• Non ci sono risultati.

Analisi dei material

RISULTATI E DISCUSSIO

4.2 Analisi dei material

4.2.1 Calorimetria differenziale a scansione

La calorimetria differenziale a scansione viene utilizzata per valutare la composizione del materiale. Le analisi dei risultati ottenuti dalla DSC permettono, infatti, di identificare le temperature di fusione e di transizione vetrosa caratteristiche del sistema dei polimeri presenti nel PLASMIX. Dal semplice confronto con le temperature caratteristiche dei polimeri puri, è possibile individuare la presenza di un determinato materiale.

Le prove sono state condotte seguendo le modalità esposte nel paragrafo 2.2. L’andamento completo di una prova DSC è riportato in Figura 22.

Figura 22: analisi calorimetrica DSC del campione Las 16. Il grafico riporta in ascissa il tempo e in ordinata il flusso di calore. Si possono osservare le tre fasi caratterizzanti la prova DSC in cui la temperatura viene inizialmente aumentata da 25°C a 240°C, ridotta da 240°C a 25°C ed infine aumentata fino alla temperatura di 280°C. La prima e la terza fase presentano andamenti simili tra loro.

Per la preparazione dei campioni si veda il paragrafo 2.1.1.

In Figura 22 si possono osservare le tre fasi caratterizzanti la prova DSC. Nella prima fase, la temperatura è stata portata da 25°C fino a 240°C; nella seconda fase la temperatura è stata abbassata da 240°C a 25°C; nella terza fase, la temperatura è stata aumentata da 25°C a 280°C, la velocità di scansione è sempre stata di 20 K/min.

45

Per l’analisi dei risultati è immediato valutare il comportamento del materiale durante il primo riscaldamento. Le due fasi in cui la temperatura viene aumentata, si mostrano molto simili tra di loro ed è per questo che nei seguenti grafici verrà riportato l’andamento della sola prima fase. La differenza più importante che si ha tra queste due fasi, riguarda il picco endotermico che si osserva nella terza fase a temperature superiori ai 250°C, in cui si presenta la “fusione” dei polimeri e ha inizio probabilmente un parziale degrado. Questo valore di temperatura deve essere tenuto in considerazione per quanto riguarda la fase di processazione e per la scelta degli additivi da impiegare

Nelle seguenti figure vengono riportati due grafici DSC di due diversi campioni. In Figura 23 è riportato il comportamento del PLASMIX tal quale (LAS 4), mentre nella Figura 24 viene mostrato l’andamento del PLASMIX additivato (LAS 16).

Figura 23: grafico DSC associato al campione LAS 4. Il campione è composto da PLASMIX non additivato. In ascissa è riportata la temperatura, in ordinata il flusso di calore. Viene valutata la variazione del flusso di calore per temperature che aumentano da 25°C e i 240°C.

46

Figura 24: grafico DSC associato al campione LAS 16. Il campione è composto da PLASMIX additivato. In ascissa è riportata la temperatura, in ordinata il flusso di calore. Viene valutata la variazione del flusso di calore per

temperature che aumentano da 25°C a 240°C.

Si osserva come i due campioni presi in esame, appartenenti a diversi gruppi come evidenziato in Tabella 1, presentino comportamenti molto simili tra di loro. Analizzando in dettaglio il campione LAS 5 in Figura 25 , esso ha composizione formata da PLASMIX all’85% e HDPE al 15 %. Nel grafico sono riconoscibili diverse transizioni attribuibili a diversi polimeri. Il primo picco

endotermico che si osserva alla temperatura di 136°C può essere attribuito alla temperatura di fusione del polietilene ad alta densità. Il secondo picco endotermico che si incontra alla temperatura di 166°C corrisponde alla temperatura di fusione del polipropilene. Infine alla temperatura di 249°C si osserva una transizione termodinamica attribuibile alla temperatura di fusione del polietilene tereftalato 2.

È importante considerare che i picchi osservati nella DSC presentino un massimo ad una certa temperatura, ma la curva risulti allargata attorno a questo valore. Questo è dovuto al fatto che le materie prime non hanno uno stretto peso molecolare, dal momento che hanno sicuramente subito un leggero degrado nella loro vita precedente. Per questo motivo è stata assegnata una corrispondenza tra i picchi associati alle temperature di fusione osservate nei campioni e le temperature di fusione di singoli polimeri puri, nonostante i valori differiscano di qualche grado centigrado. Ciò permette di fare un’assegnazione solo nel caso in cui le temperature di fusione dei

47

polimeri puri siano sufficientemente diverse le une dalle altre, come nel caso dell’ HDPE, del PP e del PET che presentano rispettivamente temperature di fusione di 130°C, 175°C e 212 °C.

