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L’ambivalente approccio del legislatore comunitario: i servizi di interesse economico generale da “mera eccezione alla

LA DIMENSIONE COMUNITARIA DEI SERVIZI PUBBLICI: I SERVIZI DI INTERESSE ECONOMICO

2. L’ambivalente approccio del legislatore comunitario: i servizi di interesse economico generale da “mera eccezione alla

concorrenza” a “promotori della coesione sociale”.

120 In particolare, la Commissione ha adottato, a partire dagli anni Novanta, una pluralità di atti di varia natura, tra cui comunicazioni, libri bianchi e libri verdi sul tema, che ne consentono una ricostruzione e un’ermeneutica più precisi. In tali atti vengono infatti da un lato recepiti ed esposti gli spunti di dibattito emersi dall’interlocuzione tra le Istituzioni dell’Unione europea sul punto, oltre che enucleati i principi individuabili nelle pronunce della Corte di giustizia dell’Unione sul tema. I principali documenti, che aggiungono ai precedenti anche la funzione di coiadiuvare l’interprete a chiarire e meglio comprendere la posizione delle Istituzioni europee sul punto, sono individuabili essenzialmente nella Comunicazione della Commissione I servizi di interesse generale in Europa, doc. COM (1996) 281, final; la Comunicazione della Commissione I servizi di interesse generale in Europa, doc. COM (2001) 17, final; la relazione al Consiglio Europeo di Laeken, doc. COM (2001) 598, I servizi di interesse generale; il Libro verde della Commissione del 21 maggio 2003, I servizi di interesse generale, doc. COM (2003) 270, fin.; il Libro bianco della Commissione sui servizi d’interesse generale, doc. COM (2004) 374 final; la comunicazione della Commissione del 20 novembre 2007, I servizi d’interesse generale, compresi i servizi sociali d’interesse generale: un nuovo impegno europeo, doc. COM (2007) 725.

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Prima di esaminare più nel dettaglio l’istituto, occorre evidenziare da subito un carattere di primaria rilevanza nello studio del tema dei SIEG, ovvero la flessibilità e dinamicità di tali servizi, il cui significato è mutevole col tempo, adeguandosi alle differenti contemperazioni tra i valori essenziali e le esigenze economiche e sociali cui l’ordinamento comunitario si trova a dover rispondere nei diversi momenti storici 121

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In linea generale, i SIEG vengono definiti come attività consistenti nella prestazione di beni e servizi in un dato mercato: attività economiche, quindi, ma funzionalmente collegate all’interesse generale, da intendersi come interesse della collettività nel suo complesso, il cui soddisfacimento porta all’imposizione di determinati obblighi al suo fornitore

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Tali servizi costituiscono una sottocategoria nell’ambito della più ampia nozione, attualmente non presente nel diritto primario né nel diritto derivato ma ricorrente nella prassi e nel dibattito degli operatori e della dottrina, di servizi d’interesse generale, indicante tutti quei servizi forniti nell’interesse generale, a prescindere dalla loro natura economica, come ad esempio i servizi sociali

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È già nel Trattato di Roma 122 che si introduce il tema dei SIEG: questi vengono inquadrati come elementi accessori al più rilevante

121 Si vedano sul punto L. PERFETTI, Contributo ad una teoria dei pubblici servizi, cit., p. 307; G. CORSO, I servizi pubblici nel diritto comunitario, in Riv. giur. quad. pubbl. serv., 1999, p. 1 ss.; L. DE LUCIA, La regolazione amministrativa dei servizi di pubblica utilità, Torino, 2002, p. 34.

122 Precisamente nell’articolo 90, rinumerato poi in articolo 86 e infine, dal 1 dicembre 2009, a seguito del Trattato di Lisbona, articolo 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Di seguito il testo della previsione: “1. Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle

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tema della concorrenza, di importanza primaria soprattutto nella fase iniziale dell’ordinamento comunitario, prevedendoli nell’eventualità che, al verificarsi di date condizioni, su cui più approfonditamente torneremo tra breve, possa verificarsi un’eccezione all’applicazione delle norme del Trattato, con particolare riferimento a quelle concorrenziali

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La disciplina dei SIEG è dunque elemento accessorio portato alla luce e definito in funzione dell’elemento principale cui è asservito, ovvero la disciplina della concorrenza; questa, ricondotta tra le materia di competenza esclusiva dell’Unione europea dall’articolo 3, par

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1 b) del TUE, è dunque una nozione squisitamente europea

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Il tenore letterale della norma è chiaro: “Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (

...

) sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione

imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente trattato, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 12 e da 81 a 89 inclusi.

2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità.

3. La Commissione vigila sull'applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni.” (enfasi aggiunta).

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loro affidata”

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Una formulazione che risente anche della distanza intercorrente tra le discipline nazionali e la qualificazione giuridica dell’istituto presso ciascuno degli stati membri, 123sottesa appunto a lasciare a ogni Paese la libertà di definire, secondo il proprio ordinamento, il regime giuridico più idoneo a consentire la realizzazione di interessi collettivi e a individuare e assegnare a un’impresa compiti a rilevanza collettiva 124

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Anche i primi commentatori della disposizione in parola sottolineavano come la nozione di servizi dell’interesse economico generale dovesse essere ricercata autonomamente all’interno dei diversi ordinamenti nazionali, in quanto legata a considerazioni di natura politica ed economica spettanti a ciascuno Stato membro

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Se inizialmente l’atteggiamento adottato dalla CEE era di una sorta di “indifferenza” alle imprese incaricate della gestione di un servizio di interesse economico generale, lo scenario cambia intorno agli anni 80, con l’accelerata dell’interventismo comunitario nel

123 Così M. CAMMELLI, Comunità europea e servizi pubblici, in Diritto amministrativo comunitario, a cura di L.VANDELLI,C.BOTTARI E D.DONATI, Maggioli, Rimini, 1994, p. 179 e ss.

124 Lo spunto viene da D.CALDIROLA, in Servizi pubblici, concorrenza e diritti, a cura di L.AMMANNATI,M.C.CABIDDU E P.DE CARLI, p. 126, in cui l’Autrice rileva come ciò parrebbe in particolare emergere dall’espressione “incarico” che presupporrebbe “una specifica investitura da parte di ciascuno Stato di compiti di interesse economico generale” ricordando che l’incarico “può derivare anche da un atto legislativo o regolamentare, non infatti è necessaria una forma particolare” come peraltro chiarito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza 27 aprile 1994, causa C- 393/92, comune di Almeli c. EnergiebedrjifIjsselmij, in particolare ai punti 47-48.

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processo che porta alla liberalizzazione 125 dei mercati incentrata principalmente sui settori tradizionalmente oggetto di monopolio pubblico

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Telecomunicazioni, trasporti, energia e poste, inizialmente esclusi, stante la situazione di assenza di concorrenza del mercato, dall’ambito di applicazione della disciplina recata dalla direttiva 80/723/CEE sulla trasparenza delle relazioni finanziarie tra Stati membri e le loro imprese pubbliche, divengono così il centro di un’azione di liberalizzazione e attività pro-concorrenziale dei mercati

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125 Sembra opportuno in questa sede riportarsi a quanto esposto da G. de Vergottini, Liberalizzazione dei servizi nell’Unione europea, Enc. Treccani, voce, 2009: “È bene ricordare, in termini generali, cosa si intenda per liberalizzazione, e per liberalizzazione dei servizi pubblici in particolare, anche al fine di differenziarla rispetto a fenomeni a essa contemporanei e complementari ma non coincidenti, come quello della privatizzazione e della deregolamentazione o deregulation. Il termine liberalizzazione si è imposto agli inizi degli anni Novanta ed è da allora prevalentemente utilizzato per indicare l’apertura del mercato attraverso la progressiva riduzione dei vincoli al suo funzionamento e la rimozione di barriere all’entrata dello Stato, soprattutto per quanto riguarda lo svolgimento di attività di carattere economico. Più nel particolare, tale processo ha profondamente interessato i servizi di pubblica utilità, ma anche altri settori fondamentali per la competitività delle imprese europee e che, in diversa misura, necessitavano di estese riforme. Tra questi possiamo annoverare le banche, le assicurazioni, i servizi professionali, la distribuzione commerciale, il settore farmaceutico.

La liberalizzazione è, quindi, un insieme di misure, adottate già dagli inizi degli anni Novanta, dirette a provocare la creazione di un libero ed efficiente mercato quando fosse riscontrabile la presenza di barriere legali di fatto limitanti fortemente la libertà di prestazione. Pertanto la liberalizzazione mira alla creazione di un mercato contendibile, a una situazione cioè in cui la semplice possibilità di ingresso nel mercato di un possibile concorrente induce imprese e individui a comportarsi in modo competitivo.”

