• Non ci sono risultati.

3 Alcuni esempi di saggio ibrido contemporaneo

Il nostro studio dell’ibridazione dentro i confini del saggio dovrà accontentarsi di at- traversare quattro testi, discutendone brevemente contenuti, forma e scelte stilistiche. Il corpus è stato nondimeno individuato entro un periodo di media lunghezza (1970-2010). La scelta è dettata dalla volontà di comprendere ciò che avviene nel contesto contempora- neo e nell’extrême contemporain, pur ammettendo implicitamente che l’ibridazione nel saggio non si limita certo a tale momento. Allo stesso modo, si è cercato di mantenere una prospettiva comparativa attorno a casi prelevati dalle letterature francese, italiana e di lingua inglese. Le opere scelte sono state messe in rapporto tra loro sulla base della caratteristica comune dell’ibridazione, ma sono state anche selezionate perché rappre- sentano tipi di saggio ibrido con intenti pragmatici molto diversi, da quello più teorico a quello più volutamente anti-accademico. Oltre a rivelare la ricchezza del genere del sag- gio critico e delle sue possibilità di ibridazione, questa varietà consente dunque di porre alcune domande più generali sul rapporto tra un genere letterario e la categoria dell’ibri- dazione così com’è stata delineata, nonché di storicizzare il fenomeno stesso entro l’arco temporale selezionato.

3.1

S/Z (1970) di Barthes porta un titolo altamente simbolico, con quell’enigmatico e curioso asse trasversale che divide le due lettere e quasi annuncia la struttura bipartita dell’intero volume: un parallelismo interno tra due testi, quello di BartheS e quello di BalZac. Le due lettere sono anche le iniziali dei nomi dei protagonisti Sarrasine e Zam- binella della novella Sarrasine al centro dell’analisi di Barthes; in mezzo, il segno grafico esemplifica già l’interpretazione del critico, rappresentando la castrazione che interver- rebbe nella narrazione. L’aspetto del volume, per la presenza del commento, appare su- bito associabile al genere del saggio critico. Se l’unica citazione esplicita di S/Z riguarderà l’articolo di Jean Reboul, a cui Barthes deve l’individuazione del tema simbolico della castrazione (di Sarrasine ad opera di Zambinella), il discorso critico intrattiene altre re-

Libri paralleli: saggi critici e ibridazione narrativa 73

lazioni con altrettanti testi.19La relazione di commento con il racconto non potrà essere l’unica ad attraversare l’opera se il compito datole da Barthes non è quello di collegare sen- so e testi come due insiemi biunivoci, ma mostrare come ogni singolo testo partecipi al discorso universale di altri e infiniti testi potenziali, e quindi di altrettanti sensi, secondo un rapporto indecidibile di attribuzione sistematica di uno all’altro.

La struttura critica e il commento tradizionale dovranno allora essere modificati per rispondere a un nuovo genere di relazione metatestuale. La consueta combinazione di testo critico e citazione, con un testo-oggetto che s’inserisce tra le pieghe del discorso cri- tico e lo interrompe per essere spiegato, risulterà invertita in S/Z; il testo-oggetto – il racconto di Balzac – non è più raccolto in parziali e isolate citazioni, ma invade comple- tamente il testo-soggetto di Barthes; stavolta sarà il discorso critico quello che si insinua a far saltare la continuità del testo commentato, soffermandosi di frammento in frammen- to a discutere lo sviluppo di Sarrasine. Barthes chiama «lessie» i brani di volta in volta commentati. Il saggio di Barthes vuole presentare un discorso critico soltanto collabora- tivo, non esplicativo, ermeneutico o teorico. Utente e fabbricatore confondono le loro rispettive tracce attraverso la relazione ambigua istituita tra lettura e scrittura all’interno di S/Z.

Vere e proprie parti saggistiche sono comunque presenti e facilmente ravvisabili, per- ché oltre le 561 lessie il discorso critico vero e proprio è anch’esso frammentato in novanta- tré capitoli, d’argomento diverso e di impostazione più teorica. Quei brani formalmente autonomi dal commento (non seguono in calce le lessie) interrompono il dialogo serrato tra i due testi, rafforzando in realtà il discorso saggistico di Barthes; soprattutto in questi punti il critico chiarisce il proprio metodo di analisi, nel momento stesso in cui lo applica a Sarrasine e inevitabilmente da questa, almeno in parte, lo ricava. Esiste dunque un pa- rallelismo tra il discorso di Barthes e il racconto di Balzac, nonostante S/Z voglia proporsi soprattutto come un commento; ma un commento esemplare per il portato teorico che è in grado di suggerire.

