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alcune osservazioni

Nel documento Certificazioni linguistiche (pagine 47-66)

Come si può vedere dall’esame della situazione presentata nella sezione precedente, il fenomeno certificazioni linguistiche sta assumendo nella nostra provincia dimensioni davvero ragguardevoli.

Ma perché l’Amministrazione ha scelto di favorire l’acquisizione di certifi-cazioni esterne all’interno del percorso scolastico? Perché sempre più scuole scelgono di offrire tale opportunità ai loro allievi? Qual è il senso di tale espe-rienza per gli alunni e gli studenti che si avvicinano alle certificazioni esterne a scuola tra i 10 e i 19 anni? Ed inoltre: che impatto hanno avuto, o potrebbero avere, le certificazioni sull’insegnamento delle lingue e sul curricolo? Ci sono soltanto aspetti positivi nel loro utilizzo sempre più generalizzato da parte del-le scuodel-le, o ci sono anche, in qualche caso, dei “pericoli”? E quindi: i genitori, gli educatori, i politici, dovrebbero vedere con favore questa opportunità, op-pure esprimere anche qualche cautela?

Come si vede, molti sono i quesiti che l’introduzione delle certificazioni a scuola solleva.

Purtroppo non ho avuto modo finora di accompagnare i dati quantitativi che mi sono stati forniti con una ricerca anche quanti-qualitativa sui motivi che spingono le scuole (dirigenti scolastici, insegnanti), gli alunni, e il sistema educativo nella sua globalità, a ricercare le certificazioni. Sarebbe senz’altro u-tile proseguire nella raccolta di dati con strumenti che permettessero un’analisi più approfondita, anche a livello qualitativo, del fenomeno. In man-canza per ora di tali informazioni, proverò a sopperire con alcune considera-zioni che vengono dal mio osservatorio professionale e dal dialogo stabilito nel tempo con i colleghi insegnanti e con alcuni dirigenti.

6.1 IL SENSO DELLE CERTIFICAZIONI ESTERNE PER IL SISTEMA EDUCATIVO

Le certificazioni linguistiche sono entrate “ufficialmente” nelle scuole ita-liane di ogni ordine e grado con il Progetto Lingue 2000 dell’allora MPI1. Tale progetto, entrato in vigore prima del Regolamento sull’Autonomia scolastica, prevedeva la possibilità per le scuole di offrire percorsi extra-curricolari per l’apprendimento di una nuova lingua straniera o per il potenziamento di quel-la già studiata. Questo sia per ovviare in parte alle difficoltà che continuavano a permanere nel garantire l’insegnamento generalizzato di una lingua straniera nella scuola elementare, introdotta già dal 1991, sia per sviluppare lo studio di due lingue nella scuola media, secondo anche le linee guida europee suggerite nel Libro Bianco Cresson del 19952. Dal punto di vista organizzativo, il Proget-to Lingue 2000 prevedeva varie opzioni: la possibilità di suddividere le classi per gruppi di livello, di avvalersi anche di docenti esterni alla scuola, anche di madrelingua. Trattandosi di insegnamento “aggiuntivo”, esso non entrava a nessun titolo nell’esame finale (di scuola elementare, media o superiore), ma, ovviamente, si rendeva nondimeno necessaria una valutazione delle compe-tenze acquisite dagli alunni, anche per procedere ad una valutazione di sistema sull’esito del Progetto. Il MPI stipulò allora un accordo con alcuni Enti Certi-ficatori delle quattro lingue più insegnate (inglese, tedesco, francese e spagno-lo), secondo il quale le scuole avrebbero potuto (dovuto?) far certificare i risultati acquisiti dagli alunni coinvolti nel Progetto da un soggetto esterno, in base ad esami standardizzati. Nell’accordo si stabilì che gli Enti Certificatori avrebbero applicato agli studenti provenienti dagli istituti scolastici tariffe d’esame inferiori a quelle applicate alla restante popolazione di candidati3.

