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L’ALUNNO CON DISLESSIA E LA PREVENZIONE

DISLESSIA, DISGRAFIA E DIDATTICA INCLUSIVA *

2. L’ALUNNO CON DISLESSIA E LA PREVENZIONE

Generalmente la storia scolastica dei soggetti dislessici è costellata da insuc-cessi e ritardi nel tempo di completamento della scolarità obbligatoria. Le poche ricerche esistenti al riguardo segnalano un ritardo medio di almeno un anno nel corso della scolarità obbligatoria. Secondo uno studio condotto da Stella e Biancardi nel 199414, su 24 soggetti con dislessia evolutiva seguiti fino al termine della scuola media inferiore, 20 hanno almeno una bocciatura alle spalle, verificatasi prevalentemente durante la scuola media. Lo studio prende anche in considerazione eventuali correlazioni fra QI, provenienza familiare, sesso e insuccesso scolastico, ma nessuno di questi fattori sembra incidere

spe-12. U. Frith, Beneath the surface of developmental dyslexia, in K.E. Patterson et al., Surface Dy-slexia, Routledge & Kegan, London 1985, pp. 301-330. La studiosa individua quattro fasi tra loro indipendenti che caratterizzano il processo di apprendimento della lettura, denominate:

stadio logografico, stadio alfabetico, stadio ortografico, stadio lessicale.

13. L.C. Ehri, Reconceptualizing the development of sight word reading and its relationship to re-coding, in P.B. Gough – L.C. Ehri – R. Treiman (eds.), Reading acquisition, Hillsdale, LEA 1992, pp. 107-143.

14. G. Stella – A. Biancardi, Le difficoltà di lettura e scrittura. Strategie per il recupero nel 1° ciclo della scuola elementare, Omega, Torino 1994, p. 28.

Generalmente la storia scolastica dei soggetti dislessici è costellata da insuccessi e ritardi nel tempo di completamento della scolarità obbligatoria

cificatamente sulla storia scolastica del bambino. Fra i bocciati vi sono, infatti, soggetti con QI superiore alla media, mentre fra i non bocciati ve ne sono con QI inferiore, così come si trovano ugualmente rappresentate famiglie di buono, medio, o basso livello culturale.

La forte concentrazione di bocciature nel periodo della scuola media confer-merebbe l’importanza di una sincronia che il disturbo avrebbe con le tappe della scolarizzazione: il raggiungimento delle abilità di letto-scrittura deve av-venire entro la fine delle scuole elementari, per consentire il loro uso per altri scopi cognitivi. Ma le bocciature nella scuola media potrebbero anche indi-care un livello di intolleranza nel sistema scolastico, già dagli anni immedia-tamente successivi alla scuola elementare. I dislessici, quindi, pur essendo molto dotati intellettualmente, avrebbero più probabilità di incorrere in in-successi scolastici, già dalle prime fasi della scolarizzazione, e di andare incon-tro all’abbandono scolastico al termine della scolarità obbligatoria, o comunque nei primi anni delle scuole superiori. Ma proprio perché il bam-bino dislessico è anche un bambam-bino intelligente, è importante ricordare che l’acquisizione dei contenuti non gli è preclusa; dunque le sue difficoltà di let-tura dovrebbero essere compensate da strategie che lo aiutino nello studio, senza dover ricorrere necessariamente a elevate capacità di lettura. Anche quando queste siano gravemente compromesse, non va dimenticato che il bambino è in grado di apprendere.

Per il bambino dislessico, l’impatto iniziale con la lingua scritta è molto dif-ficile, poiché la semplice lettura di una parola, in realtà, è la risultante di tante singole attività che devono essere affrontate simultaneamente, che vanno dal-l’identificazione delle lettere, al riconoscimento del loro valore sonoro, al man-tenimento della sequenza di prestazione, alla rappresentazione fonologica delle parole, al coinvolgimento del lessico per il riconoscimento del significato. È importante che il bambino si senta protagonista di piccoli successi, soprat-tutto all’inizio, per non provocare frustrazioni che possono inibire il suo fu-turo apprendimento; tutto ciò può essere possibile ponendosi piccoli obiettivi realizzabili. Se ogni volta che un bambino si avvicina alla lettura o alla scrit-tura deve affrontare compiti troppo difficili per lui, molto probabilmente ini-zierà a rifiutare qualsiasi tipo di compito gli venga proposto a scuola. Per questo l’esercizio quotidiano va sviluppato in piccole attività che il bambino può svolgere almeno in parte; anche un minimo successo favorirà l’impegno per le attività future.

