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Nel corso di questo capitolo, indicheremo con X un generico spazio di Banach, che, se non verr`a diversamente specificato, supporremo dotato della topologia forte, cio`e della topologia indotta dalla norma.

DEFINIZIONE 2.1. Sia f : X →R. Diremo che essa `e convessa se

f (αx + (1 − α)y) ≤ αf (x) + (1 − α)f (y) ∀α ∈ [0, 1]

e per ogni x, y tali che f (x), f (y) < +∞. Diremo che f `e strettamente convessa se essa non `e identicamente +∞ e se

f (αx + (1 − α)y) < αf (x) + (1 − α)f (y) ∀α ∈ (0, 1) e per ogni x 6= y tali che f (x), f (y) < +∞.

ESERCIZIO: Sia n ∈Ned f : X →R. Dimostrare che, per ogni α1, . . . , αn∈ [0, 1], conP αi= 1, e per ogni x1, . . . , xn∈ X tali che f (xi) < +∞, si ha

f à n

X

i=1

αixi

!

Xn i=1

αif (xi) .

ESERCIZIO: Sia I un insieme di indici (finito o infinito, numerabile o non). Per ogni i ∈ I, siano fi: X →Rdelle funzioni convesse. Dimostrare che

f (x) := sup

I

fi(x)

`e una funzione convessa.

DEFINIZIONE 2.2. Sia f : X →R. Diremo che essa `e sequenzialmente semicontinua inferiormente (rispett. debolmente sequenzialmente semicontinua inferiormente), se, per ogni x ∈ X,

f (x) ≤ lim inf

xn→x f (xn) ∀xn→ x in X (rispett. ∀xn* x in X).

In tal caso, scriveremo per semplicit`a f s.c.i. (rispett. debolmente s.c.i.).

Nel caso in cui su X si consideri la topologia forte, la definizione data coincide con la definizione topologica di semicontinuit`a inferiore (cfr., per esempio, [8, Cap. I]).

OSSERVAZIONE 2.3. Osserviamo che, se f `e convessa ed assume valore −∞ in un estremo di un segmento, essa `e finita al pi`u in un punto di tale segmento; quindi se x0∈ X, f `e superiormente limitata in un intorno di x0 e f (x0) = −∞, allora essa sar`a identicamente uguale a −∞ in tutto l’intorno considerato. Se f `e convessa e s.c.i. ed assume valore −∞ in un punto, allora essa non `e mai finita.

A seguito dell’osservazione precedente, ci limiteremo a considerare solo funzioni che non as-sumano mai il valore −∞. Ricordiamo che una funzione f `e detta propria se f (x) > −∞ per ogni x ∈ X e se esiste almeno un punto x ∈ X tale che f (x) < +∞; ovvero, f : X →R∪ {+∞}, non identicamente uguale a +∞.

Definiamo dominio di f l’insieme

dom(f ) = {x ∈ X : f (x) < +∞} .

Se f `e convessa, il suo dominio risulta essere un insieme convesso. Inoltre, se f `e propria, il suo dominio coincide con l’insieme dei punti in cui f `e finita.

Infine, si chiama epigrafico di f l’insieme

epi(f ) = {(x, t) ∈ X ×R : t ≥ f (x)} .

TEOREMA 2.4.

Sia f : X → R una funzione propria. Allora essa `e convessa se e solo se il suo epigrafico `e convesso.

Dimostrazione. Siano (x, t), (y, s) ∈ epi(f ). Consideriamo il punto (αx + (1 − α)y, αt + (1 − α)s) con α ∈ [0, 1].

Se f `e convessa otteniamo

f (αx + (1 − α)y) ≤ αf (x) + (1 − α)f (y) ≤ αt + (1 − α)s ,

dove l’ultima disuguaglianza `e dovuta al fatto che, per ipotesi, (x, t), (y, s) ∈ epi(f ). Pertanto, (αx + (1 − α)y, αt + (1 − α)s) ∈ epi(f ) e quindi epi(f ) risulta essere convesso.

Supponiamo invece che epi(f ) sia convesso. Allora (αx + (1 − α)y, αt + (1 − α)s) ∈ epi(f ), per ogni α ∈ [0, 1], cio`e

(2.1) f (αx + (1 − α)y) ≤ αt + (1 − α)s ,

qualunque siano i punti (x, t), (y, s) ∈ epi(f ). Scegliendo, in particolare, t = f (x) ed s = f (y), dalla (2.1) si ricava subito la convessit`a di f .

TEOREMA 2.5.

Sia f : X →R una funzione propria. Allora essa `e s.c.i. (rispett. debolmente s.c.i.) se e solo se il suo epigrafico `e chiuso (rispett. debolmente sequenzialmente chiuso).

Dimostrazione. Innanzitutto sottolineiamo il fatto che, nella dimostrazione del teorema, epi(f ) denoter`a la chiusura sequenziale e non topologica dell’epigrafico (ricordiamo che le due nozioni coincidono nella topologia forte, ma non in quella debole).

Assumiamo che f sia s.c.i. e che (x, t) sia un punto di epi(f ). Sia quindi {(xn, tn)} ⊂ epi(f ) una successione convergente nella topologia considerata ad (x, t), per n → +∞. Per le ipotesi fatte avremo

f (x) ≤ lim inf

n→+∞f (xn) ≤ lim inf

n→+∞tn= t , ovvero (x, t) ∈ epi(f ).