Nel Trentino il Progetto Lingue 2000 non è mai stato introdotto, poiché il governo locale non ha stipulato un protocollo d’intesa con il governo centrale per recepirlo. Ma l’Amministrazione provinciale, come già accennato in

1 Il primo Protocollo d’Intesa tra il MPI e gli Enti Certificatori fu firmato il 20 gennaio 2000.

2 Libro Bianco della Commissione Europea, 1995: Insegnare ad apprendere - Verso la società conoscitiva, Bruxelles – Lussemburgo, CECA-CE-CEEA

3 Il Protocollo era stato siglato il 20 Gennaio 2000. In Appendice 6, il testo del secondo Protocollo, riveduto ed ampliato ad altri Enti Certificatori accreditati, stipulato tra il Ministro Moratti (MIUR) e i rappresentanti degli Enti il 16 gennaio 2002.

cedenza (cfr. Sezione 4), ha fatto subito propria la sostanza dell’accordo na-zionale con gli Enti Certificatori, e, per quanto riguarda la parte economica, è intervenuta con un fondo ad hoc , di sostegno all’introduzione delle certifica-zioni esterne presso le scuole, disponibile su richiesta da parte di istituti scola-stici di ogni ordine e grado, con il quale rimborsare le spese di esame agli allie-vi che lo abbiano sostenuto con successo4. Tale fondo venne presentato per la prima volta ufficialmente da un funzionario dell’Amministrazione alle due giornate sul Framework organizzate dall’IPRASE nel settembre 2000.

Il Progetto Lingue 2000 non venne recepito anche perché la situazione trentina era già sostanzialmente diversa da quella del resto d’Italia. Nell’a.s.

1998-99, infatti, era entrata in vigore la Legge Provinciale 11/97 sulle lingue straniere, che introduceva lo studio obbligatorio di due lingue straniere nella scuola media, e portava a sistema l’insegnamento di una lingua straniera a partire dalla prima classe della scuola elementare (nella quale era già in atto dagli anni ‘70 una sperimentazione, diffusa su tutto il territorio trentino, di insegnamento del tedesco a partire almeno dalla terza elementare, ma in molti casi, ove fattibile, già dalla seconda o dalla prima). Inoltre, già da parecchi an-ni, anche una significativa percentuale degli studenti della scuola superiore studiava già due lingue, di norma l’inglese e il tedesco (esclusi naturalmente gli allievi dei licei linguistici, che ne studiavano tre).

Si vede quindi come, in realtà, non ci fosse la necessità di recepire in ambi-to locale un progetambi-to nazionale per le lingue straniere che prevedeva di incre-mentare e sostenere una situazione di fatto meno favorevole nel resto d’Italia di quanto non fosse già garantito per legge sul territorio della provincia di Trento. L’Amministrazione provinciale però, come già illustrato, decise di fa-vorire comunque le certificazioni esterne, sostenendo a mio avviso in tal modo in via indiretta i cambiamenti di sistema introdotti con la LP 11/97. Contem-poraneamente, essa istituì il Fondo Qualità per la scuola, che permette alle scuole di presentare progetti e di avere accesso a fondi aggiuntivi per l’organizzazione di attività volte all’ampliamento e alla diversificazione dell’offerta formativa. Tra le altre opportunità offerte agli studenti, corsi per l’alfabetizzazione informatica, anche finalizzati al conseguimento dell’ECDL

4 Come è da allora avvenuto. Per l’a.s. 2000-01 vennero stanziati 100.000.000 di Lire.

(European Computer Driving Licence, la patente europea per l’utilizzo del computer) e corsi o attività formative diverse per lo sviluppo di competenze nelle lingue straniere (ad esempio settimane linguistiche, scambi, “pacchetti”

di ore aggiuntive extra-curricolari).

La fortunata coincidenza, quindi, della possibilità di accesso a fondi sia per l’organizzazione di percorsi di apprendimento delle lingue, sia per la certifica-zione delle competenze raggiunte, ha contribuito non poco, a mio avviso, all’aumento delle certificazioni esterne dall’anno solare 2001 in poi, aumento che è stato significativo per tutte le lingue, come si evince dai dati illustrati nel-la Sezione 5.

6.2 IL SENSO DELLE CERTIFICAZIONI ESTERNE PER GLI ISTITUTI SCOLASTICI

Ma qual è il “guadagno” per le scuole nell’introduzione delle certificazioni per i loro allievi? Certamente, almeno all’esterno, un ritorno di immagine. Il fatto che una scuola possa dimostrare con il superamento di esami esterni che gli alunni che la frequentano acquisiscono competenze linguistiche reali, ed adeguate al livello considerato consono5 per il loro corso di studi è un ottimo biglietto da visita per qualsiasi istituto, specie in un modello di sistema educa-tivo che sempre più si configura come attento ai risultati e al raggiungimento del successo formativo per tutti. La scuola che dimostri all’esterno di garantire questi risultati sarà una scuola che i genitori guarderanno con favore, e dove magari sceglieranno di mandare i propri figli.

