Il fibrato tangente `e un esempio della struttura pi`u generale di fibrato vettoriale che definiamo ed esaminiamo in questo paragrafo. A loro volta, i fibrati vettoriali sono particolari fibrati differenziabili localmente banali:
Definizione III.1.1. Un fibrato differenziabile ξ `e il dato di una variet`a dif-ferenziabile E = E(ξ), che si dice il suo spazio totale, di una variet`a differen-ziabile B = B(ξ), che si dice la sua base, e di una sommersione differenziabile π = π(ξ) : E → B, che si dice la sua proiezione sulla base.
Per ogni punto p ∈ B, l’insieme Ep = Ep(ξ) = π−1(b) `e una sottovariet`a differenziabile di E, che si dice la fibra di ξ su p.
Definizione III.1.2. Diciamo che un fibrato differenziabile ξ `e localmente ba-nale con fibra tipica Fse
(a) F `e una variet`a differenziabile;
(b) per ogni p ∈ B esistono un intorno aperto U di p in B ed una φU ∈ C∞(U, F) che renda commutativo il diagramma
(3.1.1) π−1(U) π×φU // π ##F F F F F F F F F U × F prU ||yyyyyy yyy U.
Un diffeomorfismo φUche renda commutativo il diagramma (3.1.1) si dice una trivializzazionedi ξ su U.
Un atlante di trivializzazione di ξ `e una collezione A = {(Ua, φa) | a ∈ A} formata da aperti Uadi B e da trivializzazioni locali
E|Ua = π−1(Ua) 3 q −→ (π(q), φU(q)) ∈ Ua× F, con B= Sa∈AUa.
A volte scriveremo E −−→ B per il fibrato diπ fferenziabile ξ con E(ξ) = E, B(ξ) = B e π(ξ) = π. La notazione E −→π
F Bsignificher`a che, inoltre, il fibrato differenziabile ξ `e localmente banale, con fibra tipica F.
Definizione III.1.3. Una sezione differenziabile di ξ su un aperto U di B(ξ) `e un’applicazione s ∈C∞(U, E(ξ)) tale che π(ξ)◦ s(x)= x per ogni x ∈ U. L’insieme
di tutte le sezioni differenziabili di ξ su U si indica con (3.1.2) Γξ(U, E)= {s ∈ C∞
(U, E(ξ)) | π(ξ) ◦ s(p)= p, ∀p ∈ U}.
Lemma III.1.4. Sia ξ un fibrato differenziabile, τ0 ∈ E(ξ) e p0 = π(ξ)(τ0). Allora esistono un intorno aperto U di p0 in B(ξ) ed una sezione s ∈Γξ(U, E(ξ)) con s(p0)= τ0.
Dimostrazione. Poich´e π(ξ) `e una sommersione differenziabile in tutti i punti di E(ξ), la tesi segue dal teorema delle funzioni implicite (vedi la Proposizione
I.8.3 del Capitolo I).
Proposizione III.1.5 (un criterio di banalit`a locale). Siano E e B variet`a dif-ferenziabili, con B connessa. Allora ogni sommersione differenziabile propria π : E → B definisce un fibrato differenziabile localmente banale.
Dimostrazione. Ricordiamo che il fatto che π sia propria significa che π `e continua, chiusa, e che π−1(K) `e compatto in E per ogni compatto K di B.
Fissiamo un punto p0 ∈ B. L’insieme Ep0 = π−1(p0) `e una sottovariet`a com-patta di E. Essa `e un retratto differenziabile d’intorno. Possiamo trovare cio`e un intorno aperto W di Ep0 in E ed un’applicazione differenziabile r : W → Ep0 con r(v)= v per ogni v ∈ Ep0. Poich´e π(E \ W) `e un chiuso di B che non contiene p0, possiamo supporre che W sia un aperto della forma W = π−1(U0), per un intorno aperto U0di p0in B. Possiamo allora definire
Φ : EU0 = π−1(U0) 3 v → (π(v), r(v)) ∈ U0× Ep0.
Poich´e π `e una sommersione differenziabile, la Φ `e un diffeomorfismo locale in tutti i punti v ∈ Ep0. L’insieme dei punti di EU0in cuiΦ `e un diffeomorfismo locale `e un aperto. Quindi, a meno di sotituire ad U0 un intorno pi`u piccolo di p0 in B, possiamo supporre che laΦ sia un diffeomorfismo locale in tutti i punti di EU0.
Dico che esiste un intorno aperto U di p0in U0tale che ΦU : π−1(U) 3 v →Φ(v) = (π(v), r(v)) ∈ U × Ep0
sia un diffeomorfismo.
