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4 «L’utopia del saggismo»: contorni evanescenti e com posti instabil

Questa generalizzazione può apparire convincente, ma è tuttavia necessario in qual- che modo isolare il processo che rende così pericolosamente simili le forme brevi wool- fiane. Il fenomeno è per l’appunto la disseminazione di stilemi da un genere all’altro, pra- tica che non inficia minimamente la validità delle demarcazioni, ma che ciononostante complica una ipotetica separazione netta. Il processo creativo della scrittrice dà forma (rovesciando la visione darwiniana dell’ibrido sostanzialmente sterile) a testi afferenti a generi distinti ma che risentono l’uno dei procedimenti dell’altro, presentano l’uno co- strutti più confacenti all’altro, risultando in tal modo modificati geneticamente (e perciò genericamente) dalla contiguità forzata con l’altro.

To call Addison on the strength of his essays a great poet, or to prophesy that if he had written a novel on an extensive plan it would have been “superior to any that we possess”, is to confuse him with the drums and trumpets; it is not merely to overpraise his merits, but to overlook them. […] The Sir Roger de Coverley papers are those which have the most resemblance, on the surface, to a novel. But their merit consists in the fact that they do not adumbrate, or initiate, or anticipate anything; they exist, perfect, complete, entire in themselves. To read them as if they were a first hesitating experiment containing the seed of greatness to come is to

50 Virginia Woolf, 16th October 1930 to Ethel Smyth, in The Letters of Virginia Woolf. 1929-1931, a cura di Nigel Nicolson e Joanne Trautmann, Boston, Mariner Books, 1989, vol. iv, p. 231.

51 Arrigo Stara, «Una perfezione imperfetta». Il racconto italiano nell’età della short story, in «Moderna», xii/2 (2010), pp. 25-44, a p. 29.

52 Virginia Woolf rimproverava l’americano Theodore Dreiser (1871-1945) di peccare nelle capacità fonda- mentali per la scrittura di short stories, ossia «concentration, penetration, form». Cfr. Virginia Woolf,

A Real American, in «Times Literary Supplement» (21 Agosto 1919).

53 Thomas Stearns Eliot, London Letter, in «The Dial», lxxi/2 (1921), pp. 213-217, a p. 217.

54 Edgar Allan Poe, The Philosophy of Composition, in The Works of Edgar Allan Poe, a cura di Edmund C. Stedman e George E. Woodberry, Chicago, Stone e Kimball, 1897, vol. vi, pp. 31-46, a p. 34.

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miss the peculiar point of them. They are studies done from the outside by a quiet spectator.55

Questa posizione permette di sostenere con ragionevole sicurezza che Virginia Woolf aveva ben chiaro in mente il principio secondo cui i suoi saggi, al pari di quelli del prede- cessore augusteo, erano entità autonome e che, per dirla con Lukács, possedevano una forma propria e indipendente. Ma è fuor di dubbio che, nei casi che sono stati posti sot- to esame finora, il concetto di forma stabile è tutt’altro che sottoscrivibile, anzi, molto spesso i testi lo hanno apertamente sfiduciato e messo in crisi. Il concetto di saggio, quin- di, deve essere riconfigurato fino ad assumere – grazie anche alle ibridazioni di Woolf e di tutta una schiera di personalità che si dilettarono coi confini e con le restrizioni56 poetiche riconfigurandole e donando loro una vera e propria iniezione di novità e fre- schezza – una fisionomia ideologica massimamente ingrandita e mirante a un onnicom- prensivismo che spesso, ma non sempre, aiuta nella comprensione dei testi che fanno della non-canonicità la loro prerogativa essenziale. A questa necessità sopperisce l’intervento di Robert Musil e del suo Der Mann ohne Eigenschaften (1930-42). All’altezza del ses- santaduesimo capitolo, Musil presenta una particolare visione del mondo, che va sotto il nome di «Essayismus»: Ulrich, eroe del romanzo, partorisce «un’idea che lui […] col- legava […] allo specifico concetto di “saggio”».57Ulrich (e Robert) passano a definire il saggio come un’entità «che nella successione dei suoi capitoli considera un oggetto sotto molte angolazioni senza metterlo a fuoco nel suo insieme»,58totalmente distinta dalla scienza esatta:

L’interpretazione della parola “saggio” come tentativo allude solo vagamen- te al suo modello principale, quello letterario: un saggio infatti non è l’espressio- ne provvisoria e secondaria di una convinzione che, a una migliore occasione, po- trebbe essere elevata a verità, ma altrettanto facilmente riconosciuta come errore […]; un saggio è invece la forma unica e immutabile che la vita interiore di un uomo assume in un pensiero decisivo. Nulla gli è più estraneo del carattere irre- sponsabile e approssimativo delle idee che viene chiamato soggettivo, ma neppu- re “vero e falso”, “intelligente e sciocco” sono concetti applicabili a tali pensieri, i quali però sottostanno a leggi non meno rigorose di quanto appaiano delicate e inesprimibili.59

Questa «utopia del saggismo» trasla il concetto di saggio dal campo materiale della pratica letteraria verso le ben più astratte vette dell’epistemologia delle scienze umane; 55 Virginia Woolf, Addison, in Woolf, The Common Reader: First Series, cit., pp. 42-47, alle pp. 42-47. 56 Si pensi solamente all’esempio che all’autrice veniva fornito da Laurence Sterne, e dalla sua prosa così poe-

ticamente connotata e arditamente sperimentale rispetto alle categorie prestabilite e ai confini tra generi. A dimostrazione di quanto sempre in Woolf la consapevolezza critica sia un prerequisito fondamentale dell’atto creativo, basti rammentare questo commento sul Tristram: «It is a book full of poetry, but we never notice it; it is a book stained deep purple, which is yet never patchy. Here though the mood is chan- ging always, there is no jerk, no jolt in that change to waken us from the depths of consent and belief (Woolf, The Narrow Bridge of Art, cit., p. 21).