Inoltre, nel caso specifico della scuola superiore le certificazioni esterne ac-quisite dagli studenti al triennio contribuiscono alla costruzione del credito formativo, cioè punteggio che va ad aggiungersi a quello dato dalla somma delle tre prove dell’esame di stato e della media dei risultati accademici degli ultimi tre anni scolastici. Va da sé che l’acquisizione di una o più certificazioni aumenta il voto finale con cui un ragazzo può aspirare ad uscire dalla scuola

5 Mi riferisco alla tabella di concordanza tra anni di studio e livelli del Framework proposta all’interno del Progetto Lingue 2000 (cfr.Sezione 3).

superiore, risultato che, oltre a dare soddisfazione all’alunno e alle famiglie, va a tutto vantaggio della reputazione della scuola.

Ma queste due osservazioni rappresentano una visione certamente parziale, forse anche un po’ cinica, dei motivi che possono spingere gli istituti scolastici in questa direzione. Io preferisco pensare che i motivi più pregnanti e più dif-fusi siano quelli più direttamente legati alla mission della scuola, che è la for-mazione dell’uomo e del cittadino.

Per gli istituti scolastici, e ovviamente per gli insegnanti, organizzare le atti-vità in modo da comprendere all’interno del percorso scolastico anche le certi-ficazioni linguistiche per gli studenti che le vogliano acquisire non è, come si può facilmente immaginare, né semplice, né economico, in termini di energie, di risorse (umane e finanziarie) e di tempo. Ma ci sono molti insegnanti che credono nel loro lavoro, che lo svolgono con passione, e che traggono soddi-sfazione professionale dal fatto di verificare che i loro studenti sono in grado di superare una prova che li misura con se stessi in un ambito non soltanto in-terno alla scuola (è infatti questa a mio avviso una delle componenti del valore aggiunto di tale tipo di scelta) e che contribuirà anche a formarli rispetto alle prove che la vita presenterà loro.

Inoltre, l’offerta delle certificazioni esterne può a mio avviso considerarsi con ragione l’inizio della fine della tradizionale auto-referenzialità del sistema scolastico. Offrire certificazioni significa accettare che qualcuno, dall’esterno, misuri e valuti la capacità di una scuola di far imparare una lingua straniera agli alunni. L’esterno non è un educatore, ma un “misuratore” che per natura professionale non valuta progressi, né esprime giudizi che tengano conto delle caratteristiche del territorio, dell’utente, delle difficoltà eventualmente da lui incontrate durante il corso di studi. Egli fotografa una realtà in un dato mo-mento e ne misura il livello, riferendolo ad un Framework esterno uguale per tutti, che vale allo stesso modo in qualsiasi momento in qualunque contesto.

Ci vuole molto coraggio, molta umiltà e molta professionalità per accettare questa sfida, ed io ne seguo l’evoluzione con grande rispetto.

6.3 IL SENSO DELLE CERTIFICAZIONI ESTERNE PER GLI INSEGNANTI

Anche per l’insegnante la certificazione degli studenti è un modo per misu-rarsi con se stesso e con le sue competenze, sia di parlante non nativo, sia di docente. Un insegnante di lingua straniera che non si senta sicuro delle pro-prie competenze linguistiche e professionali difficilmente proporrà ai suoi al-lievi esami esterni che testino le loro competenze, prima di tutto per un senso personale di inadeguatezza. E molto probabilmente non accetterà nemmeno volentieri che a preparare i suoi alunni possano essere insegnanti esterni, tanto più se di madrelingua. Più probabilmente si limiterà ad aderire ufficialmente ad un eventuale progetto della scuola senza molto entusiasmo.

Un insegnante che invece ha stima di sé come professionista in grado di of-frire una guida autorevole ed un modello corretto di lingua ai suoi alunni si adopererà per offrire anche a loro un’opportunità di crescita in questo senso, e non avrà paura di collaborare anche con docenti esterni, anche madrelingua, perché saprà di poter comunque contribuire con le sue competenze al succes-so dell’iniziativa. E la stima che questo gli porterà, da parte sia degli alunni e delle famiglie, che di colleghi professionalmente preparati e del dirigente sco-lastico, sarà per lui motivo di soddisfazione professionale profonda.

