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Alternanze sincroniche e loro valore diacronico

4. Analisi dei dati vocalici

4.10 Alternanze sincroniche e loro valore diacronico

Lo scopo di questo studio è quello di verificare se questi fenomeni di allofonia, e quindi di alternanze sincroniche, riescano a darci qualche indicazione nella ricostruzione dell’andamento diacronico dei fenomeni (nel nostro caso la metafonia) in queste varietà. Si è visto come tali alternanze siano guidate in maniera maggiore (Corato) o minore (San Valentino) dalla presenza dell’accento di frase, il quale, quindi, potrebbe avere un ruolo innovativo o conservativo. Per quanto riguarda le possibilità delle alternanze tra vocali metafonetizzate, le forme riscontrate sono quelle nell’esempio 46).

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46)

a) Corato

[iə̯] (ditt. disc.) [je] (ditt. asc.) [i] (voc. scempia) [uə̯] (ditt. disc.) [wo] (ditt. asc.) [u] (voc. scempia)

b) San Valentino

[je] (ditt. asc.) [i] (voc. scempia) [wo] (ditt. asc.) [u] (voc. scempia)

Le modalità in cui si producono tali alternanze sono tuttavia diverse e sono state illustrate nei paragrafi precedenti. Ma l’aver analizzato questi fenomeni ci ha effettivamente dato qualche informazione a proposito dei mutamenti diacronici che hanno avuto luogo nelle due varietà dall’epoca in cui la metafonia ha preso piede? Per rispondere, occorre tornare ai §§ 4.1 - 4.3, e determinare quindi quale sia la cronologia dei mutamenti metafonetici. In realtà, ciò che veramente sembra dover essere compreso è l’effettiva trafila del processo metafonetico dalla base proto-romanza al dialetto odierno. Per quanto riguarda la precedenza tra tipi di metafonia (napoletana e sabina) si è osservato come, con maggiore probabilità, quella innalzante sia precedente alla dittongante, ma nello studio che stiamo conducendo diventa d’interesse comprendere anche se la forma originaria del dittongo fosse ascendente o discendente, perché questo ci permetterebbe di determinare se l’accento di frase sia capace di esercitare un’azione conservativa o innovativa sulle vocali sulle quali cade.

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Immaginare una trafila su cui tutti gli studiosi siano concordi non è facile, lo dimostra il riepilogo in 47) delle diverse ipotesi di ricostruzione proposte 53:

47)

a) Studi in cui viene menzionato l’accento di frase: a.1) Ditt. ascendente > ditt. discendente:

Loporcaro

(1988, 42; per la varietà di Altamura (BA)): *ɛ > je > iə̯ > i

(2016, 71 -74 54; per la varietà di Agnone (IS)): *ɛ > e > [je >] iə̯

Abete

(2006, 242; per gran parte delle varietà alto-meridionali): *ɛ > je > ie̯ > iə̯ > i

a.2) Ditt. discendente > ditt. ascendente:

Santangelo (1902-1905, 485; per la varietà di Adrano (CT)): *ɛ > ie̯ > [iə̯ >]55 > e

b) Studi in cui NON viene menzionato l’accento di frase: b.1) Ditt. ascendente > ditt. discendente:

Rohlfs (1966- 1969, §§101 e 123; per gran parte delle varietà alto-meridionali):

53 La raccolta mostra soltanto gli esiti per la medio-bassa anteriore, tuttavia, si prevede uno sviluppo

perfettamente in parallelo per la posteriore.

54 In cui si afferma: « The non-prepausal realization clearly preserves the older stage […]» (p. 72), «

Agnonese still preserves the initial raising metaphony only in non-prepausal position […], whereas it has generalized the metaphonic diphthongue prepausally […]» (p. 74).

55 Gli elementi contrassegnati con [ ] sono elementi che si è cercato di ricavare dall’originale, senza però

avere la conferma dal testo. Nel secondo, non è chiaro se ci sia stata un’evoluzione tra [je] ed [iə̯], ma in questa sede si propone tale soluzione.