Figura 25: grafico DSC associato al campione LAS 5. Il campione è composto da PLASMIX non additivato a cui è stata aggiunta una frazione del 15% di HDPE derivante dal recupero. In ascissa è riportata la temperatura, in ordinata il flusso di calore. Viene valutata la variazione del flusso di calore per temperature che aumentano da 25°C a 240°C. In figura si osservano le seguenti transizioni termodinamiche a cui corrispondono determinati segnali: a 136°C l’ HDPE, a 166°C il PP e a 249°C il PET.

48

Figura 26: grafico DSC associato al campione LAS 13. Il campione è composto da PLASMIX additivato a cui è stata aggiunta una frazione del 19% di HDPE derivante dal recupero. In ascissa è riportata la temperatura, in ordinata il flusso di calore. Viene valutata la variazione del flusso di calore per temperature che aumentano da 25°C a 240°C. In figura si osservano le seguenti transizioni termodinamiche a cui corrispondono determinati segnali: a 135°C l’ HDPE, a 163°C il PP e a 249°C il PET.

:el grafico viene indicato il punto corrispondente alla temperatura di 103,75°C in cui si rileva un punto di flesso associabile alla temperatura di transizione vetrosa del PMMA..

Il campione presenta diversi minimi, un primo picco a 135°C attribuibile all’HDPE, un secondo picco attorno a 163°C dovuto al PP, un picco a 249°C attribuibile al PET.

L’analisi dei punti di flesso evidenza con un segnale attorno a 103,75°C la possibile presenza di PMMA.

L’analisi fin qui condotta ci ha portato a trarre diverse conclusioni. Innanzitutto è stato dimostrata l’elevata eterogeneità del PLASMIX. I grafici mostrano un andamento molto simile sia per il materiale additivato sia per quello eterogeneo standard. I costituenti di partenza, derivando dal flusso del riciclo, non sono omogenei; ciò implica come sia possibile la presenza di diversi polimeri in relazione al flusso di rifiuti di provenienza del campione PLASMIX. La presenza di materia prima degradata comporta modificazioni di struttura e di peso molecolare dei polimeri e questo è responsabile della presenza di una banda allargata attorno a ciascun valore di picco di fusione osservato. Questo non consente di affermare univocamente la corrispondenza di una determinata temperatura di fusione con la presenza di un polimero. Al tempo stesso, fusioni che si mostrano allargate possono coprire altre transizioni più deboli associate ad altri polimeri presenti in

49

concentrazioni minori. Nonostante queste considerazioni, si può ritenere che il PLASMIX contenga HDPE, PP, PET e PMMA.

È di grande importanza considerare la presenza del PET sotto diversi punti di vista. Il PET è un materiale che trova largo impiego in diversi settori industriali, soprattutto nel campo alimentare e per la produzione di bottiglie. L’utilizzo di questo materiale su così vasta scala, ha portato a sviluppare una serie di tecniche di riciclo altamente efficaci e la sua raccolta differenziata è stata sempre più favorita. Teoricamente tutto il PET dovrebbe essere indirizzato al riciclo tramite raccolta separata o in seguito alle fasi di separazione. Tuttavia come si è visto, è presente nel PLASMIX in una concentrazione tutt’altro che trascurabile. Il PET presenta alta temperatura di fusione, attorno ai 240°C. Questa temperatura è molto più alta rispetto a quelle degli altri polimeri presenti nel PLASMIX e ciò può creare diversi problemi. Per migliorare l’omogeneità dell’estruso, è necessario superare, in fase di produzione, le temperature di fusione di tutti i polimeri, al fine di ottenere una migliore ed efficace miscelazione. Portando a valori superiori della temperatura di fusione del PET (240°C), si rischia di indurre tuttavia un degrado termo-ossidativo nei costituenti polimerici più basso fondenti ( per esempio l’HDPE con Tm=130°C). Questo è un’ulteriore motivo per cui si è

ritenuto necessario l’impiego di agenti antiossidanti per la modifica dei campioni oggetto di studio. Nella Tabella 2 vengono riportate le osservazioni sui risultati delle calorimetrie effettuate sui campioni.

