modificazione della demanialità. Si distingue tra modificazione soggettiva e
modificazione funzionale: con la prima si indica il trasferimento del bene tra
enti pubblici territoriali; con la seconda si intende la destinazione del bene
ad una diversa funzione pubblica (
186
). Atteso che nel nostro ordinamento il
demanio marittimo appartiene esclusivamente allo Stato - eccettuato il
caso della regione Sicilia (
187
) -, va esclusa la possibilità di modificazioni
probatorio degli elenchi e inventari dei beni demaniali cfr. P. Virga, Diritto amministrativo,
I principi, 1995, Milano, p. 389 e G. Colombini, voce Demanio e patrimonio dello Stato e
degli enti pubblici, in Dig. disc. pubblicistiche, vol. V, Torino, 1990, p. 1. In
giurisprudenza, Cass. pen., 1° febbraio 1985.
(186) Cfr., E. Guicciardi, Il demanio, cit., p. 163 e 211; D. Gaeta, Lido e spiaggia (voce),
cit., p. 926.
(187) Sul punto, si veda D. Gaeta, Lido e spiaggia (voce), cit., p. 926, il quale osserva che
diversamente dalla regione Sardegna, per la quale la possibilità di un demanio marittimo
regionale è espressamente esclusa dall’art. 14, comma 1, dello Statuto speciale, di cui
alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (a mente del quale “la Regione,
nell'ambito del suo territorio, succede nei beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura
immobiliare e in quelli demaniali, escluso il demanio marittimo”), per la regione Sicilia tale
possibilità è stata a lungo legata all’interpretazione dell’art. 32 dello Statuto (posto nel
titolo V, rubricato “Patrimonio e finanza”), approvato con r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455,
convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, che assegna alla regione i beni
del demanio dello Stato, comprese le acque pubbliche esistenti nella stessa, ad
eccezione dei beni “che interessano la difesa dello Stato o servizi di carattere nazionale”.
Secondo alcuni autori e un risalente orientamento del Consiglio di Stato (cfr., per tutti,
Cons. Stato, ad. gen., 26 aprile 1956, n. 140), l’intero demanio marittimo avrebbe
riguardato “servizi di carattere nazionale” e, quindi, sarebbe rimasto di spettanza dello
Stato (in proposito, si veda, A. M. Sandulli, Beni pubblici (voce), in Scritti giuridici, IV.
Diritto amministrativo, Napoli, 1990, p. 125); ad avviso di altra dottrina, per determinati
beni (per esempio, i porti di rilevanza economica regionale) avrebbe potuto ammettersi
l’inclusione nel demanio regionale. Secondo la Corte cost., 19 giugno 1958, n. 37, i beni
del demanio marittimo avrebbero interessato di regola la difesa e i servizi pubblici
nazionali e, quindi, sarebbero stati di proprietà pubblica statale, tuttavia non si poteva
escludere l’esistenza di beni di spettanza della regione Sicilia, ove avessero perduto
quell’interesse di cui all’art. 32 dello Statuto. In ogni caso, secondo la Consulta, la
determinazione dei beni del demanio marittimo eccezionalmente assegnati alla regione
Sicilia non sarebbe potuta intervenire fino a quando non fossero stati delimitati gli
interessi dello Stato rispetto alla Regione; pertanto, il potere di disporre di beni del
demanio marittimo sarebbe spettato solo allo Stato fino all’individuazione del demanio
marittimo della regione. In proposito, cfr. M. Nigro, Osservazioni a Corte costituzionale 19
giugno 1958, n. 37, in Giur. Cost., 1958, p. 498, che ha criticato le conclusioni a cui è
pervenuta la Corte costituzionale nella sentenza citata, ritenendo che i beni demaniali
marittimi non fossero in genere collegati a servizi di carattere nazionale e che la
successione della Regione nei beni dello Stato fosse avvenuta al momento dell’entrata in
vigore dello Statuto. In merito all’attuale riparto della titolarità dominicale tra Stato e
regione Sicilia, va precisato che l’art. 3 del d.P.R. 1° dicembre 1961, n. 1825, recante le
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norme di attuazione dello Statuto in materia di demanio e patrimonio, ha disposto
l’assegnazione alla regione dei beni demaniali esistenti in Sicilia che non interessano la
difesa dello Stato o servizi di carattere nazionale; ha previsto l’emanazione delle norme
di attuazione nella materia del demanio marittimo con successivo decreto (art. 8) e ha
disposto la redazione di appositi elenchi, ai fini dell’individuazione dei beni demaniali e
patrimoniali (art. 5), da effettuarsi entro sei mesi dalla data di pubblicazione del d.P.R.