Per rendere l’inizio della vita scolastica accettabile per un bambino dislessico sono quindi necessari la flessibilità nelle proposte didattiche, il successo e le gratificazioni, la finalizzazione delle attività. Nelle prime fasi dell’apprendi-mento è poi importante poter sempre contare sulla disponibilità di un adulto preparato, competente, che sappia lavorare con i disturbi di apprendimento, che sappia evitare sia un eccesso di frustrazioni, sia un eccesso di tolleranza.

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Un adulto che sappia proporre attività diverse dalla lunga e noiosa ripetizione del testo scritto, attività quali giochi al computer, riconoscimento di lettere in contesti non convenzionali.

Secondo Stella15, i soggetti dislessici, nell’apprendimento della lingua scritta, se-guirebbero alcune fasi durante la scuola dell’obbligo:

Prime fasi di acquisizione (prima elementare):

• difficoltà e lentezza nell’acquisizione del codice alfabetico e nell’applicazione delle mappature grafema-fonema;

• controllo limitato delle operazioni di analisi e sintesi fonemica con errori che alterano in modo grossolano la struttura fonologica delle parole lette;

• accesso lessicale limitato o assente anche quando le parole sono lette corret-tamente;

• capacità di lettura, come riconoscimento di un numero limitato di parole note.

Fasi intermedie (2a-4aelementare):

• graduale acquisizione del codice alfabetico e delle mappature grafema-fo-nema che non sono pienamente stabilizzate;

• possono persistere difficoltà nel controllo delle mappature ortografiche più complesse;

• l’analisi e la sintesi fonemica restano operazioni laboriose e scarsamente au-tomatizzate;

• migliora l’accesso lessicale, anche se resta lento e limitato alle parole più fre-quenti.

Fase finale (5aelementare e scuole medie):

• padronanza quasi completa del codice alfabetico e stabilizzazione delle map-pature grafema-fonema;

• l’analisi, la sintesi fonemica e l’accesso lessicale cominciano ad automatiz-zarsi, almeno con le parole di uso più frequente;

• limitato accesso al lessico ortografico;

• scarsa integrazione dei processi di decodifica e comprensione: la lettura resta stentata.

Anche se il disturbo di lettura si manifesta solo quando il bambino viene espo-sto alla lingua scritta, esiespo-stono dei fattori di rischio, tenendo conto dei quali è possibile prevenire l’insorgenza del disturbo, o, almeno, ridurne gli effetti, dato che quanto prima viene identificato un deficit, tanto maggiori sono le possi-bilità di recupero. La ricerca di prerequisiti specifici per l’acquisizione delle

15. G. Stella – F. Di Blasi – W. Giorgetti – E. Savelli, La valutazione della dislessia. Un approc-cio neuropsicologico, Città Aperta, Troina (EN) 2003, p. 30.

La ricerca di prerequisiti specifici per l’acquisizione delle normali competenze di lettura e scrittura è un settore di ricerca che ha sempre impegnato a fondo gli studiosi dello

apprendimento

normali competenze di lettura e scrittura è un settore di ricerca che ha sempre impegnato a fondo gli studiosi dell’apprendimento.

Nel corso del tempo sono state studiate numerose competenze che sembrano essere in qualche modo implicate nel processo di apprendimento della lingua scritta, a partire dai primi studi che spiegavano la dislessia come una specie di cecità per le parole: lateralizzazione, sviluppo psicomotorio, integrazione visuo-motoria, analisi visiva, analisi uditiva ecc. Ma oggi è stato accertato che i prin-cipali fattori di rischio sono la familiarità e la presenza di un ritardo o un deficit nel linguaggio.

