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73 Altra vicenda che interessa i beni demaniali marittimi è la

modificazione della demanialità. Si distingue tra modificazione soggettiva e

modificazione funzionale: con la prima si indica il trasferimento del bene tra

enti pubblici territoriali; con la seconda si intende la destinazione del bene

ad una diversa funzione pubblica (

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). Atteso che nel nostro ordinamento il

demanio marittimo appartiene esclusivamente allo Stato - eccettuato il

caso della regione Sicilia (

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) -, va esclusa la possibilità di modificazioni

probatorio degli elenchi e inventari dei beni demaniali cfr. P. Virga, Diritto amministrativo, I principi, 1995, Milano, p. 389 e G. Colombini, voce Demanio e patrimonio dello Stato e degli enti pubblici, in Dig. disc. pubblicistiche, vol. V, Torino, 1990, p. 1. In giurisprudenza, Cass. pen., 1° febbraio 1985.

(186) Cfr., E. Guicciardi, Il demanio, cit., p. 163 e 211; D. Gaeta, Lido e spiaggia (voce), cit., p. 926.

(187) Sul punto, si veda D. Gaeta, Lido e spiaggia (voce), cit., p. 926, il quale osserva che diversamente dalla regione Sardegna, per la quale la possibilità di un demanio marittimo regionale è espressamente esclusa dall’art. 14, comma 1, dello Statuto speciale, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (a mente del quale “la Regione, nell'ambito del suo territorio, succede nei beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare e in quelli demaniali, escluso il demanio marittimo”), per la regione Sicilia tale possibilità è stata a lungo legata all’interpretazione dell’art. 32 dello Statuto (posto nel titolo V, rubricato “Patrimonio e finanza”), approvato con r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, che assegna alla regione i beni del demanio dello Stato, comprese le acque pubbliche esistenti nella stessa, ad eccezione dei beni “che interessano la difesa dello Stato o servizi di carattere nazionale”. Secondo alcuni autori e un risalente orientamento del Consiglio di Stato (cfr., per tutti, Cons. Stato, ad. gen., 26 aprile 1956, n. 140), l’intero demanio marittimo avrebbe riguardato “servizi di carattere nazionale” e, quindi, sarebbe rimasto di spettanza dello Stato (in proposito, si veda, A. M. Sandulli, Beni pubblici (voce), in Scritti giuridici, IV. Diritto amministrativo, Napoli, 1990, p. 125); ad avviso di altra dottrina, per determinati beni (per esempio, i porti di rilevanza economica regionale) avrebbe potuto ammettersi l’inclusione nel demanio regionale. Secondo la Corte cost., 19 giugno 1958, n. 37, i beni del demanio marittimo avrebbero interessato di regola la difesa e i servizi pubblici nazionali e, quindi, sarebbero stati di proprietà pubblica statale, tuttavia non si poteva escludere l’esistenza di beni di spettanza della regione Sicilia, ove avessero perduto quell’interesse di cui all’art. 32 dello Statuto. In ogni caso, secondo la Consulta, la determinazione dei beni del demanio marittimo eccezionalmente assegnati alla regione Sicilia non sarebbe potuta intervenire fino a quando non fossero stati delimitati gli interessi dello Stato rispetto alla Regione; pertanto, il potere di disporre di beni del demanio marittimo sarebbe spettato solo allo Stato fino all’individuazione del demanio marittimo della regione. In proposito, cfr. M. Nigro, Osservazioni a Corte costituzionale 19 giugno 1958, n. 37, in Giur. Cost., 1958, p. 498, che ha criticato le conclusioni a cui è pervenuta la Corte costituzionale nella sentenza citata, ritenendo che i beni demaniali marittimi non fossero in genere collegati a servizi di carattere nazionale e che la successione della Regione nei beni dello Stato fosse avvenuta al momento dell’entrata in vigore dello Statuto. In merito all’attuale riparto della titolarità dominicale tra Stato e regione Sicilia, va precisato che l’art. 3 del d.P.R. 1° dicembre 1961, n. 1825, recante le

