotti finiti.

2.2 La tutela igienica degli alimenti è stata oggetto di disciplina da parte dello Stato italiano fin dalla fine del 1800, ma la materia dell'igiene alimentare è, in realtà, conosciuta fin da tempi antichi. Il R.D. 3 febbraio 1901, n. 45 "regolamento generale sanitario", nel dare attuazione alla L. 22 dicembre 1888, n. 5849 "legge per la tutela dell’igiene e della sanità pubblica", aveva, infatti, dedicato all'igiene delle bevande e degli alimenti" l'intero suo titolo V. Tale regolamento comprendeva disposizioni inerenti diversi aspetti relativi all'igiene alimentare: dal divieto di vendere o

80 Nella competizione per l’uso della terra, i settori non agricoli come l’industria, servizi

e usi urbani, vincono rispetto all’agricoltura, in questa competizione per accaparrarsi questa risorsa scarsa, perché sono più produttivi e remunerano meglio questa risorsa scarsa. Ogni fattore produttivo si muove da un uso all’altro, in base al livello di remunerazione, e settori che rendono più produttivo quel fattore sono settori che lo utilizzeranno intensamente.

81 Tutto l’agroalimentare italiano si apre agli scambi con l’estero. In quei tempi, le

persone non attraversavano il confine e neppure i prodotti. Era stato un ventennio autarchico. Con lo sviluppo dell’industrializzazione e dell’integrazione europea, che sfocia nella costruzione di un vero e proprio mercato unico, l’Italia si integra in un sistema di scambi molto intenso, che è un dato fondamentale per l’agricoltura. Il dato della scarsità dei terreni che caratterizza l’agricoltura italiana è un dato importante da un punto di vista macroeconomico, dove crescita del reddito e boom demografico fanno crescere moltissimo i consumi alimentari, perché l’Italia è un paese strutturalmente deficitario di beni agroalimentari, e inizia a importare alimenti finali e materie prime agricole dal resto del mondo. Si sviluppano sia scambi in entrata, l’Italia è un paese importatore di beni agroalimentari, che scambi in uscita, perché l’Italia è soprattutto, esportatore di prodotti trasformati dell’industria alimentare.

somministrare per compenso ai propri dipendenti una serie di cibi considerati non sicuri alle norme sulla macellazione, dalle regole da osservare per le carni di animali affetti da determinate malattie a quelle sulla vigilanza sanitaria degli animali destinai alla produzione del latte, ecc. Gran parte di queste disposizioni sono, tuttavia, da considerarsi superate in quanto incompatibili con la legislazione successiva e, in specie, con la L. 30 aprile 1962, n. 283 e il suo regolamento di esecuzione approvato con D.P.R. 26 marzo 1980, n. 327.

La L. 30 aprile 1962, n. 283, seppur in parte modificata nel corso degli anni, ha costituito il punto di riferimento in materia d'igiene degli alimenti fino alla metà degli anni '90 quando l'igiene alimentare è divenuta oggetto di un intervento comunitario di carattere orizzontale, vale a dire applicabile a tutte le tipologie di alimenti e a tutte le fasi del ciclo economico successive alla produzione primaria.

Precedentemente all’entrata in vigore del Pacchetto igiene, il quadro normativo che disciplinava le problematiche alimentari in Italia era un groviglio di norme di non facile gestione, di difficile interpretazione e applicazione non solo per gli operatori del settore alimentare e gli organismi di controllo ufficiale, ma anche per gli stessi organi giudicanti chiamati a dirimere controversie, con sentenze estremamente variabili in ambiti di natura penale per responsabilità omissiva, negligenza e imperizia (articoli 589 - 590 del codice penale). In linea generale si potevano distinguere norme di tipo orizzontale, che disciplinavano le problematiche di quadro e impostavano il cosiddetto modello preventivo, e norme di tipo verticale, facenti riferimento alle singole matrici alimentari.

Al modello preventivo facevano capo due logiche essenzialmente diverse e poco compatibili tra loro: da un lato la Legge 283/1962 e il Dpr. 327 del 1980 che propugnavano un tipo di controllo fiscale di tipo impositivo, giocato sulle ispezioni e sui campionamenti, e dall’altro i Decreti Legislativi n. 123 del 1993, n. 155 del 1997, n. 156 del 1997, recepimenti di Direttive Europee, che indirizzavano verso logiche decisamente più moderne, basate sull’autocontrollo e sulla responsabilizzazione degli operatori.

Come già più volte accennato, il 30 aprile del 2004 i quadri normativi nazionali e comunitari, relativi all’igiene degli alimenti, sono stati ridisegnati da un pacchetto integrato di quattro Regolamenti (Regolamento Ue 852 - 853 - 854/2004 e 882/2004). Si tratta di norme che, entrate in vigore il 1 gennaio 2006, pongono basi per un Testo Unico della materia, con particolare riferimento sia al mondo della produzione, trasformazione e distribuzione sia a quello deputato al controllo ufficiale.

