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L’ANAC e l’introduzione dei piani triennali per la prevenzione della corruzione nelle Pubbliche Amministrazioni

COLPEVOLEZZA DELL’ENTE E MODELLI ORGANIZZATIVI NELL’ESPERIENZA ITALIANA

6. L’ANAC e l’introduzione dei piani triennali per la prevenzione della corruzione nelle Pubbliche Amministrazioni

«Nella lotta alla corruzione, al diritto penale è già stato chiesto troppo rispetto a quanto è in grado di dare sul piano della funzione generalpreventiva e repressiva»252: è questa una considerazione ricorrente nelle analisi intorno al fenomeno corruttivo, per evidenziare i limiti dell’intervento penale che – in ragione della sua natura ‘puntuale’, teleologicamente orientata a reprimere singoli episodi criminosi – mostra profili di inadeguatezza al cospetto di manifestazioni complesse e di natura sistemica. La morfologia attuale della corruzione è senz’altro riconducibile a quest’ultimo paradigma, con l’effetto che la risposta penale non è in grado di annullare una simile «differenza di scala»253 e disvela una difficoltà di fondo nel contrastare in modo ‘solitario’ il fenomeno in questione.

Le modifiche normative introdotte dalla legge del 2012 devono, allora, essere inquadrate e contestualizzate alla luce di un mutato approccio del legislatore, inteso a coniugare «lo strumento tradizionale del diritto punitivo» e «quello ‘innovativo’ della prevenzione»254: gran parte delle disposizioni introdotte dalla l. n. 190/2012 sono incentrate su questa seconda leva255, e nella rinnovata strategia di lotta alla corruzione è la componente preventiva ad assumere centralità.

252 L’osservazione è ripresa da S.SEMINARA, Corruzione e anticorruzione, cit., 1131.

253 Cfr. F.CINGARI, Possibilità e limiti del diritto penale nel contrasto alla

corruzione, in F.PALAZZO (a cura di), Corruzione pubblica. Repressione penale e

prevenzione amministrativa, Firenze, 2011, in particolare 34 s. Nello stesso senso v.

R.BARTOLI, I piani e i modelli organizzativi anticorruzione nei settori pubblico e

privato, in Dir. pen. proc., 2016, 1509.

254 R.BARTOLI, I piani e i modelli organizzativi anticorruzione, cit., 1507.

In altri contesti normativi l’esperienza italiana aveva già conosciuto un approccio ‘combinato’ di questo tipo – potrebbe qui farsi l’esempio della disciplina antiriciclaggio256 – ma si tratta di una opzione decisamente innovativa nel settore della corruzione, come visto tradizionalmente ‘affidato’ al diritto penale. Occorre considerare, invero, che la riforma in discorso ha disegnato un vero e proprio

sistema, fondato su misure di portata considerevole, in grado di incidere

su molteplici e differenti profili dell’attività e dell’organizzazione della Pubblica Amministrazione. La disciplina – caratterizzata da un mix di innovazioni e modifiche in ambiti già regolamentati rispetto ai quali i preesistenti presidi sono rafforzati – si presenta assai articolata: in questo senso devono essere lette le numerose previsioni di natura pubblicistica e a carattere generale che intervengono «molto a monte» del fenomeno257, con l’obiettivo di creare condizioni di imparzialità, trasparenza, indipendenza all’interno dell’Amministrazione e tra i suoi funzionari. Si intende così promuovere un mutamento di paradigma e ridefinire il ruolo del pubblico agente, oggi più che in passato primo avamposto contro la corruzione nella Pubblica Amministrazione, e non soltanto destinatario del rimprovero penale.

La riforma tocca diversi ambiti, non soltanto attraverso la legge n. 190/2012, ma altresì mediante numerosi altri atti normativi: dal nuovo codice dei dipendenti pubblici258, alle norme a tutela dei

whistleblower – intensificate da ultimo nel novembre 2017259 – alle

256 Sul tema v. i contributi pubblicati in C.BERIA DI ARGENTINE (a cura di), Riciclaggio e corruzione: prevenzione e controllo tra fonti interne e internazionali,

Milano, 2013.

257 R.BARTOLI, I piani e i modelli organizzativi anticorruzione, cit., 1507.

258 In materia di codici di comportamento v. d.P.R. n. 62/2013, nonché COMMISSIONE INDIPENDENTE PER LA VALUTAZIONE E LA TRASPARENZA E L’INTEGRITÀ DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE, Linee guida in materia di codici

di comportamento delle pubbliche amministrazioni, delibera n. 75/2013.

259 In tema di whistleblowing in ambito pubblico, v. art. 54-bis d.lgs. n. 165/2001, nonché ANAC, Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico

previsioni in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi dirigenziali260, alle disposizioni in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche pubbliche a seguito di talune condanne penali261.

Soprattutto, occorre riferirsi ai «“mattoni” fondamentali nella strategia di ricostruzione di quella “ethics infrastructure” (l’insieme delle istituzioni, dei meccanismi e dei sistemi per promuovere l’integrità e prevenire la corruzione nelle amministrazioni pubbliche) la cui importanza è da tempo avvertita nello scenario internazionale e comparato»262. Si tratta, in primo luogo, delle previsioni riguardanti gli obblighi di pubblicità e trasparenza per le Pubbliche Amministrazioni, che si pongono «come una sorta di antibiotico a largo spettro, particolarmente utile per contenere fenomeni di maladministration diffusi e di variabile gravità»263. Il sistema poggia su due pilastri: quello

che segnala illeciti (c.d. whistleblower), determinazione n. 6/2015. Cfr. inoltre il testo

di legge (C.3365-B) definitivamente approvato dalla Camera dei Deputati in data 15 novembre 2017, recante Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati

o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato, che ha previsto novità anche nel settore privato, introducendo

modifiche all’art. 6 d.lgs. n. 231/2001: retro, §4.

