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L’analisi della conversazione e i suoi ambiti di implementazione 93!

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! Tra le critiche mosse all’analisi della conversazione, vi è quella di limitarsi a descrivere i fenomeni di cui tratta. Fele (2007) conclude la sua introduzione all’analisi della conversazione con alcuni interrogativi provocatori, stimolando il lettore a mettere in discussione proprio questo aspetto:!

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“L’analisi della conversazione si ‘limita’ a descrivere le pratiche (con l’implicita accusa che non fa altro che riprodurre l’esistente), oppure l’analisi della conversazione è uno strumento che si può usare per cambiare le pratiche stesse? È solamente una procedura di scoperta, oppure è possibile r i c a v a r e d a e s s a u n a s e r i e d i o s s e r v a z i o n i e d i raccomandazioni su come poter intervenire nel mondo sociale per cambiarlo? […] Da una fase descrittiva e analitica si può passare ad una fase critica dell’esistente. Ma è possibile passare ad una fase propositiva? Visto quello che non funziona, si può stabilire come cambiarlo per migliorarlo?”!

(Fele, 2007: 139)!

! L’autore prova a rispondere a tali interrogativi mostrando alcuni ambiti in cui le ricerche conversazionali hanno contribuito anche a delineare delle possibili piste operative. Egli indica in particolare il lavoro di Hopper (1991) sulle conversazioni telefoniche e i consigli che l’autore fornisce per migliorare le proprie capacità nella comunicazione telefonica; il lavoro di Maynard (2003), Bad news, good news che termina con una serie di consigli diretti a coloro che devono comunicare “brutte notizie” a qualcuno, ma soprattutto il fecondo connubio tra l’analisi della conversazione, gli studi etnografici di ispirazione etnometodologica e i workplace

studies, in particolare in rapporto ai comportamenti legati all’uso delle tecnologie

(human computer interaction, HCI). !59

! Chi si occupa di ricerca nei contesti educativi, potrebbe porsi legittimamente gli stessi interrogativi, in particolare se anche alla ricerca educativa si attribuisce e si richiede il valore trasformativo che connota l’esperienza educativa o per lo meno la responsabilità di tracciare direzioni di cambiamento (Contini, 2009). Potremmo tentare di dare una prima risposta a tali domande, attraverso le parole di Duranti (2000):!

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“quel che i ricercatori fanno a partire da tali osservazioni [le strutture delle conversazione individuate dagli analisti della conversazione, ndr] dipenderà dalla loro creatività e dai tipi di questioni cui sono interessati.”!

(Duranti 2000: 239)!

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! Anche se l’analisi della conversazione si occupa prevalentemente di individuare e descrivere i meccanismi e le strutture delle conversazioni a prescindere dagli individui o dal contenuto particolare dei loro scambi verbali, “le sue procedure empiriche sono state applicate con successo anche per lo studio di contesti particolari.” (Bonaiuto & Fasulo, 1998: 235)!60

! Oltre alle ricerche presentate da Fele (cfr. nota precedente), Bonaiuto e Fasulo (1998) si riferiscono in particolare ai lavori pionieristici di M. H. Goodwin (1990), Duranti (1994) e Ochs (1988) che in prospettiva antropologica hanno utilizzato l’analisi della conversione per lo studio delle conversazioni spontanee nelle situazioni oggetto del loro studio. Osservando nel micro-dettaglio le interazioni e le conversazioni quotidiane, gli autori citati hanno potuto cogliere e mostrare le dimensioni culturali implicite legate a particolari tipi di attività verbali. Oltre all’ambito antropologico, gli strumenti dell’analisi della conversazione sono stati ampiamente utilizzati anche nell’ambito della psicologia, in particolare della psicologica culturale (cfr. Mantovani, 2008; Mantovani & Spagnolli, 2003) e nella psicologia sociale

Più recentemente, gli studi dell’interazione in ambito medico hanno dato importanti risultati

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applicativi (Robinson & Heritage 2014). Confronta anche il testo di Antaki (2011).

dell’interazione (Galatolo & Fasulo, 2004). Come sostengono Bonaiuto e Fasulo (1998),!