medesimo. Detto termine è stato elevato a due anni dall’art. 1, comma 7, del d.P.R. 1°
luglio 1977, n. 684, recante norme di attuazione dello Statuto della regione Sicilia in
materia di demanio marittimo, con cui si è prevista (art. 1, commi 1, 3, 6 e 8) l’esclusione
dal trasferimento alla regione dei beni del demanio marittimo utilizzati
dall’amministrazione militare e dei beni del demanio marittimo interessanti i servizi di
carattere nazionale; l’applicazione delle norme del d.P.R. n. 1825 del 1961, in quanto
compatibili, per il trasferimento dei beni del demanio marittimo alla regione e il
procedimento di formazione degli elenchi ad iniziativa della regione, ove non si fosse
provveduto alla redazione degli stessi nel termine previsto (due anni dall’entrata in vigore
del d.P.R. medesimo); il passaggio alla regione dei beni in parola con decorrenza dal 1°
gennaio 1978 ovvero, successivamente, dalla data di cessazione dei motivi che avevano
determinato il mantenimento dei beni stessi tra quelli del demanio dello Stato. L’art. 4 del
d.P.R. citato ha disposto che la regione potesse avvalersi, in via transitoria, delle
capitanerie di porto per l’esercizio delle funzioni amministrative sui beni del demanio
marittimo trasferiti. Il medesimo articolo ha previsto l’esercizio di dette funzioni da parte
della regione (e, quindi, delle capitanerie di porto per la durata dell’avvalimento) anche
sui beni demaniali marittimi restati di proprietà statale, ad esclusione di quelli interessanti
la difesa. Successivamente, è intervenuta la legge 8 luglio 2003, n. 172, il cui art. 6, co.
7, ha statuito che, con decorrenza dal 1° luglio 2004, le attribuzioni relative ai beni del
demanio marittimo, già trasferite alla regione Sicilia con il d.P.R. n. 684 del 1977, sono
esercitate direttamente dall’amministrazione regionale (e non più, in regime di
avvalimento, dalle capitanerie di porto, con cui la regione stipula attualmente una
convenzione, in base alla quale la stessa riceve un supporto tecnico-amministrativo da
parte delle capitanerie). La legge regionale 29 novembre 2005, n. 15 ha dettato, poi, la
disciplina sul rilascio delle concessioni di beni demaniali e sull’esercizio diretto delle
funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e la legge regionale 19 aprile
2007, n. 10 ha introdotto alcune disposizioni in materia di esercizio di attività sui beni
demaniali marittimi. Ciò posto, va rilevato che sussistono contrasti interpretativi tra il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione Sicilia in merito alla competenza
della regione in ordine alla funzioni amministrative sui beni demaniali marittimi esclusi dal
trasferimento, ai sensi del d.P.R. n. 684 del 1977, e in relazione all’appartenenza dei beni
demaniali marittimi al demanio regionale. In particolare, ad avviso della regione Sicilia le
funzioni amministrative relative al demanio marittimo eccettuato dal trasferimento alla
regione, con esclusione dei beni interessanti la difesa, sarebbero esercitate dalla
medesima in virtù della delega riconducibile all’ultima parte dell’art. 20 dello Statuto (a
mente del quale nella materia de qua la regione svolge “un’attività amministrativa
secondo le direttive del Governo dello Stato”) e si concretizzerebbero nel potere di
impartire disposizioni di carattere generale o particolare in ordine alla fattispecie e alle
problematiche sottoposte dalla locale Autorità marittima (e non includerebbero il rilascio
delle concessioni, l’emanazione delle ingiunzioni di sgombero, la determinazione dei
canoni e ogni altro provvedimento finale, che – ad avviso della regione – competerebbe
invece all’Amministrazione marittima); inoltre, il trasferimento di tutti i beni demaniali
marittimi situati sul territorio regionale sarebbe avvenuto a decorrere dal 1° gennaio
1978, come previsto dall’art. 2 del d.P.R. n. 684 del 1977, dovendosi riconoscere agli
elenchi rilevanza ai soli fini dell’individuazione dei beni da escludere dal trasferimento (la
regione, comunque, ritiene che, pur in assenza degli elenchi, le aree già destinate a
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