• Non ci sono risultati.

La terza riforma di sistema del 2009: un’occasione mancata.

UN “MODELLO DI LIBERALIZZAZIONE DI UN SERVIZIO PUBBLICO”: LE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE E

1. Le comunicazioni elettroniche come “modello di liberalizzazione di un servizio pubblico”

1.4. La terza riforma di sistema del 2009: un’occasione mancata.

Il Pacchetto del 2002 è poi stato modificato nel 2009 ( e recepito nell’ordinamento italiano nel 2012 mediante le modifiche opportune al Codice delle comunicazioni elettroniche e al d. lgs. 196/203 recante cd. Codice privacy), dopo un attento percorso di revisione che ha avuto inizio nel 2005, con un invito (call) rivolto a Stati membri, istituzioni, stakeholder e anche singoli cittadini, a presentare contributi, seguito poi da un’audizione pubblica, tenutasi all’inizio del 2006, cui hanno partecipato oltre 440 soggetti e che ha visto il deposito di circa 160 contributi, di cui la Commissione ha tenuto conto nel predisporre la propria Comunicazione del 29 giugno 2006 sul riesame del quadro normativo. Relativamente a questa seconda fase della consultazione, per la quale vennero depositati 224 contributi recanti osservazioni sulla Comunicazione, questa si è conclusa mediante l’adozione del cd. Telecom Package del 2009254. Questo, composto da due direttive e un

254 La distanza temporale tra le due consultazioni pubbliche e l’adozione del Pacchetto definitivo (oltre 4 anni) è dovuta al travagliato iter di approvazione del Pacchetto, avvenuta solo in terza lettura, facendo addirittura ricorso al Comitato di conciliazione tra Parlamento europeo e Consiglio. Per una ricostruzione del lungo e

184

regolamento, modifica il pacchetto del 2002: in particolare, la direttiva 2009/140/CE, cd. Better Regulation, riforma il quadro normativo volto a garantire la concorrenzialità dei mercati tanto sul versante delle regole asimmetriche quanto sul versante dell'accesso al mercato, per adeguarle al mutato quadro tecnologico e alle esigenze, ormai superate, di mantenere taluni obblighi. Per questo modifica la direttiva 2002/21/CE, cd. direttiva quadro, la direttiva 2002/19/CE, cd. direttiva accesso, la direttiva 2002/20/CE, cd. direttiva autorizzazioni. La direttiva 2009/136/CE, cd. Citizens' Rights interviene a modificare il quadro normativo posto a tutela degli utenti tanto sul versante degli obblighi di servizio universale e in genere della protezione dei consumatori, quanto sul versante della protezione dei dati personali generati e veicolati nel settore delle comunicazioni elettroniche, modificando dunque la direttiva 2002/22/CE sul servizio universale e la cd. direttiva e-privacy 2002/58/CE. Infine, il regolamento 2009/1211/CE istituisce il BEREC, ovvero l'Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche, che costituisce, di fatto, un incardinamento strutturale dell’ERG, European regulatory group, articolandolo come sede privilegiata di discussione tra le ANR nazionali e la Commissione, della quale costituisce una struttura di supporto, con sede a Riga, in Lettonia255.

complesso iter, oltre che della portata della riforma anche per gli aspetti che esulano dal servizio universale, si rinvia a M. OROFINO, Il Telecoms Package: luci ed ombre di una riforma molto travagliata, Riv. it. dir. pubbl. comunit. 2010, 02, p. 513.

255 Più specificamente sul BEREC, i retroscena della sua istituzione, le sue funzioni e la sua natura giuridica si veda F. BASSAN, L’evoluzione della struttura

185

In realtà, la terza riforma di sistema innova poco relativamente ai profili che qui ci interessano, costituendo anzi un’occasione sprecata stante la mancata ridefinizione del perimetro del servizio universale.

Si attendevano, infatti, dalla riforma comunitaria indicazioni più precise e ridefinizione delle zone più critiche della prassi applicativa, quali la remunerazione del servizio o l’eventuale riconduzione allo stesso anche dell’accesso ad internet con un livello minimo di qualità e velocità della connessione. Speranze riposte invano: il legislatore comunitario, sotto il profilo del servizio universale che qui ci interessa, si è limitato nel suo intervento a interventi chiarificatori di poco conto.

In primo luogo, nel prendere atto della pluralità di soluzioni adottate dagli Stati membri nella trasposizione tra le varie possibilità consentite dalla direttiva, senza preoccuparsi di aumentare il livello di armonizzazione, alquanto scarso, sul punto. Né ha ritenuto necessario, nello specificare l’inclusione della connessione alla rete pubblica fissa per l’accesso via internet256, di determinare un livello minimo di qualità o velocità del servizio, ritenendo che spetti agli Stati definirla sulla base delle circostanze specifiche del mercato nazionale. La diretta conseguenza è svuotare di significato il tentativo di armonizzazione: se

istituzionale nelle comunicazioni elettroniche: una rete non ha bisogno di un centro, in F. BASSAN, a cura di, Diritto delle comunicazioni elettroniche, op. cit., p. 33 e ss., in particolare da p. 47 in poi.

256 Dall’art. 4, comma 2, della direttiva SU come modificata dalla direttiva Citizens’ Rights “La connessione fornita è in grado supportare le comunicazioni vocali, facsimile dati, a velocità di trasmissione tali da consentire un accesso efficace ad internet (..)”.