LAS HDPE PP PET PMMA PVC

LAS 1 DSC si si si si no LAS 2 DSC si si si si no LAS 3 DSC si si si si si LAS 4 DSC si si si no no LAS 5 DSC si si si no no LAS 6 DSC si si si no no LAS 7 DSC si si si no no LAS 8 DSC si si si no no LAS 9 DSC si si si no no LAS 10 DSC si si si no no LAS 11 DSC si si si si no LAS 12 DSC si si si no no LAS 13 DSC si si si si no LAS 14 DSC si si no no no LAS 15 DSC si si si si no LAS 16 DSC si si si si no

Tabella 2: risultati ottenuti con l’analisi DSC. La tabella mostra i polimeri attribuibili alle transizioni termodinamiche rilevate tramite l’analisi calorimetrica. In tutti i campioni sono stati rilevati transizioni attribuibili all’ HDPE ed al PP. In tutti i campioni ad eccezione del LAS 14, si hanno transizioni attribuibili al PET. In diversi campioni si hanno picchi attribuiti al PMMA. Solo nel campione LAS 3 si hanno transizioni associabili al PVC.

50

Si osserva la probabile presenza di HDPE, PP e PET pressoché in tutti i campioni. Si ritiene che alcuni campioni possano contenere PMMA, e uno solo di essi ha evidenziato la possibile presenza di PVC. I campioni sono molto simili tra di loro e nel caso di compounding, non è possibile osservare transizioni termodinamiche associate agli additivi; ciò è dovuto principalmente al fatto che stabilizzanti e compatibilizzanti sono stati aggiunti in quantità molto basse e i loro segnali sono coperti da quelli più intensi associati ai costituenti maggiormente presenti.

4.2.2 Spettroscopia Infrarossa a trasformata di Fourier

Lo spettro vibrazionale di una molecola è una caratteristica univoca della stessa. Gli aspetti strutturali delle molecole, per quanto riguarda sia lo scheletro, sia i gruppi funzionali ad esso legati, producono, quando le stesse sono sollecitate da radiazione infrarossa, spettri di assorbimento caratteristici e riproducibili. Lo spettro infrarosso può essere usato come impronta digitale al fine di identificare una molecola, tramite il confronto tra i segnali dello spettro analizzato e i segnali associati a spettri di riferimento. È per questo che si è deciso di utilizzare questa tecnica al fine di valutare la composizione chimica dei campioni confrontando ed integrando i risultati osservabili da questa tecnica di caratterizzazione, con quelli della DSC. I campioni si presentano in forma solida e opaca e, per il loro studio, si è deciso di utilizzare la tecnica di analisi ATR che, sfruttando l’effetto della riflessione totale e dell’onda evanescente, permette l’analisi di campioni, senza particolare preparazione.

La prima considerazione da fare, è associata all’utilizzo della tecnica ATR stessa che, come si vedrà nel seguito, ha permesso di ottenere solo spettri con notevole rumore. Con questa configurazione, risulta difficile il controllo dei parametri associati all’ambiente del sistema studiato, in particolar modo per quanto riguarda l’umidità e il CO2. La seconda considerazione da fare,

riguarda la natura stessa del PLASMIX. Il materiale è costituito da polimeri che presentano strutture chimiche molto simili tra di loro, differenziate solo da alcuni gruppi laterali caratteristici. Si verifica così che gli spettri di polimeri con strutture più semplici sono spesso coperti dagli spettri di polimeri più complessi. Avendo tutti i polimeri strutture molecolari simili e spettri almeno in parte sovrapposti, l’identificazione delle molecole si basa proprio sull’indagine dei segnali caratteristici delle stesse; a mo’ di esempio, per determinare la presenza del PMMA verrà ricercata nello spettro la presenza del segnale associato al gruppo funzionale metacrilato.

Lo studio degli spettri IR del PLASMIX, è stato condotto con l’obbiettivo di determinare quali fossero i materiali presenti all’interno dei diversi campioni, al fine di determinare quali

51

additivi fossero più idonei alla compatibilizzazione del materiale. Gli spettri si presentano disturbati, ma anche molto simili tra di loro; per questo verranno riportati successivamente solo i grafici più significativi.

Si riportano in Figura 27 gli spettri del campione LAS 1 e LAS 2.

