• Non ci sono risultati.

Dopo gli accordi di Camp David Stati Uniti, Egitto ed Israele speravano che i membri della CEE non rilasciassero nuove dichiarazioni concernenti il conflitto arabo-israeliano per paura che queste divergessero dal processo iniziato a Camp David. In particolare il Presidente Carter, che voleva che gli accordi precedentemente presi con la mediazione americana fossero un’arma per la sua campagna elettorale, minacciò i paesi europei di avvalersi del diritto di veto per contrastare un qualunque tentativo di modificare la risoluzione Onu 24282.

L’approccio americano alla risoluzione del conflitto era molto diverso da quello europeo. Il governo di Washington infatti pianificava un approccio graduale al processo di pace, costituito da accordi bilaterali separati tra loro; di tutt’altro avviso erano i paesi CEE che

48

invece speravano nel coinvolgimento di tutti gli attori attraverso una conferenza di pace internazionale che permettesse il raggiungimento di un accordo di pace esaustivo83.

Inoltre la divergenza di punti di vista riguardava anche la questione palestinese: se infatti essa occupava una posizione alquanto marginale negli accordi di Camp David, che si limitavano a richiedere l’autonomia del popolo palestinese nei territori di Gaza e della Cisgiordania, al contrario per i Nove la questione palestinese era al centro del problema ed essi rivendicavano la necessità di una nazione per i palestinesi.

Forti pressioni contro qualunque iniziativa in questo senso da parte della CEE arrivarono anche dal ministro degli esteri Israeliano Shamir che visitò diverse capitali europee per ribadire che la nuova dichiarazione che stavano preparando non sarebbe stata accettata da Israele e dal Presidente egiziano Sadat che voleva assicurarsi che qualsiasi iniziativa proveniente dal fronte europeo fosse complementare agli accordi di Camp David e non li contraddicesse84. Le pressioni esterne si rivelarono efficaci e la dichiarazione che avrebbe dovuto sfidare il processo di Camp David e sostituire, nella Risoluzione 242, il termine “rifugiati” con “palestinesi”, oltre a richiedere la partecipazione dell’OLP nei negoziati e il suo riconoscimento come solo rappresentante ufficiale dei palestinesi, venne ridimensionata e non raggiunse gli obiettivi sopra indicati.

L’incontro tra i leader dei paesi CEE si tenne il 12 e 13 giugno 1980 a Venezia. In questa sede i rappresentanti dei Nove espressero le loro preoccupazioni riguardo le crescenti tensioni in Medio Oriente. I legami storici con la regione e i comuni interessi spingevano l’Europa a giocare un ruolo concreto e importante nella risoluzione del conflitto. La dichiarazione dei Nove era basata sulle risoluzioni 242 e 338 delle Nazioni Unite e sulle precedenti dichiarazioni comuni ai membri CEE. In particolare veniva ribadita l’importanza di due principi riconosciuti dalla comunità internazionale: il diritto all’esistenza e alla sicurezza di tutti i paesi della regione, incluso Israele, e la giustizia per tutti i popoli, che implica il riconoscimento dei diritti dei palestinesi. La CEE voleva assumere una posizione equilibrata tra il bisogno di sicurezza del popolo israeliano e i diritti di quello palestinese, posti come obiettivi paralleli all’interno di un processo di pace complessivo 85. La dichiarazione si spinse

comunque oltre a quanto fosse stato fatto in passato per quanto riguarda la questione palestinese. Particolarmente emblematici al riguardo sono due punti della Dichiarazione di Venezia:

83 T.O. Kaya, op. cit., p. 83.

84 Greislammer e Weiler, op. cit., p. 142.

49

« 6. Deve essere finalmente trovata una soluzione giusta al problema palestinese, che non riguarda semplicemente i rifugiati. Il popolo palestinese, che è consapevole di esistere in quanto tale, dev’essere messo nella posizione, attraverso un percorso adeguato definito nel quadro di un processo di pace esaustivo, di esercitare a pieno il proprio diritti all’autodeterminazione.»

« 7. Il raggiungimento di tutti questi obiettivi richiede il coinvolgimento e il supporto di tutte le parti implicate nel processo di pace che i Nove si stanno sforzando di promuovere restando fedeli ai principi enunciati più sopra nella dichiarazione. Questi principi si applicano a tutte le parti coinvolte, quindi anche al popolo palestinese e all’OLP, che dovranno essere rese partecipi ai negoziati86.»

L’elemento innovativo era dunque il fatto di menzionare l’OLP con lo scopo di includerla nei negoziati. Per questo motivo gli stati europei vennero accusati da Israele di voler trattare con un’organizzazione terroristica. Nella dichiarazione OLP e popolo palestinese venivano presentate in modo distinto e in questo modo non si dava per scontato che l’OLP rappresentasse tutti i palestinesi, tuttavia il solo fatto di richiederne la partecipazione alle trattative di pace la rendeva un attore chiave nel processo di pace87.