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Il cambio di rotta della CEE, verificatosi in ragione dell’evoluzione da un lato della tecnologia, dall’altro della domanda, che consentivano e richiedevano il superamento del tradizionale regime monopolistico, si è ovviamente riflesso sui mercati nazionali e in particolare su quello italiano

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Il soddisfacimento degli interessi sottesi a tali settori veniva infatti demandato, sino ad allora, mediante l’assunzione di titolarità del servizio pubblico in capo allo Stato che provvedeva alla fornitura e alla gestione del medesimo, direttamente ovvero mediante concessione a un soggetto, pubblico o privato che fosse

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L’introduzione di un regime di libero accesso al mercato ha come prima conseguenza quella di escludere l’esistenza di posizioni monopolistiche pubbliche, da cui discende quale corollario l’inutilità, oltre che l’impossibilità, della gestione pubblica dell’impresa, spingendo gli Stati alla privatizzazione formale e sostanziale e all’introduzione di meccanismi privatistici di gestione delle imprese pubbliche 126

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Da un lato, non è mancato tuttavia chi abbia notato come nel momento storico in cui la Comunità nasceva, non sussistesse un forte interesse da parte dell’Europa a che si creasse un mercato interno unificato dei servizi pubblici, posto che all’epoca il principale obiettivo era costituito dalla creazione dei presupposti giuridici e politici per l’esplicazione della più ampia libertà di commercio 127

126 Così G. TALUMELLO, Privatizzazione dei servizi pubblici e problemi di tutela giurisdizionale, in Contratto, Impresa, Europa, 1999, p. 386 e ss.

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Lo Stato, in ottemperanza al disegno pro concorrenziale adottato dal legislatore comunitario, dismette dunque l’attività di gestore dei servizi pubblici per assumere quella di arbitro del nuovo gioco della concorrenza, con ciò comportandosi tuttavia non solo un limite nella individuazione degli strumenti atti a soddisfare gli interessi pubblici cui i servizi pubblici sono sottesi

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Prima ancora, ciò vincola gli Stati ad attenersi all’eteroindividuazione di matrice europea degli interessi generali; è la Comunità europea a stabilire quali attività economiche e quali settori del mercato siano concretamente individuati quali rispondenti a un interesse generale

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Si inaugura, con il Trattato di Lisbona, un nuovo corso, i cui riflessi si sono ripercossi anche sulle disposizioni originarie del Trattato: la concorrenza, da valore primario da perseguire, viene ridimensionata a uno degli elementi che può contribuire al benessere collettivo dei cittadini dell’Unione, insieme alla tutela dei diritti fondamentali e degli interessi sociali

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L’attenzione crescente nei confronti degli interessi sociali comporta anche un più incisivo intervento dell’Unione nel settore dei servizi pubblici

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L’attuale articolo 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, modificato a più riprese, nella versione del 1997, introdotta dal Trattato di Amsterdam, ha integrato le norme iniziali in senso di enfatizzare ampiamente “l’importanza dei servizi di interesse economico

generale nell’ambio dei valori comuni dell’Unione, nonché [il] ruolo nella promozione della coesione sociale e territoriale” prevedendo altresì che “la Comunità e gli Stati membri secondo le rispettive competenze e nell’ambito del

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campo di applicazione del presente Trattato, provvedono affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i loro compiti”

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Dello stesso tenore anche l’articolo 36 della “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”128 che così prevede: “Accesso ai servizi d’interesse economico generale

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– Al fine di promuovere la coesione sociale e territoriale dell’Unione, questa riconosce e rispetta l’accesso ai servizi d’interesse economico generale quale previsto dalle legislazioni e prassi nazionali, conformemente ai Trattati”

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Nel 2009, il Trattato di Lisbona torna ad occuparsene: l’articolo 14 del nuovo TFUE integra le disposizioni sopra richiamate sottolineando la competenza degli Stati membri, mediante il riferimento al principio di sussidiarietà per cui ogni competenza non espressamente spettante all’Unione deve intendersi attribuita in via residuale agli Stati; viene inoltre fatta salva la competenza degli Stati membri di “fornire, fare e seguire e finanziare tali servizi”

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Inoltre, il Protocollo allegato 26, sui servizi di interesse generale (SIG, sovra insieme in cui si ricomprendono anche i servizi di natura economica) contiene disposizioni interpretative che ribadiscono e ricomprendono, tra i valori comuni dell’Unione con riguardo a tale settore:

- il ruolo essenziale e l’ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare servizi di interesse economico generale il più vicini possibile alle esigenze degli utenti;

128 “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati”.