Ad esempio, all’ottantaseiesima lessia, il critico taglia la narrazione in modo da con- centrarsi sul riso del vecchio Zambinella: «un rire fixe et arrêté, un rire implacable et goguenard, comme celui d’une tête de mort» ha scritto Balzac. Barthes ne rilancia un prolungamento descrittivo:

Le rire arrêté, figé, conduit à l’image de la peau tendue (comme dans une opé- ration de chirurgie esthétique), de la vie à laquelle il manque ce peu de peau qui est substance même de la vie. Dans le vieillard, la vie est sans cesse copiée, mais la copie présente toujours le moins de la castration (ainsi les lèvres auxquelles il manque le rouge franc de la vie).20

19 «Vous avez pu voir que, dans S/Z, contrairement à toute déontologie, je n’ai pas “cité mes sources” (sauf pour l’article de Jean Reboul, à qui je dois d’avoir connu la nouvelle); si j’ai supprimé les noms de mes créan- ciers (Lacan, Julia Kristeva, Sollers, Derrida, Deleuze, Serres, entre autres) – et je sais qu’ils l’auront compris –, c’est pour marquer qu’à mes yeux c’est le texte en entier, de part en part, qui est citationnel» (Roland Barthes, Sur S/Z et L’Empire des signes, intervista con André Bourin, in «Les nouvelles littéraires», 5 marzo 1970, in Œuvres Complètes, a cura di Éric Marty, 5 voll., Paris, Seuil, 2002, vol. iii, p. 663

20 Roland Barthes, S/Z, in Œuvres Complètes, a cura di Éric Marty, 5 voll., Paris, Seuil, 2002, vol. iii, pp. 119- 345, a p. 168.

74 Guido Mattia Gallerani

Il commento integra al testo di Balzac dettagli che Barthes crede mancanti, come se la descrizione di Balzac fosse troppo riduttiva rispetto ai molteplici sensi che può nascon- dere. Per dare una spiegazione più minuziosa e più esauriente di Zambinella da vecchio, il critico non ha altra scelta che cambiare il registro argomentativo per uno più descritti- vo e rappresentare, per quanto accennata, un’altra anatomia del personaggio (o un altro personaggio), provvisto anche di pelle e labbra, e per di più di colore rosso. In sostanza, il critico può attribuire altri significati al testo soltanto perché questi riguardano certi mo- tivi che lo stesso Balzac non cita nell’originale. Barthes trucca il testo di Balzac, perpetuan- do una strategia di cui ha già tentato l’efficacia nelle Mythologies (1957) e che impiegherà di nuovo nella Chambre claire (1980).21In questo specifico caso, il critico aggiunge con una mano qualcosa al testo-oggetto proprio nel momento in cui, con l’altra, lo mostra agli occhi dei lettori e per di più tramite un’immensa citazione volta soltanto a metterlo tutto in evidenza.

Più avanti nel commento, quando si narra di come il maestro scultore Bouchardon prenda Sarrasine sotto la propria ala e lo educhi durante l’infanzia (lessia 172), Barthes attribuisce al precettore un codice simbolico, chiamato La mère et le fils, che gli confe- risce un comportamento materno: «Bouchardon ne remplace pas le père, mais la mère, dont le manque (n. 153) a dévoyé l’enfant dans la licence, l’excès, l’anomie; comme une mère, il devine, recueille, assiste».22Potendo avvicinare con la sua lettura, pur sempre strutturalista (cioè composta per ritagli di diverse parti del testo e loro coordinamenti in una struttura seconda), gli estremi delle storie, il critico commenta retrospettivamente le lessie alla luce delle successive e trasfonde sensi posteriori a punti posti precedentemen- te nel racconto. Barthes ha questo vantaggio: conosce tutto il racconto dalla sua lettura; pertanto, può rintracciare lo stesso codice simbolico anche presso personaggi lontani nel- la trama. Barthes è consapevole che si tratta di connotazioni ricostruite a partire dai vari personaggi e quindi propone una sorta di figura seconda, in grado di trasmigrare da un personaggio a un altro. Quel codice simbolico può anche dare vita a un vero e proprio personaggio-figura latente nel testo: la Femmina Castratrice.