Quando un bambino apprende il linguaggio con consistente ritardo, è pro-babile che in futuro manifesti difficoltà anche nell’apprendimento della lin-gua scritta, poiché i determinanti biologici che hanno reso difficoltosa l’acquisizione del linguaggio verbale sono ancora presenti, tanto da ostaco-lare ogni attività in cui è implicato il linguaggio. In questo ambito, il livello di consapevolezza fonemica, definita come la capacità di percepire e ricono-scere per via uditiva i fonemi che compongono le parole del linguaggio par-lato e saper operare adeguate trasformazioni con gli stessi, è ormai considerata da quasi tutti i ricercatori una condizione necessaria per l’apprendimento della lettura e scrittura, anche se non sufficiente. È dimostrato, infatti, che esistono bambini normodotati con buone competenze nella consapevolezza fonemica che presentano gravi difficoltà nella lettura16. Il livello di consape-volezza fonemica, però, è stato misurato quando già si erano evidenziate le difficoltà di lettura e scrittura, perciò non è possibile stabilire se eventuali deficit nella consapevolezza fonemica interferiscano con le prime fasi del-l’apprendimento della lettura e se queste eventuali interferenze permangano poi nel tempo.

Il rapporto tra consapevolezza fonemica e lettura e scrittura è ormai un dato di fatto, ma è ancora poco sperimentata l’utilizzazione del livello di tale consape-volezza a fini clinici per la prevenzione dei disturbi di apprendimento e il trat-tamento precoce dei bambini a rischio. Alcuni autori17 hanno studiato la validità predittiva delle difficoltà in lettura e scrittura di un test di consapevo-lezza fonemica trovando che «il rapporto tra consapevoconsapevo-lezza fonemica all’ini-zio della scuola elementare e prestaall’ini-zioni nel linguaggio scritto, in particolare per gli aspetti relativi alla decodifica, permanga ben oltre il primo anno di scuola con indici molto contenuti di Falsi Negativi e un indice di predizione di Veri Positivi (soggetti a rischio) superiore all’85%». Tressoldi e collaboratori hanno

16. R. Iozzino – S. Campi – C. Paolucci Polidori, Validità predittiva per la diagnosi di difficoltà di lettura e scrittura in prima elementare del livello di consapevolezza fonemica rilevato nel corso del-l’ultimo anno di scuola materna, in «I care», 2004, pp. 2-5.

17. Ibidem.

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Il rapporto tra consapevolezza fonemica

e lettura e scrittura è ormai un dato

di fatto, ma è ancora poco sperimentata l’utilizzazione del livello di tale consapevolezza a fini clinici

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trovato che la misura della consapevolezza fonemica all’inizio della scuola ele-mentare è un buon indice predittivo delle difficoltà di lettura e scrittura nelle prime classi della scolarizzazione di base. Perciò lavorare sull’aspetto metafono-logico già a partire dalla scuola dell’infanzia potrebbe essere utile a prevenire eventuali difficoltà future.

Durante la scuola dell’infanzia è possibile individuare la presenza di situa-zioni problematiche che si evidenziano in difficoltà di organizzazione e in-tegrazione spazio-temporale, difficoltà di memorizzazione, lacune percettive, difficoltà di linguaggio verbale. Un’accurata attenzione ai processi di ap-prendimento dei bambini permette di individuare precocemente eventuali situazioni a rischio. Perciò diviene fondamentale l’osservazione sistematica portata avanti con estrema competenza dai docenti, che dovrebbero accer-tare in itinere abilità quali le capacità percettive, motorie, linguistiche, at-tentive e mnemoniche18.