Indichiamo con pr2 : U0× Ep0 → Ep0 la proiezione sul secondo fattore. L’in-sieme dei punti p ∈ U0 tali che pr2(Φ(Ep)) = Ep0 `e un intorno aperto di p0. Possiamo quindi supporre, a meno di sostituire ad U0un intorno pi`u piccolo di p0, che laΦ sia un diffeomorfismo locale surgettivo.
Ci resta da verificare che, se U `e sufficientemente piccolo, la φU `e anche iniet-tiva. A questo scopo osserviamo che, poich´e Φ `e un diffeomorfismo locale, l’in-sieme Q = {(v, w) ∈ EU0 × EU0 | v , w, Φ(v) = Φ(w)} `e in EU0 × EU0 un chiuso disgiunto da Ep0 × Ep0. Sia infatti {Uν |ν ∈ N} un sistema fondamentale di intorni relativamente compatti di p0 in U0, con Uν+1 b Uν per ogni intero ν ≥ 0. Per la propriet`a dell’intersezione finita, esister`a un indice ν1 tale che π−1( ¯Uν) × π−1( ¯Uν) non intersechi Q.
Per completare la dimostrazione, baster`a osservare che le fibre Ep= π−1(p) so-no tutte diffeomorfe tra loro. Ci`o segue dalla connessione di B e dal fatto che dalla
III.1. FIBRATI DIFFERENZIABILI 49
prima parte della dimostrazione si ricava che, fissato un punto p0 ∈ B, l’insieme dei p ∈ B per cui la fibra Ep`e diffeomorfa ad Ep0 `e aperto e chiuso in B. Proposizione III.1.6. Sia ξ un fibrato differenziabile ed M una sottovariet`a differenziabile di B(ξ). Definiamo
(3.1.3) E|M = π(ξ)−1(M), π|M: E|M3τ → π(ξ)(τ) ∈ M. Alloraξ|M = (E|M
π|M
−−→ M) `e un fibrato differenziabile con base M. Definizione III.1.7. Il fibrato ξ|M descritto nella Proposizione III.1.6 si dice la restrizione ad Mdel fibrato ξ.
Proposizione III.1.8. Se ξ e ζ sono fibrati differenziabili, allora, posto E(ξ × ζ)= E(ξ) × E(ζ),
B(ξ × ζ)= B(ξ) × B(ζ),
π(ξ × ζ) : E(ξ × ζ) 3 (α, β) → (π(ξ)(α), π(ζ)(β)) ∈ B(ξ × ζ), ξ × ζ = (E(ξ × ζ)−−−−−π(ξ×ζ)→ B(ξ × ζ)) `e un fibrato differenziabile.
Seξ e ζ sono localmente banali con fibre tipiche F(ξ) ed F(ζ) rispettivamente, allora ancheξ × ζ `e localmente banale, con fibra tipica F(ξ) × F(ζ).
Definizione III.1.9. Il fibrato differenziabile ξ × ζ descritto nella Proposizione III.1.8 si dice prodotto cartesiano dei fibrati ξ e ζ.
Proposizione III.1.10 (pullback). Sia ξ un fibrato differenziabile, M una variet`a differenziabile ed f : M → B(ξ) un’applicazione differenziabile. Poniamo
E( f∗ξ) = {(p, τ) ∈ M × E(ξ) | f (p) = π(ξ)(τ)}, π( f∗ξ) : E 3 (p, τ) −→ p ∈ M.
Allora f∗ξ = E( f∗ξ)−−−−−π( f∗ξ)→ M `e un fibrato differenziabile con base M.
Se ξ `e localmente banale con fibra tipica F, anche f∗ξ `e localmente banale con fibra tipica F.
Definizione III.1.11. Il fibrato f∗ξ descritto nella Proposizione III.1.10 si dice l’immagine inversa, o pullback, di ξ mediante l’applicazione f .
Definizione III.1.12. Siano ξ1 e ξ2 due fibrati differenziabili sulla stessa base B(ξ1)= B(ξ2)= M. Chiamiamo somma di Whitney dei fibrati ξ1e ξ2, ed indichia-mo con ξ1⊕M ξ2, l’immagine inversa del fibrato ξ1 ×ξ2 mediante l’immersione canonica ι : M 3 p → (p, p) ∈ M × M di M nella diagonale di M × M.