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“venendo a produrre una serie di lavori volti alla riconcettualizzaizone dei fenomeni psicologici in termini discorsivi e basandosi sull’osservazione e l’analisi di processi discorsivo-conversazionali, tali ricerche offrono abbondante evidenza empirica a sostegno dell’ipotesi che molti dei tradizionali costrutti psicologico-sociali siano prodotti discorsivi realizzati dalle persone, nelle loro spiegazioni e discussioni quotidiane, in modi retoricamente flessibili, in funzione cioè degli interlocutori e delle azioni sociali perseguite nell’immediato contesto discorsivo.”!

(Bonaiuto & Fasulo, 1998: 235)!

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! 4.4! L’analisi della conversazione e la ricerca nei contesti educativi!

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! In questo paragrafo vorremmo soffermarci sui possibili contribuiti che l’analisi della conversazione può dare in particolare allo studio dei contesti educativi, in riferimento anche ad alcune ricerche che sono state condotte nell’ambito educativo nel contesto italiano. !

! Tra gli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, nell’ambito degli studi e delle ricerche pedagogiche italiane si riscontra un nuovo interesse per il linguaggio e le pratiche comunicative nei contesti educativi.!

! Nel testo del 1981 (Educazione come discorso. Quando dire è fare

educazione), Lumbelli metteva in luce come la ricerca educativa che si ispirava

all’analisi dell’interazione verbale iniziasse in quegli anni ad acquisire un ruolo epistemologico importante nell’ambito della ricerca empirica in pedagogia.!

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“Per quanto riguarda in particolare lo studio dell’interazione educativa ciò significa che, indipendente dal fatto che se ne definiscano i concetti o le funzioni in termini di comportamenti o

operazioni o piuttosto in termini di atti comunicativi, resta ferma

l’istanza metodologica di sottrarre comunque alla genericità e alla astrattezza molte definizioni concettuali pedagogiche, di garantirne una maggiore attendibilità nella misura in cui le si fa corrispondere a momenti ben precisamente individuabili nella realtà educativa, vale a dire nella misura in cui quelle definizioni concettuali si riferiscono a ciò che fanno effettivamente gli insegnanti con le parole o con i discorsi.”!

(Lumbelli, 1981: 10)!

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! Lumbelli sottolinea la necessità di colmare lo scarto tra l’astrattezza della teoria pedagogica e la particolarità dei contesti educativi. L’autrice sottolinea la forza

pragmatica del linguaggio, secondo cui il dire di insegnanti ed educatori è di per sé un fare educazione.!

! Anche Bertolini (1994), più di dieci anni dopo, in un saggio pubblicato sulla rivista Versus, in un numero dedicato in particolare al rapporto tra semiotica ed educazione, affronta la questione del linguaggio nella costituzione della pedagogia come scienza. Riprendendo la distinzione proposta da De Saussure, Bertolini parla di langue, intendendo il quadro interpretativo generale dell’esperienza educativa, ovvero il sistema teorico attraverso cui è possibile comprendere l’articolarsi di tale esperienza e di parole, intendendo i singoli atti concreti in cui il parlante (l’educatore) esercita e rende concrete le indicazioni orientative del discorso pedagogico generale (Bertolini, 1994: 70).!

! Da punti di vista diversi, entrambi gli autori invitano dunque la ricerca pedagogica a soffermarsi maggiormente sull’analisi di quei brani di realtà educativa

quotidiana (Lumbelli, 1981) prodotti congiuntamente da insegnanti e alunni, da

educatori e soggetti in educazione, per osservare e comprendere le pratiche discorsive che costituiscono l’architettura quotidiana delle attività educative.!

! Come notano infatti Bassi e Gennari (1994), nell’introduzione al numero monotematico della rivista Versus,!