Viceversa, assumiamo che epi(f ) sia sequenzialmente chiuso nella topologia considerata, cio`e epi(f ) = epi(f ). Sia inoltre {xn} una successione convergente ad x, per n → +∞, nella topologia considerata, con lim inf f (xn) < +∞, altrimenti non c’`e nulla da dimostrare. A meno di passare ad una sottosuccessione, possiamo assumere che lim inf sia in realt`a un limite, che indicheremo con l. Consideriamo allora la successione {(xn, f (xn))} ∈ epi(f ) che converge al punto (x, l); poich´e epi(f ) `e sequenzialmente chiuso, si ha che (x, l) ∈ epi(f ), cio`e l ∈Re f (x) ≤ l, ovvero

f (x) ≤ lim

n→+∞f (xn) .

TEOREMA 2.6.

Sia I un insieme di indici (finito o non finito). Siano fi: X →R, i ∈ I, delle funzioni proprie e s.c.i. su X. Allora la funzione

f (x) = sup

I fi(x)

`e s.c.i. su X.

Dimostrazione. La dimostrazione `e conseguenza immediata del fatto che epi(f ) =\

i∈I

epi(fi)

e l’intersezione di una famiglia qualsiasi di insiemi chiusi `e ancora un insieme chiuso (vedi Osser-vazione 1.11).

TEOREMA 2.7.

Sia I un insieme di indici finito. Siano fi : X → R, i ∈ I, delle funzioni proprie e s.c.i. su X.

Allora la funzione

f (x) = inf

I fi(x)

`e s.c.i. su X.

Dimostrazione. La dimostrazione `e conseguenza immediata del fatto che epi(f ) =[

i∈I

epi(fi)

e l’unione di un numero finito di insiemi chiusi `e ancora un insieme chiuso (vedi Osservazione 1.11).

TEOREMA 2.8.

Siano f1, f2: X →R, i ∈ I, due funzioni proprie e s.c.i. su X. Allora la funzione f1+ f2 `e s.c.i.

su X.

Dimostrazione. Siano x ∈ X e {xn} ⊆ X una successione convergente ad x. Allora lim inf

n→+∞(f1+ f2)(xn) ≥ lim inf

n→+∞f1(xn) + lim inf

n→+∞f2(xn) ≥ f1(x) + f2(x) , dove l’ultima disuguaglianza `e dovuta all’ipotesi di s.c.i. di f1 ed f2.

Vogliamo ora occuparci della regolarit`a delle funzioni convesse.

TEOREMA 2.9.

Sia f : X →Runa funzione convessa e propria. Assumiamo che x0∈ X e che f sia superiormente limitata in un intorno di x0. Allora f `e continua in x0.

Dimostrazione. A meno di sostituire alla funzione f la funzione g(x) = f (x + x0) − f (x0), che `e ancora convessa e propria, possiamo supporre x0= 0 e f (x0) = 0. Quindi, per ipotesi, esiste un numero reale M > 0 e un intorno U (0) dell’origine (che possiamo supporre simmetrico) tali che f (x) ≤ M per ogni x ∈ U (0). Sia ora α ∈ [0, 1] e x ∈ X tale che x/α ∈ U (0). Allora

f (x) = f

³ αx

α+ (1 − α)0

´

≤ αf (x/α) + (1 − α)f (0) = αf (x/α) ≤ αM . Analogamente, poich´e −x/α ∈ U (0), otteniamo

0 = f (0) = f

µ 1

α + 1x + α

α + 1(−x/α)

1

α + 1f (x) + α

α + 1f (−x/α) ≤ f (x) + αM . Dalle due disuguaglianze precedenti si ricava infine |f (x)| ≤ αM , per ogni α ∈ [0, 1] e per ogni x ∈ X tale che x/α ∈ U (0), cio`e x ∈ αU (0). Quindi f (x) → 0 per x → 0.

OSSERVAZIONE 2.10. Osserviamo che, se su X si considera la topologia debole, anzich´e la topolo-gia forte (cio`e quella indotta dalla norma), i Teoremi 2.6, 2.7, 2.8 e 2.9 continuano a valere.

TEOREMA 2.11.

Sia f :RN Runa funzione convessa, allora essa `e continua.

Pi`u in generale, si pu`o affermare che se f : RN R `e convessa, allora essa `e continua all’interno del suo dominio. Non `e possibile, in generale, ottenere la continuit`a di f su tutto il suo dominio; per esempio, consideriamo la funzione f :RR, nulla nell’origine e uguale a +∞

altrove in R. Allora f `e convessa, dom(f ) = {0}, ma f non `e continua nell’origine (notiamo che in questo caso dom(f ) ha parte interna vuota).

Dimostrazione. Sia x0 RN. Poich´e siamo in dimensione finita, possiamo trovare N + 1 punti x1, . . . , xN +1RN, tali che x0=

N +1X

i=1

α0ixi, per un’opportuna scelta di α0i ∈ (0, 1) conP

α0i = 1.

Se indichiamo con U (x0) la parte interna dell’inviluppo convesso dei punti x1, . . . , xN +1, si ha che

U (x0) `e un intorno di x0. Inoltre, per ogni x ∈ U (x0), abbiamo x =

N +1X

i=1

αixi, per un’opportuna scelta di αi∈ (0, 1) conP

αi= 1, e

f (x) ≤

N +1X

i=1

αif (xi) ≤

N +1X

i=1

f (xi) .