Più precisamente, l’autore ci spiega che la figura è «une configuration incivile, im- personnelle, achronique, de rapports symboliques. Comme figure, le personnage peut osciller entre deux rôles, sans que cette oscillation ait aucun sens, car elle a lieu hors du 21 La foto di «Paris-Match» (n. 326, 23 giugno-3 luglio 1955) che Barthes utilizza come esempio per spiegare il funzionamento del mito borghese non è riprodotta nel saggio che chiude le Mythologies, e forse soltanto per permettergli di sostituire tramite una descrizione il bambino dell’immagine originale con un soldato nero. Per un bambino, non si sarebbe potuta desumere quella naturalezza che Barthes riconosce al mito moderno, perché la sua presenza sarebbe apparsa fuori contesto rispetto al quadro militare dell’impero co- loniale francese: il saluto militare di un bambino africano non è lo stesso di quello di un adulto dacché non implica una partecipazione volontaria all’istituzione militare (cfr. Roland Barthes, Le Mythe, au-

jourd’hui, in Œuvres Complètes, a cura di Éric Marty, 5 voll., Paris, Seuil, 2002, vol. i, pp. 823-868, a p. 830).

Ugualmente, Barthes non mostra la fotografia della madre nella Chambre claire proprio per sviluppare una narrazione che la sostituisca e ne inverta addirittura i rapporti familiari; al contempo, trucca con la propria descrizione un’altra immagine della madre, La Souche, stavolta riprodotta e commentata, ma in modo che essa non appaia essere quella originaria che vi si nasconde dietro (cfr. Roland Barthes, La

Chambre claire, in Œuvres Complètes, a cura di Éric Marty, 5 voll., Paris, Seuil, 2002, vol. v, pp. 785-892

alle pp. 847-848 e 873-874]). 22 Barthes, S/Z, cit., p. 199.

Libri paralleli: saggi critici e ibridazione narrativa 75

temps biographique […] il n’est qu’un lieu de passage (et de retour) de la figure».23Eppu- re, si tratta di una figura che nasce da un’argomentazione per sottrazione, che individua latenze non espresse nel testo e usa connotazioni proprie di certi personaggi per spiegarne altri. Barthes argomenta dell’esistenza delle figure sempre per sottrazione: Sarrasine non ha una madre, il giovane non sa degli attori castrati, la marchesa non conosce il segreto del vecchio Zambinella, il narratore non avrà ciò che desidera in cambio del suo racconto. Non basta al discorso di Barthes derivare logicamente le assenze dal racconto. Per come viene rappresentata, la figura è ciò che sopravvive ai personaggi. La sua presenza corri- sponde a un’esigenza del discorso di Barthes: salvare i personaggi della finzione. Essi non hanno colpa del loro destino: la figura di una Donna Castratrice li tormenta. Il critico crea i propri personaggi per raccontare una storia che procede asincronica rispetto alla trama di Sarrasine e che le scorre parallela. Mentre l’attenzione del lettore è indirizzata al testo-oggetto nella sua forma più visibile, materiale, sezionabile – quella della citazione diretta ed esplicita di tutto il racconto di Balzac – il saggio critico di Barthes si rivolge a un testo che è, in realtà, oltremodo opaco, in cui bisogna scendere in profondità e scavare. Molto lacanianamente, mettere in evidenza l’oggetto consente di meglio nasconderlo a tutti. Grazie all’evidenza di un racconto riportato e trascritto minuziosamente nella sua interezza, e senza apparenti infingimenti, Barthes può aggiungere qualcosa di suo, e di registro narrativo e descrittivo, tra le pieghe della frammentazione.

In definitiva, S/Z può proporre un racconto alternativo attraverso la messa a punto di un’articolazione discorsiva complementare al suo racconto-oggetto, soprattutto per- ché Sarrasine è letto da Barthes in tutto quello che non dice e che, invece, potrebbe dire al lettore; come farebbe d’altronde ogni altro testo se si assumesse come suo parametro relativo la visione delle infinite reticolazioni dell’intertesto. Eppure Barthes sta riscriven- do quel racconto col proprio discorso saggistico. Il saggista deve prelevare qualcosa dal regime originario del suo testo-oggetto per riscriverlo, vale a dire una certa dose di narra- tività da trasferire entro le maglie dell’analisi critica e che si pone al servizio di una nuova idea teorica: un nuovo di tipo di lettura, la quale abolisce i confini prescritti al lettore di finzioni e all’autore che ne sarebbe l’unico produttore.

