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Algebre di Cli fford e Spinori X.1. Algebre reali associative unitarie

Raccogliamo in questo paragrafo alcuni risultati generali sulle algebre associa-tive unitarie che utilizzeremo per descrivere le algebre di Clifford.

In questo paragrafo indicheremo con A un’algebra associativa e unitaria su un campo k di carattersitica zero.

Z2-gradazioni. Ricordiamo che una Z2-gradazione di A `e una decomposizio-ne di A in somma diretta di sottospazi vettoriali

(10.1.1) A = A0⊕ A1, con ab ∈        A0 se a, b ∈ A0o a, b ∈ A1, A1 se a ∈ Ai, b ∈ Ajcon 0 ≤ i , j ≤ 1. In particolare, A0`e una sottoalgebra di A ed A1un A0-modulo.

Data una Z2-gradazione (10.1.1) di A, l’applicazione

λ: A = A0⊕ A13 a0+ a1−→ a0− a1∈ A (a0∈ A0, a1∈ A1)

`e un automorfismo di A con λ2= I (l’identit`a di A). Viceversa, ogni involuzione λ dell’algebra A ne definisce una Z2gradazione, con

A0λ = {a ∈ A | λ(a) = a}, A1

λ= {a ∈ A | λ(a) = −a}.

Se τ `e un elemento di A per cui τ2sia un elemento invertibile del centro di A, allora l’applicazione ad(τ) : A 3 a → τaτ−1∈ A `e un’involuzione di A, che si dice interna.

Definizione X.1.1. Una Z2-gradazione di un’algebra associativa unitaria A si dice interna se `e associata ad un’involuzione ad(τ) per un elemento invertibile τ del centro di A. Altrimenti si dice esterna.

Per semplicit`a, indicheremo i sottospazi associati all’involuzione interna ad(τ) con Aiτinvece che con Aiad(τ).

Un automorfismo di A trasforma Z2-gradazioni in Z2 gradazioni. Se ψ ∈ Aut(A), abbiamo ψ(Aiλ)= Ai

ψ◦λ◦ψ−1.

Definizione X.1.2. Due Z2-gradazioni di A sono equivalenti se le involuzioni che le definiscono sono coniugate mediante un automorfismo dell’algebra.

Poich´e ψ ◦ ad(τ) ◦ ψ−1= ad(ψ(τ)), una Z2-gradazione equivalente a una grada-zione interna `e interna.

Algebre di matrici. Sia A `e un’algebra associativa unitaria, con identit`a 1. Indichiamo con A(n) l’algebra associativa unitaria delle matrici n×n a coefficienti in A, con l’operazione di prodotto righe per colonne di matrici.

Saremo nel seguito particolarmente interessati al caso n= 2.

Lemma X.1.3. A(2) ammette una Z2-gradazione A(2) = A0(2) ⊕ A1(2), con A0(2) isomorfa ad A ⊕ A. Dimostrazione. Poniamo (10.1.2) A0(2)= ( a b ! a, b ∈ A ) , A1(2)= ( a b ! a, b ∈ A ) . Si verifica immediatamente che questi sono i sottospazi di una Z2-gradazione di

A(2) con le propriet`a desiderate. 

Definizione X.1.4. Chiamiamo standard la gradazione A(2) = A0(2) ⊕ A1(2) di A(2) in (10.1.2).

Lemma X.1.5. Se A = A0⊕ A1 `e un’algebra Z2-graduata, l’applicazione (10.1.3) ψ: A = A0⊕ A13 a0+ a1−→ a0 a1

a1 a0 !

∈ A(2) (a0∈ A0, a1 ∈ A1) `e un monomorfismo di algebre graduate che identifica A ad una sottoalgebra

graduata di A(2). 

Somma diretta di un’algebra con se stessa.

Lemma X.1.6. La somma diretta A ⊕ A di due copie di un’algebra associativa unitaria A ammette una Z2-gradazione con(A ⊕ A)0isomorfa ad A.

Dimostrazione. Basta porre

(10.1.4) (A ⊕ A)0= ∆A= {(a, a) | a ∈ A} e (A ⊕ A)1= {(a, −a) | a ∈ A}. La verifica che questa sia una Z2-gradazione con le propriet`a desiderate `e

imme-diata. 

Lemma X.1.7. La corrispondenza

(10.1.5) (a, b) ←→ 12 a+ b a − b

a − b a+ b !

`e un omomorfismo di algebre graduate da A ⊕ A in A(2) che identifica la somma diretta alla sottoalgebra delle matrici bi-simmetriche di A(2).  Estensione di un’algebra Z2-graduata. Possiamo utilizzare l’isomorfismo del Lemma X.1.5 per definire in modo canonico il prolungamento di A mediante l’aggiunta di una radice di −1. Infatti

J2= −1 1 !

∈ A(2) \ ψ(A) e I2= −I2.

X.1. ALGEBRE REALI ASSOCIATIVE UNITARIE 175

Definiamo sull’algebra Z2-graduata A = A0⊕ A1il coniugio a0+ a1= a0− a1, ∀a0 ∈ A0, a1∈ A1. Abbiamo allora

Proposizione X.1.8. L’immagine ψ(A) in A(2) e J2generano la sottoalgebra graduata di A(2) (10.1.6) M(A) = ( ξ η −η ξ ! ξ, η ∈ A ) ,

con M0(A) ' A e M1(A) = J2M0(A). 

Lemma X.1.9. `E

(10.1.7) M(A ⊕ A) ' A(2).

