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Senza alcuna pretesa di esaustività e compiendo una sintesi che tralascia necessariamente molti aspetti discussi in dettaglio nella seconda parte del presente Rapporto, si ritiene utile offrire un quadro riassuntivo dei principali temi di attenzione specifici rilevati nell’approfondimento delle quattro direttrici del III Piano di azione. È questa pertanto solo una suggestione rispetto all’ampiezza e alla complessità delle criticità e delle prospettive di sviluppo segnalate in sede di monitoraggio.

A. Consolidare la rete integrata dei servizi e il contrasto all’esclusione sociale

Criticità

 Si rileva la mancanza di una legge nazionale che definisca i livelli essenziali dei servizi educativi per la prima infanzia e l’assenza di un progetto di finanziamento a lungo termine per garantire solidità allo sviluppo di questi servizi e ridurre lo squilibrio Nord-Sud in questo settore;

 si segnala la carenza di dati quanti-qualitativi sulle modalità adottate per favorire la frequenza di bambini appartenenti a nuclei familiari in condizioni di disagio e a rischio di esclusione sociale;

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 si rileva un preoccupante sfilacciamento dei processi decisionali e dei processi di presa in carico dei minori, nonché tra processi decisionali e di allocazione delle risorse fra le varie articolazioni dell’apparato istituzionale e fra i diversi rami dei servizi territoriali;

 si evidenzia il rischio di arretramento ulteriore rispetto ad una prospettiva di azione che faccia leva sul piano promozione e della prevenzione, due dimensioni fondamentali per sostenere strategie e interventi volti a rafforzare le risorse e i fattori protettivi in grado di accompagnare lo sviluppo dei bambini e le loro famiglie in un’ottica anche di sostegno e arricchimento delle funzioni genitoriali e per la riduzione del rischio di fallimenti sociali e individuali quali l’abbandono scolastico;

 si conferma una debolezza complessiva del sistema di monitoraggio e valutazione degli interventi realizzati nei diversi territori: mancano adeguati strumenti di valutazione della qualità dei servizi, tali da metterli nella condizione di legittimare il mandato che hanno assunto a garanzia della qualità e dell’efficienza delle prestazioni erogate;

 si osserva la mancanza una strategia finalizzata a rilanciare il tema della prevenzione e del contrasto della violenza ai danni di bambini e adolescenti attraverso una programmazione finalizzata. Così come richiesto da autorevoli attori in sede internazionale (Consiglio d’Europa, Commissione europea, ONU, ecc.);

 si sottolinea la carenza di ricerche di ampio respiro, anche longitudinali, per indagare aspetti della vita quotidiana di bambini e adolescenti ancora poco conosciuti, tra questi il fenomeno dei fallimenti adottivi oppure l’inclusione delle seconde generazioni.

Prospettive di sviluppo

 Ricostituire e ri-finanziare un fondo almeno triennale per i servizi educativi per la prima infanzia, rimandando a specifici accordi in sede di Conferenza Unificata la definizione delle modalità di ripartizione al fine di garantire sia sostegno ai costi di gestione, sia adeguati investimenti per lo sviluppo;

 promuovere un progetto di revisione della normativa su servizi e scuola per l’infanzia e soprattutto sulle professioni educative;

 promuovere azioni finalizzate alla prevenzione e diagnosi precoce della disabilità, insieme al consolidamento dei percorsi di formazione degli insegnanti;

 individuare interventi “sostenuti da dati di efficacia per sostenere le famiglie che vivono una situazione di difficoltà economica, di fragilità cronicizzata o di precarietà temporanea (declinata come indigenza materiale, povertà culturale, difficoltà relazionale, invisibilità sociale, solitudine affettiva) per contrastare il ricorso agli allontanamenti;

 garantire l’accesso di tutti i bambini all’istruzione di base, con particolare riguardo alle persone in crescita più fragili (con bisogni educativi speciali, provenienti da famiglie povere, da situazioni multi-problematiche, migranti, ecc.) e sviluppare azioni di orientamento che, partendo dalla dimensione del sé e della storia personale, consentano a ogni bambino la fruibilità delle diverse opportunità formative presenti nel territorio di appartenenza;