Abbiamo, in modo canonico,
E(ξ1⊕Mξ2) ' {(τ1, τ2) ∈ E(ξ1) × E(ξ2) | π(ξ1)(τ1)= π(ξ2)(τ2)}, π(ξ1⊕Mξ2)(τ1, τ2)= π(ξ1)(τ1)= π(ξ2)(τ2)}, ∀(τ1, τ2) ∈ E(ξ1⊕Mξ2). Osserviamo che, per le Proposizioni III.1.6, III.1.8, III.1.10, se ξ1 e ξ2 sono localmente banali con fibre tipiche F1 ed F2 rispettivamente, la loro somma di Whitney ξ1⊕Mξ2`e ancora localmente banale, con fibra tipica F1× F2.
Definizione III.1.13. Siano ξ1 e ξ2 due fibrati differenziabili. Un morfismo di fibrati differenziabili ( f, φ) : ξ1 → ξ2 `e il dato di una coppia di applicazioni differenziabili f : E(ξ1) → E(ξ2) e φ : B(ξ1) → B(ξ2) che rendano commutativo il diagramma (3.1.4) E(ξ1) −−−−−→ E(ξf 2) π(ξ1) y yπ(ξ2) B(ξ1) −−−−−→ φ B(ξ1). Abbiamo
Lemma III.1.14. Siano ξ1eξ2due fibrati differenziabili. Se f : E(ξ1) → E(ξ2) `e un’applicazione differenziabile ed
f(E(ξ1)p) ⊂ E(ξ2)f(p), ∀p ∈ B(ξ1),
allora esiste un unico morfismo di fibrati differenziabili ( f, φ) : ξ1→ξ2che induca f sugli spazi totali.
Dimostrazione. L’unicit`a `e ovvia, in quanto la φ si ottiene per passaggio al quoziente rispetto alle proiezioni sulle basi. Per dimostrare che φ `e differenziabile, basta osservare che, se s ∈ Γξ1(U, E(ξ1)) per un aperto U di B(ξ1), allora φ|U =
π(ξ2) ◦ s, onde φ `e differenziabile su U.
Proposizione III.1.15. Sia ( f, φ) : ξ1 → ξ2 un morfismo di fibrati di fferenzia-bili. Se f : E(ξ1) → E(ξ2) `e un diffeomorfismo, anche φ : B(ξ1) → B(ξ2) `e un diffeomorfismo, e la ( f−1, φ−1) : ξ2→ξ1 `e un morfismo di fibrati differenziabili.
Dimostrazione. Chiaramente φ `e bigettiva. Se W `e un aperto di B(ξ2) ed s2 ∈ Γξ2(W, E(ξ2)), allora φ−1|W = f−1◦ s2dimostra che φ−1`e anche differenziabile. Definizione III.1.16. Un isomorfismo di fibrati differenziabili `e un morfismo ( f , φ) : ξ1→ξ2per cui f : E(ξ1) → E(ξ2) sia un diffeomorfismo.
Un isomorfismo di fibrati differenziabili ( f, φ) : ξ1 →ξ2con B(ξ1) = B(ξ2) = Me φ= idM si dice un’equivalenza.
III.2. Fibrati vettoriali differenziabili
Definizione III.2.1. Un fibrato vettoriale differenziabile di rango n `e il dato di un fibrato differenziabile ξ = E −→ B di rango n e di una struttura di spazioπ vettoriale reale di dimensione n su ogni fibra Ex := π−1(x), compatibile con la struttura differenziabile. Ci`o significa che le applicazioni
E ⊕ME 3(v, w) → v+ w ∈ E, R × E 3 (k, v) → k · v ∈ E sono differenziabili.
Proposizione III.2.2. Ogni fibrato vettoriale differenziabile di rango n `e local-mente banale con fibra tipica Rn.
III.3. MORFISMI E OPERAZIONI DI FIBRATI VETTORIALI 51
Dimostrazione. Sia ξ = E → B un fibrato differenziabile vettoriale di rango−π n. Dato un punto p0 ∈ B, fissiamo una R-base e1, . . . , en di Ep0. Per il Lemma III.1.4 possiamo trovare un intorno aperto U di p0in B e sezioni ηi∈Γξ(U, E) con ηi(p0) = ei per i = 1, . . . , n. Per continuit`a, l’insieme U0dei punti p di U in cui η1(p), . . . , ηn(p) sono ancora linearmente indipendenti `e un intorno aperto di p0in B. Allora la
U0× Rn 3 (p; v1, . . . , vn
) −→Xn
i=1v
iηi(p) ∈ π−1(U0)
`e una trivializzazione locale differenziabile di ξ in un intorno aperto del punto
p0.