Certo, al docente può anche venire attribuito dalla scuola, in qualche caso, in qualche situazione particolarmente fortunata, un qualche riconoscimento economico per l’impegno supplementare che un progetto sulle certificazioni spesso comporta, sia a livello di progettazione che di gestione, che di coordi-namento in itinere, che di valutazione del processo di apprendimento degli studenti per vedere se si sta andando nella direzione voluta. Ma non sono e-ventualmente i pochi incentivi che una scuola può offrire a livello economico, a fronte di un monte ore complessivo che nella maggior parte dei casi non po-trà mai essere pienamente riconosciuto, a far scattare negli insegnanti il desi-dero di offrire una certificazione ai propri alunni. Piuttosto, come ho già det-to, è il benessere interiore a prevalere, che deriva dal sentirsi professionisti seri e preparati anche attraverso il giudizio indiretto di soggetti esterni (ogni suc-cesso degli alunni è infatti anche un sucsuc-cesso dei loro insegnanti).

6.4 IL SENSO DELLE CERTIFICAZIONI ESTERNE PER ALUNNI E STUDENTI DELLE SCUOLE

Per quanto riguarda il significato delle certificazioni esterne per gli studen-ti, credo sia sensato supporre che esso non sia univoco per tutti all’interno del curricolo, e che cambi con l’età.

Per i ragazzi che stanno per lasciare la scuola superiore, e che quindi, anche se in modo non sempre del tutto strutturato e consapevole, stanno cercando di affacciarsi al mondo del lavoro o del proseguimento degli studi accademici con strumenti adeguati per avere successo, possedere una certificazione lingui-stica riconosciuta internazionalmente potrebbe veramente essere un “valore aggiunto”6 rispetto al solo diploma di scuola superiore ottenuto con l’esame di stato.

Certamente, come detto in premessa, il fatto che le giovani generazioni debbano conoscere le lingue (e a livello europeo si parla da anni ormai non più di una soltanto, ma di almeno due7) non viene attualmente messo in di-scussione da nessuno a livello di società civile. In Italia, purtroppo, scontiamo ancora però una specie di peccato originale sulle lingue, e ciòè la tradizionale incapacità che la società attribuisce agli insegnanti di farle imparare a scuola.

Abbiamo persino coniato un’espressione per definire questo livello di incom-petenza: “conoscenza scolastica” - un modo forbito ed elegante per dire che si è studiata una lingua per anni, magari si sanno anche a memoria le regole della grammatica, ma non si riesce a “spiccicare parola” non appena ci sia bisogno di usare la lingua per comunicare. È un’espressione che appare ancora spesso nei curriculum vitae degli adulti e che è intraducibile nelle altre lingue europee perché il concetto non esiste se non da noi.

Se è vero che “a scuola non si imparano le lingue” (e purtroppo sembra che almeno fino a qualche tempo fa fosse così in molti casi), allora avere un di-ploma di stato che certifichi un esame in cui sia compresa anche una lingua

6 Cfr. anche Protocollo d’Intesa MIUR – Enti , Appendice 6.

7 cfr. il Libro Bianco della Commissione Europea, 1995: Insegnare ad apprendere - Verso la società conoscitiva, Bruxelles – Lussemburgo, CECA-CE-CEEA.

straniera non garantisce né un datore di lavoro né un’università sul fatto che la persona in possesso di quel documento sappia effettivamente comunicare in una o più lingue, né ovviamente a che livello lo sappia fare. Per questo motivo spesso le università richiedono durante il corso di studi il superamento di un proprio esame di lingua straniera e le ditte offrono ai loro addetti incentivi di vario tipo per seguire corsi di alfabetizzazione linguistica.

Considerato tutto questo, a me sembra che l’opportunità fornita agli stu-denti di lasciare la scuola superiore con un certificato specifico per le lingue, rilasciato da un Ente Certificatore internazionale che attesti il superamento di un esame standardizzato secondo un Quadro di Riferimento valido in 49 Paesi europei, sia un’operazione senz’altro meritoria. Qualsiasi iniziativa che au-menti le possibilità delle giovani generazioni di entrare nel mondo degli adulti con degli strumenti adeguati in termini di competenze, conoscenze e capacità è da sostenere. Per poter avere valore “commerciale” o “accademico” il certifi-cato deve però riferirsi ad un livello non iniziale del Framework: in una vasta gamma di contestisi accettano certificazioni che partono dal livello B18.

