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Ai confini del singolo Il Mit-sein di Nancy

Il pensatore che più di tutti approfondisce il concetto heideggeriano di Mit-sein è Jean-Luc Nancy. Si tratta di una personalità molto rilevante nel panorama filosofico contemporaneo. Heidegger e Deridda sono i suoi maggiori ispiratori, tuttavia la sua prospettiva risulta originale. Poco studiato in Italia, elabora una teoria dell’essere che non oscilla più tra polo enologico e polo diaforologico, ma riunisce entrambi in una “singolarità plurale”. L’intenzione di rifondare su questo principio la filosofia prima viene resa palese nella sua opera più celebre, Essere singolare plurale.95

La nuova formulazione del Mit-sein avviene, invece, in due opere precedenti, L’«etica originaria» di Heidegger e La comunità inoperosa. Nancy parla di una differenza interna al Dasein, definendo quella ontologica come inerente non a due

95 Cfr. J.-L. Nancy, Essere singolare plurale, traduzione di D. Tarizzo, Einaudi, Torino 2001, p. 3.

diverse realtà d’essere, né a due realtà in generale. Non riguarda nulla di esterno, bensì il Dasein in quanto “se stesso”.96 E, diversamente da Deleuze (e da alcuni interpreti

di Heidegger), tale differenza non viene definita “altro”, bensì “apertura”.

Dal momento che l’essere-sociale ci sembra fuori portata sia come comunità (assunzione del Soggetto, essere puro senza rapporti), sia, simmetricamente, come associazione (accomodamento dei soggetti, rapporto senza essenzialità), la categoria preminente del pensiero contemporaneo diventa quella di “altro”.97

Nancy critica la concezione novecentesca di alterità. Quest’ultima vede l’essere sociale o come comunità monolitica o come associazione. Ma nella prima manca la pluralità, nella seconda la singolarità. Se l’essere è singolare plurale, non c’è più bisogno di un dualismo insanabile, né del ricorso alla categoria di «altro»: Nancy, per rifondare il pensiero dell’essere, riporta tutto all’interno del Dasein. Non vi è dunque alcuna discrepanza tra «differenza tra essere ed ente» e «differenza nell’ente stesso».

Tale differenza si configura secondo una sola categoria, quella di apertura,98 che ha una connotazione primariamente

etica. Mentre in Heidegger l’etica è «ancella» dell’ontologia e deriva da considerazioni di tipo teoretico, in Nancy le due discipline vanno di pari passo. Non vi è alcuna subordinazione

96 Cfr. Id., L’«etica originaria» di Heidegger, cit., pp. 10-1. 97 Cfr. Id., Essere singolare plurale, cit., p. 105.

dell’una all’altra.99 Ciò è dimostrato dalla definizione

dell’apertura come praxis. L’azione diviene cammino dell’essere, dove il Dasein dà, in maniera pratica, senso all’essere che è. Pensiero e azione sono una cosa sola, entrambi sono orientati al fare senso. Questo orientamento al senso che si fa si configura, a propria volta, come desiderio.100

Essere, potenza e amore sono uniti imprescindibilmente.

Nel momento in cui la potenza non è prevaricazione, ma possibilità di realizzare il Dasein, essa incontra gli altri, i quali si trovano ai confini dell’io. I singoli interagiscono in virtù della loro finitezza, dell’incompiutezza costitutiva del proprio essere. Finitezza che non è fissità, bensì potenza di lasciarsi aperti. A questo punto l’esistenza, come “ek-sistenza”, si rivela azione orientata fuori di sé.101 È un fuori che non

collima col desiderio del Dasein, ma permette di realizzarlo. L’attuazione di sé avviene tramite la prassi e implica, secondo necessità ontologica, l’interazione con altri singoli.

Tengo a precisare che utilizzo il termine «singolo», non «individuo», per rispettare il pensiero di Nancy. Il filosofo elimina ogni forma di immanenza compiuta, sia individuale, sia collettiva.102 La parola chiave del suo pensiero è singolarità

plurale. Questa, che si esprime attraverso l’ekstasis del sé, fa sì che l’esser-fuori sia autentico essere-con-altri.

99 Cfr. S. Critchley, Notes on Nancy’s Rewriting of Being and time, in

Ethics-Politics-Subjectivity. Essays on Deridda, Levinas and Contemporary French thought, Verso, London 1999, pp. 250-1.