Dimostrazione. Gli elementi di M(A ⊕ A) sono le matrici

1,1, η1,1) (ξ1,2, η1,2) (ξ2,1, η2,1) (ξ2,2, η2,2) ! con                          ξ1,1, ξ1,2, ξ2,1, ξ2,2, η1,1, η1,2, η2,1, η2,2∈ A, ξ1,1+ ξ2,2= η1,1+ η2,2, ξ1,1− ξ2,2= η2,2− η1,1, ξ1,2− ξ2,1= η1,2− η2,1, ξ1,2+ ξ2,1= −(η1,2+ η2,1). L’applicazione M(A ⊕ A) 3 (ξ1,1, η1,1) (ξ1,2, η1,2) (ξ2,1, η2,1) (ξ2,2, η2,2) ! −→ ξ1,1 ξ1,2 ξ2,1 ξ2,2 ! ∈ A(2)

`e un omomorfismo bigettivo e quindi un isomorfismo. 

Prodotto tensoriale di algebre. Se A e B sono due algebre associative unita-rie sullo stesso campo k, il loro prodotto tensoriale A ⊗ B `e un’algebra associativa unitaria su k, con il prodotto caratterizzato da

(a1⊗ b1) · (a2⊗ b2)= (a1a2) ⊗ (b1b2), ∀a1, a2 ∈ A, ∀b1, b2∈ B. Lemma X.1.10. Valgono gli isomorfismi

C ⊗RC ' C ⊕ C, C ⊗RH ' C(2), H ⊗RH ' R(4).

Dimostrazione. L’applicazione C×C 3 (z, w) → (zw, ¯zw) ∈ C⊕C `e R-bilineare e quindi si prolunga ad un’applicazione lineare φ : C ⊗R C → C ⊕ C. Essa `e chiaramente un omomorfismo di algebre. Poich´e

φ(1 ⊗ 1)= (1, 1), φ(1 ⊗ i) = (i, i), φ(i ⊗ 1) = (i, −i), φ(i ⊗ i) = (−1, 1), l’applicazione `e un isomorfismo lineare e quindi un isomorfismo di algebre.

Consideriamo l’applicazione R-bilineare

C × H 3 a, α β − ¯β ¯α !! −→ a a ! α β − ¯β ¯α ! ∈ C(2).

Identifichiamo R4ad H e consideriamo l’applicazione

H ⊗RH 3 (q1, q2) −→ {H 3 x → q1x¯q2 ∈ H} ∈ R(4).

Poich´e q1q2= ¯q2¯q1, questa applicazione realizza l’isomorfismo desiderato.  Centro di un’algebra.

Definizione X.1.11. Si dice centro di un’algebra A l’insieme Z(A) = {a ∈ A | ax = xa, ∀x ∈ A}.

Se A `e un’algebra associativa unitaria su k, il suo centro `e una sottoalgebra unitaria e commutativa, che contiene k.

Definizione X.1.12. A si dice centrale se Z(A) = k.

Esempio X.1.13. Per ogni n le algebre R(n) ed H(n) sono centrali su R. L’alge-bra C(n) `e centrale su C, ma non su R.

Semplicit`a.

Definizione X.1.14. Un’algebra A `e semplice se non contiene ideali bilateri non banali.

Ricordiamo che una rappresentazione lineare di A `e un omomorfismo di A nel-l’algebra associativa unitariaEndk(V) degli endomorfismi k-lineari di uno spazio vettoriale V su k.

Il nucleo di una rappresentazione lineare ρ : A → Endk(V) `e un ideale bilatero ker ρ di A. Se ker ρ = {0}, diciamo che la rappresentazione `e fedele.

La moltiplicazione a sinistra per un elemento di A definisce una zione di A su se stessa come spazio vettoriale. Se A `e unitaria, questa rappresenta-zione `e fedele e ci permette di identificare A ad una sottoalgebra di Endk(V).

Una rappresentazione lineare ρ : A → Endk(V) `e irriducibile se V non contie-ne sottospazi A-invarianti non banali.

Proposizione X.1.15. Un’algebra associativa unitaria di dimensione finita su un campo k di caratteristica 0 `e semplice se e soltanto se ammette una rappresen-tazione lineare fedele irriducibile di dimensione finita.

Le rappresentazioni fedeli e irriducibili di un’algebra associativa unitaria sem-plice e di dimensione finita su un campo di caratteristica zero sono tutte isomorfe tra loro.

Dimostrazione. Supponiamo che A ammetta una rappresentazione lineare fe-dele ed irriducibile ρ : A → Endk(V). Sia B , {0} un ideale bilatero di A. I sotto-B-moduli di V sono anche sotto-A-moduli. Poich´e per ipotesi la rappresen-tazione `e fedele, ker B = {v ∈ V | ρ(b)(v) = 0, ∀b ∈ B} , V. Quindi, essendo un sotto-A-modulo irriducibile di V, deve essere ker B = {0}.

Poich´e k ha caratteristica zero, da questo ricaviamo che B contiene un elemento b0 per cui ρ(b0) `e invertibile. Abbiamo [ρ(b0)] ∈ k[ρ(b0)]: possiamo trovare cio`e un polinomio P ∈ k[λ] tale che P(ρ(b0)) = (ρ(b0))−1. Poich´e ρ `e fedele, questo

X.1. ALGEBRE REALI ASSOCIATIVE UNITARIE 177

significa che P(b0) ∈ A `e un’inversa di b0 in A. Allora 1 = P(b0)b0 ∈ B e quindi B = A. Ci `o dimostra che A `e semplice.