L’intervento comunitario ha eliminato fondamentali normative del settore, quali la Direttiva (CE) 93/43 generale sull’igiene82; la Direttiva (CE) 92/46 sul latte e derivati, gran parte delle Direttive verticali in materia di carni e prodotti a base di carne, molluschi, prodotti della pesca, e da ultimo la Direttiva (CE) 89/397 sul controllo ufficiale degli alimenti, sostituendole con normative orizzontali applicabili a tutto il settore alimentare, più una normativa specifica per i prodotti di origine animale (Regolamento 853/2004CE)83.

Contestualmente ai quattro regolamenti, è stata pubblicata la Direttiva (CE) 2004/41 del Parlamento europeo e del Consiglio, la quale abroga alcune direttive contenenti norme sull’igiene dei prodotti alimentari e le disposizioni sanitarie per la produzione e commercializzazione di determinati prodotti di origine animale destinati al consumo umano. In virtù delle abrogazioni previste dalla Direttiva (CE) 2004/41, i vari decreti di recepimento nazionali di tutte quelle disposizioni a carattere verticale di derivazione comunitaria oggetto della Direttiva stessa, vengono equiparati a veri e proprio contenitori privi del contenuto necessario o indispensabile.

Con l’approvazione del pacchetto igiene la legislazione comunitaria sull’igiene e il controllo ufficiale degli alimenti diventa armonica e omogenea in tutti i vecchi e nuovi Paesi dell’Unione Europea.

82 Recepita in Italia con il decreto 155/97 che ha introdotto l’obbligo del sistema di

autocontrollo a tutte le aziende alimentari.

83 In sostanza, i regolamenti rivolti direttamente ai produttori sono due, mentre i

La scelta di emanare una serie di regolamenti è espressione di una precisa volontà politica, trattandosi di atti normativi ad effetto obbligatorio e direttamente applicabile in tutti i territori dell’Unione Europea senza necessità di un ulteriore intervento normativo di recepimento da parte dei legislatori nazionali.

L’unico aspetto meno armonico, riguarda sicuramente il tema sanzionatorio: pur rappresentando il regolamento l’atto più frequentemente utilizzato nell’emanazione di disposizioni in ambito comunitario, esso non prevede sanzioni. La parola “sanzioni” è intesa come restrizioni, in quanto il legislatore comunitario non può indicare sanzioni vere e proprie. E’ dunque necessaria l’approvazione di norme nazionali ad hoc da parte di ogni Stato membro. L’intero apparato sanzionatorio si è basato, fino al varo del D.lgs. 193/2007, in gran parte sulla Legge 30 aprile 1962 n.283 “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande” e su alcuni articoli del Codice Penale84.

Con la legge 283/1962 e il successivo regolamento di attuazione D.P.R327/1980, il legislatore è intervenuto in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande. La legge 283 del 1962 prende in considerazione, “la salute quale diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività” facendo riferimento a quanto riportato all’interno della Costituzione all’articolo 32 (diritto alla salute).

In quegli anni, però il diritto alla salute dell’articolo 32 era più consuetamente inteso come completo benessere psicofisico, nonchè diritto alle cure mediche sanitarie; non, come benessere preventivo e tutela del “consumatore”.

La legislazione in materia di alimenti ha il fine di risponde a esigenze e prescrizioni dell’igiene negli alimenti; la stessa legge 23 dicembre 1978, n.833 “Istituzione del servizio sanitario nazionale” individua l’obiettivo essenziale della garanzia d’igiene degli alimenti, bevande, dei prodotti e avanzi di origine animale per le implicazioni che attengono alla salute dell’uomo.

La disciplina generale attualmente vigente è contenuta nella legge 30 aprile 1962, n.283 modifica degli articoli 242,243,247,250 e 262 del T.U delle leggi sanitarie approvato con R.D 27 luglio 1934, n. 1265: “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”, che non sembra porre, quale oggetto di tutela, la salute dei consumatori, quanto l’igiene e la genuinità degli alimenti.

All’articolo 1 della legge del 1962 viene menzionato quella che è l’attività di vigilanza nella produzione e commercializzazione di sostanze destinate all’alimentazione, con lo scopo di tutelare la salute pubblica; vigilanza85 che viene effettuata dall’autorità sanitaria mediante i suoi organi di controllo con attività di ispezione e prelievi di campioni negli stabilimenti privati e nei pubblici enti di servizio.

Ai successivi commi dell’articolo 1, viene regolato il procedimento di ispezione da parte dell’autorità sanitaria, gli esami e le analisi di campioni prelevati, la presentazione di istanza di revisione da parte degli interessati qualora i prodotti non corrispondono ai requisiti fissati dalla legge e le successive analisi di revisione che saranno seguite presso l’istituto sanitario. Nel caso in cui si configuri una “Frode tossica o comunque dannosa alla salute” in base all’articolo 6 della legge non possono essere concessi benefici della sospensione condizionale della pena e la denuncia da parte dei medici o veterinari dovrà essere fatta immediatamente.