57 Robert Musil, L’uomo senza qualità, a cura di Adolf Frisé, Milano, Mondadori, 1998, p. 336. 58 Ivi, p. 345.

59 Ivi, p. 348.

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il saggio, da genere letterario, da forma specifica di testi dotati di caratteristiche comu- ni (l’accezione che nel testo è definita «modello letterario»), subisce una metamorfosi sostanziale, passando da materia a spirito: si rende correlativo letterario della scelta esi- stenziale degli uomini che non vogliono né trovare a tutti i costi la verità, né dare libe- ramente sfogo alla loro soggettività, ma che desiderano semplicemente «qualcosa di in- termedio».60Il saggio, quindi, è una forma mentis, quasi una disposizione dello spirito, un atteggiamento assunto da un essere umano al momento di affrontare la propria vi- ta. Anche nel suo primissimo pronunciamento sul genere in sé (tra le pagine di «Die Neue Rundschau» del 1913), certamente più ancorato alla dimensione testuale, s’intra- vede un barlume di quel processo che condurrà l’idea musiliana di saggio all’ascensione da un ambito prettamente testuale verso una dimensione più ideologica, in cui il saggio diventa una realtà «scarsamente traducibile in pensiero concettuale quanto una poesia in prosa»,61che ha il compito di presentare pensieri che sorgono e rimangono «radicati indissolubilmente in un humus compatto di sentimento, di volontà, di esperienze perso- nali e di complessi di idee collegati in modo tale che solo nell’atmosfera psichica di una situazione interiore unica essi ricevono e danno piena luce». Se la scienza vuole mettere in collegamento i fatti, il saggio si deve accontentare di ripescare dal flusso della corrente del pensiero del suo autore «una vecchia scarpa rotta, un brandello di pensiero gettato via, qualche ridicola quisquilia».62Il saggio, per la maniera in cui lo presenta Musil, è allego- ricamente accostabile a un’eterea ninfa che fugge da un libidinoso satiro. E così come a Dafne fu concesso di trasformarsi in alloro per sfuggire ad Apollo, il saggio elude i tentati- vi di essere indagato razionalmente e di essere sistematizzato, dato che al momento in cui queste forzature scientifiche vengono messe in opera, esso «avvizzisce». La motivazione di ciò è fornita dall’autore al principio della sua trattazione del genere: il saggio è pura letteratura e, in quanto tale, intraducibile in pensiero concettuale; esso è per l’appunto «la forma unica e immutabile che la vita interiore di un uomo assume in un pensiero decisivo»: unico, irripetibile e non soggetto ai mutamenti delle vicissitudini umane, il saggio, eternizzando il pensiero, il flusso della coscienza, non teme, al pari di qualsiasi altro tipo di opera d’arte, lo scorrere del tempo e il mutare delle opinioni. Ciò che si in- tende per saggio necessariamente trascende le frontiere di genere, assume una vitalità e una grandezza che ben poco si adattano all’immagine che di esso ci hanno tramandato le storie letterarie. Il saggismo prende la forma di un afflato filosofico soggiacente all’a- gire umano, un modus sentiendi tramite le cui direttrici l’essere umano può tentare di capire e interpretare il mondo. Se, com’è appropriato per il discorso portato avanti in questa sede, si riportasse la disputa entro le mura della polis letteraria, si potrebbe vedere il saggio come «a genre operating within the genres, one that has since the Renaissance continuously permeated and shaped what we normally think of as imaginative literatu- re».63La caratteristica intragenerica ben rende l’idea musiliana del saggismo come stato 60 Ivi, p. 350.

61 Robert Musil, Franz Blei, in Sulla stupidità e altri scritti, a cura di Andrea Casalegno, Milano, Mondadori, 1986, pp. 65-69, a p. 68.

62 Robert Musil, Saggismo, in Saggi e lettere, a cura di Bianca Cetti Marinoni, Torino, Einaudi, 1995, pp. 193-203, a p. 192.

63 Robert Atwan, Essayism, in «The Iowa review», xxv/2 (1995), pp. 6-14, a p. 6.

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d’animo, come un’essenza che fluttua indisturbata e modifica ciò che con essa entra in contatto:

The essayistic elements contained in such works as these are not parasitical or excisable parts; they represent compositional features wholly essential to the author’s aesthetic vision. Very often, the essay operates inside works of fiction in a conflictual manner that may be read, as in Hawthorne, Melville, or Kundera, as an analogue of other contentions (thematic, psychological, ideological) within the story.64

Questa idea del saggismo è stata trattata in maniera impeccabile da Claire de Obal- dia. Il nocciolo teorico dello studio che Obaldia fa del genere saggio è proprio quello che può essere intravisto in Musil e che era stato preliminarmente abbordato da Robert Atwan: nella storia letteraria di ciò che comunemente viene indicizzato come saggio è fondamentale discernere tra due entità, l’essay e l’essaying. L’essay è l’oggetto materiale, prodotto letterario del saggista, percepito, nella maggioranza dei casi, come un genere con delle regole. L’essaying è invece l’atteggiamento che può o meno essere insito nell’at- to di scrittura di un autore: quell’atto di disseminazione di qualità proprie della forma saggio in seno a opere che fanno parte di generi diversi:

Everything about the essay contributes to looking at it – or for it – in other genres, which turns evanescence and obsolescence into its very substance. Ultima- tely, this must be because the essayistic supplements something which is already present in the genres in relation to which it is defined.65