Supponiamo viceversa che A sia semplice e sia V un sottospazio vettoriale di minima dimensione positiva1 di A tale che AV ⊂ V. La rappresentazione di A su V `e irriducibile ed `e fedele perch´e il suo nucleo d’infedelt`a `e un ideale bilatero proprio di A.

Supponiamo ora che ρ : A → Endk(V) e τ : A → Endk(W) siano due rappresentazioni fedeli e irriducibili di A. Fissiamo e0 ∈ V ed 0 ∈ W e sia Z = {(a(e0), a(0)) | a ∈ A} ⊂ V ⊕ W. L’insieme Z `e un sottospazio vettoriale di V ⊕ W ed un suo sotto-A-modulo. Sia G un sotto-A-modulo diverso da {0} ed ir-riducibile di Z. La proiezione sulla prima coordinata Z 3 (v, w) → v ∈ V commuta con l’azione di A. Quindi il suo nucleo `e un sotto-A-modulo di G e la sua imma-gine un sotto-A-modulo di V. Per l’irriducibilit`a la proiezione `e un isomorfismo. Analogamente lo `e la proiezione G 3 (v, w) → w ∈ W e quindi G `e il grafico di un

isomorfismo di A-moduli tra V e W. 

Definizione X.1.16. Chiamiamo commutante di un A-modulo V l’algebra as-sociativa unitaria

(10.1.8) F = {λ ∈ Endk(V) | λ ◦ ρ(a)= ρ(a) ◦ λ, ∀a ∈ A}.

Lemma X.1.17 (Schur). Il commutante di un A-modulo irriducibile `e un’alge-bra di divisione.

Dimostrazione. Sia F il commutante di V, definito da (10.1.8). Per ogni λ ∈ F, ker λ e λ(V) sono sotto-A-moduli di V e dunque, l’ipotesi di irriducibilit`a, uguali a Vo a {0}: perci`o gli elementi non nulli di F sono invertibili.  Teorema X.1.18. Ogni algebra associativa unitaria semplice di dimensione finita su un campo k di caratteristica zero `e isomorfa ad un’algebra di matrici F(n), ove F `e il commutante di una sua rappresentazione irriducibile.

Dimostrazione. Siano V un ideale a sinistra non nullo e minimale di A ed F l’algebra di divisione degli endomorfismi di V che commutano con l’azione di A. Poich´e F `e un’algebra di divisione, V `e uno spazio vettoriale di dimensione finita su F. Essendo fedele, la moltiplicazione a sinistra per gli elementi di A definisce un monomorfismo ψ : A → EndF(V). Osserviamo che `e univocamente determinata un’applicazione λ : V → F tale che

vw= λ(w)(v), ∀v, w ∈ V.

Infatti, la moltiplicazione a destra per w commuta con l’azione a sinistra di A su V e definisce quindi un elemento λ(w) di F. Lo spazio V = HomF(V, F) `e in modo naturale un A-modulo per l’azione V× A 3 (ξ, a) → ξ ◦ ψ(a) ∈ V. Poich´e A `e semplice, Vnon contiene sottomoduli irriducibili perch´e ha la stessa dimensione di V. Questo dimostra che ψ(A) contiene tutti gli elementi della forma v ⊗ ξ per ξ ∈ V. Poich´e questi generanoEndF(V) come spazio vettoriale a sinistra su F,

otteniamo che ψ(A) = EndF(V). 

1

Le algebre di divisione reali sono2 R, C, H, mentre C `e l’unica algebra di divisione complessa. Otteniamo perci`o

Teorema X.1.19. Ogni C-algebra associativa unitaria semplice di dimensione finita `e isomorfa a C(n) per qualche intero n ≥ 1.

Ogni R-algebra associativa unitaria semplice di dimensione finita `e isomorfa, per qualche intero positivo n, ad una delle algebre R(n), C(n), H(n). 

Centro.

Definizione X.1.20. Il centro dell’algebra A `e la sua sotto-algebra commutativa Z (A) = {a ∈ A | ab = ba, ∀b ∈ A}.

Definizione X.1.21. Un’algebra associativa unitaria su k si dice centrale se il suo centro `e k.

Le algebre R(n) ed H(n) sono centrali su R; l’algebra C(n) `e centrale su C, ma non come algebra reale.

Gruppo delle unit`a.

Lemma X.1.22. Se A `e un’algebra associativa e unitaria di dimensione finita su un campo k ed a ∈ A sono equivalenti

(1) a ammette un’inversa sinistra; (2) a ammette un’inversa destra;

(3) esiste un unico elemento a−1in A tale che a−1a= a · a−1= 1.

Dimostrazione. (1) ⇒ (2). Se a ammette un’inversa sinistra, l’applicazione A 3 x → a · x ∈ A `e surgettiva e quindi un isomorfismo lineare. In particolare a ammette un’inversa destra. In modo analogo si verifica che (2) ⇒ (1). Se ab= 1 e ca= 1, la propriet`a associativa d`a c = c(ab) = (ca)b = b e questo dimostra che (3)

`e equivalente ad (1) e (2). 

Definizione X.1.23. L’insieme U(A) degli elementi invertibili di un’algebra associativa unitaria A si dice il gruppo delle unit`a di A.