Se V, W sono spazi vettoriali reali della stessa dimensione n, indichiamo con IsoR(V, W) l’insieme degli isomorfismi R-lineari di V in W.
Definizione III.2.3. Una trivializzazione locale di un fibrato vettoriale diffe-renziabileξ = (E−→ B) `e una trivializzazione localeπ
(3.2.1) φ : U × Rn
→ E|U
di ξ compatibile con la struttura lineare, che sia cio`e lineare sulle fibre. Potremo quindi scrivere1
(3.2.2) φ(p, v) = φ(p)v, con σ(p) ∈ IsoR(Rn, Ep) ∀p ∈ U.
Un atlante di trivializzazione di un fibrato vettoriale differenziabile ξ `e un atlante di trivializzazione di ξ in cui tutte le trivializzazioni locali siano compatibili con la struttura lineare.
Chiameremo funzioni di transizione dell’atlante di trivializzazioneA = {(Ua, φa)} del fibrato vettoriale differenziabile ξ = (E→ B), le applicazioni−π 2gα,β ∈C∞(Ua∩ Ub, GL(n, R)), definite da
(3.2.3) ga,b(p)= φα(p)−1◦φb(p), ∀p ∈ Ua∩ Ub
si dicono le funzioni di transizione dell’atlanteA .
III.3. Morfismi e operazioni di fibrati vettoriali Siano ξ1e ξ2due fibrati vettoriali differenziabili.
Definizione III.3.1. Un morfismo di fibrati differenziabili ( f, φ) : ξ1 → ξ2 si dice un morfismo di fibrati vettoriali reali differenziabili se `e lineare sulle fibre, se cio`e per ogni p ∈ B(ξ1) l’applicazione E(ξ1)p3 v → f (v) ∈ E(ξ2)φ(p) `e lineare.
Se inoltre la f : E(ξ1) → E(ξ2) `e un diffeomorfismo, allora anche ( f−1, φ−1) : ξ2→ξ1 `e un morfismo di fibrati vettoriali differenziabili.
In questo caso diremo che ( f , φ) : ξ1→ξ2`e un isomorfismo di fibrati vettoriali reali differenziabili.
1Le p → φ(p) sono sezioni del fibrato vettoriale ξ ⊗B ξ∗, che sar`a definito nel paragrafo successivo.
2Osserviamo che GL(n, R) `e un aperto di Rn2
, e quindi una variet`a differenziabile di dimensione n2.
Se, ancora, B(ξ1) = B(ξ2) = M e φ = idM, diremo che la ( f , idM) : ξ1 →ξ2 `e un’equivalenza di fibrati vettoriali reali.
Dire che un fibrato differenziabile ξ di rango n `e trivializzabile equivale dunque a dire che `e isomorfo al fibrato differenziale triviale B(ξ)×V, con V spazio vettoriale reale di dimensione n.
Le costruzioni dell’algebra lineare si estendono in modo naturale ai fibrati vettoriali.
Fibrato duale. Sia ξ= E −→ B un fibrato vettoriale reale di rango n. Siaπ E∗=Gp∈BE∗p
l’unione disgiunta dei duali degli spazi vettoriali Ep, al variare di p nella base B. Indichiamo ancora con π : E∗ → B l’applicazione che associa il punto p ∈ B ad η ∈ E∗p⊂ E∗.
SeA = {(Ua, ψa) | a ∈ A} `e un atlante di trivializzazione per ξ, per ogni punto p ∈ Uala
ψa(p) : Rn3 v →ψa(p, v) ∈ Ep
`e un isomorfismo lineare. La sua trasposta (ψ(p))∗: E∗p → (Rn)∗' Rn`e ancora un isomorfismo lineare.
Possiamo cos`ı definire su ξ∗= E∗ π−→ B un’unica struttura di fibrato vettoriale differenziabile, per cui A∗= {(Ua, ψ∗
a) | a ∈ A}, ove ψ∗
a : Ua× Rn 3 (p, v∗) → [(ψa(p))∗]−1v∗∈ E∗|Ua, sia un atlante di trivializzazione.
Definizione III.3.2. Dato un fibrato vettoriale differenziabile ξ, il fibrato vetto-riale differenziabile ξ∗definito sopra si dice il fibrato duale di ξ.
Proposizione III.3.3. Ogni fibrato vettoriale `e equivalente al suo fibrato duale. Dimostrazione. Sia ξ un fibrato vettoriale di rango n ed A = {(Ua, ψa) | a ∈ A} un suo atlante di trivializzazione. Sia {φa} una partizione dell’unit`a subordinata ad {Ua | a ∈ A} con φa ∈C∞(B(ξ)) e φa ≥ 0 su B(ξ). Definiamo un prodotto scalare sulle fibre di ξ mediante
(v1|v2)=Xp∈U
a
φa(p) · (prRn(ψa(v1)|prRn(ψa(v2))Rn, ∀p ∈ B(ξ), ∀v1, v2∈ E(ξ)p.
