La Danzaterapia viene praticata all’interno di un insieme variegato di contesti inerenti sia al lavoro sociale, sia all’attività artistica.
Essa può essere scelta come una delle modalità pratiche del progetto operativo di un Servizio per contribuire a realizzare gli scopi programmati e relativi al percorso di cura e di integrazione delle persone che ne usufruiscono.
Negli ultimi anni la rete dei Servizi che si avvale della Danzaterapia, quale attività complementare o anche centrale al percorso educativo, si è allargata notevolmente proprio grazie agli innumerevoli effetti benefici che essa ha dimostrato di avere.
Gli ambiti di operatività della Danzaterapia sono rappresentati da diversi Servizi educativi, riabilitativi, pedagogici, ricreativi, culturali che hanno principalmente le seguenti finalità progettuali: la prevenzione del disagio, la riabilitazione psico-fisica, la rieducazione, la formazione, lo sviluppo individuale, il reinserimento, l’integrazione sociale e culturale.
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Questi, i Servizi che più adottano la Danzaterapia come esperienza strutturante130: - Ospedali - Comunità terapeutiche - Case famiglia - Strutture residenziali - Cooperative sociali - Associazioni di volontariato - Centri educativi-occupazionali - Residenze sanitarie assistenziali - Istituti di istruzione scolastica - Centri di integrazione sociale
- Servizi socio-educativi pubblici (di Comuni o di Aziende socio-sanitarie locali) - Centri culturali, ricreativi, sportivi e scuole di danza
- Scuole di formazione per gli operatori
Le problematiche delle persone a cui questi Servizi si rivolgono e che i percorsi di Danzaterapia mirano a riarmonizzare riguardano:
- Disabilità fisiche e motorie - Disabilità intellettive - Disabilità sensoriali - Disturbi psico-somatici - Disturbi psicologici - Disturbi psichiatrici - Disturbi alimentari - Patologie genetiche - Patologie degenerative - Disagi educativi - Disagi dello sviluppo - Disagi da dipendenze
130 Cfr. Cerruto E., Metodologia e pratica della Danza Terapeutica. Danzamovimentoterapia tra Oriente
e Occidente, Franco Angeli, Milano, 2008, pp. 187-191; Assandri A., La danza che cura. Danzaterapia fra
85 - Disagi di integrazione sociale
- Disagi economici, abitativi, sociali - Disagi relazionali, affettivi
Nonostante sia la presenza di un qualche tipo di disagio e disturbo ad attivare maggiormente il ricorso alla Danzaterapia quale possibile metodo di cura, essa non ne rappresenta il necessario presupposto. Come già accennato, la Danzaterapia si rivolge a tutti senza distinguere categoricamente persone che hanno serie ed evidenti problematiche da persone che, almeno apparentemente, non ne hanno. I suoi percorsi e i suoi benefici possono essere sperimentati da chiunque abbia bisogno o semplicemente abbia voglia di intraprendere questa esperienza e di mettersi in gioco attraverso il movimento.
Le problematiche prima elencate non sono, dunque, le sole condizioni che comportano l’eventuale scelta, da parte dei vari Servizi, enti e professionisti, di proporre e realizzare attività di Danzaterapia. I destinatari possono essere tutti: soggetti autistici, con sindrome di Down, con schizofrenia, non vedenti, audiolesi, con Alzheimer, con Parkinson, con Atrofia Muscolare Spinale, paralizzati a seguito di incidenti, con problemi di coppia, con anoressia, vittime di violenza e abusi, bambini e adulti ricoverati, persone tossicodipendenti, con depressione, carcerati, stranieri emarginati, persone senza fissa dimora; ma anche: gli stessi futuri danzaterapeuti, insegnanti ed educatori, donne in gravidanza, bambini, giovani, adulti, anziani di qualunque età, genere, cultura e condizione sociale, danzatori e non danzatori131. La Danzaterapia, la danza, non ha confini.