Quindi, f `e superiormente limitata in U (x0) e per il Teorema 2.9 risulter`a continua in x0. Poich´e ci`o vale per ogni x0RN, la tesi `e dimostrata.

Questo risultato non si pu`o direttamente estendere al caso in cui X sia uno spazio di Banach di dimensione infinita, a meno di non considerare ulteriori ipotesi sulla funzione f . A tale proposito, valgono i seguenti due risultati.

TEOREMA 2.12.

Sia f : X → R una funzione convessa. Supponiamo che esista un punto x0 ∈ X in cui f sia continua (rispett. debolmente continua); allora essa sar`a continua (rispett. debolmente continua) su tutto X.

L’idea della dimostrazione consiste nell’utilizzare l’ipotesi di continuit`a di f in x0per ottenere che f `e superiormente limitata in un intorno di un generico punto x ed applicare poi il Teorema 2.9.

Questo risultato generalizza al caso convesso un ben noto risultato sulle funzioni lineari, che afferma che una funzione lineare continua in un punto `e continua dappertutto.

TEOREMA 2.13.

Sia f : X →Runa funzione convessa. Supponiamo che f sia s.c.i. in X; allora essa sar`a continua su tutto X.

Vogliamo ora migliorare i precedenti risultati, considerando il caso di funzioni convesse che siano non solo superiormente limitate, ma anche inferiormente limitate.

TEOREMA 2.14.

Sia f : X →R una funzione convessa e propria. Supponiamo che esistano λ, Λ ∈R, con λ ≤ Λ, tali che

λ ≤ f (x) ≤ Λ ∀x ∈ BR ,

dove BR`e la sfera di centro l’origine e raggio R. Allora, per ogni 0 < r < R, f `e Lipschitziana in Br con costante di Lipschitz Λ−λR−r.

La dimostrazione di questo teorema `e conseguenza di un analogo risultato valido per funzioni di variabile reale.

TEOREMA 2.15.

Sia f : (a, b) →Runa funzione convessa e propria. Assumiamo che esistano λ, Λ ∈R, con λ ≤ Λ, tali che

λ ≤ f (x) ≤ Λ ∀x ∈ (a, b) .

Allora, per ogni a0, b0 tali che a < a0< b0< b, si ha che f `e Lipschitziana in [a0, b0], con costante di Lispchitz Λ−λd , dove d = min(a0− a, b − b0).

Dimostrazione. Consideriamo x, y ∈ [a0, b0] e supponiamo ad esempio x > y (il caso y > x si ottiene in modo analogo). Siano b1 ∈ (b0, b) e x = αb1+ (1 − α)y, per un opportuno α ∈ (0, 1). Allora x − y = α(b1− y) e α =bx−y

1−y ed inoltre f (x) ≤ αf (b1) + (1 − α)f (y), ovvero f (x) − f (y) ≤ α[f (b1) − f (y)] ≤ x − y

b1− y(Λ − λ) ≤ x − y

b1− b0(Λ − λ) . Facendo tendere b1 a b e tenendo conto della definizione di d, si ottiene

(2.2) f (x) − f (y) ≤ x − y

d (Λ − λ) .

Per ottenere l’altra disuguaglianza, siano ora a1∈ (a, a0) e y = αa1+ (1 − α)x, per un opportuno α ∈ (0, 1). Allora y − x = α(a1− x) e α = ay−x

1−x = x−ax−y

1 ed inoltre f (y) ≤ αf (a1) + (1 − α)f (x), ovvero

f (y) − f (x) ≤ α[f (a1) − f (x)] ≤ x − y

x − a1(Λ − λ) ≤ x − y

a0− a1(Λ − λ) . Facendo tendere a1ad a e tenendo conto della definizione di d, si ottiene

(2.3) f (y) − f (x) ≤ x − y

d (Λ − λ) . Unendo le due disuguaglianze (2.2) ed (2.3), si ottiene

|f (x) − f (y)| ≤ x − y

d (Λ − λ) = Λ − λ

d |x − y| , cio`e la tesi.

Dimostrazione del Teorema 2.14. Assumiamo che x, y ∈ Br, con x 6= y, e sia x(t) = x + t(y − x), t ∈ R, l’equazione parametrica della retta passante per i punti x, y. Osserviamo che x(0) = x e x(1) = y. Siano anche

a = inf{t ∈R : x(t) ∈ BR} e b = sup{t ∈R : x(t) ∈ BR} a0= inf{t ∈R : x(t) ∈ Br} e b0= sup{t ∈R : x(t) ∈ Br} .

Per quanto detto, a < a0≤ 0 < 1 ≤ b0< b. Definiamo la funzione convessa e propria g(t) = f (x(t)) ed osserviamo che λ ≤ g(t) ≤ Λ, per ogni t ∈ (a, b). Dal Teorema 2.15 segue che

|g(1) − g(0)| ≤ Λ − λ d ,

ovvero |f (y) − f (x)| ≤ Λ−λd . Resta solo da verificare che d ≥ (R − r)/kx − ykX. Utilizzando la disuguaglianza triangolare ed osservando che kx(a)kX= R, kx(a0)kX = r e

kx(a) − x(a0)kX ≤ (a0− a)ky − xkX , si ottiene

(2.4) R = kx(a)kX ≤ kx(a) − x(a0)kX+ kx(a0)kX ≤ (a0− a)ky − xkX+ r .