 potenziare l’adozione di un approccio “globale” nella gestione dei minori che entrano nel sistema penale minorile andrebbe: l’esecuzione penale va concepita come un’azione multi-livello, volta a bilanciare una serie di variabili, fra le quali l’evoluzione della personalità del minore, le esigenze educative emergenti, l’esposizione al rischio di disagio psicologico e sociale, altri fattori interagenti (come gli aspetti familiari, sociali e ambientali), e così via;  rafforzare il grado di coesione delle comunità locali, che può evidentemente interferire con

l’efficacia delle prestazioni dei servizi sociali: andrebbe potenziato il concetto di community care (riferito alla responsabilizzazione che ciascuna comunità dovrebbe avere rispetto ai problemi che la riguardano);

 potenziare il contributo dell’associazionismo e del terzo settore attraverso il riconoscimento e il rafforzamento di quei percorsi di collaborazione che si sono rivelati virtuosi, per

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realizzare un sistema chiaro e condiviso di corresponsabilità nei diversi interventi di presa in carico dei minori, rispettosi delle singole sfere di competenza e di azione.

B. Rafforzare la tutela dei diritti

Criticità

 Si segnala che le norme che riguardano i minori sono frammentarie e dispersive e la frammentarietà si riscontra anche nei riti e nelle competenze degli organi giudiziari nelle materie di famiglia e minori;

 si segnalano difficoltà nel raccordo tra magistratura e servizio sociale, da garantire invece nel rispetto delle specifiche funzioni;

 si rileva la necessità di incrementare il livello di specializzazione di tutti i soggetti coinvolti nei procedimenti che vedono coinvolti dei minori (magistrati, avvocati, assistenti sociali);  si segnala l’esigenza di potenziare il raccordo tra il garante nazionale e quelli regionali, ove

istituiti;

 si osserva la carenza di strutture idonee per l’ascolto del minore all’interno dei tribunali;  si rilevano discrepanze eccessive a livello territoriale nell’assistenza garantita ai bambini

disabili e con disturbi specifici dell’apprendimento, nonostante le norme esistenti. Prospettive di sviluppo

 Organizzare il panorama normativo attraverso un testo unico/statuto e una riorganizzazione delle fonti secondarie (regolamenti);

 rafforzare le strutture per la mediazione familiare e culturale e armonizzare la situazione sul territorio;

 assicurare le regole del “giusto processo” nel rispetto delle diverse parti, delle diverse identità professionali e delle diverse responsabilità nei procedimenti minorili;

 individuare un’unica autorità giudiziaria specializzata con competenza esclusiva in materia minorile;

 garantire la rappresentanza processuale del minore e il diritto ad essere riconosciuto come parte nel processo

 mantenere la figura del giudice onorario o sostituirla con esperti che non prendano parte alla decisione del giudice

 approvare un ordinamento penitenziario specifico per i minori; attuazione degli ICAM previsti;

 introdurre un diritto penale sostanziale specifico per i minorenni e introdurre un sistema sanzionatorio che privilegi l’aspetto riparatorio e di responsabilizzazione, anche attraverso l’istituto della mediazione;

 migliorare il sostegno delle famiglie affidatarie quando si tratta di bambini disabili;

 prevedere una formazione migliore per gli insegnanti e per gli operatori scolastici in relazione ai diritti e ai bisogni dei bambini e adolescenti disabili e con disturbi specifici dell’apprendimento;

 integrare le norme vigenti con disposizioni che prevedano la fissazione con precedenza delle udienze che coinvolgono i minori, anche quando non ci sono persone minori detenute.

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C. Favorire la partecipazione per la costruzione di un patto intergenerazionale

Criticità

 Si rileva che non sempre trovano supporto dal sistema delle garanzie e delle tutele dei genitori, in particolare di quelli lavoratori, l’affermazione di una nuova cultura della nascita (basata sulla promozione della fisiologia del parto e dell’allattamento al seno) e della responsabilità genitoriale condivisa. Ad esempio, malgrado le indicazioni (formulate dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità) ad un allattamento esclusivo al seno fino al sesto mese compiuto del bambino, si osserva come le madri che lavorano con contratti precari e meno garantisti dal punto di vista economico e degli orari, in un numero significativo di casi, scelgono di rientrate a lavoro al termine dell’astensione obbligatoria. Oppure, altro esempio, è il numero esiguo di giorni di astensione obbligatoria dei padri lavoratori previsto per legge;

 si rileva il permanere di impostazioni culturali e professionali che spesso tendono alla sanitarizzazione dell’evento nascita. In questo senso, significativo è il tasso di parti cesarei in Italia (38,3% nel 2008), che è di gran lunga lontano dalla soglia del 15% indicata dall’OMS;