X.2. Algebre di Clifford reali

Le algebre di Clifford reali furono introdotte da William K. Clifford3come una generalizzazione dei quaternioni. Queste algebre hanno importanti applicazioni in geometria e in fisica teorica.

Sia V uno spazio vettoriale reale, su cui `e stato fissato un prodotto scalare, V × V 3(v1, v2) → (v1|v2) ∈ R, con norma kvk = (v|v) ≥ 0.

2Ferdinand Georg Frobenius, ¨Uber lineare Substitutionen und bilineare Formen, Journal f¨ur die reine und angewandte Mathematik 84, (1878), 1-63 (Crelle’s Journal). Reprinted in Gesammelte Abhandlungen Band I, pp.343-405.

X.2. ALGEBRE DI CLIFFORD REALI 179

Definizione X.2.1. L’algebra di Clifford C`(V) `e l’algebra associativa unitaria reale generata da V, modulo le relazioni

(10.2.1) v2+ kvk2= 0, ∀v ∈ V.

In modo equivalente, possiamo definireC`(V) come il quoziente dell’algebra tensoriale T(V) rispetto all’ideale bilatero generato dagli elementi v ⊗ v+ kvk2, al variare di v in V.

Osserviamo che, per le formule di polarizzazione, la (10.2.1) `e equivalente a (10.2.2) v1v2+ v2v1+ 2(v1|v2)= 0, ∀v1, v2∈ V.

Osservazione X.2.2. Se sostituissimo alla (10.2.1) le relazioni v2 = 0, otter-remmo l’algebra di Grassmann dei tensori alternati. Pi`u in generale, pototter-remmo considerare le relazioni v2+ b(v, v) = 0 per una qualsiasi forma bilineare simme-trica su V, ottenendo una collezione di strutture che comprenda sia le algebre di Grassmann che quelle di Clifford. In fisica, questa relazione si esprime dicendo che le algebre di Clifford sono una quantizzazione di quelle di Grassmann.

Se V ha dimensione finita n, gli elementi e1, . . . , endi una sua base ortonormale verificano le relazioni

(10.2.3) e2i = −1, eiej = −ejei se 1 ≤ i , j ≤ n.

QuindiC`(V) `e l’algebra associativa unitaria generata su R da n unit`a immaginarie e1, . . . , enche anti-commutano tra loro.

Le algebre di Clifford reali sono caratterizzate dalla propriet`a universale: Teorema X.2.3. Un’algebra reale associativa e unitaria A `e isomorfa all’al-gebra di Clifford C`(V) e soltanto se possiamo trovare un’applicazione lineare e iniettivaı : V → A con la propriet`a:

Per ogni algebra associativa unitaria B ed ogni applicazione lineare φ : V → B tale che[φ(v)]2 = −kvk2111Bper ogni v ∈ V, vi `e un unico omomorfismo di algebre associative unitarie reali ˜φ: A → B tale che ˜φ ◦ ı = φ.

Dimostrazione. Sia B un’algebra reale, associativa e unitaria e φ : V → B un’applicazione lineare. Per la propriet`a universale del prodotto tensoriale, la φ definisce un omomorfismo di algebre associative e uniarie realiΦ : T(V) → B. Il nucleo diΦ `e un ideale bilatero di T(V). Se ker Φ contiene tutti gli elementi v ⊗ v+ kvk2, allora laΦ definisce per passaggio al quoziente un omomorfismo di C`(V) in B.

Supponiamo ora che A sia un’algebra reale associativa e unitaria che goda della propriet`a universale. Possiamo allora definire omomorfismi α : A → C`(V) con α(ı(v))= v per ogni v ∈ V, utilizzando la propriet`a universale, e β : C`(V) → A con β(v)= ı(v) per la prima parte della dimostrazione. Poich´e α ◦ β : C`(V) → C`(V) `e l’identit`a, la α `e inversa sinistra di β. La β ◦ α : A → A `e un omomorfismo di algebre con β ◦ α ◦ ı= ı su V. Poich´e l’identit`a ha questa propriet`a, per l’unicit`a `e β ◦ α= idAe quindi α `e anche inversa destra di β. Ci`o dimostra che le due algebre

sono equivalenti. 

Corollario X.2.4. Se W `e un sottospazio di V, l’inclusione W ⊂ V ⊂ C`(V) si

estende ad un monomorfismo di algebreC`(W) ,→ C`(V). 

L’algebra tensoriale T(V) `e Z-graduata. Poich´e gli elementi v ⊗ v − kvk2 che generano il nucleo della proiezione π : T(V) → C`(V) sono somme di termini di grado pari, l’algebraC`(V) `e Z2-graduata. Poniamo

(10.2.4) C`(V) = C`0(V) ⊕C`1(V), con C`i

(V)= πM

h=0T

i+2h(V) . Gli elementi di grado pari formano una sottoalgebraC`0(V) diC`(V).

Proposizione X.2.5. `EdimRC`(V) = 2dimRV. Se W `e un iperpiano di V, allora C`0(V) 'C`(W) e C`(V) `e isomorfa, come algebra graduata, ad

M(C`(W)) = ( ξ η − ¯η ¯ξ ! ξ, η ∈ C`(W) ) , con il coniugio suC`(W) definito da

ξ0+ ξ1= ξ0− ξ1, ∀ξ0 ∈C`0(W), ∀ξ1 ∈C`1(W).

Dimostrazione. Fissiamo tuna base ortonormale e1, . . . , en−1, en di V con en

ortogonale a W. Posto 1 = e1en, . . . , n−1= en−1en, abbiamo 2i = −1, ij = −ji, ∀1 , i ≤ j ≤ n−1.