Un altro passaggio particolarmente inviso agli israeliani era quello riguardante lo status di Gerusalemme, nella dichiarazione si legge infatti che «[…] I Nove sottolineano che non accetteranno alcuna iniziativa unilaterale volta a modificare lo status di Gerusalemme e che ogni accordo sullo status della città dovrà garantire libertà di accesso ai luoghi sacri per tutti.» Infine un altro punto di centrale importanza era quello che enfatizzava il bisogno che Israele si ritirasse dai territori occupati dal 1967, gli insediamenti nei territori occupati venivano infatti ritenuti il maggior ostacolo ad un possibile accordo pacifico agli occhi degli europei : « I Nove evidenziano la necessità che Israele metta fine all’occupazione territoriale che ha mantenuto dal conflitto del 1967[...]. Sono profondamente convinti che gli insediamenti israeliani costituiscano un serio ostacolo al processo di pace in Medio Oriente. I Nove considerano che questi insediamenti, così come le modifiche nella popolazione e nelle proprietà dei territori arabi occupati, sono illegali secondo il diritto internazionale».

L’ultimo punto cruciale stabilito nella Dichiarazione di Venezia era la fine della violenza e dell’uso della forza da parte di tutti, condizione essenziale per creare un clima di fiducia reciproca. Nell’ideale progetto europeo il contesto per garantire un accordo di pace e confini sicuri per tutti doveva essere fornito dalle Nazioni Unite.

86 Venice Declaration, 13 giugno 1980, [online:

http:d//eeas.europa.eu/archives/docs/mepp/docs/venice_declaration_1980_en.pdf

50

Israele rifiutò con fermezza la dichiarazione, che marcò uno dei punti più bassi nelle relazioni euro-israeliane, che da quel momento avrebbero faticato a rifiorire88.

In particolare agli europei veniva recriminato di non aver, come stavano facendo gli americani, continuato ad isolare l’OLP fino a quando essa non avesse dichiarato di riconoscere il diritto di Israele ad esistere. Questo avrebbe permesso di fare pressioni sull’organizzazione in un momento in cui essa era più vulnerabile89.

In effetti la dichiarazione non placò gli episodi di violenza da parte palestinese, che anzi sembrarono intensificarsi negli anni successivi, con attacchi mirati più che a Israele, alla comunità ebraica residente in Europa, come testimoniano gli attacchi alle sinagoghe di Parigi, Vienna, Bruxelles e Roma, avvenuti tutti nel periodo tra il 1980 e il 1982.

Da parte araba paesi come la Giordania e l’Arabia Saudita videro questa mossa europea in modo positivo, tuttavia la leadership dell’OLP non la trovò del tutto soddisfacente e la etichettò come il risultato delle minacce statunitensi90. Ed in effetti le pressioni da parte di Washington c’erano state, e proprio per evitare una crisi nei rapporti transatlantici i riferimenti ai palestinesi erano stati ridimensionati rispetto a quanto previsto. Così, oltre ad attirare la diffidenza americana ed israeliana, la Dichiarazione non riuscì nemmeno ad accontentare le aspirazioni dell’OLP che puntava ad essere riconosciuta come la sola rappresentante del popolo palestinese. I palestinesi speravano in una modifica della Risoluzione 242 e che gli accordi di Camp David fossero riconosciuti come insufficienti a sanare la situazione.

Da parte americana la dichiarazione del 1980 fu vista come un rifiuto del processo che aveva avuto inizio a Camp David, tuttavia furono soddisfatti del suo ridimensionamento e il Segretario di Stato americano Muskie dichiarò che in fin dei conti la Dichiarazione non sembrava voler minacciare direttamente il processo da loro mediato o allontanare da esso gli altri attori91.

Il principale risultato raggiunto dalla Dichiarazione di Venezia fu quello di avanzare una posizione comune dei paesi CEE e promuovere il loro ruolo politico attivo nella risoluzione del conflitto arabo-israeliano. Fino ad allora infatti la posizione dei paesi europei era stata puramente dichiaratoria. I principi enunciati nella Dichiarazione sono quelli che avrebbero guidato la linea politica europea in Medio Oriente nei decenni seguenti. Con questa mossa i pesi europei si rendevano più indipendenti dalla linea politica americana e soprattutto

88 Joel Peters, Europe and the MEPP: Emerging from the Sidelines, p.299 89 R. Miller, op. cit., p. 138.

90 Greislammer e Weiler, op. cit., p. 145. 91 P. Ifestos, op. cit., p. 467.

51

dimostravano una crescente coordinazione tra i membri della Comunità nel campo della politica estera.

Nonostante il fatto che Israele ed Egitto continuarono a considerare marginale l’influenza della CEE in Medio Oriente, alla quale veniva attribuito un ruolo più simbolico che pratico nei negoziati, il fatto stesso che i paesi europei avessero formulato di comune accordo una dichiarazione per alcuni tratti innovativa rappresentava un passo importante sulla strada dell’integrazione europea, a prescindere dal suo effettivo impatto. Si trattava dell’inizio di un percorso che avrebbe portato i paesi europei ad essere coinvolti in un duraturo programma di sostegno ai palestinesi, di dialogo politico e azioni congiunte che avrebbero accresciuto il peso europeo in Medio Oriente. La Dichiarazione di Venezia segnò un picco nel graduale avvicinamento europeo ad una posizione filo-araba. Certamente la dipendenza dal petrolio arabo ebbe un suo peso nella vicenda, contribuendo ad aumentare l’importanza che la CEE attribuiva alla soluzione del conflitto israelo-palestinese.

La Dichiarazione di Venezia coronò la politica dichiaratoria che la CEE aveva iniziato a perseguire nel corso degli anni ’70 con le dichiarazioni di Londra e Bruxelles.