Il prodotto scalare definisce un isomorfismo (di Riesz) ρp : Ep → E∗p per ogni
p ∈ M, che ci d`a un’equivalenza (ρ, idB) : ξ → ξ∗.
Definizione III.3.4. Sia M una variet`a differenziabile e T M −→ M il suo fi-π brato tangente. Il fibrato duale T∗M → M del fibrato tangente si dice il fibrato−π cotangentesu M.
III.4. FIBRATI VETTORIALI E FIBRATO TANGENTE 53
Somma diretta. Se ξ1, ξ2 sono fibrati vettoriali, di ranghi n1 ed n2 rispetti-vamente, allora il prodotto ξ2×ξ2ha una struttura naturale di fibrato vettoriale di rango n1+ n2, con fibra sopra il punto (p1, p2) ∈ B(ξ1) × B(ξ2) uguale allo spazio vettoriale somma diretta E(ξ1)p1⊕ E(ξ2)p2.
Se ξ1e ξ2hanno la stessa base B(ξ1)= B(ξ2)= M, allora la somma di Whitney ξ1⊕Mξ2 `e un fibrato vettoriale differenziabile di rango n1+ n2.
Prodotto tensoriale. Dati due fibrati vettoriali differenziabili ξ1, ξ2, di ranghi n1 ed n2 rispettivamente, con basi B(ξ1) = B1 e B(ξ2) = B2, definiamo il loro prodotto tensorialeξ1⊗ξ2 come il fibrato vettoriale differenziabile di rango n1n2 con base B1× B2 e fibra su E(ξ1)p1 ⊗RE(ξ2)p2 sul punto (p1, p2) ∈ B1× B2. Se B1 = B2 = M, indichiamo con ξ ⊗M ξ2 l’immagine inversa di ξ1 ⊗ξ2 rispetto all’immersione p → (p, p) di M nella diagonale di M × M. Esso si dice prodotto di Whitneydei fibrati ξ1e ξ2.
Fibrati tensoriali. Le operazioni di somme dirette, prodotti tensoriali, som-me e prodotti di Whitney di fibrati vettoriali differenziabili sono associative e commutative, a meno di equivalenze.
In particolare, fissati due interi non negativi r, s possiamo definire, a partire da un fibrato vettoriale reale ξ= E −→ B di rango n, un fibrato vettoriale differenziabileπ τr,s(ξ) sulla stessa base B, di rango n(r+ s), con spazio totale
Tr,s(E)=G p∈BEp⊗ · · · ⊗ Ep | {z } rvolte ⊗ E∗p⊗ · · · ⊗ E∗p | {z } svolte .
Possiamo descrivere la sua struttura di fibrato vettoriale differenziabile a partire da un atlante di trivializzazioneA = {(Ua, ψa) | a ∈ A} di ξ. L’atlante corrispondente Tr,sA = {(Ua, ψ(r,s)
a ) | a ∈ A} di τr,s(ξ) consiste delle carte
Ua× (Rn)⊗r⊗ (Rn)⊗s 3 (p, t, σ) → (ψa(p))⊗rt ⊗([ψa(p)∗]−1)⊗sσ ∈ Tr,s(E)|Ua. Il fibrato vettoriale τr,s(ξ) ha rango n(r + s) e si dice la potenza tensoriale r-covariante ed s-controvariantedi ξ.
Definizione III.3.5. Se M `e una variet`a differenziabile di dimensione m, il fi-brato τr,s(T M −→ M) si indica con Tπ r,sM −→ M e si dice il fibrato dei tensoriπ r-covarianti ed s-controvarianti su M.
III.4. Fibrati vettoriali e fibrato tangente
Definizione III.4.1. Sia ξ = E −→ M un fibrato differenziabile. Il fibratoπ verticalesu E `e il nucleo del differenziale della proiezione sulla base:
(3.4.1) V E= {v ∈ T E | dπ(v) = 0}.
Supponiamo ora che E−→ M sia un fibrato vettoriale. Possiamo identificare Mπ alla sezione nulla di E, mediante l’applicazione
(3.4.2) ι : M 3 x → 0x ∈ E.
Proposizione III.4.2. Ogni fibrato vettoriale ξ = E −→ M `e equivalente alπ pullback su M, mediante l’inclusione(3.4.2), del suo fibrato verticale.