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- la diversità tra i vari servizi di interesse economico generale e le differenze delle esigenze e preferenze degli utenti che possono discendere da situazioni geografiche, sociali e culturali diverse;

- un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utente

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La centralità degli Stati in materia risulta ora confermata anche dalla direttiva 2006/123/CE, relativi ai servizi nel mercato interno 129 in base alla quale “lascia impregiudicata la libertà per gli Stati membri di

definire in conformità del diritto comunitario quali essi ritengano essere SIEG, in che modo tali servizi debbano essere organizzati e finanziati, in conformità delle regole sugli aiuti concessi dagli Stati, e a quali obblighi specifici essi debbano essere soggetti”

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Come prima già accennato, dunque, inizialmente i servizi di interesse economico generale costituiscono inizialmente una mera eccezione alla concorrenza

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Del resto, la allora Comunità economica europea nasceva con un preciso intento, quello di creare uno spazio economico interno governato da regole uniforme di applicazione orizzontale che consentissero la libera circolazione di merci, servizi, capitali e persone per eliminare ostacoli di fatto e di diritto agli scambi economici entro di questo

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In altre parole, all’epoca del trattato di Roma gli obiettivi della CEE si esaurivano nella creazione di un

129 Il cui articolo 1, al paragrafo 2, si premura di specificare che “non riguarda la liberalizzazione dei servizi d’interesse economico generale riservati a enti pubblici o privati, né la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi”.

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mercato interno concorrenziale: l’evolversi del raggio d’azione istituzionale e la conseguente maggiore pervasività dell’azione istituzionale europea ha portato a sbarazzarsi dell’ormai riduttivo aggettivo “Economica”, così come a portare la “Comunità” a intendersi come una vera “Unione”

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Il ruolo della concorrenza all’interno degli obiettivi dell’azione e della politica dell’Unione viene pertanto progressivamente ridimensionato

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La formulazione originaria dell’allora articolo 90 (poi, si ricorda, art. 86 e infine art. 106 TFUE) costituiva un approccio bifronte al tema: da un lato, infatti, manteneva la possibilità per gli Stati membri di attribuire diritti speciali o esclusivi a talune imprese 130

130 Il Trattato, tuttavia, non reca una definizione compiuta di diritti speciali o esclusivi. È tuttavia possibile individuare tali categorie giuridiche mediante il diritto comune. I diritti esclusivi collocano, com’è ovvio, l’impresa in una condizione di monopolio nel mercato, mentre i diritti speciali consentono a più imprese una posizione semplicemente privilegiata. La definizione è deducibile, in via generale, da una disciplina speciale, ovvero la direttiva della Commissione 90/388/CEE del 28 giugno 1990, relativa alla concorrenza, nei mercati di servizi di telecomunicazioni, come modifica dalla direttiva della Commissione 94/96/CE del 13 ottobre 1994, per diritti esclusivi intendiamo i diritti concessi a da uno Stato membro a un’impresa mediante atto legislativo, regolamentare o amministrativo, di riserva a questa dell’esercizio di una certa attività. I diritti speciali, invece, sono da intendersi come diritti concessi dallo Stato membro a un certo numero, limitato, di imprese, mediante qualsiasi tipologia di atto, che, all’interno di una data area geografica: a) limiti a due o più il numero delle imprese autorizzate a svolgere l’attività, in assenza di criteri di obiettività, trasparenza e non discriminazione, b) designa un certo numero di imprese in concorrenza tra loro non conformandosi a quei criteri; c) conferisce a ciascuna impresa, non conformandosi ai detti criteri, vantaggi legali o regolamentari che influiscono sostanzialmente sulla capacità di qualsiasi impresa di entrare nel

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creando posizioni di privilegio sul mercato, dall’altro introduce l’esclusione delle imprese incaricate della gestione di un pubblico servizio dall’osservanza delle regole del Trattato e in particolare dalle norme in materia di concorrenza, nella misura in cui ciò possa ostacolare o impedire il perseguimento della missione loro affidata