Ripetendo il medesimo ragionamento e tenendo conto questa volta che kx(b)kX = R, kx(b0)kX= r e

kx(b) − x(b0)kX ≤ (b − b0)ky − xkX , si ottiene

(2.5) R = kx(b)kX ≤ kx(b) − x(b0)kX+ kx(b0)kX≤ (b − b0)ky − xkX+ r . Da (2.4) e (2.5) si ottiene subito che R − r ≤ dky − xkX, cio`e la tesi.

ESERCIZIO: Sia f :RN R`e una funzione convessa tale che 0 ≤ f (x) ≤ c(1 + |x|)

per un’opportuna constante c > 0. Provare che f `e globalmente Lipschitziana suRN. Vediamo ora alcune conseguenze del Teorema di Hahn-Banach.

TEOREMA 2.16.

Sia f : X →Runa funzione convessa e propria. Allora essa `e s.c.i. per la topologia forte se e solo se lo `e per la topologia debole.

Dimostrazione. Il risultato `e conseguenza diretta dell’Osservazione 1.24 e dei Teoremi 2.4 e 2.5.

Infatti, f `e convessa e s.c.i. nella topologia forte se e solo se il suo epigrafico `e un sottoinsieme convesso e chiuso nella topologia forte di X ×R. D’altra parte, in quanto insieme convesso, esso `e chiuso nella topologia forte se e solo se `e sequenzialmente chiuso nella topologia debole di X ×R, cio`e se e solo se f `e convessa e s.c.i. nella topologia debole.

In particolare, dal precedente teorema riotteniamo il risultato gi`a visto in (iii) del Teorema 1.16. Infatti, la funzione x ∈ X 7→ kxkX`e convessa e continua (quindi s.c.i.) nella topologia forte, pertanto essa risulter`a s.c.i. anche nella topologia debole. Quindi, per ogni successione {xn} ⊆ X tale che xn* x debolmente in X si avr`a kxkX ≤ lim inf kxnkX.

TEOREMA 2.17.

Sia f : X →Runa funzione tale che, per ogni x ∈ X, f (x) > −∞. Allora f `e convessa e s.c.i. se e solo se, per ogni x ∈ X, si ha

(2.6) f (x) = sup

g∈A(f )

g(x)

dove A(f ) = {g : X →R : g affine, continua e g(x) ≤ f (x) ∀x ∈ X}.

DEFINIZIONE 2.18. Data f : X →R, per ogni x ∈ X, definiamo

(2.7) sc(f )(x) = sup

g∈S(f )

g(x) ,

dove S(f ) = {g : X →R : g s.c.i. e g(x) ≤ f (x) ∀x ∈ X}.

La funzione sc(f ) : X →R`e detta inviluppo semicontinuo inferiormente di f ed `e la pi`u grande funzione s.c.i. minorante f .

Ovviamente se S(f ) contiene tutte le funzioni debolmente s.c.i. e minoranti f , allora sc(f ) sar`a l’inviluppo s.c.i. di f rispetto alla topologia debole di X; viceversa, se S(f ) contiene solo le funzioni fortemente s.c.i. e minoranti f , allora sc(f ) sar`a l’inviluppo s.c.i. di f rispetto alla topologia forte di X.

PROPOSIZIONE 2.19.

Sia f : X →Runa funzione convessa tale che, per ogni x ∈ X, f (x) > −∞. Allora sc(f ) : X → R`e anch’essa una funzione convessa.

Dimostrazione. Se f ≡ +∞, allora sc(f ) = f e non c’`e nulla da dimostrare. Assumiamo, quindi, che f sia propria. Innanzitutto, osserviamo che la chiusura di un insieme convesso `e anch’essa convessa, quindi epi(f ) `e un insieme convesso. Inoltre, se f ≥ g, si ha epi(f ) ⊆ epi(g) e, dal Teorema 2.5, epi(g) `e chiuso se g `e s.c.i.; pertanto, poich´e sc(f ) `e s.c.i. e sc(f ) ≤ f , si ha

epi(f ) ⊆ epi¡

sc(f )¢ .

Per dimostrare l’inclusione opposta, basta considerare la funzione g associata all’epigrafico epi(f ).

Poich´e tale epigrafico `e chiuso, dal Teorema 2.5 si ottiene che g `e s.c.i. e, poich´e epi(f ) ⊆ epi(f ), si ottiene anche che g ≤ f , quindi g ∈ S(f ) e

epi¡

sc(f )¢

= \

g∈S(f )

epi(g) ⊆ epi(g) = epi(f ) .

Abbiamo cos`ı ottenuto che epi¡

sc(f )¢

= epi(f ), cio`e epi¡

sc(f )¢

`e convesso e quindi, dal Teorema 2.4, si ricava che sc(f ) `e una funzione convessa.

TEOREMA 2.20.

Sia f : X →R una funzione convessa tale che esista una funzione affine e continua h : X →R con h ≤ f . Allora

sc(f )(x) = sup

g∈A(f )

g(x) ,

dove A(f ) = {g : X →R : g affine, continua e g(x) ≤ f (x) ∀x ∈ X}.

DEFINIZIONE 2.21. Data f : X →R, per ogni x ∈ X, definiamo co(f )(x) = sup

g∈C(f )

g(x) ,

dove C(f ) = {g : X →R : g convessa e g(x) ≤ f (x) ∀x ∈ X}.

