Numero 24 1 luglio 2018
Albino Luciani fu eletto con il nome di Papa Giovanni Paolo I, lo ricordiamo, fu eletto il 26 agosto 1978 e il suo pontificato è stato tra i più brevi nella storia della Chiesa cattolica.
La sua morte avvenne dopo soli 33 giorni dalla sua elezione al soglio di Pietro (28 settembre 1978).
Nel 2017 è stato dichiarato venerabile da papa Fran-cesco.
Il perchè di questo articolo e legato alle vicende che si sono avute in settimana e precisamente ci riferiamo ad una inchiesta trasmessa dalla rete televisiva La7 nella trasmissione “Atlantide” e da un articolo giornalistico pubblicato su il quotidiano Il Centro in data 29 giugno a firma del canonico del capitolo Aprutino-Teramo, don Martino Valerii.
Vogliamo ricordare che lo scorso anno anche l’emitten-te TV Rel’emitten-te4 si è inl’emitten-teressato a questa l’emitten-tesi sull’avvele-namento di Luciani, dicendo: “Un sistema tentacolare, occulto, che coinvolgeva alti prelati della Santa Sede per favorire attraverso lo IOR personalità politiche, imprenditori, attori, registi, cardinali, ecc. Una vera e propria “lobby” costruita attorno alla banca vaticana e che avrebbe schiacciato ogni tentativo di riforma di Giovanni Paolo I, fino a portarlo alla morte.”
In pratica in TV si continua con la tesi complottistica in cui si presume che Papa Luciani sia stato ammaz-zato, perchè stava minacciando di fare alcune riforme non gradite ad alcuni “capi” della Chiesa.
Ebbene sul giornale don Martino scrive e afferma che negli anni 1963-1964 l’allora cardinale Albino Luciani aveva preso dimora a Roma e monsignor Domenico Valerii (suo zio) e lui stesso come segretario, dimoras-sero in via Tuscolana nello stesso convento di suore.
In pratica don Martino ogni giorno faceva da autista a entrambi accompagnandoli alle sedute conciliari in
San Pietro.
L’episodio che ci tiene a raccontare è quello relativo ad una giornata in cui fu testimone di una verità che come in seguito gli riferì Papa Luciani erano in trte a saperlo , lui, sua madre e don Martino.
Ssuccesse quando un giorno arrivati a San Pietro Lu-ciano gli disse: “Fa scendere tuo zio e riaccompagna-mi a casa”, arrivati all’istituto gli disse di aspettarlo in auto. Dopo circa un’ora tornò ed era pallido in volto, e fu li che gli confidò di essere affetto da epilessia.
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1 luglio 2018Numero 24Grazie aDio però aveva una “zona aurea£ che gli per-metteva di percepire gli attacchi con alcuni minuti di anticipo.
Afferma poi nell’articolo don Martino che fino ad oggi di questo fatto non ne ha parlato a nessuno, tranne che a suo zio monsignore. Anzi nell’articolo conclu-de affermando che, cinque anni dopo che suo zio, per raggiunti limiti di età, viveva a Teramo, andandolo a trovare, alcuni giorni dopo l’elezione a Papa di Lucia-ni disse a suo zio: “Hai visto, lo hanno fatto Papa” e
suo zio rispose “Ma hanno sbagliato con la sua salute camperà pochissimo”. Dopo un mese, quando il Papa era appena morto, tornando di nuovo a Teramo suo
Albino Luciani nominato Papa Giovanni Paolo I
L’inchiesta papalina e le verità documentate
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zio gli confidò che quando seppe del grande pallore dell’allora cardinale Albino Luciani, avendo anche fatto due anni di medicina, gli ci volle poco per capire che il cuore di Luciani, in quegli attacchi si sforzava enormemente.
Conclude poi affermando che alla luce di quanto detto è evidente che papa Luciani è morto non per avvelena-mento ma per sovraffaticaavvelena-mento cardiaco.
Fin qui la rivelazione di don Martino Valerii che smen-tisce in toto quello che afferma Andrea Purgatori nella trasmissione “Atlantide” e sulla tesi complottistica in questa inchiesta papalina.
Ma c’è da aggiungere anche un altro scritto che docu-menta e avvalora la verità raccontata da don Valerii, stiamo parlando quella scritta nel 2016 dal dott. Mario De Bonis nel suo libro dal tiolo “Monsignor Don
Do-nato De Bonis. Mezzo secolo di sacerdozio con Cin-que Papi”.
Ebbene alle pagine 39 e 41 leggiamo le testuali parole in riferimento al pontificato lampo di Albino Luciano - papa Giovanni Paolo I.
“Tante cattiverie e fantasie raccontate e mai dimostra-te con documenti credibili”.
Noi lo abbiamo contattato e a riguardo De Bonis ci tiene a rimarcare che: “in un incontro con il fratello Eduardo, suo fratello don Donato De Bonis ebbe modo di raccogliere notizie sulle tante preoccupazioni della famiglia sulle precarie condizioni di salute di Papa Lu-ciani, già da tanto tempo prima della sua elevazione al soglio pontificio”.