La Corte Costituzionale ha precisato che quando si fa riferimento a “Frodi” la norma non si riferisce solo alle singole enumerate

85 La vigilanza igienica riguarda, dunque, tutte le prescrizioni volte a evitare la

contaminazione delle sostanze che servono all’alimentazione e si estende a tutti gli strumenti e locali utilizzati per la loro produzione, conservazione e commercio oltre che nei confronti del personale addetto a tali operazioni e al confezionamento dei prodotti. In particolare, risulta vietato impiegare nella preparazione di alimenti e bevande: sostanze alimentari che si trovino nella condizioni di sostanze private dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualità inferiore, o trattate in modo da variarne la composizione naturale; sostanze in cattivo stato di conservazione; sostanze con alte cariche microbiche ovvero superiori al limite consentito da regolamento di esecuzione o con ordinanza ministeriale; sostanze insudiciate, invase da parassiti in stato di alterazione o comunque nocive, in relazione alla presenza sull’alimento di corpi estranei effettivamente idonei a compromettere la qualità e la igienicità; sostanze con residui di prodotti usati in agricoltura per protezione delle piante e a difesa di alimenti immagazzinati , etc.

fattispecie contravvenzionali, ma si estende a tutte le ipotesi di condanna nelle quali all’elemento del pericolo per la collettività, si accompagna quello della frode intesa come volontà dolosa.

Una così severa previsione normativa, è dato da ragioni ti tipo storico: il passaggio da una produzione alimentare prevalentemente artigianale con diffusione circoscritta a quel territorio, ad una produzione di massa di tipo industriale nella quale la frode alimentare di una singola impresa potrebbe mettere a repentaglio la salute dell’intera collettività nazionale, fa si che venga favorita una specifica tecnica di tutela penale dei valori coinvolti.

L’articolo 14 della legge n.283 si pone quindi a difesa dei requisiti minimi ed indispensabili di igiene, stabilendo l’obbligo per il personale addetto alla presentazione, produzione, manipolazione e vendita di sostanze alimentari, ad eccezione di quello impegnato saltuariamente, dagli organizzatori di aziende, fiere e manifestazioni benefiche o politiche, di essere munito di apposito libretto di idoneità sanitari, da rilasciarsi a cura dell’autorità sanitaria del comune di residenza, sulla base di preventivi accertamenti medici (questo obbligo è però venuto meno nel 2004 ad opera della Corte Costituzionale).

Dopo l’entrata in vigore del “pacchetto igiene” si è limitata l’applicabilità della legge 283/1962 e del D.P.R 327/1980; tant’è che continuano ad essere applicati solo nelle parti non in contrasto con i regolamenti comunitari.

In ultimo, il Decreto Legislativo 193/2007 recepisce la cosiddetta “direttiva killer” (CE) 2004/41, relativa ai controlli e all’applicazione dei regolamenti comunitari nel settore alimentare, che armonizza il diritto alimentare e abroga un gran numero di direttive comunitarie precedenti e i relativi atti nazionali di attuazione. Queste modifiche contribuiscono ad un azione di aggiornamento della normativa alimentare sotto il profilo della sicurezza e dell’igiene rendendo tutti gli operatori della filiera alimentare maggiormente responsabili di ogni fase del processo alimentare.

2.3 Prima di trattare il tema della persona nella figura dell’imprenditore, bisogna innanzitutto cercare di chiarire quale sia l’ambito applicativo al diritto agrario. Il diritto agrario muta in funzione del momento storico e del luogo ove si applica86. L’influenza del diritto comunitario87, espressione della politica agricola comune (PAC), ha spostato alcuni termini del problema agrario e proprio per questo, ciò che interessa l’agricoltura comprende anche il diritto alimentare88. Il diritto agrario, viene concepito come un “sistema di norme volto alla regolazione e protezione del produttore del settore primario89” ovvero l’anello debole della catena che produce alimenti, stiamo parlando degli agricoltori. Imprenditore agricolo e l’imprenditore commerciale sono due categorie di imprenditori che il codice civile distingue in base all’oggetto dell’attività. L’importanza di tale differenziazione è da considerare in quanto la disciplina per le due figure è diversa. Sebbene lo statuto generale dell’imprenditore si applica anche all’imprenditore agricolo, quest’ultimo è esonerato dalle norme esclusive dell’imprenditore commerciale: tenuta delle scritture contabili; assoggettamento al fallimento e alle procedure concorsuali, salvo l’iscrizione nel registro delle imprese. L’imprenditore agricolo gode di semplifacazioni maggiori rispetto all’imprenditore commerciale; trattamento di favore accentuato dalla legislazione speciale nazionale e comunitarie, attraverso una serie di incentivi e agevolazioni volti a promuovere lo sviluppo di tale settore. Il corpus legislativo che delinea la disciplina

86 Questo è dato dal fatto che comunque le regola agrarie variano a secondo che si sia

in un paese in via di sviluppo o in un paese del tutto industrializzato.

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