La funzione co(f ) : X → R`e detta inviluppo convesso di f ed `e la pi`u grande funzione convessa minorante f .

TEOREMA 2.22.

Sia f : X →Runa funzione tale che esista una funzione affine e continua h : X →Rcon h ≤ f . Allora

sc¡ co(f )¢

(x) = sup

g∈A(f )

g(x) , dove A(f ) = {g : X →R : g affine, continua e g(x) ≤ f (x) ∀x ∈ X}.

Data f : X →R, introdurremo ora le nozioni di funzione polare e bipolare di f e ne studieremo le principali propriet`a, evidenziandone, in particolare, le relazioni con l’inviluppo convesso e s.c.i.

di f .

DEFINIZIONE 2.23. Sia f : X →R. Indicheremo con f: XRla funzione coniugata o polare di f , definita da

f(x) = sup

x∈X[hx, xi − f (x)] . La funzione f `e detta anche trasformata di Legendre di f .

Indicheremo con f∗∗ : X →Rla funzione biconiugata o bipolare di f , (cio`e la funzione coniugata di f), definita da

f∗∗(x) = sup

x∈X

[hx, xi − f(x)] .

Osserviamo che, se f ≤ g, allora f≥ g.

Supponiamo che X = R e che f : R R sia una funzione assegnata. Allora, fissata la pendenza x ∈ X =R, il valore f(x) rappresenta, con il segno opposto, l’intercetta sull’asse delle ordinate della massima retta di pendenza xil cui grafico si mantiene globalmente al di sotto del grafico di f .

OSSERVAZIONE 2.24. Osserviamo che, se esiste x0∈ X tale che f (x0) = −∞, allora f(x) ≡ +∞, per ogni x ∈ X. Inoltre, se f (x) ≡ +∞, allora f(x) ≡ −∞. Quindi la funzione polare `e significativa quando f `e propria. Analogo discorso vale per f, pertanto la funzione bipolare `e significativa quando f`e propria.

TEOREMA 2.25.

Sia f : X →R una funzione convessa, propria e s.c.i.. Allora f `e convessa, propria e s.c.i..

Dimostrazione. Poich´e f `e propria, esiste almeno un punto x0∈ X tale che f (x0) < +∞, quindi f(x) ≥ hx, x0i−f (x0) > −∞, per ogni x∈ X. Inoltre, per definizione, f`e l’estremo superiore di funzioni affini continue, quindi `e convessa e s.c.i. per il Teorema 2.17. Per dimostrare che f non `e identicamente +∞ utilizziamo il Teorema di Hahn-Banach (Teorema 1.22). Sia x0 ∈ X tale che f (x0) < +∞ e sia t0 < f (x0), cio`e t06∈ epi(f ). Allora esiste un iperpiano in X ×Rche separa strettamente l’insieme convesso compatto {(x0, t0)} dall’insieme convesso e chiuso epi(f );

cio`e esistono (x, t) ∈ X×Re α ∈Rtali che

(2.8) hx, xi + tt > α ∀(x, t) ∈ epi(f ) ;

(2.9) hx, x0i + tt0< α .

In particolare, prendendo (x, t) = (x0, f (x0)) in (2.8) si ottiene hx, x0i + tf (x0) > α > hx, x0i + tt0 , cio`e t> 0. Quindi da (2.8), dividendo tutto per −1/t si ricava

(2.10) h−1

tx, xi − t < −α

t ∀(x, t) ∈ epi(f ) .

Scegliendo ora t = f (x) in (2.10) e passando al sup su X si ha

f(−1

tx) = sup

x∈X[h−1

tx, xi − f (x)] ≤ −α

t < +∞ .

OSSERVAZIONE 2.26. Notiamo che dall’Osservazione 2.24 e dalla dimostrazione del precedente teorema si ottiene che f risulta essere convessa e s.c.i. senza necessit`a di alcuna richiesta su f . Se inoltre f `e propria, allora f(x) > −∞, per ogni x∈ X.

I prossimi teoremi ci forniscono delle relazioni tra f , co(f ), sc¡ co(f )¢

ed f∗∗. TEOREMA 2.27.

Sia f : X →R una funzione assegnata. Allora (i) f∗∗≤ co(f ) ≤ f .

(ii) f∗∗∗= f.

Dimostrazione. Se esiste x0 ∈ X tale che f (x0) = −∞, allora f(x) ≡ +∞, f∗∗(x) ≡ −∞ e f∗∗∗(x) ≡ +∞, quindi non c’`e nulla da dimostrare.

Se f (x) ≡ +∞, allora (i) `e ovvia e, poich´e f(x) ≡ −∞, si ha f∗∗(x) ≡ +∞ e f∗∗∗(x) ≡ −∞, quindi anche (ii) segue banalmente.

Assumiamo pertanto che f sia propria. In tal caso, dall’Osservazione 2.26 si ha che f(x) > −∞, per ogni x∈ X. Inoltre, se fnon fosse propria, si avrebbe f(x) ≡ +∞, e quindi f∗∗(x) ≡ −∞

ed f∗∗∗(x) ≡ +∞. Pertanto, di nuovo, (i) e (ii) seguono banalmente.

Quindi possiamo assumere che anche f sia propria. In tal caso, dal Teorema 2.25 applicato con f al posto di f , si ottiene che anche f∗∗ `e propria. Pertanto, dimostriamo il teorema nell’ipotesi in cui f , f ed f∗∗ siano proprie.