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*ɛ > je > ie > iə̯ > i

Coluccia (1985, 523; per l’area napoletana): *ɛ > je > ie > iə̯ > ii > i56

b.2) Ditt. discendente > ditt. ascendente:

Palermo (1976, 597; per un’area siciliana): *ɛ > ie > iə̯ > je > i

Formentin (1998, 99; per l’area napoletana): *ɛ > iə̯ > je > i.57

Alla luce di questi esempi, non appare certo un compito facile decidere quale sia la cronologia relativa alla metafonia. Tuttavia, sfruttando le alternanze presenti in 46) è possibile elaborare due schemi di questo tipo:

48)

a) L’accento di frase tende a rivelare la fase più antica della metafonia:

Accento di frase > fuori accento di frase > condizioni di debolezza accentuale58

b) L’accento di frase tende ad innovare, mostrando una fase successiva della metafonia:

Accento di frase < fuori accento di frase < condizioni di debolezza accentuale

56 Possiamo immaginare una trafila del genere ricavandola da un esempio per l’evoluzione metafonetica

della vocale posteriore: *ɔ > wo > uo > uə̯ > uu > u.

57 Per Coluccia e Formentin, è di rilievo aggiungere che si tratta di una ricostruzione filologica effettuata

attraverso testimonianze scritte.

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A questo punto, la chiave di volta diventa l’allofono che si ottiene nella terza delle condizioni di a) e b) (precisamente [i] e [u]), e resta da comprendere se questo rappresenti una “regressione” ad uno stadio precedente, o uno sviluppo successivo. A meno che non si voglia considerare l’allofono realizzato come vocale alta come un turbamento del sistema e non come una vera realizzazione in casi particolari di protonia sintattica.

Nel primo caso, stando a quanto ci mostrano i dati raccolti, dovremmo ipotizzare che, se la condizione di protonia sintattica conservasse effettivamente la fase più antica (come sostenuto in Loporcaro 2016), vorrebbe dire che la trafila del coratino sarebbe:

49)

*ɛ > i > je > iə̯

Tuttavia, non avendo basi che possano sostenere tale trafila, soprattutto per quanto riguarda la /i/, sarebbe preferibile schierarsi con gli studiosi che ipotizzano una derivazione del dittongo ascendente da quello discendente, il che ci porterebbe a tracciare uno sviluppo esemplificato in 50).

50)

*ɛ > iə̯ > je > i

Se invece, si vorrà considerare l’allofono realizzato come [i] o [u] solamente come un turbamento del sistema, giustificato semplicemente come indipendente, slegato dall’evoluzione e che compare soltanto in determinate condizioni di atonia, allora non sarà un problema datare come più antico uno stadio in cui il dittongo aveva forma discendente, e tracciare una trafila del tipo

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51)

*ɛ > iə̯ > je ⁓ i

Volendo invece considerare come un mutamento recente l’evoluzione in vocali alte dei dittonghi, e volendo assegnare al dittongo ascendente un maggiore grado di antichità rispetto al discendente, la cronologia sarà:

52)

*ɛ > je > iə̯ ⁓ i

Elencate tutte le possibilità e osservata nei paragrafi precedenti la distribuzione dei nostri fonemi, si possono formulare due ipotesi riguardo al potere conservativo o innovativo dell’accento e supporre i due scenari conseguenti.

53)

a) L’accento di frase ha la capacità di conservare la forma più arcaica:

a.1) *ɛ > iə̯ > je > i

a.2) *ɛ > iə̯ > je ([je] ⁓ [i] non è una vera alternanza. [i] si produce solo in sincronia, nelle condizioni già note, e non fornisce indicazioni diacroniche)

b) L’accento di frase ha la capacità di dare origini a nuovi sviluppi: b.1) *ɛ > je > iə̯ > i

b.2) *ɛ > je > iə̯ ([je] ⁓ [i] non è una vera alternanza. [i] si produce solo in sincronia, nelle condizioni già note, e non fornisce indicazioni diacroniche).

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La sequenza di mutamenti presente in b.1 è ampiamente condivisa da numerosi studiosi, per una zona che comprende l’area Lausberg e alcuni dialetti non distanti da essa, in cui le vocali alte in posizione metafonetica, originariamente medio-basse, sono viste come un esito successivo di dittonghi discendenti che hanno perso la parte “atona”59. Tuttavia, in coratino queste [i] non sono facilmente rintracciabili nel lessico, si presentano anzi assai di rado, e in “alternanza” più con [je] che con [iə̯], non mostrando quindi una reale trafila che collegherebbe questi esiti in maniera storicamente ordinata.

Quanto detto potrebbe quindi far immaginare che l’accento di frase abbia favorito l’evoluzione delle vocali che erano soggette a tale accento, mentre, invece, uno stadio più antico sarebbe stato conservato in posizione di atonia di frase. Di conseguenza, l’ipotesi che si avvalora alla luce di quanto detto è la b.2.

Se per il vocalismo si è giunti a questa conclusione, resta da osservare quale sarà quella nell’ambito dei mutamenti consonantici.

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