E questo lo scrive De Bonis sul libro nel 2016 quando afferma che: “nel nostro Paese, facendo sempre salva la libertà di stampa come diritto irrinunciabile, si au-spica ormai l’avvento e la diffusione di una cultura del
‘controllo della notizia’ che va assolutamente docu-mentata per amore di verità come avviene in paesi ve-ramente democratici, come gli stati Uniti d’America.
E’ pur vero che i documenti spesso possono essere co-struiti o contraffatti ma certamente vengono poi smen-titi e svergognati dai libri di storia che fanno sedimen-tare le verità”.
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Per completezza di informazione vogliamo ricordare che il capostipite di tutte le cospirazioni è il volume, pubblicato la prima volta nel 1984, “In nome di Dio”
di David Yallop, giornalista britannico .
La sua tesi è che Giovanni Paolo I sia stato avvelena-to come alla corte dei Borgia e che il principale pro-tagonista sia stato l’allora presidente dello Ior Paul Marcinkus, che Papa Luciani voleva allontanare per le nefandezze che commetteva all’Istituto per le opere di religione.
Il libro, che non riesce a citare correttamente nemmeno la data esatta di nascita dello Ior, è una tale congerie di menzogne, invenzioni e fantasie che non meriterebbe neanche di essere citato, per essere lasciato finalmente all’oblio che si merita.
A smentire il “complotto dell’assassinio” gli intrighi e i veleni fasulli c’è anche il libro: “Papa Luciani. Cro-naca di una morte” , della vaticanista ed editorialista di Avvenire, Stefania Falasca, con la prefazione del se-gretario di Stato cardinale Pietro Parolin.
La verità sulla morte di Giovanni Paolo I il 26 agosto 1978 viene definitivamente raccontata da un libro di
Stefania Falasca, che pubblica questa testimonianza della suora che lo rinvenne esanime.
Per ricominciare da lì, dalla fine.
Da quegli ultimi stralci di vita in quella sera del 28 settembre 1978.
Ecco un brano dell’interrogatorio di suor Margherita Marin, fra le prime a vedere il papa morto, teste ascol-tata, su indicazione della Postulazione della Causa di canonizzazione, a Trento il 12 maggio 2009.
Il documento integrale, insieme a numerosi altri che fanno definitiva chiarezza sulla morte di papa Luciani,
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sono pubblicati nel libro di Stefania Falasca.
Può dire a che ora, come e chi rinvenne il decesso del Papa?
«Verso le 5.15 di quel mattino, come ogni mattino, suor Vincenza aveva lasciato una tazzina di caffè per il Santo Padre in sacrestia subito fuori dell’apparta-mento del papa, davanti alla cappellina.
Il Santo Padre uscendo dalla sua stanza era solito pren-dere il caffè in sacrestia prima di entrare nella cappella a pregare.
Quella mattina però il caffè rimase lì.
Passati circa dieci minuti, suor Vincenza disse: «Non è ancora uscito?
Ma come mai?».
Io ero lì in corridoio.
Così ho visto che ha bussato una volta, ha bussato di nuovo, non ha risposto...
Ancora silenzio, allora ha aperto la porta e poi è en-trata.
Io ero lì e mentre lei entrava rimasi fuori.
Sentii che disse: “Santità, lei non dovrebbe fare di
questi scherzi con me”.
Poi mi chiamò uscendo scioccata, entrai allora subito anch’io insieme a lei e lo vidi.
Il Santo Padre era nel suo letto, la luce per leggere sopra la spalliera accesa. Stava con i suoi due cuscini dietro la schiena che lo tenevano un po’ sollevato, le gambe distese, le braccia sopra le lenzuola, in pigiama, e tra le mani, appoggiate sul petto, stringeva alcuni fo-gli dattiloscritti, la testa era girata un po’ verso destra con un leggero sorriso, gli occhiali messi sul naso, gli
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occhi semichiusi... sembrava proprio che dormisse.
Toccai le sue mani, erano fredde, vidi e mi colpirono le unghie un po’ scure».
Non notò niente fuori posto?
«No. Niente.
Niente. Neppure una piega.
Niente di caduto a terra, niente di scomposto che po-tesse far pensare a un malore di cui si fosse accorto.
Sembrava proprio come uno che si addormenta leg-gendo.
Che si addormenta e rimane così».
E poi che cosa avete fatto?
«Subito dopo suor Vincenza andò su a chiamare il pa-dre Magee e io corsi a chiamare don Diego, bussai alla porta, lo chiamai: “Venga giù, il Santo Padre, il Santo Padre...”.
Si svegliò di soprassalto e venne giù.
Recitammo una preghiera, poi padre Magee andò a chiamare il medico del Vaticano.
Il dottor Buzzonetti venne quasi subito; vidi arrivare il cardinale Villot e poi Poletti».