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“la situazione educativa è eminentemente teatro di eventi comunicativi, e non può essere avvicinata senza fare ricorso a una qualche semiotica, implicita o esplicita che sia.”!

(Bassi & Gennari, 1994: 3)!

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! Il realizzarsi in situazione dell’educazione è inestricabilmente connesso alla interazioni e alle pratiche discorsive. Tale legame appare ancor più evidente se accettiamo la definizione (fenomenologica) di evento educativo come: !

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“un mondo abitato da soggetti intenzionali, attori strategici costantemente impegnati a produrre senso e a costruire se stessi e il loro mondo sociale attraverso un lavoro di interpretazione dell’esperienza (ivi compresa quella educativa) e di attribuzione di significati.” !

(Caronia, 1997: 2)!

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! Tale lavoro di interpretazione e di attribuzione di significati si realizza quotidianamente in e attraverso l’interazione e il linguaggio. Il linguaggio è il veicolo fondamentale delle attività e delle azioni educative, è l’artefatto prevalente attraverso cui le pratiche degli educatori e degli insegnanti prendono forma. L’analisi delle pratiche discorsive permette di rendere conto a livello empirico dei processi di costruzione di senso che si realizzano nelle pratiche educative. Da questo punto di

vista l’Analisi della Conversazione può offrire alla ricerca pedagogica peculiari strumenti capaci di descrivere e analizzare il farsi dell’educazione nel linguaggio.! ! La forza euristica dei dispostivi teorici e metodologici dell’Analisi della Conversazione rispetto alla ricerca nei contesti educativi è stata recentemente messa in luce anche da altri autori. Riprendendo le considerazioni di Caronia (1997) e Mortari (2007), Pino (2011) mette in luce la profonda connessione tra l’approccio all’interazione proposto dall’Analisi della Conversazione e la pedagogia, in particolare di derivazione fenomenologica,:!

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“Questo approccio [l’Analisi della Conversazione,ndr] configura una sorta di ermeneutica dell’interazione quotidiana in contesti naturali, in cui il ricercatore s’impegna a sospendere le proprie precomprensioni al fine di ricostruire quanto più fedelmente è possibile quelle dei partecipanti. Questo orientamento risulta particolarmente rilevante per la ricerca in ambienti educativi, in cui essenziale risulta accedere alle pratiche di donazione di senso attraverso cui i protagonisti dell’evento educativo attivamente assegnano un significato alla situazione in cui sono immersi.”!

(Pino, 2011: 111)!

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! Uno dei primi contesti educativi in cui ha trovato più facilmente applicazione l’Analisi della Conversazione è lo studio dell’interazione in classe, tra insegnante e alunni. !Come mette in evidenza infatti Gardner (2013) “classroom discourse analysis is probably the most direct application of sociolinguistic insights to teachers’ daily practice”.!

! Secondo Fele e Paoletti (2003), è a partire dalla considerazione del ruolo costitutivo del linguaggio e dell’interazione nell’attività di insegnamento che deriva l’interesse per come parlano e per cosa dicono gli insegnanti e gli studenti in classe.! ! Tra gli studi italiani condotti nel contesto scolastico, possiamo qui ricordare Orletti (1981; 2000), Fasulo e Pontecorvo (1997) e Pontecorvo et al. (2004). Attraverso lo studio empirico delle interazioni in classe, registrate, trascritte e analizzate secondo l’approccio dell’analisi della conversione, queste ricerche mostrano come il contesto di apprendimento sia costruito in e attraverso le pratiche discorsive e le routine interazionali. I significati sono situati, momento per momento, nel flusso costante del talk-in-interaction.!

