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3. L’inchiesta

3.2 Corato (BA)

Fig. 7

(Pellegrini 1977)

I comuni confinanti con Corato sono quattro, di cui uno soltanto appartenente alla stessa provincia, quello di Ruvo a sud-est. Gli altri tre, infatti, che fanno parte della provincia congiunta (BAT)12, sono i comuni costieri di Bisceglie e Trani, rispettivamente a nord e nord-ovest, e quello di Andria a ovest. Corato ha 48262 abitanti (dati aggiornati all’ 01/01/2018) - e si estende su una superficie di 169,35 km2, con un’altitudine di 232 metri sul livello del mare, a metà strada tra la costa adriatica e le pendici orientali delle Murge su cui sorge e con cui condivide la composizione del suolo carsico e roccioso. A livello urbanistico, la città presenta una pianta radiale organizzata su due assi ortogonali (Via Roma e Via Duomo) e due circonvallazioni, la prima chiamata “Stradone”, e la seconda chiamata “Extramurale”. Le vie di collegamento con i paesi limitrofi partono anch’esse dal centro cittadino, e si sviluppano in linea quasi retta verso le loro destinazioni: Via Trani (verso Trani, 15 km), Via Ruvo (verso Ruvo, 9 km), Via Vecchia Corato (verso Bisceglie, 14 km), Via Gravina (verso Gravina, 45 km), Via

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Andria (verso Andria, 12 km), Via Castel del Monte (verso Castel del Monte, 17 km). La nascita di Corato, secondo Salvatore Addario, è da stabilire nel 201 a.C., alla fine

della seconda guerra punica, ma tale data dev’essere considerata più che altro orientativamente, per via delle numerose storie sulla fondazione della città. Secondo lo studioso, infatti, fu Scipione l’Africano a concedere il territorio al patrizio romano Caius Oratus, attorno al cui nome abbreviato ruotano i possibili nomi antichi della città, prima di quello odierno: Coratus, Coratum, Curati, Quarata, Quadrata, Quadratum. In questo studio scientifico, però, sembra opportuno riconoscere che tali etimologie poggiano più sulla leggenda ben nota in città che sulla realtà, e quindi come tali vanno considerate. Con le invasioni saracene di inizio V secolo, gli abitanti decisero di erigere sulle principali vie di comunicazione quattro torri di guardia, ancora oggi raffigurate sullo stemma della città, ma di cui rimangono ben pochi resti tangibili. Nell’anno 1046, il villaggio fu invaso nuovamente, stavolta dai Normanni, che con Drogone conquistarono prima la vicina Tarenum (Trani) nel 1042, e successivamente occuparono Corato con Pietro il Normanno. È proprio a quest’anno, secondo altre fonti, che risale il vero e proprio atto di fondazione, con la conseguente costruzione delle mura congiungenti le antiche torri. Per due secoli, Corato divenne un feudo svevo, come molti altri villaggi della Puglia che nel corso del 1200 conobbe la grandezza grazie a Federico II, il “Puer Apuliae”, che tanto fece per questa terra. Con la morte di questi, la città passò sotto il dominio angioino, finché nel 1501 non entrò a far parte del Ducato di Bisceglie, il quale, in un primo momento, apparteneva ad Alfonso d’Aragona consorte di Lucrezia Borgia, ma che dopo la morte di questi, Lucrezia portò in dote al suo terzo marito, Alfonso I d’Este, duca di Ferrara. A dimostrare la forza del legame tra la città emiliana e il ducato di Corato e Bisceglie, restano oggi palazzo de Mattis a Corato, e palazzo Tupputi a Bisceglie, entrambi edificati sulla base del più noto palazzo dei Diamanti di Ferrara. Tutti e tre, infatti, mostrano la lavorazione del bugnato a punta di diamante. Per secoli Corato rimase possedimento di famiglie nobili, fino all’abolizione del feudalesimo, avvenuta ad inizio 1800, dopo le grandi rivoluzioni nel Regno di Napoli, a cui partecipò il celebre coratino Federico Quinto. Il secolo successivo è quello del salto nella modernità, grazie a figure come quella di Luigi Santarella, ingegnere di Corato che perfezionò l’invenzione del cemento armato, e che volle dimostrare la versatilità di questo costruendo, per la famiglia, un palazzo in puro stile liberty. Il