 si osserva che alcuni orientamenti della comunità europea in materia di tutela delle lavoratrici e dei lavori padri, non sono stati, per gli Stati membri, di tipo prescrittivo ma si sono tradotti in semplici indicazioni. Ciò ha fatto sì che, anche in Italia, non si è arrivati a un rimodulamento della disciplina vigente, ad esempio in materia di congedi parentali;

 si sottolinea la mancanza di politiche generali improntate alla partecipazione che si configura più spesso come un “principio generale”, senza trovare nelle politiche centrali e locali una concreta applicazione pratica. Infatti, la scarsa valorizzazione del rapporto intergenerazionale sia nella sua dimensione comunicativa sia in quella educativa, spesso rende la partecipazione dei minori più un atto formale che concreto.

Prospettive di sviluppo

 Favorire la cooperazione e l’integrazione funzionale tra i livelli istituzionali nel contesto ospedaliero e sul territorio, secondo modelli operativi volti a garantire unità, coerenza ed efficienza degli interventi dell’area materno-infantile;

 incrementare la diffusione dei Centri di assistenza alla nascita, in particolare nel centro, e nel sud Italia e isole; in quanto luoghi di “continuità” dell’assistenza alla puerpera e al neonato;  procedere ad un più completo recepimento delle sollecitazioni maturate in sede europea in

materia di congedi parentali poiché le misure individuate dalla recente riforma del mercato del lavoro, introdotta dalla legge 92/2012, ridimensionano di molto, e in parte non accolgono, quanto in discussione nelle proposte parlamentari fino ad oggi in discussione e, in ogni caso, non rispondono appieno alle indicazioni contenute nelle direttive europee in materia;

 ridefinire il concetto di “partecipazione” attraverso una declinazione di tale principio generale, in atti e azioni che rendano concreti ed efficaci il coinvolgimento e il diritto all’ascolto dei ragazzi;

 promuovere azioni culturali, formative e di scambio che rendano le istituzioni maggiormente attente e sensibili ai bisogni educativi delle nuove generazioni e degli adulti che le affiancano. In questo senso, sarebbe auspicabile un maggior investimento nella formazione sia degli operatori che vivono a contatto con i minori nei diversi contesti di vita, sia delle figure genitoriali e della famiglia più in generale.

46 D. Promuovere l’interculturalità

Criticità

 Si segnala la mancanza di dati relativi alla condizione dei minori stranieri o rom, sinti e caminanti nei diversi campi di interesse del Piano di azione (ambito della formazione, carcere, sanitario);

 si osserva la carenza di politiche integrate per l’inserimento e l’integrazione sociale dei minori stranieri, rom, sinti e caminanti: carenza che si riflette nella messa a punto di politiche emergenziali e a breve termine sul tema relativo allo sviluppo di politiche interculturali e di inclusione sociale. La carenza di politiche integrate si riflette inoltre sulla mancanza di un coordinamento efficace tra servizi deputati all’inclusione sociale e tra servizi e territorio;

 si rileva uno scarso investimento nella formazione degli operatori dei diversi settori (formazione/educazione, sanitario, immigrazione…).

Prospettive di sviluppo

 Incentivare politiche proattive rispetto al tema dell’interculturalità e dell’inclusione sociale dei minori e che prevedano a livello nazionale azioni orientate alle pari opportunità di accesso ai servizi, alla formazione, al lavoro;

 riqualificare i servizi in senso interculturale e sviluppare un sistema integrato che permetta un mutuo riconoscimento e dialogo tra servizi e territorio oltreché con le comunità e associazioni di stranieri;

 realizzare strategie mirate su argomenti specifici, quali il ricongiungimento familiare dei minori stranieri, l’integrazione delle seconde generazioni, i minori stranieri non accompagnati.

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Parte seconda

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SINTESI DEI PRINCIPALI NODI CRITICI E TEMI DI ATTENZIONE IN RELAZIONE ALLE AZIONI DEL PIANO ANALIZZATE

Gruppo di lavoro n. 1 Consolidare la rete integrata dei servizi e il contrasto

all’esclusione sociale

Questi sono i principali nodi critici ricorrenti discussi e analizzati in sede di gruppo di lavoro. La disponibilità dei dati

Laddove per alcuni temi si è riscontrata una notevole disponibilità di dati, completi e aggiornati, l’esigenza di disporre di dati aggiornati al momento non disponibili a livello ufficiale per molte problematiche di rilievo è emersa in modo chiaro e stringente: non soltanto a fini di monitoraggio delle caratteristiche dei fenomeni rilevanti per il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, delle politiche e degli interventi, ma anche per avviare pratiche efficaci di valutazione delle azioni messe in atto dai servizi e degli esiti dei percorsi di sostegno delle famiglie.