(i) Per definizione, ricaviamo subito che f∗∗`e convessa e, poich´e f (x) ≥ hx, xi − f(x) per ogni x ∈ X e per ogni x∈ X, si ottiene anche f∗∗≤ f . Pertanto f∗∗≤ co(f ) ≤ f .

(ii) Da (i) si ottiene subito che f∗∗∗≥ f. D’altra parte, per definizione, si ha che, per ogni x ∈ X e per ogni x∈ X,

hx, xi − f∗∗(x) ≤ f(x) che implica f∗∗∗≤ f, cio`e la tesi.

TEOREMA 2.28 (Teorema di Fenchel-Moreau).

Assumiamo che f : X →Rsia una funzione convessa, propria e s.c.i.. Allora f∗∗= f .

Dimostrazione. Poich´e abbiamo gi`a dimostrato nel Teorema 2.27 (i) che f∗∗ ≤ f , senza alcuna ipotesi su f , `e sufficiente mostrare che nel caso in cui f sia anche convessa, propria e s.c.i., vale la disuguaglianza opposta. A tal fine, assumiamo dapprima f ≥ 0 e supponiamo che per assurdo esista un punto x0 ∈ X tale che f∗∗(x0) < f (x0). Ovviamente f∗∗(x0) < +∞ e quindi dal Teorema di Hahn-Banach (Teorema 1.22) `e possibile separare in senso stretto con un iperpiano in

X ×Rl’insieme convesso e chiuso epi(f ) dall’insieme convesso e compatto costituito dal solo punto (x0, f∗∗(x0)) 6∈ epi(f ). Esistono quindi (x, t) ∈ X ×Re α ∈Rtali che

(2.11) hx, xi + tt > α > hx, x0i + tf∗∗(x0) ∀(x, t) ∈ epi(f ) .

Se f (x0) < +∞, scegliendo (x, t) = (x0, f (x0)), si ricava t> 0. Se invece f (x0) = +∞, prendendo t = n → +∞, dalla precedente disuguaglianza si ottiene che t ≥ 0. In entrambi i casi, poich´e f ≥ 0, prendendo x ∈ dom(f ) e t = f (x) in (2.11), si ottiene che, per ogni ε > 0, teorema `e, quindi, dimostrato, nel caso in cui f ≥ 0.

Il caso generale segue dalla prima parte della dimostrazione, rimpiazzando f con f (·) = f (·) + f(x0) − hx0, ·i, dove −∞ < f(x0) < +∞ (notiamo che un tale x0esiste poich´e f `e propria, per il Teorema 2.25). Infatti, in questo caso f risulta essere convessa, propria e s.c.i. ed inoltre f ≥ 0, per definizione di funzione polare. Quindi, per quanto appena dimostrato, f∗∗ = f . Svolgendo i calcoli, si ottiene

f(x) = f(x+ x0) − f(x0) e f∗∗(x) = f∗∗(x) + f(x0) − hx0, xi , da cui, imponendo la condizione trovata f∗∗= f , si ha subito la tesi.

OSSERVAZIONE 2.29. Notiamo che nel caso in cui f : X →R sia una funzione convessa, propria e s.c.i., allora la propriet`a (ii) del Teorema 2.27 discende direttamente dal Teorema 2.28 applicato ad f.

OSSERVAZIONE 2.30. Data f : X → R, dall’Osservazione 2.26 applicata con f rimpiazzata da f, si ottiene che f∗∗ `e s.c.i. e convessa. Inoltre, dal Teorema 2.27 (i) si ottiene che f∗∗≤ co(f ), passando alle bipolari e ricordandone la definizione, si osserva che le disuguaglianze si conservano, pertanto da (2.12) segue

TEOREMA 2.31.

Assumiamo che f : X → R sia una funzione tale che esista una funzione affine e continua h : X →Rcon h ≤ f . Allora f∗∗= sc¡

co(f )¢ .

Dimostrazione. Se f (x) ≡ +∞, allora essa `e convessa e continua, pertanto f ≡ sc¡ co(f )¢

`e una funzione propria. Allora dal Teorema 2.28, si ottiene che [sc¡ co(f )¢

]∗∗= sc¡

co(f )¢

. Pertanto, dall’Osservazione 2.30 si ottiene f∗∗= [(sc¡

ESEMPIO 2.32. Osserviamo che nel precedente teorema l’ipotesi sull’esistenza di una funzione affine e continua minorante f `e essenziale. Infatti, in caso contrario, pu`o accadere che f∗∗(x) <

sc¡

Osserviamo che tale anomalia, in realt`a, non dipende dal fatto che nell’esempio precedente la funzione non fosse propria. Se consideriamo

f (x) =

( +∞ se x < 0 ,

0 se x = 0 ,

−1/x se x > 0 , si osserva che essa `e propria e

sc¡

Dimostrazione. Per definizione, si ha f(x) = sup

x∈X[hx, xi − f (x)] = sup

x∈X[hx, xi − φ(kxkX)] , che possiamo anche riscrivere nella forma

(2.13) f(x) = sup

t≥0 sup

kxkX=t

[hx, xi − φ(t)] = sup

t≥0[¡ sup

kxkX=t

hx, xi¢

− φ(t)] = sup

t≥0[tkxkX− φ(t)] . Osserviamo che, sempre per definizione,

(2.14) φ(kxkX) = sup

t∈R[tkx

kX− φ(t)] ;

quindi resta solo da mostrare che (2.13) coincide con (2.14); cio`e dobbiamo verificare che nella formula precedente `e sufficiente fare l’estremo superiore solo sui numeri reali non negativi. A tale scopo utilizziamo l’ipotesi di simmetria su φ: poich´e essa `e una funzione pari, per ogni t > 0, si ha

−tkxkX− φ(−t) = −tkxkX− φ(t) ≤ tkxkX− φ(t) , e quindi

(2.15) sup

t∈R[tkx

kX− φ(t)] = sup

t≥0[tkxkX− φ(t)] . La tesi segue da (2.13), (2.14) ed (2.15).