Quindi la sottoalgebra diC`(V) generata da 1, . . . , n−1 `e l’algebra di Clifford di uno spazio Euclideo di dimensione n − 1. Essa coincide con C`0(V) perch´e ogni monomio di grado pari ei1· · · ei2h di C`(V), con 1 ≤ i1, . . . i2h ≤ n, `e anche un monomio in 1, . . . , n−1. L’isomorfismo diC`(W) su C`0(V) `e il prolungamento canonico dell’applicazione lineare

ψ: W 3 w −→ wen∈C`(V).

Poich´e l’applicazione C`(V) 3 ξ → ξen ∈ C`(V) `e un’involuzione lineare che scambiaC`0(V) e C`1(V), abbiamo dimRC`1(V) = dimRC`0(V) = dim C`R(W). Quindi, dimRC`(V) = 2·dimRC`(W). Poich´e C`(R0)= R, ne segue per ricorrenza che dimRC`(V) = 2dimRV.

L’applicazione lineare (indichiamo con 111W l’identit`a diC`(W)) φ: V = W ⊕ Ren3 w+ ten−→ w+ t111W

w − t111W

!

∈ M(C`(W))

soddisfa la condizione (φ(w+ ten))2= −(kwk2+ t2)I2e quindi si prolunga in modo unico, per la propriet`a universale, ad un omomorfismo ˜φdiC`(V) in M(C`(V)). Si verifica facilmente che la ˜φ`e surgettiva, e quindi un isomorfismo di algebre perch´e

X.2. ALGEBRE DI CLIFFORD REALI 181

X.2.1. Classificazione delle algebre di Clifford reali. `E utile introdurre pre-liminarmente qualche notazione. Se e1, . . . , en`e una base ortonormale assegnata in Rn, indichiamo con

(10.2.5) ηn = e1· · · en∈C`(Rn)

lo pseudoscalare corrispondente all’elemento di volume unitario. Vale allora η2n= (−1)n(n+1)/2=        1, se n ≡ 0, 3 mod 4, −1, se n ≡ 1, 2 mod 4,        vηn+ ηnv= 0, se n ≡ 0 mod 2, vηn− ηnv= 0, se n ≡ 1 mod 2.

Teorema X.2.6. Valgono i seguenti isomorfismi di algebre C`(R0 ) ' R, C`(R1 ) ' C, C`(R2 ) ' H, C`(R3 ) ' H ⊕ H, C`(R4 ) ' H(2), C`(R5 ) ' C(4), C`(R6 ) ' R(8), C`(R7) ' R(8) ⊕ R(8), C`(R8 ) ' R(16).

Dimostrazione. 0. Se V = {0}, l’algebra di Clifford C`({0} `e il campo R. 1. Consideriamo l’applicazione φ1: R 3 x → ix ∈ C.

Poich´e (φ1(x))2 = −x2, la φ si estende ad un omomorfismo di algebre reali associative unitarie ˜φ1 : C`(R1) → C. La ˜φ1 `e surgettiva, perch´e l’immagine contiene 1 ed i, ed `e quindi un isomorfismo perch´e C`(R1) e C hanno la stessa dimensione reale 2.

2. Definiamo l’applicazione

φ2: R2 3 (x, y) −→ xiii+ yjjj ∈ H,

ove iii, jjj, kkk sono tre unit`a immaginarie che anti-commutano tra loro in H.

Poich´e (φ2(x, y))2= −(x2+ y2), la φ2si estende a un omomorfismo di algebre reali associative unitarie ˜φ2 : C`(R2) → H. Poich´e 1, iii, jjj, kkk appartengono all’im-magine di ˜φ2, la ˜φ2 `e surgettiva e quindi `e un isomorfismo perch´e C`(R2) ed H hanno la stessa dimensione 4.

3. Identifichiamo R3allo spazio V dei quaternioni puramente immaginari e consideriamo l’applicazione lineare

Poich´e (φ3(v))2 = −kvk2(1, 1), per la propriet`a universale la φ3 si estende ad un omomorfismo ˜φ3 :C`(R3) → H ⊕ H. Si verifica facilmente che la ˜φ `e surgettiva, ed `e quindi un isomorfismo perch´eC`(R3) ed H ⊕ H hanno entrambe dimensione 8.

4. Identifichiamo R4ad H e consideriamo l’applicazione φ4: H 3 q −→ − ¯q q ! ∈ H(2). Poich´e (10.2.6) q − ¯q !2 = −kqk2I2,

per la propriet`a universale l’applicazione lineare φ4 si estende ad un omomorfi-smo ˜φ4 : C`(R4) → H(2). Si verifica facilmente che ˜φ4 `e surgettivo e quindi un isomorfismo perch´e le due algebre hanno entrambe dimensione 16.

5. Sia e1, e2, e3, e4una base ortonormale di R4. Con η4definita da (10.2.5), definiamo l’applicazione

φ5: R5 = R1

t ⊕ R43 (t, v) −→ it ⊗ η4+ 1 ⊗ v ∈ C ⊗RC`(R4). Poich´e η24 = 1114ed anticommuta coi vettori di R4, otteniamo che

5(t, v))2= −(t2+ kvk2)1 ⊗ 1114, ∀(t, v) ∈ R5.