Dimostrazione. Sia x ∈ M e v ∈ E. Associamo a v il vettore ~v ∈ V0xEdefinito da
~v f = d
dtf(t v)|t=0.
Otteniamo cos`ı un’applicazione E → V E|M = ι∗(V E), che si verifica facilmente
essere un’equivalenza di fibrati vettoriali.
Proposizione III.4.3. Se ξ = E→ M `e un fibrato vettoriale differenziabile, al-−π lora la restrizione di T E ad M (cio`e il suo pullback mediante l’inclusione(3.4.2)) `e equivalente alla somma diretta di T M e della restrizione ad M del fibrato verticale:
(3.4.3) T E|M' T M ⊕MV E|M.
Utilizzando le proposizioni III.4.2 e III.4.3 ed il teorema d’immersione di Whitney otteniamo il
Teorema III.4.4. Sia ξ1= E1 π1
−−→ M un fibrato vettoriale differenziabile. Pos-siamo allora trovare un fibrato vettoriale differenziabile ξ2= E2
π2
−−→ M sulla stessa base M tale che la somma di Whitneyξ1⊕Mξ2sia equivalente ad un fibrato banale. Dimostrazione. Per il teorema d’immersione di Whitney possiamo trovare un diffeomorfismo Φ : E1→ Q ⊂ R`tra E1ed una sottovariet`a differenziabile propria Q di uno spazio Euclideo R`. Per ogni punto y ∈ Q identifichiamo lo spazio tangente TyQ ad un sottospazio dello spazio Euclideo R`. Definiamo quindi il fibrato vettoriale NQ mediante
(3.4.4) NQ= {(y, w) ∈ Q × R` | w ⊥ TyQ}.
In ogni punto y di Q abbiamo allora TyR`
' R` = TyQ ⊕ NyQ.
D’altra parte, se x ∈ M, nel punto y= Φ(x) ∈ Φ(M) ⊂ Q, abbiamo TyQ= dΦ(TxM) ⊕Φ(VxE1),
da cui ricaviamo che Φ∗
(T R`|Φ(M)) ' V E1|M⊕MT M ⊕M(Φ∗
NQ|Φ(M)) ' E1⊕M T M ⊕M(Φ∗
NQ|Φ(M)).
Poich´e T R` ' R` × R` `e un fibrato banale, ed il pullback di un fibrato banale `e
III.6. CLASSI DI ISOMORFISMO DI FIBRATI VETTORIALI 55
III.5. Norme differenziabili e strutture Euclidee
Sia ξ= (E −−→ B) un fibrato vettoriale. Indichiamo con 0π Ela sua sezione nulla. Definizione III.5.1. Una norma differenziabile su ξ `e un’applicazione reale continua e non negativa k kE ∈C0(E, R) che goda delle propriet`a:
kqkE > 0 se q < 0E, (3.5.1) kk qkE = |k| kqkE ∀k ∈ R, ∀q ∈ E, (3.5.2) kq1+ q2kE ≤ kq1kE+ kq2kE, ∀p ∈ B, ∀q1, q2∈ Ep, k k2 E ∈C∞ (E). (3.5.3)
Definizione III.5.2. Una struttura Euclidea su ξ `e un’applicazione differenzia-bile
E ⊕BE 3(q1, q2) −→ (q1|q2)E ∈ R bilineare simmetrica, definita positiva. Valgono cio`e
(q1, q2)E = (q2|q1)E, ∀(q1, q2) ∈ E ⊕BE, (3.5.4) (q1+ q2, q3)E = (q1|q3)E + (q2|q3)E, ∀p ∈ B, ∀q1, q2, q3∈ Ep, (3.5.5) (kq1|q2)E = k(q1|q2)E, ∀k ∈ R, ∀(q1, q2) ∈ E ⊕BE, (3.5.6) (q|q)E > 0 ∀q ∈ E \ OE. (3.5.7)
Osserviamo che, data una struttura Euclidea ( | )Esu ξ, la kqkE = p(q|q)E ≥ 0 `e una norma differenziabile su ξ.
L’esistenza di norme differenziabili `e garantita quindi dalla
Proposizione III.5.3. Ogni fibrato vettoriale ξ ammette una struttura Euclidea. Dimostrazione. Sia A = {(Ui, φi)}i∈I un atlante di trivializzazione di ξ. Se ξ ha rango k, per ogni i la
φi: π−1(Ui) 3 q −→ (π(q), φi(q)) ∈ Ui× Rk
`e un’equivalenza di fibrati vettoriali. Se {χi} ⊂C∞(B) `e una partizione dell’unit`a su B subordinata al ricoprimento {Ui}i∈I, la
(q1|q2)E =X
π(q1)∈Ui
χi(π(q1)) (φi(q1)|φi(q2))Rk, ∀(q1, q2) ∈ E ⊕BE,
definisce una struttura Euclidea su ξ.