Integrazione socio-sanitaria: la problematica trasversale per eccellenza

Al momento, un’efficace integrazione appare principalmente riconducibile ad accordi di livello locale e alla “buona volontà” di responsabili ed operatori dei servizi, più che su una chiara definizione dei ruoli e dei compiti di ognuno. Il processo di integrazione tra le competenze e le funzioni dei servizi degli enti locali e delle aziende sanitarie, infatti, non potrà compiersi definitivamente fino a quando non saranno riconosciuti a pieno titolo tra le prestazioni sanitarie obbligatorie anche e soprattutto i percorsi di presa in carico dei nuclei in difficoltà e a rischio di allontanamento dei minori.

Un approccio multidisciplinare globale ai problemi dei bambini e delle famiglie

Di fronte a una complessiva frammentazione delle politiche e alla scissione tra gli interventi preventivi e riparativi, si è fortemente evidenziata l’importanza di diffondere un approccio multidisciplinare alle problematiche dell’infanzia e dell’adolescenza, con interventi flessibili ed integrati tra le diverse professionalità e i diversi enti ed organizzazioni competenti (servizi sociali ed educativi, servizi consultoriali e di pediatria, scuola, centri diurni, strutture residenziali, associazioni di volontariato).

Operatori, educatori, adulti formati

La formazione di base e continua appaiono come una condizione indispensabile sia per costruire una base solida ed aggiornata di conoscenze e di strumenti, che è parte fondamentale della professionalità degli operatori e pre-condizione importante per il rafforzamento delle capacità programmatorie e organizzative, sia per la costruzione di linguaggi condivisi, lo sviluppo di prassi operative comuni e la riuscita dei percorsi di intervento.

Lavorare per la prima infanzia.

Al fronte della disomogenea diffusione su scala nazionale dei servizi per la prima infanzia e delle differenti regolamentazioni di settore a livello regionale, risulta fondamentale:

- una cornice normativa di riferimento nazionale, che individui i servizi per la prima infanzia quali servizi fondamentali, a presidio della qualità degli stessi.

- la creazione di un fondo a carattere pluriennale, a garanzia della sostenibilità dei servizi e di adeguati investimenti per lo sviluppo.

50 Le risorse per il welfare

Un elemento di forte criticità che ha permeato la discussione in modo trasversale fa riferimento alla progressiva riduzione delle risorse statali e regionali disponibili per il sistema del welfare: ciò mette in discussione l’intera sostenibilità delle risposte costruite nel corso degli anni; si riverbera sui diversi settori, rendendo difficoltoso assicurare alcune funzioni fondamentali dei servizi socio-sanitari; fa venir meno l’apporto delle équipe integrate multiprofessionali nei servizi, determina difficoltà nella presa in carico dei minori con disturbi cd. “borderline”; rende necessario, in alcune situazioni, il ricorso a servizi privati, non soltanto per la cura, ma anche nella fase diagnostica.

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Direttrice di azione A. Consolidare la rete integrata dei servizi e il contrasto

all’esclusione sociale. Analisi delle azioni

Premessa

Sui temi del consolidamento della rete integrata dei servizi e del contrasto all’esclusione sociale, il Piano di azione indicava come ambiti di attenzione:

 il processo di attuazione del federalismo fiscale per l’impatto che questo ha sulle politiche per l’infanzia e l’adolescenza e, più in generale, sulla definizione delle prestazioni sociali concernenti i diritti civili e sociali dei minori;

 il diritto del bambino a vivere in un ambiente familiare, in primo luogo la sua famiglia, che quindi deve essere sostenuta per ridurre il rischio di esclusione sociale, di impoverimento delle capacità di cura ed educative, di isolamento relazionale;

 il diritto del bambino a beneficiare di adeguate e tempestive risposte di protezione, tutela e cura a fronte di situazioni di disabilità, pregiudizio e gravi traumi cui può essere esposto;  l’ampliamento e il consolidamento del sistema integrato dei servizi per la prima infanzia,

quale importante risorsa a fianco del percorso di crescita del bambino e della sua famiglia, e fattore di sviluppo complessivo del Paese nell’ottica degli obiettivi di Lisbona.