La φ5si prolunga quindi in modo unico ad un omomorfismo diC`(R5) nel prodotto tensoriale C ⊗R C`(R4). Si verifica facilmente che l’omomorfismo `e surgettivo e quindi un isomorfismo perch´e le due algebre hanno la stessa dimensione 32. Osserviamo infine che, poich´eC`(R4) `e isomorfa H(2), che `e una forma reale di C(4), `e C ⊗ C`(R4) ' C ⊗RH(2) ' C(4).

6. Consideriamo il prodotto tensoriale C`(R2) ⊗R C`(R4) ' H ⊗R H(2). Poich´e η4 ∈ C`(R4) ha quadrato 1114 ed anticommuta coi vettori, l’applicazione lineare

φ6: R6 = R2

v⊕ R4w3 (v, w) −→ v ⊗ η4+ 1112⊗ w ∈C`(R2) ⊗RC`(R4) soddisfa

6(v, w))2= v2⊗ 1112+ v ⊗ (η4w)+ v ⊗ (w η4)+ 1112⊗ w2 = −(kvk2+ kwk2)(1112⊗ 1116). Per la propriet`a universale la φ6 si estende ad un omomorfismo ˜φ6 diC`(R6) in C`(R2) ⊗RC`(R4). Poich´e esso `e surgettivo e le due algebre hanno la stessa dimen-sione 26 = 2224 = 64, la ˜φ6 `e un isomorfismo di algebre. Osserviamo infine che H ⊗RH(2) ' (H ⊗RH)(2) ' (R(4))(2) ' R(8).

7. Sia e1, e2, e3, e4, e5, e6 una base ortonormale di R6ed η6 = e1e2e3e4e5e6 l’elemento di volume diC`(R6). Abbiamo:

η2 = −1116, η6v+ v η6 = 0, (tη + v)2= −(t2+ kvk2)1116, ∀v ∈ R6, ∀t ∈ R. Usiamo l’identificazione C`(R6) ⊕C`(R6) ' ( α β β α ! α, β ∈ C`(R6) )

X.2. ALGEBRE DI CLIFFORD REALI 183

data dalla corrispondenza

(α, β) ←→ 12 α+ β α − β α − β α+ β !

. Definiamo l’applicazione lineare

φ7 : R7= R1 t ⊕ R63 (t, v) −→ 0 6+ v tη6+ v 0 ! ∈C`(R6) ⊕C`(R6). Poich´e (φ7(t, v))2= −(t2− kvk2) 1116 1116 ! , ∀(t, v) ∈ R7,

per la propriet`a universale la φ7si estende ad un omomorfismo ˜φ7diC`(R7) nella somma direttaC`(R6) ⊕C`(R6) di due copie diC`(R6). La ˜φ5 `e surgettiva e quindi un isomorfismo di algebre perch´e le due algebre hanno la stessa dimensione 27 = 2 · 26= 128.

8. Sia e1, e2, e3, e4una base ortonormale di R4ed η4 = e1e2e3e4 l’elemento di volume diC`(R4). Abbiamo

η24= 1114, η4v+ v η4= 0, ∀v ∈ R4. Definiamo l’applicazione lineare

φ8 : R8= R4

⊕ R43 (v, w) −→ v ⊗ η4+ 1114⊗ w ∈C`(R4) ⊗C`(R4). Poich´e

8(v, w))2= (v ⊗ η4+ 1114⊗ w)2= v2⊗ η2+ v ⊗ (w η4+ η4w)+ 1 ⊗ w2

= −(kvk2+ kwk2)1114⊗ 1114,

per la propriet`a universale la φ8 si estende ad un omomorfismo ˜φ8 diC`(R8) nel prodotto tensoriale C`(R4) ⊗ C`(R4), che `e surgettivo e quindi un isomorfismo perch´e le due algebre hanno la stessa dimensione 28 = 2424 = 256. Osserviamo infine che

C`(R4) ⊗RC`(R4

) ' H(2) ⊗ H(2) ' (H ⊗RH)(2) ' (R(8))(2) ' R(16).

Questo completa la dimostrazione. 

Periodicit`a. Vale il

Teorema X.2.7. Per ogni intero non negativo n `e C`(Rn+8) ' R(16) ⊗RC`(Rn). Dimostrazione. Sia e1, . . . , e8una base ortonormale di R8ed

η= e1e2e3e4e5e6e7e8∈C`(R8). Definiamo l’applicazione

(10.2.7) φ: R8⊕ Rn3 (w, v) −→ w ⊗ 111n+ η ⊗ v ∈ C`(R8) ⊗RC`(Rn

), ove abbiamo indicato con 111nl’identit`a diC`(Rn). Abbiamo, inC`(R8),

Da queste segue che

(φ(w, v))2= w2⊗ 111n+ (wη) ⊗ v + (ηw) ⊗ 111n+ η2⊗ v2 = −kwk21118⊗ 111n+ (wη + ηw) ⊗ v − kvk21118⊗ 111n

= −(kwk2+ kvk2)111n+8.

La φ si estende quindi, per la propriet`a universale, ad un omomorfismo (10.2.9) φ˜ :C`(Rn+8) →C`(R8) ⊗RC`(Rn

) ' R(16) ⊗RC`(Rn

).

L’immagine di ˜φ`e una sottoalgebra diC`(R8) ⊗RC`(Rn) che contieneC`(R8) ⊗ 111n

ed η ⊗C`(Rn). Poich´eC`(R8) ⊗ 111n ed η ⊗C`(Rn) generano l’algebra prodotto tensorialeC`(R8) ⊗RC`(Rn), ne segue che ˜φ`e surgettiva e quindi un isomorfismo,

perch´e le due algebre hanno la stessa dimensione 2n+8. 