Nell’ultimo anno della scuola dell’infanzia la graduale conquista di abilità di simbolizzazione sempre più staccate dal contesto permette ai docenti di pro-porre esercizi-gioco mirati allo sviluppo di competenze necessarie a un succes-sivo approccio alla lingua scritta. Queste attività dovrebbero essere proposte all’interno di un clima sereno, tenendo conto dei limitati tempi di attenzione dei bambini e senza togliere spazio ai momenti di gioco e di ricerca; solo in que-sto modo, infatti, è possibile garantire la piena partecipazione di tutti. Al tempo stesso i docenti avrebbero la possibilità di intraprendere insieme agli alunni un percorso di insegnamento-apprendimento all’interno del quale l’osservazione sistematica offrirà costantemente la possibilità di conoscere, in ogni momento, la situazione socio-affettiva e cognitiva di ciascun alunno. La graduale conqui-sta delle capacità motorie, percettive, linguistiche, mnemoniche e attentive procede parallelamente al processo di concettualizzazione della lingua scritta;

infatti la percezione visiva e uditiva, l’orientamento e l’integrazione spazio-temporale, la coordinazione oculo-manuale rappresentano competenze che si intrecciano con una buona disponibilità ad apprendere e con il clima culturale che ha nella scrittura il sistema simbolico più rilevante.

All’inizio della scuola elementare la prevenzione delle difficoltà di apprendi-mento rappresenta uno degli obiettivi più importanti della continuità educa-tiva, che si deve realizzare attraverso uno scambio conoscitivo tra la famiglia, i docenti della scuola dell’infanzia e i docenti della scuola elementare. In questo modo è possibile che questi ultimi ottengano elementi pre-conoscitivi, che sa-ranno poi integrati nel periodo della scuola elementare. Infatti, solo da una conoscenza approfondita degli alunni il team docente potrà programmare le

at-18. M. Pratelli, Le difficoltà di apprendimento e la dislessia. Diagnosi, prevenzione, terapia e con-sulenza nella famiglia, Junior, Bergamo 2004, pp. 129-134.

Durante la scuola

tività educative e didattiche, potrà scegliere i metodi e i materiali e stabilire i tempi più adeguati alle esigenze dei soggetti.

Ogni bambino ha la propria storia, la propria personalità, le proprie originali capacità di porsi in relazione con le esperienze, i propri ritmi di apprendimento e stili cognitivi, che spesso non coincidono con i tempi e con le strategie edu-cative proposte dagli insegnanti. Questi, dunque, non dovrebbero avere troppa fretta di insegnare a leggere e scrivere, ma sarebbe importante che offrissero ai bambini la possibilità di maturare anche le capacità percettivo-motorie e lin-guistiche, che costituiscono i pre-requisiti per la conquista delle abilità stru-mentali della letto-scrittura. Troppo spesso i docenti, per ottenere il prima possibile i risultati scolastici, sopprimono il tempo da dedicare ad attività edu-cative come il disegno, la musica, la psicomotricità.

Nella scuola elementare è importate predisporre un ambiente stimolante e creare un clima sereno e favorevole a una relazione positiva tra i membri del gruppo classe, tenendo conto dei livelli raggiunti dai bambini a proposito dei processi di costruzione e concettualizzazione della lingua scritta, per promuo-vere la ricerca e la scoperta personale, che stanno alla base della motivazione ad apprendere. Sarebbe importante, quindi, evitare di proporre un metodo di in-segnamento che non rispetti i ritmi e gli stili cognitivi degli alunni, e permet-tere a ciascuno di procedere autonomamente all’acquisizione delle regole della letto-scrittura, dando ampio spazio alle attività di gruppo e assumendo il ruolo di regista, sollecitando, inserendo di volta in volta elementi conoscitivi utili per andare avanti ed evitando di trasmettere ansia.

Quando in classe, poi, sono presenti alunni con disturbi di apprendimento i docenti dovrebbero formulare obiettivi minimi raggiungibili in tempi preve-dibili con le difficoltà degli alunni, procedere con attività di rinforzo paralle-lamente alla proposta di nuovi contenuti e fornire strategie di semplificazione, facendo però sempre attenzione ad assumere atteggiamenti sereni, evitando di incrementare l’ansia e gratificando anche i minimi risultati degli alunni con difficoltà, che non dovrebbero mai essere allontanati troppo dai compagni e, dalle loro attività.