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Per tali eccezioni è prevista una barriera di compatibilità

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L’articolo in esame prevede infatti che l’attribuzione di diritti esclusivi o speciali non legittimi l’adozione, da parte degli Stati membri, di misure contrarie dalle norme del Trattato, mentre il regime derogatorio riconosciuto alle imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale non deve pregiudicare lo sviluppo degli scambi131 in misura tale da compromettere gli interessi della Comunità

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Dalla

mercato o di esercitare la stessa attività in condizioni sostanzialmente equivalenti. Pur se la prassi decisionale e la giurisprudenza si sono spesso pronunciate su questi temi, la Commissione non si è mai espressa su una definizione di diritto speciale: si veda sul punto E. MOAVERO MILANESI, Les services d’interet économiques général, les entreprises publiques et les privatisations, in Revue de droit de l’Union européenne, 2000, p. 120. La Commissione ha solo rilasciato una nozione definitoria settoriale, valida solo per l’ambito oggettivo di applicazione, rappresentata dalla direttiva 94/96 del 13 ottobre 1994, relativa alle comunicazioni via satellite. La Commissione ha, invece, precisato che per “diritto esclusivo” si intende quello che è conferito dai pubblici poteri a enti pubblici o privati, mediante atti legislativi, regolamentari o amministrativi che riservino loro la fornitura di un servizio o l’esercizio di una determinata attività. Sulla differenza sostanziale tra diritti speciali ed esclusivi in un settore regolamentato si veda F. BASSAN, Concorrenza e regolazione nel diritto comunitario delle comunicazione elettroniche, Torino, 2002.

131 Si veda sul punto V.SOTTILI, L’art. 86 del Trattato CE, in Servizi essenziali e diritto comunitario, a cura di L. Radicati di Brozolo, Torino, Giappichelli, 2001, p. 40 e ss.

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lettura della norma si evince come questa costituisca una soluzione di compromesso per tutelare le finalità economiche e di mercato della Comunità facendo tuttavia salve le prerogative degli Stati membri in materia di politica economica

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Nel ribadire con vigore la soggezione di tutte le imprese ai principi di libera concorrenza, la norma, tuttavia, salvaguarda la facoltà di ogni Stato di definire il regime economico-giuridico cui assoggettare le imprese sottoposte alla propria giurisdizione, rimettendo altresì a questi la scelta se attribuire compiti di rilevanza pubblica a una o più imprese132

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La disposizione in commento comporta l’impossibilità di una prosecuzione di un uso distorto dell’istituto del servizio pubblico per schermare giuridicamente l’elusione, da parte degli Stati membri, delle norme del Trattato determinando in autonomia la propria politica economica

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La dottrina più acuta, tuttavia, ha rilevato come la scarsa attenzione dei Padri fondatori della Comunità europea alla nozione del servizio pubblico debba essere individuata, altresì, nella distanza (se non addirittura assenza) di tale nozione negli ordinamenti degli Stati membri 133

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L’unica norma del Trattato a contenere l’espressione “servizio pubblico” è contenuta nel marginale articolo 73, che dichiara

132 A commento della norma del Trattato, si vedano, ex multis, G. TESAURO, Intervento pubblico sull’economia e art. 90, op. cit. p. 719; J. L. DEWOST, Service public et droit communautaire, in L’Europe à l’épreuve de l’intérêt général, a cura di C.STOFFAES, Parigi, 1994, p. 150 e ss.

133 Ci si riferisce a N. Belloubet-Frier, Service public et droit communautaire, op. cit., p.68

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come compatibili quegli aiuti che siano “richiesti dalle necessità di coordinamento dei trasporti” ovvero siano “corrispondenti al rimborso di talune servitù inerenti alla nozione di pubblico servizio”

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Il nostro articolo 86, invece, introduce una nozione neutra, “periferica”, il ricorso alla quale si è imposto al legislatore comunitario non solo per la difficile compatibilità del servizio pubblico con gli obiettivi del Trattato, ma anche, e forse soprattutto, per la difficoltà di poter poggiare le previsioni europee su una nozione comune del concetto

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Il conflitto tra monopolio tradizionale e libero mercato sostenuto dall’intervento europeo 134si risolve mediante l’introduzione di un modello di organizzazione che, pur assecondando la diffusione di un’economia di mercato, non pregiudichi integralmente le finalità