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La notte del 12 novembre 2019 Venezia è stata vittima di un’alluvione causata da forti venti e un’acqua alta che ha raggiunto 187 centimetri, avvicinandosi ai livelli raggiunti nel 1966 con 194 centimetri. Durante tutta la settimana che venne, la marea ha continuato a punire la città raggiungendo picchi minori ma comunque importanti. Il 13 novembre il comune di Venezia ha ordinato la chiusura di tutte le scuole del centro storico, delle isole della laguna, del lido e di Pellestrina e ha chiesto lo stato di crisi. Anche negli altri comuni del litorale veneziano, e in particolare a Chioggia e a Jesolo, erano stati registrati alti livelli di marea.

Gli effetti di quella tragica notte sono stati devastanti sotto tanti punti di vista. Un uomo è morto sull’isola di Pellestrina, nella sua abitazione, in seguito ad un corto circuito. Sono stati rilevati danni alle linee telefoniche, agli impianti elettrici e alle imbarcazioni, che il vento e la marea avevano spinto fuori dai canali e trasportato sulle banchine, di conseguenza danneggiate anche loro. Un incendio, placato dai Vigili del Fuoco, aveva colpito il palazzo di Ca’ Pesaro, che ospita la Galleria di Arte Moderna e il Museo di Arte Orientale. Danni subiti anche dal Teatro La Fenice e dalla Basilica di San Marco, la cripta di San Marco si è allagata e l’acqua all’interno della Chiesa ha superato il metro e mezzo di altezza. Nel Teatro l’acqua ha irrotto nei locali di servizio, rendendo inutilizzabile il sistema antincendio e l’impianto elettrico.

Purtroppo i danni subiti sono stati consistenti, soprattutto perché l’acqua ha superato le barriere installate alle entrate dei negozi e delle abitazioni e quando le barriere hanno funzionato l’acqua è invece entrata negli edifici attraverso le tubature e i sanitari.

Il fenomeno dell’ “Acqua Alta” a Venezia è un fenomeno ricorrente, che si definisce in questi termini quando supera gli 80 centimetri. Solitamente l’alta marea a Venezia è causata da fattori astronomici, quali l’attrazione della Luna e del Sole sulle maree, e da fattori metereologici, come forti piogge e vento. Purtroppo ci sono anche altri fattori che determinano il fenomeno dell’acqua alta, parliamo dell’abbassamento del livello del suolo dovuto allo svuotamento della falda acquifera, che nella zona di Venezia è sceso di circa 12 centimetri tra il 1950 e il 1970 e l’innalzamento del livello del mare causato dal cambiamento climatico 79.

Poiché Venezia è sempre stata vittima di alte maree, per evitare che l’acqua, defluendo in mare, si portasse via la terra, si costruirono palazzi e fondamente lungo gli argini delle isole. Si può

notare come in molti campi le cisterne dei pozzi sono sopraelevate con due o tre gradini, questo fu fatto per evitare che l’acqua salsa le inquinasse. Inizialmente, le alte maree erano compatibili con la città, la pulivano e bonificavano le tane dei ratti. Inoltre, in difesa della laguna nel 1740 fu commissionata un’opera monumentale, la costruzione dei Murazzi. La Repubblica assicurò sempre che i fragili equilibri della laguna fossero sempre rispettati attraverso continui interventi sperimentali, compatibili e reversibili. Questo era possibile perché l’amministrazione era gestita dai cittadini veneziani originari o residenti in città da almeno 15 anni. Addirittura si eleggevano tre senatori che, oltre ad avere il compito di gestire gli equilibri fra le acque dolci, le terre e il mare, si occupavano di gestire l’approvazione anche di un singolo palo nei canali. Per la creazione di nuovi canali, si iniziava lo scavo e poi si osservava se modificava le correnti, ma se alterava pericolosamente gli assetti lagunari, si sospendeva l’operazione lasciando che la natura ripristinasse i propri equilibri. Grazie a questo approccio governativo la laguna di Venezia sopravvisse, al contrario delle altre che si trasformarono in mare o in terra ferma come accadde a Ravenna.

In seguito alla caduta della Serenissima (1797) i Francesi e gli Asburgo vollero trasformare Venezia nel porto dell’Impero e così iniziarono i problemi ambientali. Le alte maree cominciarono a presentarsi con preoccupante frequenza, in seguito allo scavo dei canali portuali e alla costruzione dei moli foranei. Tutti questi scavi portarono all’ingresso non solo dei piroscafi nella laguna, ma anche della massa marina. Dal 1867 al 1951 le maree si intensificarono e i loro livelli si innalzarono e negli anni seguenti le alluvioni si stabilizzarono ad un livello intorno al metro e 10-20. Purtroppo però, lo scavo del Canale dei Petroli aprì un varco profondo con l’Adriatico, tant’è che il 4 novembre 1966 l’acqua toccò il picco di 1 metro e 94 centimetri. In seguito a questa tragedia vari governi ne discussero fino al 1999, finché non si decise per la costruzione del Modello Sperimentale Elettromeccanico (MOSE). Un progetto che consiste nella chiusura temporanea delle tre bocche di porto con 78 gigantesche paratoie, poste sul fondo e da sostituire ogni 5 anni, che al salire della marea dovrebbero alzarsi e che sono tenute al fondo da cerniere. Per evitare gare, si incaricò dell’esecuzione un Concessionario Unico, il Consorzio Venezia Nuova, che assorbì tutti i finanziamenti stanziati per la salvaguardia di Venezia.

Questa è la storia, seguita da una cronaca poco edificante di corruzione e di sprechi. L’opera, costata oltre 5 miliardi è mezzo, non è ancora completata del tutto. Il 3 ottobre 2020 la cronaca

ha registrato il MOSE in azione per la prima volta, una prova andata a buon fine che si spera avrà un seguito positivo80.