X.3. Algebra di Clifford di uno spazio vettoriale quadratico

Possiamo generalizzare la costruzione del §X.2, associando un’algebra di Clif-ford ad un qualsiasi spazio vettoriale quadratico. Supporremo per semplicit`a che il campo k degli scalari abbia caratteristica zero.

Siano V uno spazio vettoriale di dimensione finita m su k e T(V) =Lh=0Th(V)

la sua algebra tensoriale. Le potenze tensoriali Th(V) sono definite per ricorrenza ponendo T0(V)= k, T1(V)= V e Th+1(V)= V ⊗ Th(V) per h ≥ 1. Ricordiamo che T(V) `e Z+-graduata ed `e caratterizzata dalla propriet`a universale:

Proposizione X.3.1. T(V) `e un’algebra associativa unitaria su k che contiene V come sottospazio vettoriale ed ogni applicazione lineare φ di V in un’algebra associativa unitaria A si estende in modo unico ad un omomorfismo di algebre

associative unitarie ˜φ: T(V) → A. 

Una forma quadraticaq su V `e una

(10.3.1) q : V → k tale che b : V × V 3 (v1, v2) →q(v1+ v2) −q(v1) −q(v2) ∈ k sia k-bilineare. Diciamo che q `e non degenere se lo `e b, se cio`e per ogni v1 ∈ V possiamo trovare un v2 ∈ V tale cheq(v1+ v2) , q(v2).

Definizione X.3.2. Uno spazio vettoriale quadratico su k `e la coppia (V, q) di uno spazio vettoriale V su k e di una forma quadratica non degenere4su V.

Notazione X.3.3. Sia Jql’ideale bilatero di T(V) generato dagli elementi della forma v ⊗ v+ q(v), al variare di v in V.

Definizione X.3.4. L’algebra di Clifford C`q(V) dello spazio ortogonale (V,q) `e il quoziente T(V)/Jqdell’algebra tensoriale T(V), rispetto all’ideale bilatero Jq.

Poich´e T(V) `e associativa e unitaria, ancheC`q(V) `e associativa e unitaria. Indichiamo con

π : T(V) −→ C`q(V)= T(V)/Jq

la proiezione nel quoziente.

X.3. ALGEBRA DI CLIFFORD DI UNO SPAZIO VETTORIALE QUADRATICO 185

La composizione

V ,→ T(V)−−→π C`q(V)

`e iniettiva e ci permette di considerare V come un sottospazio diC`q(V). Come nel caso degli spazi euclidei, abbiamo:

Proposizione X.3.5 (propriet`a universale). `E V ⊂ C`q(V) ed ogni applica-zione lineare φ : V → A di V in un’algebra associativa unitaria A, tale che φ(v)2= −q(v)·1A, si estende in modo unico ad un omomorfismo ˜φ:C`q(V) → A.

Dimostrazione. Un’applicazione lineare φ : V → A di V in un’algebra asso-ciativa unitaria si estende in modo unico ad un omomorfismo ˆφ : T(V) → A. La condizione che [φ(v)]2 = −q(v) · 1Aper ogni v ∈ V ci dice che Jq `e contenuto nel nucleo di ˆφ, che definisce quindi per passaggio al quoziente un omomorfismo ˜φdi

C`q(V) in A. 

Notazione X.3.6. Se v1, . . . , vk ∈ V, indichiamo con v1· · · vk l’immagine me-diante π di v1⊗· · ·⊗vkinC`q(V). In generale, indichiamo con ξ·η, o semplicemente con ξη, il prodotto di ξ, η ∈C`q(V).

Utilizzando la polarizzazione, si ricava immediatamente la formula di anticom-mutazione5

(10.3.2) v1v2+ v2v1+ b(v1, v2)= 0, ∀v1, v2∈ V. In particolare, v1v2= −v2v1se v1e v2sonob-ortogonali.

Proposizione X.3.7. L’algebra di Clifford C`q(V) `e Z2-graduata, mediante (10.3.3) C`q(V)= C`0 q(V) ⊕C`1 q(V), con C`i q(V)= πM h=0T 2h+i(V) . Dimostrazione. Consideriamo su T(V) la Z2-gradazione indotta dalla Z+ -gra-dazione. L’ideale Jq `e Z2-graduato, perch´e ammette un sistema di generatori di grado pari. Il quozienteC`q(V) risulta allora anch’esso Z2-graduato.  Somma diretta di k-spazi vettoriali ortogonali. Se (V, qV) e (W,qW) sono due spazi vettoriali quadratici sullo stesso campo k, indichiamo con qV⊕Wla forma quadratica

qV⊕W((v, w))= qV(v)+ qW(w), ∀v ∈ V, w ∈ W. La coppia (V ⊕ W,qV⊕W) `e ancora uno spazio vettoriale quadratico.

Basi e inclusioni delle algebre di Clifford.

Proposizione X.3.8. Siano (V, bV) e (W,bW) due spazi vettoriali quadratici su k. Ogni isometria φ : (W, qW) → (V,qV) si prolunga in modo unico ad un monomorfismo ˜φ:C`qW(W) →C`qV(V).

