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L’allargamento della CEE e le iniziative individuali dei suoi membri

La prima metà degli anni ’80 vide due eventi centrali: per quanto riguarda il versante europeo l’allargamento della CEE a dieci membri con l’entrata della Grecia nel 1981; spostandoci invece sullo scenario Medio orientale l’invasione del Libano da parte di Israele nel 1982, evento che scatenò la guerra del Libano che si sarebbe conclusa tre anni dopo.

Entrambi gli eventi, seppur per motivi diversi, furono condizionati nei loro sviluppi dall’esistenza e dalle azioni dell’OLP.

Per quanto riguarda l’Europa, la Grecia entrò ufficialmente a far parte della CEE dal 1 gennaio 1981. Questo aveva delle implicazioni anche sulla posizione della Comunità riguardo al conflitto israelo-palestinese. Infatti all’epoca il primo ministro ellenico, Andreas Papandreou, era uno dei più aperti sostenitori dell’OLP92. Per questo motivo l’entrata del

paese tra i membri CEE venne vista in modo positivo dalla Lega Araba che sperava essa potesse bilanciare le limitazioni che erano state apportate alla Dichiarazione di Venezia e rilanciare con più efficienza l’azione europea. Già dal suo primo giorno in carica (21 ottobre d1981) Papandreou aveva invitato Arafat, allora leader dell’Organizzazione, ad Atene per 92 R. Miller, op. cit., p. 139.

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discutere di cooperazione. La reazione contrariata di Israele non si fece attendere e subito un rappresentante di Gerusalemme ad Atene condannò pubblicamente l’invito e disse che il suo paese era scandalizzato dall’intenzione da parte della Grecia di riconoscere l’OLP come sola rappresentante dei palestinesi93. Questa mossa incrinò ulteriormente i rapporti già tesi tra la comunità e Israele e pose al contempo alcune difficoltà nella formulazione di un punto di vista comune tra gli ormai dieci membri della CEE.

La Grecia infatti dal momento del suo ingresso negò il suo supporto a qualsiasi dichiarazione della Comunità che comportasse il supporto al processo di Camp David.

Anche durante le votazioni all’Assemblea Generale Onu questa spaccatura si fece sentire, per la prima volta infatti i membri CEE votarono allo stesso modo le risoluzioni concernenti il Medio Oriente per meno dell’80% delle volte (il 77%), percentuale destinata a scendere ulteriormente al 68% nel 1983, anno in cui il voto di Atene si dissociò da quello degli altri membri della Comunità per ben nove volte94. Le votazioni del 1983 in particolare riguardavano risoluzioni sulla questione palestinese95 e sulla situazione in Medio Oriente96.

La Grecia si rivelò il paese più sbilanciato verso una posizione totalmente filo-araba, favorevole anche a soluzioni palesemente avverse allo stato di Israele, come la proposta estrema di alcuni stati arabi di escludere lo stato ebraico dalla partecipazione alle Nazioni Unite97. In questo il paese più distante era la Germania che invece si mostrava come la più comprensiva delle posizioni israeliane, pur cercando di mantenere un basso profilo sul tema era evidente l’imbarazzo e il senso di colpa tedesco ancora forti dopo l’Olocausto.

Questo non fu l’unico cambiamento importante sul versante europeo. Nella primavera del 1981 infatti divenne presidente François Mitterrand, figura che avrebbe avuto un impatto sull’attitudine francese al processo di pace in Medio Oriente. Mitterrand era considerato un filo-israeliano e in generale si era dimostrato favorevole al processo di Camp David98. Tuttavia il suo arrivo al potere non determinò tanto un’inversione di rotta nella politica estera francese verso una posizione più favorevole al governo di Gerusalemme, quanto una linea politica incerta e contraddittoria rispetto alla posizione comune che era andata a formarsi in

93 Athens News Agency Daily Bullettin, 24 ottobre 1981.

94 Beate Lindemann, Votes of EC Members at the United Nationson Questions Related to Israel, p.309 in

Greislammer e Weiler, Europe and Israel

95 Risoluzione 38/58 dell’Assemblea Generale Onu, 13 dicembre 1983, [online:

https://undocs.org/en/A/RES/38/58]

96 Risoluzione 38/180 dell’Assemblea Generale Onu, 19 dicembre 1983, [online:

https://undocs.org/en/A/RES/38/180]

97 B. Lindemann, op. cit., p 310-311.

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seno alla Comunità negli anni precedenti. Questo fu un ulteriore tassello che spinse i paesi europei a desistere per il momento dal proporre una nuova iniziativa di pace europea99.

Furono anche altri gli eventi che in quell’anno bloccarono uno sviluppo in questa direzione, al di fuori dello scenario europeo.

Uno di questi fu la pubblicazione del piano Fahd da parte dell’Arabia Saudita nell’agosto 1981. Proposto dall’omonimo principe, il piano in otto punti puntava a risolvere alcune problematiche che non avevano ancora trovato una soluzione dopo gli accordi di Camp David. Esso auspicava la ritirata di Israele dai territori occupati nel ’67 (inclusa Gerusalemme Est); lo smantellamento degli insediamenti israeliani nei Territori Occupati; libertà di culto per tutti nei luoghi sacri; il diritto dei palestinesi all’auto-determinazione; indennità per i rifugiati che non avrebbero esercitato il diritto al ritorno; un periodo di transizione sotto il controllo delle Nazioni Unite per la Cisgiordania e Gaza, prima di stabilirvici uno stato palestinese indipendente con Gerusalemme Est capitale; infine la garanzia da parte del Consiglio di Sicurezza Onu della pace tra i paesi della regione, incluso il nuovo stato palestinese.