Accanto a queste considerazioni di carattere più generale, che magari non tutti gli studenti che stanno per uscire dalla scuola secondaria focalizzano ap-pieno, presi da preoccupazioni più immediate (l’interrogazione di matemati-ca, il compito di latino), c’è un’altra motivazione che potrebbe spingere molti studenti del triennio a prendere una certificazione linguistica, o magari anche più di una. Come ho detto in precedenza, le certificazioni acquisite al triennio della scuola superiore entrano nel novero dei crediti formativi, di quei risultati cioè che dimostrano competenze maturate durante il corso di studi, anche se non sempre direttamente afferibili ad una materia specifica9. Per molti, la pos-sibilità di raggiungere un voto migliore all’esame di maturità attraverso una certificazione delle competenze raggiunte in una lingua straniera può essere un obiettivo attraente.

8 La certificazione del livello B1 permette in molte università italiane di non sostenere l’esame di lingua straniera eventualmente compreso nel piano di studi; il livello B2 in-vece permette in alcuni casi di frequentare corsi universitari all’estero.

9 Altri esempi di crediti formativi sono dati dal conseguimento dell’ECDL (la Patente Europea del Computer), e da partecipazione ad attività significative della scuola in o-rario extra-curricolare (allestimento di spettacoli, partecipazioni a ricerche, ecc).

Per quanto riguarda la fascia d’età 11-16 anni, invece, perché gli allievi do-vrebbero sottoporsi allo stress di esami esterni, che spesso non hanno un vero

“valore” riconosciuto all’esterno, e non sono nemmeno considerabili come crediti dalla scuola? Ebbene, credo che per questi studenti il raggiungimento del traguardo di una certificazione esterna che comunque valuta le loro com-petenze, possa essere una spinta motivazionale notevole per l’apprendimento di una lingua straniera. Come ho detto in precedenza, “niente ha successo come il successo”: sentirsi “capaci” invita a voler continuare nella strada intra-presa. Inoltre, il fatto che tale successo sia certificato non soltanto dalla scuola, ma da un soggetto esterno, diventa un vero e proprio “percorso di crescita personale”, una specie di iniziazione precoce che fa sentire più “grandi” e

“importanti”. Il superamento di un tale esame a mio avviso accresce infatti anche l’autostima in ragazzi che stanno crescendo e strutturando la propria personalità. Uno dei problemi più citati nella letteratura in campo psicologico per quanto riguarda gli adolescenti è il fatto di non riconoscersi più: il corpo cambia, si provano nuovi sentimenti, nuovi bisogni, così diversi da quelli che si conoscevano quando si era bambini. È un periodo della vita caratterizzato da mille incertezze, dubbi, talvolta veri e propri problemi di identità. C’è biso-gno di ristrutturare, a volte con grande fatica, l’immagine interna di sé, sia fisi-ca che interiore. Si ha bisogno di rimandi positivi e di rassicurazione dall’esterno per convincersi che “si è OK”. Che cosa, più che il “successo” ri-conosciuto da più soggetti all’interno di un ambito così importante della pro-pria vita di relazione come la scuola, potrebbe favorire tutto questo? Non vo-glio dire che queste considerazioni siano vere per tutti, ma potrebbero esserlo per molti.

Tutte queste osservazioni potrebbero valere, ovviamente, per coloro che passano l’esame con successo. E per quelli che invece non lo superano? Per lo-ro resta l’amarezza del fallimento in una plo-rova magari considerata importante, o magari invece in qualche modo più subìta, perché in realtà più voluta dai genitori. E qui di nuovo si aprono altre ipotesi sull’impatto di questo fallimen-to, che potrà essere vissuto come una tappa nel percorso di crescita oppure come una disfatta, a seconda della maturità raggiunta, delle aspettative che ci si era creati o del peso delle aspettative di altri (ad esempio la famiglia,

Tutte queste osservazioni potrebbero valere, ovviamente, per coloro che passano l’esame con successo. E per quelli che invece non lo superano? Per lo-ro resta l’amarezza del fallimento in una plo-rova magari considerata importante, o magari invece in qualche modo più subìta, perché in realtà più voluta dai genitori. E qui di nuovo si aprono altre ipotesi sull’impatto di questo fallimen-to, che potrà essere vissuto come una tappa nel percorso di crescita oppure come una disfatta, a seconda della maturità raggiunta, delle aspettative che ci si era creati o del peso delle aspettative di altri (ad esempio la famiglia,

Nel documento Certificazioni linguistiche (pagine 47-66)