Per quanto riguarda il setting132, ossia il tipo di contesto organizzativo, esso si presenta come un luogo protetto e libero, dove ciascuno possa sentirsi accolto e a proprio agio rispetto ai suoi modi di poter e voler intraprendere l’attività; ogni persona può danzare come riesce e come desidera, non ci sono regole o stili imposti, e può decidere se e come condividere l’esperienza.
Gli incontri di Danzaterapia solitamente avvengono in gruppo, anche se per determinati casi, a seconda delle specifiche esigenze, vengono attivati percorsi individuali.
131 Assandri A., La danza che cura. Danzaterapia fra passato e presente, Araba Fenice, Cuneo, 2013, p. 90.
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Le sedute possono avere una cadenza settimanale o bisettimanale e la durata dell’incontro può variare da un minimo di un’ora ad un massimo di due ore circa, in base alla tipologia di utenza e al carattere collettivo o individuale del progetto. Il percorso può estendersi per un periodo che va da un mese a quattro mesi circa.
Nel caso del gruppo, questo può comprendere o solamente persone accomunate da un genere uguale o simile di condizione e bisogno, oppure può essere eterogeneo, e quindi includere persone con diversi vissuti, caratteristiche, necessità e motivazioni.
Il percorso è condotto da un solo operatore o, in certi casi, da due; si tratta di educatori, insegnanti di scuola o di danza, psicoterapeuti, riabilitatori, fisioterapisti, psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, psicomotricisti, medici, pedagogisti, mediatori culturali, danzatori che hanno ottenuto la qualifica professionale di danzaterapeuti.
La proposta di lavoro comprende sempre l’utilizzo della musica e, a volte, di immagini e di materiali di vario tipo.
Lo spazio può essere all’interno di una struttura predisposta ad ospitare l’attività (palestre, scuole di danza, centri culturali e ricreativi) oppure all’aria aperta, in mezzo al verde di parchi e giardini pubblici o privati.
Anche se può essere utile e divertente proporre un determinato stile di danza, come le danze caraibiche, il tango o certi balli popolari, il genere di movimento suggerito dall’operatore, o che questo aiuta a far scaturire dai partecipanti, di solito non si rifà ad una qualche tecnica ma semplicemente alla naturalezza di movimento che ciascuno possiede e che l’operatore ha il compito di far emergere. Quand’anche i progetti di Danzaterapia si realizzino attraverso la proposta di precisi generi di danza, essi vengono pensati per estrarre da ogni soggetto la sua personale e unica espressività.
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CAPITOLO QUINTO
NON RESTA CHE DANZARE!
IDEE E PRATICHE DI DANZA INCLUSIVA
Terminato il lungo percorso di presentazione della Danzaterapia, con i suoi caratteri storici, metodologici e culturali, dedico quest’ultimo capitolo della mia ricerca a quella realtà vera, viva e presente in cui la Danzaterapia trova concretamente sfogo ed espansione. Le esperienze di Danzaterapia sviluppatesi progressivamente dalla sua nascita fino ad oggi sono innumerevoli ed eterogenee; il ricorso a questa modalità espressivo-terapeutica, se fino agli anni Settanta-Ottanta era limitato all’operatività di certi professionisti e scuole, per lo più negli Stati Uniti, in Francia e in Argentina, in seguito esso è ampiamente aumentato in tutti i paesi del mondo e nei più svariati ambiti di intervento. I percorsi di Danzaterapia proposti, le motivazioni sottostanti, i soggetti destinatari e le modalità di realizzazione sono molti e ciascuno con un valore degno di essere condiviso. Consapevole di non poter rendere qui tutta la ricchezza di esperienze a cui la danza ha dato luogo, ho scelto di raccontarne alcune, appartenenti soprattutto al contesto italiano, fra quelle che io personalmente ho potuto conoscere grazie ad alcuni contatti diretti, alle mie ricerche di interesse e, soprattutto, grazie all’amore infinito che da sempre nutro verso questa forma d’arte.
A seguire, le Associazioni e le Scuole di formazione professionali, i progetti, i festival e le compagnie attraverso cui ho deciso di mostrare la danza che cura.