186

la direttiva non prevede standard di riferimento, gli Stati possono applicare le misure in maniera disomogenea, elevando o diminuendo, a seconda delle possibilità, la velocità della connessione o la qualità di questa, ponendosi dunque evidenti questioni di digital divide su cui si ripropone l’ombra della società a due velocità che abbiamo in apertura di capitolo esaminato, con un conseguente indebito frastagliamento della qualità del servizio che varia da paese a paese. Infatti, la direttiva Citizens' Rights sul punto conferma quanto già contenuto nella direttiva servizio universale, laddove essa prevede che la connessione alla rete debba essere in grado di supportare le comunicazioni vocali e dati, a velocità di trasmissione tali da consentire anche un accesso efficace a Internet, tenendo conto delle tecnologie prevalenti usate dalla maggioranza degli abbonati e della fattibilità tecnologica. Questo riferimento a un “accesso efficace” è quanto mai inutile, stante la sua imprecisione. Alla luce degli innumerevoli servizi per cui l’accesso ad internet può essere utilizzato cambia, ovviamente, la richiesta di velocità e di banda al variare dell'applicazione e del servizio. Una connessione sufficiente - in termini di velocità e di ampiezza di banda - per accedere alla propria casella email o per consultare un sito internet è chiaramente diversa rispetto a servizi quali la telefonia VOIP (si pensi a Skype) o per accedere a un servizio di video on demand e selezionare un’opera audiovisiva. Molto criticata dalla dottrina 257 la mancata introduzione di una disposizione specifica sull’accesso alla rete internet

187

in regime di servizio universale così come l’indicazione di uno standard minimo di velocità della connessione258.

Terzo elemento di novità introdotto dalla novella del 2009 è che per la fornitura del servizio universale possono proporsi indifferentemente operatori di rete fissa o mobile, stante il consolidato approccio di neutralità tecnologica adottato da l legislatore comunitario. Quarta e ultima modifica di rilievo, viene specificata la rilevanza autonoma dell’accesso alle pagine utili, ai numeri di emergenza e all’accesso ai servizi da parte degli utenti disabili.

Un profilo generale chiarito dalla direttiva 2009/136/CE è la conferma della possibilità che il servizio universale non sia fornito da un unico soggetto, ma che più operatori, su base geografica ovvero dei singoli servizi da distribuire siano incaricati della fornitura del servizio. Inoltre, si evidenzia come il legislatore europeo, in tale sede di revisione, nulla abbia aggiunto al “paniere” di servizi in cui si sostanzia il servizio universale: da un lato, infatti, non ha ritenuto di aggiungere il servizio di telefonia mobile, ritenendo che le ampie possibilità di accesso a quest’ultimo a prezzi accessibili e concorrenziali non consentisse di dichiarare sussistente la necessità di inserirlo tra i servizi oggetto di obbligo di fornitura. Alla stessa stregua, non è stato inserito, nonostante la grande aspettativa al riguardo, il servizio di connessione internet a banda larga259: al riguardo, la Commissione europea ha

258 Specie laddove si consideri che la precedente disposizione di recepimento della prima riforma di sistema, il d.P.R. n. 318/97, prevedeva un velocità minima di connessione di almeno 2400 bit/s.

188

rappresentato260 di ritenere, a seguito di analisi del settore, che “i tassi attuali di penetrazione in rapporto al numero di abitanti non soddisfa il criterio di un utilizzo del servizio da parte della maggioranza dei consumatori; pertanto, non sono soddisfatte le condizioni per includere i servizi a banda larga nell’ambito del servizio universale”. Certo il tasso di diffusione forse non era sufficientemente elevato, ma dovuto soprattutto a ritardi nelle infrastrutture o a carenza di investimenti per un servizio ritenuto, a torto, di “élite”: la diffusione elevatissima di servizi sempre più “pesanti” in termini di dati trasmessi, dai contenuti on demand al crescente traffico di telefonia VOIP (voice over protocol, in cui la trasmissione vocale avviene sulla rete internet anziché sulle tradizionali reti telefoniche) ha creato una vera e propria “fame” di disponibilità della banda larga; l’inserimento nel servizio universale avrebbe potuto, anziché scegliere di fotografare l’esistente, svolgere una funzione di promozione, di volano per lo sviluppo di infrastrutture a banda larga, con conseguente stimolo allo sviluppo dell’industria e ricadute positive nei confronti degli utenti finali.

La speranza è quella che, nelle future revisioni del contenuto del servizio universale, che potrebbero avvenire a breve,261 il legislatore

260 Nella Comunicazione COM (2006) 163 definitivo, recante “Relazione sui risultati del riesame del contenuto del sevizoi universale ai sensi dell’art. 15, paragrafo 2, della direttiva 20002/22/CE”, del 7 aprile 2006.

261 Occorre in questa sede dar conto delle prospettive di modifica del quadro normativo europeo che potrebbero verificarsi prossimamente e di cui occorrerà verificare l’impatto sull’utente finale, essendo stata approvata dalla Commissione europea, in data 11 settembre 2013, una proposta di modifica del quadro normativo vigente in materia di comunicazioni elettroniche che dovrà ora essere sottoposta

189

comunitario sappia cogliere in modo più lungimirante e incentivante lo sviluppo del settore.