Voi suore eravate presenti al momento del referto del medico?
«No, perché uscimmo dalla camera. Venne dopo di là da noi il padre Magee, ci disse: “Non ha sofferto, non se n’è nemmeno accorto”, riferendo le parole dette dal medico e disse anche che la morte improvvisa era stata la sera verso le undici.
Questo ho sentito.
Non ho sentito altre cose... c’era poco da dire.
Noi non ci occupammo poi di sistemare il corpo, né suor Vincenza né noialtre; ci pensarono loro, arrivò
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più tardi anche Angelo e altri ad aiutare».
Cosa ricorda ancora di quei momenti?
«Ricordo l’andirivieni dei prelati, ricordo che andava-no avanti e indietro nel corridoio e sentii che andava-non sape-vano come fare a dare al mondo la notizia che il papa, che in poco tempo aveva conquistato tutti, era morto così, tanto che solo due ore dopo, da quando noi suore l’avevamo rinvenuto, diedero la notizia ufficiale.
Ricordo che quando ancora il Santo Padre era nella sua stanza venne anche a vederlo sua nipote, una ra-gazza giovane, si fermò in disparte e pianse con suor Vincenza.
Noi suore, senza i segretari, assistemmo alla messa di suffragio celebrata dal cardinale Poletti.
Ci chiamarono più tardi per dare i paramenti e per accompagnarlo nella Sala Clementina, restammo lì a pregare e poi ritornammo su perché dovevamo libe-rare l’appartamento e sigillare tutto, secondo quanto è stabilito dalla prassi.
Ricordo che il padre Magee ci disse di prendere alcuni effetti personali del Santo Padre.
A suor Vincenza diede gli occhiali, le pianelle e altri oggetti, io tenni con me la sua radiolina che conservo ancora come una reliquia».
Ricorda se qualcuno le ha intimato di dire questo o quello in merito alla morte del papa?
«Il padre Magee ci disse di non dire che eravamo state noi suore, io e suor Vincenza, a trovarlo morto nella camera, perché avevano deciso di dire che erano stati i segretari a trovarlo per primi».
Lei sa chi prese e cosa ne è stato dei fogli che aveva in mano?
«No. Non saprei dire chi se ne occupò.
Né lo chiesi.
Noi lo lasciammo che li aveva in mano, non toccam-mo niente.
Erano fogli dattiloscritti, anzi mezzi fogli, due o tre.
Non scritti a mano, sono certissima, ma non so dire il contenuto perché non mi sono messa a leggere in quei momenti lì.
Qualcuno lì in corridoio ci ha detto che erano i fogli per l’udienza del mercoledì.
Lo studio con le sue carte e la camera sono stati poi si-gillati e riaperti dal suo successore, Giovanni Paolo II.
Io ero presente quando il nuovo papa tagliò i sigilli ed entrò nell’appartamento».
Dopo la morte del papa ebbe modo di incontrare suor Vincenza o le altre consorelle e di ricordare qualche particolare di quel mese?
«Sì, ci siamo incontrate, poco con suor Vincenza, di più con suor Elena, che intanto si era ammalata di tu-more.
Ma più che ricordi particolari di quei giorni, ci invita-vamo a vicenda a pregarlo perché lui intercedesse per noi».
Qualcuno in seguito le chiese informazioni o le
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espresse sospetti riguardo alla circostanza della morte di Giovanni Paolo I?
«Dopo che ritornai nella comunità di Vittorio Veneto, ricordo che mi chiamò al telefono il vescovo di Bellu-no, mons. Ducoli.
Era molto addolorato e mi chiese di dirgli come vera-mente il papa fosse stato trovato, se era a terra, caduto in qualche modo.
“No, eccellenza”, gli dissi, “guardi che il Santo Padre era nel suo letto, l’abbiamo visto noi, e non aveva ne-anche una piega”»
Ha qualche cosa ancora da dire in merito alle
ver-sioni contrastanti sulle ultime ore del papa?
«Come siano venute fuori tutte quelle dicerie proprio non lo so.
Noialtre eravamo lì.
Posso dire, e ho detto, tutto quello che so e che ho visto».
Chiudiamo questo nostro articolo riportando quello che abbiamo letto circa le suore e l’aiutante di camera di papa Luciani in modo da aiutare a chiarire il “depi-staggio” e le notizie “velate” raccontate in questi arti-coli fantasiosi.
Suor Margherita Marin, 76 anni, delle suore di Maria Bambina, è l’unica sopravvissuta del gruppo di quattro suore – le altre erano Elena Maggi, Vincenza Taffarel e Cecilia Tomaselli – che si presero cura di Giovanni Paolo I nell’appartamento pontificio in Vaticano per 32 giorni, da fine agosto a fine settembre 1978.
Di lei, che all’epoca dell’elezione di Luciani aveva 37 anni ed era la più giovane, nessuno ha mai saputo nulla fino al momento della pubblicazione del libro di Stefania Falasca “Papa Luciani. Cronaca di una mor-te”.