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norme di attuazione dello Statuto in materia di demanio e patrimonio, ha disposto l’assegnazione alla regione dei beni demaniali esistenti in Sicilia che non interessano la difesa dello Stato o servizi di carattere nazionale; ha previsto l’emanazione delle norme di attuazione nella materia del demanio marittimo con successivo decreto (art. 8) e ha disposto la redazione di appositi elenchi, ai fini dell’individuazione dei beni demaniali e patrimoniali (art. 5), da effettuarsi entro sei mesi dalla data di pubblicazione del d.P.R. medesimo. Detto termine è stato elevato a due anni dall’art. 1, comma 7, del d.P.R. 1° luglio 1977, n. 684, recante norme di attuazione dello Statuto della regione Sicilia in materia di demanio marittimo, con cui si è prevista (art. 1, commi 1, 3, 6 e 8) l’esclusione dal trasferimento alla regione dei beni del demanio marittimo utilizzati dall’amministrazione militare e dei beni del demanio marittimo interessanti i servizi di carattere nazionale; l’applicazione delle norme del d.P.R. n. 1825 del 1961, in quanto compatibili, per il trasferimento dei beni del demanio marittimo alla regione e il procedimento di formazione degli elenchi ad iniziativa della regione, ove non si fosse provveduto alla redazione degli stessi nel termine previsto (due anni dall’entrata in vigore del d.P.R. medesimo); il passaggio alla regione dei beni in parola con decorrenza dal 1° gennaio 1978 ovvero, successivamente, dalla data di cessazione dei motivi che avevano determinato il mantenimento dei beni stessi tra quelli del demanio dello Stato. L’art. 4 del d.P.R. citato ha disposto che la regione potesse avvalersi, in via transitoria, delle capitanerie di porto per l’esercizio delle funzioni amministrative sui beni del demanio marittimo trasferiti. Il medesimo articolo ha previsto l’esercizio di dette funzioni da parte della regione (e, quindi, delle capitanerie di porto per la durata dell’avvalimento) anche sui beni demaniali marittimi restati di proprietà statale, ad esclusione di quelli interessanti la difesa. Successivamente, è intervenuta la legge 8 luglio 2003, n. 172, il cui art. 6, co. 7, ha statuito che, con decorrenza dal 1° luglio 2004, le attribuzioni relative ai beni del demanio marittimo, già trasferite alla regione Sicilia con il d.P.R. n. 684 del 1977, sono esercitate direttamente dall’amministrazione regionale (e non più, in regime di avvalimento, dalle capitanerie di porto, con cui la regione stipula attualmente una convenzione, in base alla quale la stessa riceve un supporto tecnico-amministrativo da parte delle capitanerie). La legge regionale 29 novembre 2005, n. 15 ha dettato, poi, la disciplina sul rilascio delle concessioni di beni demaniali e sull’esercizio diretto delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e la legge regionale 19 aprile 2007, n. 10 ha introdotto alcune disposizioni in materia di esercizio di attività sui beni demaniali marittimi. Ciò posto, va rilevato che sussistono contrasti interpretativi tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione Sicilia in merito alla competenza della regione in ordine alla funzioni amministrative sui beni demaniali marittimi esclusi dal trasferimento, ai sensi del d.P.R. n. 684 del 1977, e in relazione all’appartenenza dei beni demaniali marittimi al demanio regionale. In particolare, ad avviso della regione Sicilia le funzioni amministrative relative al demanio marittimo eccettuato dal trasferimento alla regione, con esclusione dei beni interessanti la difesa, sarebbero esercitate dalla medesima in virtù della delega riconducibile all’ultima parte dell’art. 20 dello Statuto (a mente del quale nella materia de qua la regione svolge “un’attività amministrativa secondo le direttive del Governo dello Stato”) e si concretizzerebbero nel potere di impartire disposizioni di carattere generale o particolare in ordine alla fattispecie e alle problematiche sottoposte dalla locale Autorità marittima (e non includerebbero il rilascio delle concessioni, l’emanazione delle ingiunzioni di sgombero, la determinazione dei canoni e ogni altro provvedimento finale, che – ad avviso della regione – competerebbe invece all’Amministrazione marittima); inoltre, il trasferimento di tutti i beni demaniali marittimi situati sul territorio regionale sarebbe avvenuto a decorrere dal 1° gennaio 1978, come previsto dall’art. 2 del d.P.R. n. 684 del 1977, dovendosi riconoscere agli elenchi rilevanza ai soli fini dell’individuazione dei beni da escludere dal trasferimento (la regione, comunque, ritiene che, pur in assenza degli elenchi, le aree già destinate a

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