ESERCIZIO: Sia f : X →Re λ ∈R. (i) Calcolare (f + λ).

(ii) Calcolare (λf ), per λ > 0.

ESERCIZIO: Sia f : X →Rdefinita da f (x) = 1pkxkpX, con 1 < p < +∞. Determinare le funzioni f ed f∗∗.

ESERCIZIO: Sia f : X →Rdefinita da f (x) = kxkX. Verificare che f(x) = iB

1(0)(x), dove iB

1(0) denota la funzione indicatrice della palla chiusa di raggio unitario centrata nell’origine.

ESERCIZIO: Sia f : X →Rtale che

λkxk2X≤ f (x) ≤ Λ(1 + kxk2X) ∀x ∈ X ,

dove 0 < λ ≤ Λ < +∞. Determinare quale disuguaglianza soddisfa la funzione f.

DEFINIZIONE 2.34. Sia f : X →R. Essa si dice differenziabile secondo Gˆateaux in x ∈ X, se per ogni y ∈ X esiste finito il seguente limite

t→0lim+

f (x + ty) − f (x)

t =: df (x, y) ,

e se l’applicazione y ∈ X 7→ df (x, y) `e lineare e continua; cio`e se esiste un’applicazione df (x) ∈ X tale che df (x, y) = hdf (x), yi. In tal caso, l’applicazione df (x) `e detta differenziale o derivata di Gˆateaux di f in x.

DEFINIZIONE 2.35. Sia f : X →R. Essa si dice differenziabile secondo Fr´echet in x ∈ X, se esiste un’applicazione lineare e continua A ∈ X tale che

y→xlim

f (y) − f (x) − hA, y − xi ky − xkX

= 0 .

Osserviamo che le precedenti definizioni in realt`a sono locali, quindi `e possibile dare senso alla nozione di differenziabilit`a secondo Gˆateaux o secondo Fr´echet in un punto x ∈ X anche per una funzione a valori reali estesi, pur di supporre che essa sia finita in un intorno di x.

OSSERVAZIONE 2.36.

(i) Se f `e differenziabile secondo Fr´echet lo `e anche secondo Gˆateaux. In tal caso, A = df (x).

(ii) Se X =RN (N > 1), la differenziabilit`a secondo Gˆateaux di f corrisponde alla derivabilit`a di f lungo ogni direzione, unitamente alla richiesta che la derivata direzionale dipenda linearmente dalla direzione. A sua volta, la differenziabilit`a secondo Fr´echet corrisponde alla differenzia-bilit`a delle funzioni di pi`u variabili.

ESERCIZIO: Dimostrare l’affermazione (i) dell’Osservazione 2.36.

E ben noto che, per le funzioni definite su` RN, la derivabilit`a non implica, in generale, la differenziabilit`a, a meno che non si facciano ulteriori ipotesi sulle derivate parziali. Analogamente, la differenziabilit`a secondo Gˆateaux, in generale, non implica quella secondo Fr´echet, a meno che non si richieda che il differenziale di Gˆateaux dipenda con continuit`a da x, come segue dal prossimo teorema.

TEOREMA 2.37.

Sia f : X →Runa funzione differenziabile secondo Gˆateaux in X. Assumiamo che l’applicazione df : X → X sia continua. Allora f `e differenziabile secondo Fr´echet in X.

ESERCIZIO: Sia f : X →Runa funzione convessa e differenziabile secondo Gˆateaux. Assumiamo che

kxkpX ≤ f (x) ≤ c(1 + kxkpX) 1 ≤ p < +∞ . Dimostrare che

kdf (x)kX≤ ec(1 + kxkp−1X ) . (Hint.: ricordare il Teorema 2.14.)

DEFINIZIONE 2.38. Sia f : X → R una funzione convessa e propria. Dato x ∈ X, diremo che x∈ X `e un sottogradiente di f nel punto x se

(2.16) f (y) ≥ f (x) + hx, y − xi ∀y ∈ X .

Indicheremo con ∂f (x) ⊆ X l’insieme di tutti i sottogradienti di f nel punto x e chiameremo

∂f (x) il sottodifferenziale di f in x.

Osserviamo che se ∂f (x0) 6= ∅, allora f (x0) < +∞. Infatti, preso x ∈ dom(f ) e x∈ ∂f (x0), dalla (2.16) si ha

f (x0) ≤ f (x) − hx, x − x0i < +∞ .

ESERCIZIO: Sia f :RRdefinita da f (x) = |x|. Verificare che

∂f (x) =

(1 se x > 0 , [−1, 1] se x = 0 ,

−1 se x < 0 .

TEOREMA 2.39.

Sia f : X → R una funzione convessa, propria e differenziabile secondo Gˆateaux in x. Allora

∂f (x) = {df (x)}.