Dimostrazione. Identificando W ad un sottospazio di V, otteniamo un’inclu-sione T(W) ,→ T(V). Quest’incluun’inclu-sione defisce per passaggio ai quozienti un’in-clusioneC`qW(W) ,→C`qV(V), perch´e JqV ∩ T(W)= JqW. 

Notazione X.3.9. Se e1, . . . , em `e una base di V ed I = (i1, i2, . . . , ik) una k-upla di interi con 1 ≤ ih≤ m, indicheremo con eIl’elemento ei1ei2· · · eikdiC`q(V). Porremo ancora e = 1.

Teorema X.3.10. Se dim V = m, allora dim C`q(V)= 2m.

Se e1, . . . , em `e una base di V, allora gli eI con I = ∅, ed I = (i1, . . . , ik) con 1 ≤ i1 < · · · < ik ≤ m formano una base diC`q(V).

Dimostrazione. Sia ΛV ⊂ T(V) l’algebra di Grassmann dei tensori alternati. Poich´eΛV ∩ Jq = {0}, la restrizione a ΛV della proiezione π : T(V) →C`q(V) `e iniettiva. Si verifica facilmente, utilizzando la formula di anticommutazione (10.3.2), che π : ΛV → C`q(V) `e anche surgettiva e quindi un isomorfismo

lineare. 

Sia W un sottospazio anisotropo di V. La Proposizione X.3.8 ci permette di identificare l’algebra di Clifford di (W, q|W), che indichiamo per semplicit`a con C`q(W), ad una sottoalgebra diC`q(V). Abbiamo in particolare

Proposizione X.3.11. Se e1 `e un vettore anisotropo di(V,q) e W= e 1, allora (10.3.4) C`q(V)= C`q(W) ⊕ e1C`q(W).

Dimostrazione. La tesi `e conseguenza del Teorema X.3.10, perch´e ΛV =

ΛW ⊕(e1∧ΛW). 

X.3.1. Pseudo-scalari. Poich´e abbiamo supposto k di caratteristica zero, ΛV si identifica al sottospazio dei tensori alternati di T(V), e l’alternatore, definito, sui tensori di rango uno, da

ε(v1⊗ · · · ⊗ vq)= v1∧ · · · ∧ vq= 1 q! X σ∈Sq ε(σ)vσ1⊗ · · · ⊗ vσq, (10.3.5) ∀v1, . . . , vq∈ V, `e una proiezione (10.3.6) ε : T(V) −→ Λ (V).

Sia (V,q) uno spazio vettoriale quadratico di dimensione m su k.

Definizione X.3.12. Chiamiamo pseudo-scalari le immagini, mediante la pro-iezione π : T(V) →C`q(V), degli elementi diΛmV.

Lemma X.3.13. Se e1, . . . , emuna base ortogonale di(V,q), allora gli pseudo-scalari sono tutti e soli i multipli di e1· · · em.

Dimostrazione. Poich´e e1, . . . , emanti-commutano tra loro, `e eσ1· · · eσm = ε(σ)e1· · · em, ∀σ ∈ Sm. Siano v1, . . . , vmvettori di V e vi= Pm j=1ci, jej. Abbiamo π(v1∧ · · · ∧ vm)= 1 m! X σ∈Sm X 1≤τi≤mε(σ)cσ1,τ1· · · cσm,τmeτ1· · · eτm. Per τ1, . . . , τmfissati, la somma

X

σ∈Sm

X.4. INVOLUZIONI, ANTI-INVOLUZIONI E CENTRO DELL’ALGEBRA DI CLIFFORD 187

`e il determinante della matrice che ha come colonne i vettori (c1,τi, . . . , cm,τi)∈ km. Sono quindi nulli tutti i termini della sommatoria in cui due indici τisiano uguali. Otteniamo perci`o π(v1∧ · · · ∧ vm)= 1 m! X σ∈Sm X τ∈Sm ε(σ)cσ11· · · cσmmeτ1· · · eτm = 1 m! X σ∈Sm X τ∈Sm ε(σ)ε(τ)cσ1,τ1· · · cσm,τme1· · · em =Xσ∈S m ε(σ)c1,σ1· · · cm,σm  e1· · · em.

Osserviamo che il coefficiente `e il determinante della matrice che esprime le v1, . . ., vmcome combinazioni lineari degli elementi della base e1, . . . , em. 

Corollario X.3.14. L’insieme degli pseudo-scalari di C`q(V) `e

{v1· · · vm| v1, . . . , vm∈ V, b(vi, vj)= 0, ∀1 ≤ i < j ≤ m}.  Per la propriet`a universale, ogni isomorfismo a ∈ Oq(V) si estende ad un iso-morfismo ˜a diC`q(V), che lascia fissi gli scalari e trasforma in s´e il sottospazio V. Per quanto abbiamo visto nella dimostrazione del Lemma X.3.13, la ˜a lascia in-variati o cambia di segno gli pseudo-scalari, a seconda che il suo determinante sia uguale ad uno o a meno uno. Questa propriet`a spiega il nome di pseudo-scalari: come gli scalari formano un sottospazio di dimensione uno di C`q(V), e quindi si parametrizzano con gli elementi di k, ma il loro segno dipende dalla scelta del riferimento e quindi non sono veri scalari.

Si verifica facilmente:

Lemma X.3.15. Sia e1, . . . , em una base ortogonale di(V,q) con q(ei) = ci e definiamo

η= e1· · · em. Allora

η2 = (−1)(m

2)c1. . . cm∈ k.

Gli pseudoscalari appartengono al centro di C`q(V) se e soltanto se V ha

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