100 Cfr. J.-L. Nancy, op. cit., pp. 11-2. 101 Cfr. ivi, pp. 16-7.

102 Cfr. Id., La comunità inoperosa, traduzione di A. Moscati, Cronopio, Napoli 1992, p. 27.

Sebbene Nancy sia contrario all’altro come categoria, vi conferisce un’importanza primaria. L’alterità non si oppone all’io, né stride con un suo eventuale isolamento. Ciò si verifica perché il carattere del Dasein non è l’identità, eventualmente «turbata» da un’alterità esterna o interna, bensì la pluralità.

Essere singolare plurale vuol dire: l’essenza dell’essere

è, ed è soltanto, una co-essenza; ma una co-essenza o l’essere-

con-l’essere-in-tanti-con designa a sua volta l’essenza del co-,

o meglio ancora il co- (cum) stesso in posizione o in guisa di essenza. […] Dunque: non prima l’essere dell’essente e poi l’essere stesso come essente l’uno-con-l’altro, ma l’essente – ogni essente- determinato nel suo stesso essere come essente l’uno-con-l’altro. Singolare plurale: cosicché la singolarità di ciascuno è indissociabile dal suo essere-con-in-tanti.103

Se l’essenza dell’essere è il cum, il singolo non può in alcun modo essere solo. La solitudine non è nemmeno una modalità difettiva del Dasein. L’io sono è, in realtà, un noi siamo.104 Il singolo comunica con gli altri, e lo fa in quanto

essere finito. Gli altri sono ai suoi confini, a contatto “con la pelle (o col cuore)”105. Non è un contatto dell’intimità,

dell’interiorità più segreta, ma implica esposizione, offerta, donazione di sé.

Non esistono dunque individui atomici, ma singoli orientati secondo un clinamen, un’inclinazione originaria che permette loro di costituirsi in comunità. Tale inclinazione è

103 Id., Essere singolare plurale, cit., pp. 45, 47. 104 Cfr. ivi, p. 49.

declinazione e, in un certo senso, declino dell’individuo. D’altronde non esiste alcun ente isolato. Il Dasein è originariamente in relazione e la sua autocoscienza è tale in quanto comunitaria, ekstasis, essere-fuori-di-sé.106 Tutto ciò

non implica, per Nancy, nessuna forma di alienazione. Esser fuori è l’unico modo in cui il singolo può realizzarsi. Egli non deve diventare altro da sé, né soccombere a un avversario, né spostarsi su una polarità negativa.

Nancy rifiuta ogni tipo di dialettica, per non imbattersi nell’immanenza. Il pensiero di Deridda vi ricade: nell’archistruttura della différance si alternano le ambiguità delle differenze concrete. Deleuze evita questo rischio, tuttavia la sua concezione del singolo dista da quella di Nancy, per la presenza di fattori individuanti. L’autore di Essere singolare plurale rifiuta sia l’individuazione, sia l’individuo. Il Dasein è un singolo che confina con altri singoli e, in questa declinazione dell’uno a contatto con l’altro, si costituisce la comunità.

Il con-essere è fondamentalmente l’essere-in-comune, che, secondo la definizione di Nancy, ha questo significato:

l’essere non è qualcosa che noi possediamo come una proprietà comune, mentre siamo, l’essere ci è comune solo in quanto essere spartito. Non che una sostanza comune o generale sia spartita tra tutti noi. Piuttosto l’essere è solo in

quanto è spartito tra gli esistenti e negli esistenti.107

106 Cfr. ivi, pp. 23-8, 57-9.

107 J.-L. Nancy, L’esperienza della libertà, traduzione di D. Tarizzo, Einaudi, Torino 2000, p. 72.

La “partizione” (o “spartizione”) è una peculiarità ontologica fondamentale: denota l’essere in quanto tale. Non vi è alcun essere astratto, né una sostanza cui si può, a maggiore o minore titolo, partecipare. Non esiste alcuna subordinazione del singolo a una comunità sovra-individuale, né una semplice associazione di individui isolati. La comunità non è altro che l’essere-in-comune spartito tra gli enti.

Il singolo viene dunque rispettato, poiché la condivisione lega senza amalgamare le differenze. Se la comunità è semplice clinamen e non entità inglobante, non può rappresentare il singolo al proprio interno, né gli permette di autorappresentarsi, né essa stessa è in grado di farlo, evidenzia Caterina Resta. La comunità rispetta la molteplicità, l’asimmetria, l’incomparabilità dei differenti. Non è dunque una struttura, né una necessità costrittiva. È piuttosto un evento, attuazione del Dasein come venire- all’altro.108 Venire-all’altro che è venire dell’altro. La comunità

è comunità di altri. Lo stesso essere-insieme si configura come alterità.