! La conversazione in classe tra insegnati e alunni è un chiaro esempio di

institutional talk, in cui le due parti (insegnante e alunni) hanno poteri differenti di

accesso all’interazione. Di norma, l’insegnate regola la conversazione, assegnando i turni, cedendo la parole e organizzando le sequenze. L’attenzione alle conversazioni in classe ha permesso di mettere in luce schemi e strutture tipiche del discorso delle insegnanti. L’organizzazione della presa di turno in questo contesto di interazione (la classe scolastica) ha una organizzazione peculiare: dopo che il turno è stato ceduto

dall’insegnante ad uno o più alunni, questo torni nuovamente all’insegnate stessa. Seguono questo schema ad esempio le sequenze valutative, sequenze che caratterizzano massicciamente questo tipo di interazione orientate principalmente alla verifica degli apprendimenti. Gli scambi tra insegnante e alunni si caratterizzano per una suddivisione in tre frasi : domanda dell’insegnante (initiation), risposta 61

dell’alunno (response) e successiva valutazione della risposta da parte dell’insegnante (evaluation). Le analisi hanno messo in luce come tale struttura riduca di fatto la produzione della risposta da parte degli alunni. Al contrario, quando l’insegnate non fa seguire subito una valutazione ma piuttosto una riformulazione (espressa con tono ascendente e sospeso) di quanto l’alunno ha detto, l’interazioni si sviluppano maggiormente anche tra gli alunni stessi senza una necessaria mediazione da parte dell’insegnante. (Fasulo & Pontecorvo, 1999)!

! Le interazioni in classe, in particolare in contesti multiculturali, sono state indagate da Caronia (1997; 2001), come luoghi di produzione intersoggettiva di una conoscenza dell’altro e dell’altrove negoziata e situata. A partire dall’analisi degli scambi discorsivi tra un’insegnante e alunni in una sezione di scuola materna, durante un progetto di educazione interculturale, l’analisi mostra come le indicazioni e gli obiettivi pedagogici presupposti all’agire educativo si danno come continue realizzazione pratiche, prodotto locali di interazioni discorsive situazionate.!

! A partire dagli stessi quadri interpretativi, Caronia (1999) analizza le interazioni tra educatrici e bambini e tra gli stessi bambini in un centro lettura per comprendere e descrivere come in quel peculiare contesto educativo i bambini vengono socializzati al senso della lettura, in e attraverso le pratiche discorsive quotidiane e gli scambi con le educatrici del centro. !

! Caronia ha fatto ricorso alla prospettiva dell’Analisi della Conversazione per studiare i processi di socializzazione ai media non solo in classe ma anche nel contesto domestico in famiglia (2002). L’oggetto di analisi è la trama di pratiche e di discorsi attraverso cui i membri attribuiscono costantemente significati, funzioni e valor ai media. Al centro dell’interesse d ricerca vi è il processo di socializzazione ai media dei bambini, come processo attraverso cui i bambini apprendono i modi culturalmente appropriati di guardare, interagire, utilizzare e parlare dei media.!

! La famiglia come contesto educativo di socializzazione (linguistica) è stata oggetto, sempre limitandoci al contesto italiano, anche delle ricerche di Pontecorvo e Duranti (1996) e di Fasulo e Pontecorvo (1999).!

! Più recentemente, si deve a Pino (2008, 2011) l’utilizzo dell’Analisi della Conversazione come dispositivo euristico per analizzare e comprendere le interazioni educative. A partire da un approccio fenomenologico agli eventi educativi, Pino (2008) ha analizzato alcune conversazioni condotte tra educatori e soggetti

La tripletta IRE (initiation, response, evaluation) è stata individuata per la prima volta da

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alcolisti. L’analisi delle mosse conversazionali dell’educatore ha posto in evidenza sia le strategie messe in atto per agevolare gli interlocutori ad esprimersi e a prendere la parola, sia gli assunti impliciti e le aspettative veicolate dal suo discorso. Sempre grazie agli strumenti offerti dall’analisi della conversazione Pino (2011) ha anche esaminato anche gli scambi tra educatori professionali di una comunità psichiatrica e una comunità di tossicodipendenti nell’ambito di laboratori riflessivi, realizzati all’interno di un più ampio progetto di ricerca finalizzato alla promozione di attività riflessive sulle proprie pratiche educative.


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CAPITOLO 5!

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IL CORPUS E LE FASI DELLA RICERCA!

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