Definizione III.5.4. Una struttura Euclidea sul fibrato tangente di una variet`a Msi dice una struttura Riemanniana su M.
III.6. Classi di isomorfismo di fibrati vettoriali
Ricordiamo che, se ξ= E−→ M `e un fibrato vettoriale diπ fferenziabile di rango k, con base M, data un’altra variet`a differenziabile N ed un’applicazione differen-ziabile f : N → M di N nella base di ξ, il pullback f∗ξ `e il fibrato differenziabile di rango k su N, con spazio totale f∗Ee proiezione πf definiti da
(3.6.1) f∗E:= E( f∗ξ) = {(x, v) ∈ N × E | π(v) = f (x)}, πf := π( f∗ξ)(x, v) = x, ∀(x, v) ∈ E( f∗ξ).
Se abbiamo una composizione di applicazioni differenziabili M00 −−−−−→ Mg 0 −−−−−→ Mf
ed un fibrato vettoriale ξ= E−→ M su M, alloraπ ( f ◦ g)∗ξ ≡ g∗
f∗ξ sono canonicamente equivalenti: infatti
E(( f ◦ g)∗ξ) = {(x, v) ∈ M00
× E | f (g(x))= π(v)}, E(g∗f∗ξ) = {(x, (y, v)) ∈ M00
× M0× E | g(x)= y, f (y) = π(v)} e l’equivalenza `e definita dall’applicazione (x, (y, v))= (x, ( f (x), v)) → (x, v).
Indichiamo con Veck(M) la collezione delle classi di isomorfismo dei fibra-ti vettoriali di rango k sulla variet`a M. Possiamo considerarlo come un insieme puntato, ove il punto base `e costituito dalla classe d’equivalenza del fibrato banale M × Rk −−→ M. L’osservazione che abbiamo fatto sopra si pu`o esprimere medianteπM la
Proposizione III.6.1. Veck( · ) `e un funtore dalla categoria delle variet`a ed applicazioni differenziabili alla categoria degli spazi puntati e delle applicazioni che preservano i punti base.
Abbiamo la
Proposizione III.6.2 (propriet`a d’omotopia dei fibrati vettoriali). Siano M ed N variet`a differenziabili, con M compatta. Se f0, f1 : M → N sono due applicazioni differenziabili omotope e ξ = E πN
−−→ N `e un fibrato vettoriale su N, allora i fibrati f0∗ξ ed f∗
1ξ sono isomorfi.
Dimostrazione. Sia F : M × I 3 (x, t) → ft(x) ∈ N un’omotopia di classe C∞tra f0 ed f1. Indichiamo con prM : M × I 3 (x, t) → x ∈ M la proiezione sul primo fattore. Per dimostrare il teorema, sar`a sufficiente verificare che, se per un t0 ∈ [0, 1] il fibrato ft∗ξ `e isomorfo ad un fibrato vettoriale ζ su M, ci`o `e ancora vero per tutti i fibrati ft∗ξ con t ∈ [0, 1] e |t − t0|< per qualche > 0.
Consideriamo sulla variet`a compatta con bordo3 M × I i due fibrati vettoriali F∗ξ e pr∗
Mζ e il fibrato principale Iso(F∗ξ, pr∗
Mζ), la cui fibra su (x, t) `e l’insieme di tutti gli isomorfismi lineari λx : E( ft∗ξ)x → E(ζ)x. Per ipotesi questo fibrato ha una sezione σ su M × {t0}. Il fibrato principale Iso( f∗E, p∗
MF) `e un aperto del fibrato vettoriale
η = Hom(F∗ξ, pr∗
Mζ) = (pr∗ Mζ)∗
⊗M×I F∗ξ.
La sezione σ si estende a una sezione globale ˜σ di η su M × I. La ˜σ sar`a ancora una sezione di Iso(F∗ξ, pr∗
Mζ) su un intorno aperto di M × t0. Per la compattezza di M, questo intorno conterr`a M × t per tutti i t ∈ [0, 1] con |t − t0|< per qualche
> 0.