Figura 27: confronto tra gli spettri IR dei campioni LAS 1 (in giallo limone) e LAS 2 (in giallo ocra). Dalla figura si può osservare come i due campioni siano molto simili tra di loro, presentando picchi pressoché identici.

L’analisi si concentra sui numeri d’onda compresi tra 4000 cm-1 e 400 cm-1, perché in questa

regione sono presenti i segnali associati ai moti vibrazionali dei polimeri presenti. I segnali osservati a valori superiori di 3500 cm-1, risultano notevolmente disturbati; ciò è dovuto alla presenza di umidità nell’ambiente di prova. Tuttavia dal momento che i dati ottenuti dall’analisi calorimetrica, ci porta a presuppone che il materiale sia costituito principalmente da PE, PP e PET i cui picchi caratteristici risiedono nell' intervallo tra 3000 e 400 cm-1, possiamo affermare che il disturbo a frequenze superiori di 3500 cm-1 risulti ininfluente ai fini della nostra analisi.

I due segnali che si osservano attorno ai valori 2340 cm-1 e 2350 cm-1, sono associati alla

presenza di CO2 nell’ambiente di prova. Anche in questo caso, possiamo affermare che questi forti

segnali, nonostante disturbino lo spettro, non siano tali da inficiare il buon esito dell’analisi condotta.

Nella seguente figura (Figura 28) viene riportato lo spettro del campione LAS 10, con indicati i picchi caratteristici associati ai segnali.

52

Figura 28: spettro IR del campione LAS 10 con indicati i picchi associati alle vibrazioni molecolari caratteristiche.

In Figura 28 si possono osservare diversi segnali attribuibili alla catena principale delle molecole e ai sostituenti laterali. Attorno a 2850 cm-1, si può osservare il segnale associato allo stretching

vibrazionale simmetrico del legame CH2, mentre attorno a 2920 cm-1 si osserva il segnale attribuito

allo stretching vibrazionale asimmetrico del CH2. Attorno a 1460 cm-1 si rileva un segnale

attribuibile alla vibrazione simmetrica del tipo scissoring associata sempre al legame CH2. Queste

vibrazioni caratteristiche del gruppo CH2, sono tipiche della catena principale dei polimeri e per

questo non sono utili alla discriminazione delle diverse molecole presenti.3

Attorno al valore 2951 cm-1 si osserva lo stretching vibrazionale asimmetrico del CH3 e

attorno a 1376 cm-1 si rileva un segnale corrispondente alla vibrazione simmetrica di wagging dello

stesso CH3. Questi segnali sono distintivi del polipropilene. A 1720 cm-1 è presente un intenso picco

associato alla vibrazione di stretching del C=O del carbonile. A 1260 cm-1 è osservato un segnale

riconducibile alla vibrazione di streching asimmetrico del gruppo acetato C-O-C e attorno a 1130 cm-1 si analizza un segnale associato allo streching simmetrico del C-O-C. Attorno a 720 cm-1 si osserva un picco attribuibile alla deformazione fuori dal piano dell’anello aromatico.

Tutti questi ultimi segnali sono caratteristici del PET. Vi sono diversi segnali in comune tra il PET e il PMMA. A frequenza pari a 1260 cm-1 e a 1130 cm-1 si osservano nel caso del PET i segnali associati allo stretching asimmetrico e simmetrico rispettivamente del gruppo funzionale C- O-C. A 1260 cm-1 si osserva il segnale dello stretching del gruppo funzionale C-O ed un picco

53

Nonostante il disturbo caratterizzante gli spettri dei campioni analizzati dia luogo a picchi non bene definiti, si ritiene che i segnali presenti nello spettro siano da attribuirsi al PET, in quanto sono presenti tutti i segnali discriminanti questo polimero, mentre sono assenti numerosi picchi associati al PMMA.4

Si suppone probabile la presenza del PS, in quanto sono presenti numerosi segnali ad esso associato nonostante alcuni siano assenti o coperti. I segnali tra 3100 cm-1 e 3000 cm-1 associati alle vibrazioni di stretching del gruppo =C-H risultano molto deboli, mentre il segnale attorno a 1600 cm-1 caratteristico dei componenti aromatici è rilevabile. I segnali a 760 cm-1 e 690 cm-1 associate alla vibrazione CH fuori dal piano e la deformazione dell’anello fuori dal piano sembrano coperti o sovrapposti ai segnali del PET. Le bande sovrapposte e combinate che si hanno tra 2000 cm-1 e 1660 cm-1 indicano la presenza di un componente aromatico monosostituito. Le posizioni delle bande sono approssimativamente a 1940 cm-1, 1870 cm-1, 1800 cm-1, 1740 cm-1 e 1670 cm-1.5