È quindi questo spirito saggistico che ibrida le short stories? O sono forse gli stile- mi narrativi a migrare? Che i due generi si incontrino a metà strada? Vista la notevole perizia con cui Woolf si dedicò all’attività saggistica, si potrebbe persino ipotizzare una preminenza del polo della prosa più tradizionalmente referenziale. Senza dubbio, con ta- li riflessioni non si vuole eliminare il confine; solamente, casomai, aggiustarlo secondo le esigenze, tanto più che è lecito pensare che Woolf non avesse la ben che minima intenzio- ne di annullare i due generi per crearne uno solo, ibridato. Se la riprova della precisione usata dalla scrittrice in merito di etichette non bastasse, potrà sembrare una chiusa adatta lo spoglio delle occorrenze della parola «hybrid» nel corpus dei saggi e delle short stories. Il risultato è a dir poco esilarante. Il termine appare in Three Guineas, e due volte in The Narrow Bridge of Art. La prima occorrenza è «hybrid age»,66nella successiva il termine è attributo a delle emozioni, che sono «monstruos, hybrid, unmanageable»,67l’ultima occorrenza contrassegna l’arte della biografia, tanto cara all’autrice, ma nella sua decli- nazione vittoriana, quale parto «parti-coloured, hybrid, monstruous». Perciò è chiaro che la scrittrice attribuiva al termine, se non valore completamente negativo, almeno una connotazione di sospettosa diffidenza.

64 Ivi, p. 9.

65 Claire de Obaldia, The Essayistic Spirit: Literature, Modern Criticism and the Essay, Oxford, Clarendon Press, 1995, p. 23.

66 Virginia Woolf, Three Guineas, London, The Hogarth Press, 1938, p. 1. 67 Woolf, The Narrow Bridge of Art, cit., p. 12.

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E senza dubbio Woolf, per quel che riguarda l’ibridazione, fu una «maestra del so- spetto». È vero che i suoi accorgimenti sono spesso così delicatamente impercettibili da risultare indistinguibili, ma il lettore percepisce sempre la speciale provvidenza e la ma- gistrale lungimiranza che stanno alla base della maniera in cui la scrittrice decide di porci di fronte alla morte di una falena, sebbene Virginia non si curi mai di rivelarci il perché delle sue scelte, ma sembri piuttosto ammonirci, in coro col Danese,68«Oh, I could tell you – But let it be».69

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gation of vapours» (William Shakespeare, Hamlet, II, 2, vv. 302-303. Il paragone Amleto-saggista è di Alexander J. Butrym, Binding Proteus, in Essays on the Essay: Redefining the Genre, a cura di Alexander J. Butrym, Athens (GA)-London, Georgia University Press, 1989, pp. 11-28.

69 William Shakespeare, Hamlet, V, 2, vv. 331-332.

64 Paolo Bugliani

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66 Paolo Bugliani

parole chiave

Saggio, Racconto, Commistione fra Generi, Forme Ibride, Saggismo, Critica Lette- raria.

notizie dell’autore

Paolo Bugliani è dottorando in Letteratura inglese presso il dipartimento di Filolo- gia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa dove sta concludendo una tesi sul saggista romantico Charles Lamb. La ricerca in tale direzione l’ha portato a effettuare delle incursioni nel saggismo modernista (Virginia Woolf e l’ibridazione dei confini tra i generi letterari), contemporaneo (Jonathan Franzen e il life-writing). Altra linea di ri- cerca si focalizza sul rapporto tra Dante e i saggisti romantici inglesi («Hunt, Dante e Francesca», contributo al PRA 2015 Dislocations/Dislocazioni: lingue e letterature in prospettiva transnazionale del Dipartimento FiLeLi dell’Università di Pisa). Di prossi- ma pubblicazione alcuni contributi a convegni (Forma Critica, Padova, Novembre 2014; A Language of One’s Own, Pisa, Dicembre 2014; Viaggi per scene in movimento, Pisa, Febbraio 2016).

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come citare questo articolo

Paolo Bugliani, La «speciale provvidenza» nella caduta di una falena: ibridismi woolfiani tra saggio e short story, in «Ticontre. Teoria Testo Traduzione», v (2016), pp.43–66.

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