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traguardo più importante per la Puglia e per Corato, però, fu senza dubbio la realizzazione del grande Acquedotto Pugliese ad opera dell’ingegnere Camillo Rosalba, anche se la decisiva spinta per la sua costruzione fu data in parlamento dal politico Matteo Renato Imbriani Poerio. Con l’aumento della qualità della vita, la città vide anche l’incremento della popolazione, che arrivò al suo massimo storico negli anni Venti del ’900 (poco più di 50.000 unità), crescendo di ben 10.000 unità rispetto a vent’anni prima. Dopo questi due decenni, come la gran parte dei paesi del Mezzogiorno, Corato conobbe un vero e proprio esodo sia verso i paesi del sud America, sia verso l’Europa, specie la Francia. La città di Grenoble, infatti, negli anni Trenta contava più di 2.500 immigrati coratini, e ancora oggi i rapporti tra le due città sono molto forti. Con il boom economico, Corato visse una seconda volta il fenomeno dell’emigrazione, e negli anni Settanta arrivò al più basso numero di abitanti mai raggiunto da inizio secolo (ca. 38000). Negli ultimi anni, la popolazione è tornata a crescere, stavolta anche grazie all’immigrazione

La vegetazione è prevalentemente spontanea, se si escludono le grandi coltivazioni di vigneti e mandorleti, ma soprattutto uliveti, principale risorsa economica della città. Da sottolineare è la modalità di coltivazione tipica del sud Italia, secondo cui gli operai addetti alla raccolta risiedono nel centro urbano per raggiungere quotidianamente le coltivazioni. Un’altra attività molto diffusa sul territorio è sempre nel settore primario, ed è quella dell’allevamento. A livello industriale, invece, i settori maggiormente sviluppati sono quelli della molitura e della produzione lattiero-casearia. (Fiore, 1984).

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Fig. 8

(elaborazione su dati ISTAT)

3.2.1 Cenni sulla varietà dialettale di Corato

Quello di Corato, in provincia di Bari, è un dialetto di tipo middle-southern (Loporcaro 1997b, 338) e che quindi presenta molte caratteristiche condivise con i dialetti dell’area IIIc della Carta dei dialetti d’Italia (Pellegrini 1977). Per quanto riguarda il sistema vocalico tonico, il coratino ne possiede uno a cinque timbri, che in sillaba chiusa presenta le medio-basse invece delle medio-alte, così come sistematizzato nella tabella 6 a):

tab. 6 a) Inventario del vocalismo tonico

Posizione aperta i/ əi̯ e/ ai̯/ əi̯ a o/ au̯/ əu̯ u/ əu̯

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Sempre per quanto riguarda il vocalismo, è evidente la presenza di condizionamento metafonetico da -i e da -u finali, che innalza le medio-alte e dittonga le medio-basse (gli esiti dittonganti sono di tipo discendenteː /iə̯/ per Ĕ e /uə̯/ per Ŏ), con rilevanza morfologica. Collegato a questo fenomeno, è inoltre da tener presente la neutralizzazione in /ə/ delle vocali atone finali13. Nell’ambito del consonantismo, invece, si noti l’avvenuta assimilazione dei nessi consonantici -mb-> /mm/, -nd-> /nn/, come è tipico nell’area centro-meridionale, e di -ld-> /ll/ Oltre all’ultimo nesso menzionato, anche altri nessi con laterale hanno avuto esiti differenti da quelli toscani, come ad esempio bl > /i̯/, kl e pl > /kj/ (se intervocalici /kkj/). A proposito dell’inventario consonantico del coratino, si può osservare come sia quello di gran parte dei dialetti alto-meridionali:

tab. 6 b) Inventario consonantico14

Bilabiali Labiodentali Dentali Alveolari Postalveolari Palatali Velari

Occlusive p b t d k g Nasali M n ɲ Vibranti r Affricate ts dz tʃ dʒ Fricative f v s ʃ Approssimanti j Laterali l

Si può osservare, inoltre, la sonorizzazione delle consonanti sorde dopo liquida e il cosiddetto fenomeno del betacismo. L’ultimo fenomeno assai diffuso nell’area, e che risulterà importante tenere a mente andando avanti nel presente lavoro, è il passaggio di -ll- > /dd/ (per un quadro più ampio sui dialetti di Puglia cfr. Loporcaro 1997b, 338 - 348).

13 Il rapporto tra questi due fenomeni sarà approfondito nel § 4.8.1.

14 Le colonne in cui sono presenti due consonanti riportano a sinistra una sorda e a destra una sonora. A

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