Non si trattava certo di proposte nuove ma di idee già espresse in diversi documenti ufficiali sull’argomento, specie quelli provenienti dai paesi arabi. Questo generò un momento di esitazione tra i paesi europei che pensavano a come approcciare questa iniziativa e a come conciliare il piano Fahd con la Dichiarazione di Venezia100. Dopo una consultazione,durante l’incontro del 13 ottobre 1981, i ministri degli esteri della CEE decisero di supportare il piano Fahd. In ogni caso il piano venne rifiutato da Israele mentre una forma modificata venne adottata dai leader arabi durante il summit di Fez e questa rimase la posizione ufficiale dei paesi arabi fino alla conferenza di Madrid del 1991.

In questo momento di temporaneo stallo da parte della Comunità, alcuni paesi membri, come Francia e Regno Unito, ritornarono a perseguire la propria linea politica in Medio Oriente invece che supportare un’iniziativa collettiva europea. In particolare la Gran Bretagna, che al momento era sotto la guida del Primo ministro Thatcher, decise di prendere una posizione di

99 In realtà c’erano già stati in precedenza dei tentativi in questo senso, in seguito alla Dichiarazione di Venezia.

Si tratta delle missioni Thorn e Van Der Klaauw, due missioni con scopo esplorativo per mettersi in contatto con gli attori mediorientali. La prima, svoltasi nell’autunno del 1980, implicò la visita di Tunisia, Israele, Libano, Siria, Giordania, Kuwait, Iraq, Arabia Saudita ed Egitto. Nonostante gli stati arabi accolsero positivamente l’iniziativa, Israele la rifiutò totalmente. Questo impedì ulteriori sviluppi di un progetto di pace europeo. Lo stesso esito ebbe la missione seguente, lanciata nella primavera del 1981.

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rilievo nel conflitto arabo-israeliano. Questa decisione era dettata da una crescente sicurezza nelle capacità britanniche in politica estera data dai successi del Segretario di Stato per gli affari esteri Carrington in Zimbabwe. Inoltre l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica rese il Medio Oriente uno scenario particolarmente importante in quel momento. Gli inglesi volevano recuperare la chance di essere i protagonisti che sentivano di aver perso con il processo di Camp David. A questo si aggiunge un elemento non trascurabile: il Regno Unito avrebbe avuto la presidenza della CEE nel secondo semestre del 1981101. Questo coincidere di situazioni rese gli inglesi più propensi all’iniziativa personale e dall’altro lato ostacolò l’emergere di una proposta europea in Medio Oriente.

Oltre alla Gran Bretagna anche la Francia, guidata da Mitterrand, in questo periodo continuava a proseguire le proprie iniziative diplomatiche nazionali. C’erano diversi motivazioni che spingevano il Presidente francese ad avere una visione più favorevole ad Israele rispetto ai suoi predecessori (tra queste Dominique Moisi evidenzia la Resistenza al nazismo, i legami della Quarta Repubblica con Israele, l’Internazionale Socialista che aveva permesso la nascita di legami di amicizia tra Mitterrand e alcuni leader laburisti102), tuttavia egli tenne in primo piano l’importanza della questione palestinese poiché il suo ruolo di uomo di stato glielo richiedeva. Le sue posizioni dovevano essere riconciliabili all’interesse nazionale, che in quella regione era da tempo legato ai paesi arabi103.

A riprova della divisione interna tra i membri CEE che sembrava tornata ad accentuarsi in questo momento storico, quattro paesi (Francia, Regno Unito, Italia e Olanda) decisero di prendere parte alla Multinational Sinai Force and Observers (Forza multinazionale e osservatori, MFO), ovvero la forza internazionale di peacekeeping che controlla che vengano rispettati i termini del trattato di pace tra Israele ed Egitto. Essa era stata istituita con gli accordi di Camp David. Il Ministro degli esteri francese, Claude Cheysson, fu il primo ad annunciare la volontà del suo paese ad aderire all’iniziativa, seguito alcuni mesi dopo dagli altri tre paesi. Altri stati CEE approvarono la loro partecipazione alle forze di peacekeeping nel Sinai, purché questo favorisse lo sviluppo di un processo di pace comprensivo basato su quanto già stabilito in precedenza di comune accordo dai membri della Comunità. Questo passo da un lato segnalava un maggior supporto da parte degli stati europei al processo di Camp David, dall’altro mostrava ancora una volta quanto la CEE fosse ancora internamente

101Geoffrey Edwards, Britain, in Allen e Pijpers, European Foreign Policy-Making and the Arab-Israeli Conflict,

p.52.

102 D. Moïsi, La France de Mitterrand et le conflit du Proche-Orient : comment concilier émotion et politique,

p.395-402.

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divisa, con paesi che scalpitavano per ritagliarsi uno spazio a livello internazionale anche a costo di danneggiare la coesione interna della Comunità mentre altri, esitanti, restavano sostanzialmente spettatori del processo in atto.

I quattro membri CEE si auspicavano di prendere parte al progetto sulla base dei principi che erano stati enunciati nella Dichiarazione di Venezia. Tuttavia il Primo Ministro israeliano Begin, informato delle condizioni di partecipazione degli stati europei, rigettò questa proposta considerandola in parte contraddittoria con gli accordi di Camp David. Gli stati CEE accettarono allora la richiesta di Begin di attenersi al trattato di Camp David nel corso della loro partecipazione alla missione. Solo a questo punto Israele accettò la loro presenza104. Questi sviluppi, che coinvolgevano alcuni dei membri chiave della Comunità, rendevano ancora più improbabile la possibilità di costituire una nuova iniziativa europea in Medio Oriente negli anni ’80.