260 Su inconferibilità e incompatibilità degli incarichi dirigenziali, d.lgs. n. 39/2013 e COMMISSIONE DI STUDIO PER LA REVISIONE DELLA DISCIPLINA VIGENTE IN MATERIA DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E DI TRASPARENZA, Relazione finale

sulla revisione della disciplina vigente in materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico (d.lgs. n. 39/2013), 2015.

261 In tema di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo, v. d.lgs. n. 235/2012.

262 Così R.CANTONE, Il sistema della prevenzione della corruzione in Italia, in Dir. pen. cont., 27 novembre 2017, 2.

263 R.CANTONE, Il sistema della prevenzione della corruzione in Italia, cit., 6. Sulla nozione di maladministration, cfr. ANAC, Determinazione n. 12 del 28 ottobre 2015, Aggiornamento 2015 al Piano Nazionale Anticorruzione, consultabile online all’indirizzo www.anticorruzione.it, p. 7 del documento: «Si conferma la definizione del fenomeno contenuta nel PNA, non solo più ampia dello specifico reato di corruzione e del complesso dei reati contro la pubblica amministrazione, ma coincidente con la “maladministration”, intesa come assunzione di decisioni (di assetto di interessi a conclusione di procedimenti, di determinazioni di fasi interne a singoli procedimenti, di gestione di risorse pubbliche) devianti dalla cura dell’interesse generale a causa del condizionamento improprio da parte di interessi particolari. Occorre, cioè, avere riguardo ad atti e comportamenti che, anche se non consistenti in specifici reati, contrastano con la necessaria cura dell’interesse pubblico

relativo agli obblighi di pubblicazione sul sito istituzionale in open data (c.d. amministrazione trasparente), disciplinato dal d.lgs. n. 33/2013, e quello del cd. FOIA (Freedom of Information Act), il quale consente un’inedita forma di accesso dei cittadini ai documenti delle Pubbliche Amministrazioni, al fine di garantire il ‘diritto a conoscere’ della collettività, quale presupposto dell’accountability pubblica, varato con il d.lgs. n. 97/2016.

Di fondamentale importanza anche le disposizioni del nuovo Codice dei contratti pubblici, adottato con decreto legislativo n. 50 del 2016 e rivisto nel corso del 2017264, nonché – per entrare nel merito dei temi di più immediato interesse per la nostra indagine – il d.l. n. 90/2014265, con cui si è disposta l’abolizione dell’Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici (AVCP) e si sono trasferite le relative funzioni e risorse all’Autorità Nazionale Anticorruzione. Accanto alle misure passate in rassegna, infatti, l’innovazione più significativa in tema di prevenzione della corruzione è sicuramente rappresentata dall’istituzione dell’ANAC266.

La strada che ha condotto alla fisionomia attuale dell’Autorità si compone di numerose tappe. Il nucleo originario della struttura è costituito dalla Commissione per la valutazione, l’integrità e la trasparenza nelle Pubbliche Amministrazioni (CIVIT), cui erano assegnati gli adempimenti centrali in materia di valutazione e misurazione della performance. Si trattava di un ufficio distinto, ma

e pregiudicano l’affidamento dei cittadini nell’imparzialità delle amministrazioni e dei soggetti che svolgono attività di pubblico interesse».

264 D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici, come modificato dal d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56.

265 D.l. 24 giugno 2014, n. 90, recante Misure urgenti per la semplificazione e

la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari, convertito con

modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 114.

266 Per un recente studio su ruolo e funzioni dell’Autorità si rinvia a I.NICOTRA

(a cura di), L’Autorità Nazionale Anticorruzione tra prevenzione e attività

fortemente sottoposto all’indirizzo del Dipartimento della funzione pubblica, e pertanto non dotato di indipendenza effettiva. In ottemperanza agli obblighi di matrice sovranazionale – più volte menzionati – che imponevano all’Italia di costituire un organismo di riferimento per le politiche di prevenzione della corruzione, la l. n. 190/2012 ha successivamente individuato, all’art. 1, co. 2, la CIVIT come Autorità Nazionale Anticorruzione.

A seguito di questa svolta, si è assistito a una fase – per così dire – di transizione, nel senso che le caratteristiche della Commissione non sono state oggetto di modifiche di rilievo, e l’attribuzione di funzioni in materia di anticorruzione e trasparenza ha continuato a presentare profili di incertezza. I compiti assegnati alla CIVIT/ANAC si intrecciavano, «non sempre limpidamente» con quelli attribuiti al Dipartimento della funzione pubblica267; emblematica, da questo angolo visuale, l’emanazione del primo Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) nel 2013, approvato dalla CIVIT/ANAC ma predisposto dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dunque, da ricondursi alla responsabilità politica di quest’ultimo; in senso analogo, i piani triennali anticorruzione redatti dalle Amministrazioni dovevano essere trasmessi al Dipartimento, «restando così evidente che i poteri di vigilanza continuavano a spettare all’ufficio ministeriale e non alla Commissione»268. Dopo una ulteriore modifica operata con il d.l. n. 101/2013, intervenuto sulla composizione e sulla legittimazione dei membri del Consiglio – composto dal Presidente e da quattro componenti – è il già citato d.l. n. 90/2014 a imprimere un cambio radicale nell’evoluzione organizzativa dell’ANAC.

267 R.CANTONE,F.MERLONI, Presentazione, in R.CANTONE,F.MERLONI (a cura di), La nuova Autorità nazionale anticorruzione, Torino, 2015, 3.