Le finalità generali che le azioni proposte intendono perseguire sono:

 la protezione del minore e della sua famiglia grazie ad azioni di consolidamento e di messa a sistema degli interventi che facilitino l’utilizzazione di un’adeguata rete di servizi capaci di sostenere la funzione genitoriale;

 il superamento della logica emergenziale;

 la lotta alla povertà attraverso la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona per rendere effettivamente fruibile il diritto incomprimibile ad una esistenza libera e dignitosa.

Il piano pertanto individua azioni finalizzate ad assicurare l’uguaglianza di opportunità, l’equità nella distribuzione delle risorse, la qualità dei servizi e dei modelli organizzativi, e una visione unitaria e integrata degli interventi e delle politiche per l’infanzia sull’intero territorio nazionale. Si rileva la necessità di addivenire: a una condivisione dei criteri per la definizione dell’appropriatezza degli interventi secondo un approccio multidisciplinare e sistemico; al ripensamento del ruolo dei servizi pubblici in una direzione che privilegi la funzione di programmazione e di governo del welfare; alla valorizzazione dell’apporto del privato sociale e della comunità locale; all’individuazione di criteri e metodi per la verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni.

Questo documento costituisce una sintesi della ricchezza del dibattito e del confronto che ha impegnato i componenti del gruppo di lavoro n. 1 dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza “Consolidare la rete integrata dei servizi e il contrasto all’esclusione sociale”, chiamati a riunirsi nel quadro delle attività di monitoraggio del III Piano biennale nazionale di azioni e interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva. Il lavoro svolto dal gruppo è stato teso a individuare alcune fra le dimensioni prioritarie che caratterizzano le politiche che attualmente si stanno proponendo in Italia a favore dell’infanzia e dell’adolescenza, e quindi il lavoro compiuto dalle istituzioni centrali dello Stato, le Regioni e Province autonome, gli enti locali, le formazioni sociali e tutti gli altri attori della società civile impegnati nella promozione del benessere di bambini e adolescenti.

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AZIONE A01 – POTENZIAMENTO DELLA RETE DEI SERVIZI INTEGRATI PER LA PRIMA INFANZIA

Sintesi degli elementi più significativi dell’azione: analisi di contesto, orientamenti generali, tipologia di interventi e tematiche emergenti

Il tema delle politiche per l’infanzia riveste, nelle società contemporanee occidentali (e non solo), un ruolo centrale ed estremamente delicato. Al fine di comprendere a fondo le motivazioni di questo chiaro rilancio di interesse, bisogna chiarire che il dibattito attorno a tali politiche e ai servizi educativi per bambini 0-3 anni si pone al punto di incrocio di questioni complesse e, spesso solo apparentemente, divergenti.

In Italia sono storicamente ravvisabili iniziative sporadiche e poco interconnesse in favore della prima infanzia, che non possono mai essere identificate come una policy specifica. L’area della prima infanzia è stata oggetto di interventi “spot” e declinabili entro limiti temporali facilmente definibili che non hanno favorito lo sviluppo e il consolidamento della rete di questi servizi. Se escludiamo tutti gli interventi in cui la materia dei servizi educativi è stata affrontata solo in maniera marginale o indiretta, dal 1977 al 2007 (eccezione fatta per il 1997, anno di emanazione della legge 285/1997 in cui, all’art. 5, vengono introdotti i primi due servizi integrativi al nido: Spazio gioco per bambini e Centro per bambini e famiglie), non ci sono stati interventi legislativi rilevanti: in particolare non c’è stato un interessamento diretto da parte dello Stato e, tanto meno, modalità concrete per accompagnare le Regioni verso una crescita quantitativa e qualitativa di questi servizi. A oltre 40 anni dalla legge istitutiva 1044 del 1971 non è stato ancora delineato un quadro di riforma organica per i servizi educativi che muova dai diritti dei bambini alla cura e all’educazione e ne identifichi i livelli essenziali. Ciò tuttavia non ha impedito un naturale processo evolutivo di questi servizi; nel corso del tempo, infatti, è andata mutando l’identità e la rappresentazione sociale dei servizi educativi per l’infanzia e si è compiuto un passaggio storico:

 da servizi di supporto alla famiglia e alle istanze di emancipazione femminile (legge

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