3.2

Diversi commentatori hanno notato un simile metodo indiziario in un’altra opera pubblicata negli anni Settanta, Pinocchio: un libro parallelo (1977) di Giorgio Manga- nelli.24Pur considerando il suo statuto generico altamente problematico, il parallelismo che si propone già nel titolo – come in S/Z ma in maniera più esplicita – convoca pro- grammaticamente a fianco del testo originale un’ulteriore possibilità di composizione, mantenendo attiva un certo tipo di relazione metatestuale, estesa nei suoi poteri di esplo- razione e invenzione, ma nondimeno costretta nei limiti del testo-oggetto. Il materiale del commento è il racconto di Collodi, di cui non si contano le riscritture nel secondo Novecento, fra cui Commento alla vita di Pinocchio (1966) e La vita nova di Pinocchio 23 Ivi, p. 175.

24 Manganelli conosceva le opere di Barthes. I due s’incontrarono a Roma già nel 1966 (cfr. Tiphaine Samoyault, Roland Barthes: biographie, Paris, Seuil, 2015, p. 418).

76 Guido Mattia Gallerani

(1971) di Luigi Compagnone, l’adattamento per il teatro preparato da Carmelo Bene nel 1964, Contro Maestro Ciliegia (1977) del vescovo Giacomo Biffi, Pinocchio con gli stivali (1977) di Luigi Malerba. La caratteristica del Pinocchio di Manganelli è l’estensione dei contenuti narrativi effettivamente presenti nel testo commentato:

Le parole così usate saranno simili a indizi – tra delittuoso e criptico – che il libro si è lasciato alle spalle […] direi piuttosto che Pinocchio è altamente indi- ziario, che è un libro di tracce, orme, indovinelli, burle, fughe, che ad ogni parola colloca un capolinea. Il parallelista […] alloggia tra innumerevoli prove, non sa di che. Questo sconcerto è essenziale. Esso gli consente di esercitare la regola aurea del parallelista, che è: «Tutto arbitrario, tutto documentato».25

Soffermiamoci un momento su questa pagina prefatoria (che chiamiamo così in man- canza d’altro, perché essa non ha titolo, ma precede l’inizio del commento) del libro parallelo, entro la quale ritroveremo queste coordinate di lavoro:

Si suppone in genere che un “libro parallelo” sia un testo scritto accanto ad altro, già esistente libro […] avrebbe dunque del commento, e da questo si distin- guerebbe per la continuità; non frammentata a chiosa di singole parole, ma piut- tosto atteggiata a parafrasi volta a volta pantografata o miniaturizzata, o al tutto deviata.26

L’autore non nega che il proprio discorso intrattenga una certa relazione con il ge- nere del commento testuale, ma aggiunge che questa è dovuta al fatto che proprio il Pi- nocchio di Collodi contiene in sé un libro parallelo: «Questa sorta di commentatore non parlerà delle parole che si leggono, ma di tutte quelle che vi si nascondono»; dichiara- zione che discendeva da un’altra possibilità, riconosciuta poco sopra: poter «leggere un bianco, tacere un suono, di ogni lettera fare un’iniziale».27I bianchi che si stagliano sul foglio funzionano come una sorta d’inchiostro invisibile: nascondono un’altra scrittura; sono metafora dei meccanismi di una relazione metatestuale particolare. C’è una forma del commento, evidenziata in un articolo di Michel Charles (che uscirà proprio l’anno seguente al Pinocchio parallelo, nel 1978, e cui si riferisce per definire la relazione metate- stuale lo stesso Genette):28un commento che «ne cite plus, mais procède par allusions textuelles (quasi-citations) […] Éventuellement, la citation apparaîtra, mais sans être “tex- tuelle”, intégrée au discours suivi du commentaire».29Si tratta in sostanza della libera parafrasi di cui parla anche Manganelli nella prefazione, secondo cui il discorso del com- mento non è obbligato a seguire la linearità del commentato, ma può cancellarne alcune parti per evidenziarne altre e per sviluppare, da esse, un proprio discorso derivato. Nel 25 Giorgio Manganelli, Pinocchio: un libro parallelo, Milano, Adelphi, 2002, p. 8.

26 Ivi, p. 7. 27 Ivi, p. 19.

28 «[L]a relation, on dit plus couramment de “commentaire”, qui unit un texte à un autre texte dont il parle, sans nécessairement le citer (le convoquer), voire, à la limite, sans le nommer […] C’est, par excellence, la relation critique» (Gérard Genette, Palimpsestes. La littérature au second degré, Paris, Seuil, 1982, pp. 11-12).