L’alterità, anche qui, non è essenza o sostanza comune. Si tratta, al contrario, di ciò che è non-sostanziale e consente il rapportarsi dei singoli. Nemmeno il termine «rapportarsi» è corretto. Bisogna dire, piuttosto, che i sé sono-insieme.109

L’alterità consiste proprio in questo essere-insieme. Definisco dunque l’alterità di Nancy come «relazionalità non sostanziale dei sé».

108 Cfr. C. Resta, Comunità e ospitalità, in Oltrecorrente, n. 6, Dicembre 2002, pp. 108-9.

Tale relazionalità dà una connotazione infinita alla finitezza. Secondo il filosofo, i miei confini sono quelli degli altri. Sono a contatto con gli altri con la pelle e il cuore. Così non ho né inizio, né fine che siano miei. L’inizio e la fine si trovano negli altri. Sono un ente aperto, relazionale, al limite. Come Dasein, do senso alla mia esistenza solo fuori di me, nell’esposizione. Sono dunque esposto all’alterità del mio essere o l’essere è esposto in me nella sua alterità.110

L’esposizione è originariamente etica, è praxis. Si configura come un fare-senso-insieme-agli-altri, come agire responsabile. È una responsabilità esercitata insieme agli altri e verso gli altri. L’errore che Nancy imputa alla filosofia heideggeriana è l’insufficienza di tale tematica. Nel momento in cui si parla di apertura e di cura (Sorge) nei confronti dell’altro, si dovrebbe concepire la responsabilità come originaria.111 Quando l’etica ha una fortissima connotazione

ontologica (così tanto da essere subordinata all’ontologia stessa), certi sviluppi vengono trascurati. Tant’è che, dopo la Kehre, il tema dell’alterità intersoggettiva è stato messo da parte, a favore dell’alterità dell’Essere.

Sia in Heidegger, sia in Nancy, vi sono due forme di «etica originaria», con la differenza che la dimensione pratica ha, nel secondo, maggior spazio. In L’esperienza della libertà, Nancy lega indissolubilmente le due sfere, mettendo in relazione l’essere-insieme con la libertà d’azione.

Se non pensiamo l’essere stesso, l’essere dell’esistenza abbandonata, o l’essere dell’essere-nel-mondo come “libertà”

110 Cfr. ivi, pp. 183-4, 211-2.

(e forse come una libertà e una generosità più originaria di ogni libertà) siamo condannati a pensare la libertà come un’idea e come un “diritto” puri, per concepire in compenso l’essere-nel-mondo come una necessità assolutamente cieca e ottusa.112

Andando contro la tradizionale opposizione tra libertà e necessità, Nancy evidenzia come l’azione libera non si esplichi contro un’ottusa necessità esistenziale. L’essere-nel-mondo, in quanto relazionale, implica in sé la possibilità della libertà. La responsabilità non è né prima, né oltre l’esistenza del singolo. È misura come “dismisura”, come partizione dell’esistenza stessa. Esprime l’uguaglianza e la fraternità della relazione tra i sé. La scomparsa della sostanza comune rende questa libertà ancor più evidente. L’alterità come relazione non- sostanziale è partizione libera ed uguale. Tutto questo avviene al di là di ogni legame affettivo particolare.113

La condizione comunitaria dell’esistenza viene descritta da Nancy come necessità priva di conflittualità. La diversità dell’io e dell’altro viene riconosciuta originariamente. E la comunità in cui entrambi vivono non è un’entità sovra- individuale, dunque non si può definire tirannica. Tuttavia la relazionalità condiziona la libertà. Non esiste uno scarto sufficiente tra i singoli, come è stato notato a proposito di Deleuze. L’uguaglianza ontologica porta con sé il rischio dell’omologazione. Inoltre la libertà di Nancy, per rimanere tale, deve implicare un certo rischio. Il contatto tra singoli potrebbe non essere pacifico e diventare invadente, la misura si potrebbe tramutare in dismisura oltremisura.

112 J.-L. Nancy, L’esperienza della libertà, cit., p. 4. 113 Cfr. ivi, pp. 74-5.

Al di qua delle critiche, Nancy si auspica una serena costituzione ontologica. Dopo la caduta del guscio soggettivo, l’uomo è nudo, non sente freddo e non ha bisogno di vestiti: piuttosto gioisce, sorridendo a coloro che gli stanno accanto. Il singolo di Nancy non vede l’altro di fronte, ma al proprio fianco, sentendone il contatto della pelle e del cuore.