Dimostrazione. Poich´e f `e differenziabile secondo Gˆateaux in x, per definizione essa `e finita in un intorno di x. Inoltre, poich´e f `e convessa abbiamo che, per ogni y ∈ X,

1

t[f (x + t(y − x)) − f (x)] ≤ f (y) − f (x) ∀t ∈ (0, 1) .

Poich´e f `e differenziabile secondo Gˆateaux, passando al limite per t → 0+ nella precedente disu-guaglianza, otteniamo

hdf (x), y − xi ≤ f (y) − f (x) ∀y ∈ X ,

cio`e df (x) ∈ ∂f (x). Vogliamo mostrare che df (x) `e l’unico elemento del sottodifferenziale. Sup-poniamo, per assurdo, che esista un altro elemento x ∈ ∂f (x) tale che x6= df (x). Allora

f (x + ty) − f (x)

t ≥ hx, yi ∀y ∈ X, ∀t > 0 .

Passando al limite per t → 0+ nella precedente disuguaglianza e tenendo conto del fatto che f

`e Gˆateaux differenziabile in x, si ricava hdf (x), yi ≥ hx, yi. Sostituendo y con −y e ripetendo il calcolo precedente si ottiene anche hdf (x), yi ≤ hx, yi, cio`e hdf (x), yi = hx, yi, per ogni y ∈ X, ovvero x= df (x), che `e una contraddizione. La tesi `e dunque provata.

In generale, se f : X → R `e una funzione convessa e propria, il cui sottodifferenziale si riduce ad un singoletto in un punto x ∈ X, in cui `e finita, non `e detto che essa sia differenziabile secondo Gˆateaux in tale punto, a meno che non siano soddisfatte ulteriori ipotesi, come stabilito nel seguente teorema.

TEOREMA 2.40.

Sia f : X →Runa funzione convessa e propria. Assumiamo che f sia continua e finita in x ∈ X e che ∂f (x) sia un singoletto, allora f `e differenziabile secondo Gˆateaux in x.

Osserviamo che le ipotesi di continuit`a e finitezza sono essenziali; infatti, in caso contrario,

`e possibile costruire esempi di funzioni convesse, il cui sottodifferenziale `e un singoletto, che non sono differenziabili secondo Gˆateaux.

Ovviamente, F `e convesso, proprio e s.c.i., ma esso non `e continuo n´e differenziabile secondo Gˆateaux in nessun punto in cui `e finito. Infatti, presa u ∈ H01(Ω) e v ∈ L2(Ω) \ H01(Ω), si ha che w = u + tv ∈ L2(Ω) \ H01(Ω) e w → u in X, per t → 0; ma F (w) = +∞, mentre F (u) < +∞.

D’altra parte, in tutti i punti in cui ∂F 6= ∅, si ha che esso `e dato da un singoletto.

Infatti, notiamo che X = L2(Ω) e, quindi, ∂F ⊆ L2(Ω). Sia u ∈ H01(Ω) e supponiamo che

u(w − u) dx. Sostituendo nella precedente disuguaglianza si ricava (2.17) t2 Affinch´e (2.17) sia sempre verificata, si deve avere necessariamente che

Z uguaglianza pu`o essere verificata solo per le funzioni u ∈ H01(Ω) che abbiano ∆u ∈ L2(Ω) (per esempio, per le funzioni u ∈ H01(Ω) ∩ H2(Ω)). In tal caso, il sottodifferenziale `e costituito dal singoletto {−∆u}; in caso contrario, il sottodifferenziale `e necessariamente vuoto.

In sostanza, abbiamo ottenuto che il funzionale considerato, nei punti dove `e finito, o ha il sottodif-ferenziale vuoto oppure, pur non essendo differenziabile secondo Gˆateaux, ha il sottodifsottodif-ferenziale che si riduce ad un singoletto.

Naturalmente, la situazione `e ben diversa se X = H01(Ω) e si considera il funzionale F : X →R

In tal caso, F risulta essere convesso, finito e s.c.i. su X. Esso `e anche differenziabile secondo Gˆateaux in ogni punto e

∂F (u) = {dF (u)} = {−∆u} ⊂ H−1(Ω) = X .

ESERCIZIO:

(i) Sia f :RRuna funzione convessa derivabile in x ∈R. Dimostrare che ∂f (x) = {f0(x)}.

(ii) Sia f :RRuna funzione convessa ed x ∈Run punto in cui esistono la derivata destra f+0(x) di f in x e la derivata sinistra f0(x) di f in x . Assumiamo che f0 (x) < f+0(x). Dimostrare che

∂f (x) = [f0(x), f+0 (x)].

(iii) Sia C ⊆ X un insieme convesso e aperto e sia iCla funzione indicatrice di C. Determinare ∂iC(x), per ogni x ∈ X.

TEOREMA 2.42.

Sia f : X →R una funzione convessa, propria e tale che ∂f (x) 6= ∅. Allora f `e s.c.i. in x ∈ X.

Nell’enunciato del precedente teorema non serve specificare se si tratta di s.c.i. nella topologia debole o forte, in quanto, poich´e f `e convessa, le due nozioni coincidono (ricordare il Teorema 2.16).

Dimostrazione. Poich´e f `e convessa, propria e ∂f (x) 6= ∅, per ogni x∈ ∂f (x) si ha

Dimostrazione. Poich´e f `e convessa, propria e ∂f (x) 6= ∅, per ogni x∈ ∂f (x) si ha

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