29 Michel Charles, La lecture critique, in «Poétique», xxxiv (1978), pp. 129-151, a p. 148.

Libri paralleli: saggi critici e ibridazione narrativa 77

Pinocchio di Manganelli la differenza tra i due discorsi si staglia sulla pagina a seguito del- l’invasione della scrittura del commento rispetto alle citazioni riportate dal commentato, segnando l’affermazione della propria scrittura sopra, più che contro, quella di Collodi. L’indizio non diviene soltanto una citazione riprodotta e corredata da una spiegazione, ma scava intorno al testo-oggetto il luogo contestuale di un’altra storia, da cui partirà una seconda narrazione.

Vediamo un paio di esempi di parallelismo, scelti tra quelli che presentano un aspet- to più ibrido. All’apertura del libro troviamo un Re assente. Il narratore esordisce con la segnalazione di una storia subito smentita per far spazio a un’altra.30È l’occasione imme- diatamente offerta a Manganelli di ritrovarsi in propria disponibilità una sequenza che esiste nel testo commentato, ma che è tanto velocemente annunciata quanto interrotta. Il Re di quella fiaba s’astiene dall’apparizione per esigenze della trama, per rispetto al pri- vilegio di narrazione che dev’essere concesso al solo personaggio di Pinocchio, nelle prime righe ancora sommerso nell’ignoto. Seguendo l’ipotesi di un processo di rimozione nar- rativa, Manganelli farà ritornare quel Re assente sotto altri panni, e per di più simbolici. Lo ritroveremo camuffato in altri oggetti del racconto: «nascosto in qualunque immagi- ne, oggetto, personaggio; da questo, tramutarsi in quello […] il favolatore ci avverte che al posto del Re c’è un “semplice pezzo di legno da catasta”».31Come succedeva anche in Barthes, il racconto indiziario si basa sul presupposto di leggere nel testo più di quel che vi si scrisse, orientando l’interpretazione a commentare anche quel che il racconto non dice. In un altro passo, proprio nell’ultimo capitolo, dopo l’assimilazione del personaggio del Gatto e di quello della Volpe a «sudditi sventurati» del regno di Acchiappacitrulli, il commento riporta:

Assieme alla svenduta coda volpina, agli occhi del Gatto, da qualche parte de- crepita si disfa in una rivolta di scodati fagiani la città di Acchiappacitrulli, il buon Gorilla giudice è accecato dalla sua “flussione”, l’obesità dell’Omino è sconcia e le- tale idropisia, la finta ilarità eloquente del direttore del circo si tramuta in stermi- nata ciarla demente, la tosse affoga il pescatore verde, è rudere da vipere il Gambero Rosso.32

Il discorso commentativo non apre una continuazione della storia di Pinocchio o del suo mondo; ma rappresenta esplicitamente ciò che comporta il punto fermo impres- so dal narratore: la fine dell’avventura della marionetta, diventato ora un bambino. Con questa scena apocalittica, Manganelli restituisce alla trama commentata il proprio origi- nario potere: quella finzionalità inizialmente riconosciuta patrimonio inesauribile di tut- ti i racconti, ma che, dopo essere stata estesa ai suoi massimi punti elastici, ora ritorna ad accorciarsi, per rientrare infine nei suoi normali confini di fantasia e invenzione. Rinun- ciando al prequel e al sequel, Manganelli termina il proprio commento riconsegnando la parola al racconto ormai concluso, al di qua di ogni sua possibile estensione. I confini entro cui si muove l’ibridazione narrativa del commento trovano un limite invalicabile 30 Manganelli, Pinocchio: un libro parallelo, cit., p. 11.

31 Ivi, p. 13. 32 Ivi, p. 195.

78 Guido Mattia Gallerani

soprattutto in avanti, all’incontro con la frontiera ultima del racconto. In sostanza, la sto- ria principale del burattino e le storie ritrovate di Manganelli si contendono lo spazio di Pinocchio: un libro parallelo, ma nel rispetto di una relazione metatestuale in cui il com- mento critico indaga il proprio commentato attribuendogli i limiti costitutivi del genere narrativo, con una presa di posizione precisa rispetto alle libertà concesse all’invenzione romanzesca e, in maniera complementare, anche al potere della critica di penetrare e re- stituire, con i suoi strumenti d’analisi e con il suo linguaggio, tutta la profondità latente