3Per evitare di utilizzare nella dimostrazione la variet`a compatta a bordo M × I, possiamo osservare che l’omotopia F = ( ft) : M × I → N si estende ad un’applicazione differenziabile
˜
III.7. FIBRATI VETTORIALI SULLE SFERE 57
Osservazione III.6.3. La proposizione vale anche senza l’ipotesi di compat-tezza su M. Ricordiamo che tutte le variet`a che consideriamo supponiamo siano paracompatte.
Corollario III.6.4. Ogni fibrato vettoriale sopra una variet`a contrattile `e iso-morfo al fibrato banale.
Esempio III.6.5. Veck(S1) si pu`o identificare alle classi di omotopia di applica-zioni f : {±1} → GL(k, R) che mandano il punto 1 in Ik. Esso consiste quindi di due punti se k ≥ 1. Nel caso k = 1 i due fibrati corrispondono rispettivamente al cilindro (caso orientabile) e al nastro di M¨obius (caso non orientabile).
III.7. Fibrati vettoriali sulle sfere Decomponiamo la sfera Sn = (x0, x1, . . . , xn) Xn h=0x 2 h= 1 ⊂ Rn+1
nell’unione di due celle chiuse: Sn = Dn
+∪ Dn−, con Dn+= {x ∈ Sn| x0 ≥ 0}, Dn−= {x ∈ Sn | x0≤ 0}. Sia
Sn−1= Dn
+∩ Dn−= {x ∈ Sn| x0 = 0}.
Data un’applicazione continua f : Sn−1 → GL(k, R), possiamo definire un fibrato vettoriale di rango r su Snincollando i fibrati banali D+
n × Rke D−n × Rk mediante la funzione d’incollamento che associa ad (x, v) ∈ Sn−1× Rk ⊂ D+
n× Rkl’elemento (x, f (x)v) ∈ Sn−1× Rk ⊂ D−n × Rk. La f `e detta la funzione di clutching4. Si dimostra facilmente che
Lemma III.7.1. Siano f0, f1: Sn−1→ GL(k, R) due funzioni di clutching. Se f0
ed f1sono omotope, allora i fibrati vettoriali Ef1ed Ef2 sono equivalenti. Abbiamo quindi un’applicazione naturale
(3.7.1) π(Sn−1, GL(k, R)) −→ Veck(Sn).
Poich´e Dn+ e Dn− sono contrattili, i fibrati vettoriali con basi Dn+ e Dn− sono banali. Da questa osservazione segue il
Lemma III.7.2. L’applicazione (3.7.1) `e surgettiva.
Lo studio dell’applicazione (3.7.1) `e complicato dal fatto che il gruppo GL(k, R) ha due componenti connesse. `E quindi conveniente considerare dapprima i fibrati vettoriali orientati.
Indichiamo con Vec+
k(M) le classi di equivalenza di fibrati vettoriali orientati di rango k sulla variet`a differenziabile M. Sia GL+(k, R) il gruppo degli endomorfismi lineari di Rkcon determinante positivo. Abbiamo allora
Proposizione III.7.3. L’applicazione π(Sn−1, GL+(k, R)) → Vec+k(Sn) `e biget-tiva.
Per analizzare Veck(Sn), introduciamo lo spazio Vec0k(Sn) che consiste delle classi di equivalenza di fibrati vettoriali di rango k su Snche hanno un’orientazione assegnata sul punto e1 ∈ Sn−1 ⊂ Sn. Scegliendo le trivializzazioni su Dn± che mantengono questa orientazione assegnata, le abbiamo fissate entrambe a meno di omotopia. Otteniamo cos`ı
Lemma III.7.4. Vi `e una bigezione naturale
π(Sn−1, e1; GL(k, R), GL+(k, R)) → Vec0 k(Sn). Se n ≥ 2, Sn−1`e connesso ed abbiamo quindi:
Lemma III.7.5. Se n ≥ 2, vi `e una bigezione naturale π(Sn−1, GL+(k, R)) → Vec0
k(Sn). Quindi l’applicazione naturale Vec+
k(Sn) → Vec0k(Sn) `e una bigezione. Ne segue che
Proposizione III.7.6. Se n ≥ 2, ogni fibrato vettoriale reale `e orientabile, ed ha esattamente due orientazioni, che dipendono dalla scelta dell’orientazione su una singola fibra. L’applicazione(3.7.1) ha fibre che hanno al pi`u due elementi. Hanno un solo elemento le fibre che corrispondono a fibrati vettoriali che ammettono un automorfismo che inverte l’orientazione delle fibre, due elementi altrimenti.
Osservazione III.7.7. Poich´e SO(k) `e un retratto di deformazione di GL+(k, R), abbiamo
CAPITOLO IV