Si osserva che gli spettri IR dei diversi campioni, mostrano la presenza di diversi materiali. Per esempio il campione LAS 1 presenta dei segnali riconducibili al PMMA. Però, l’elevato disturbo nei segnali che caratterizza l’analisi IR del PLASMIX, non consente di affermare con certezza la presenza di tale polimero, dal momento che alcuni segnali tipici sono presenti e altri invece sono mancanti. Nella seguente figura (Figura 29) viene proposto un confronto tra lo spettro del campione LAS 1 e lo spettro del PMMA puro.

54

Figura 30: spettri del campione LAS 1 in cui si evidenziano i segnali attribuibili al PET (con numeri d’onda pari 1018cm-1) e al PMMA ( con numeri d’onda pari a 697 e 668 cm-1).

Alcuni segnali caratteristici del PMMA sono presenti nel grafico della LAS 1 in Figura 30. Si ritiene perciò possibile la presenza di tale polimero tra i costituenti del campione.

Nella seguente Tabella 3 vengono riportati i polimeri per i quali si sono osservati nei campioni studiati dei picchi caratteristici tramite FTIR.

LAS PP PET PS PMMA

1 FTIR si si no probabile 2 FTIR si si probabile no 3 FTIR si si si no 4 FTIR si si no si 5 FTIR si si no no 6 FTIR si si si no 7 FTIR si si no no 8 FTIR si si no no 9 FTIR si si no no 10 FTIR si si probabile no 11 FTIR si si probabile no 12 FTIR si si probabile no 13 FTIR si si probabile no 14 FTIR si si probabile no 15 FTIR si si probabile no 16 FTIR si si probabile no

Tabella 3: risultati ottenuti con l’analisi IR. In tabella sono stati riportati solo i polimeri dei quali è stato possibile distinguere i segnali. Per questo motivo l’HDPE, nonostante la sua presenza sia certa, non è stato incluso, in quanto i suoi segnali sono “coperti” da quelli di altri polimeri. L’analisi permette di affermare che siano presenti segnali

55

associabili al PP e al PET in tutti i campioni. La possibile presenza di PS e di PMMA si ha solo in alcuni campioni, indicati in tabella..

La Tabella 3 conferma largamente i risultati ottenuti tramite DSC, mostrando la presenza di PP e PET. Nonostante i segnali dell’HDPE non siano distinguibili, la sua presenza è certa almeno per quanto riguarda i campioni del secondo, terzo e quarto gruppo, dal momento che tale polimero è stato aggiunto in sede di preparazione campioni. Alcuni campioni hanno inoltre mostrato la possibile presenza di PS e di PMMA

4.2.3 Analisi reologica

Le misure reologiche sono particolarmente importanti per quanto riguarda la fase di produzione dei manufatti. Infatti, la conoscenza del comportamento reologico dei polimeri lavorati permetterà di regolare i parametri dell’estrusore al fine di ottenere un prodotto con le migliori caratteristiche possibili. Nel paragrafo 4.1.2 è stato introdotto uno studio preliminare per determinare quale potesse essere l’influenza degli additivi sul comportamento reologico del PLASMIX. La conclusione a cui si è giunti è che l’aggiunta di una così piccola quantità di additivi, non vada a modificare significativamente il comportamento reologico del PLASMIX.

In questo paragrafo, si vuole valutare il comportamento reologico dei campioni, al fine di determinare quali siano gli effetti della temperatura per quanto riguarda il degrado dei materiali. In Figura 31 sono riportati gli studi reologici del campione LAS 4 (curva in giallo), formato, come riportato in Tabella 1, da PLASMIX non additivato e del campione LAS 12 (curva in azzurro), in cui si ha PLASMIX più additivi. Le prove sono state condotte seguendo le modalità descritte nel Paragrafo 2.2.

56

Figura 31: curve reologiche dei campione LAS 4, PLASMIX non additivato e del campione Las 12, PLASMIX additivato.. La prova è stata condotta in controllo di sforzo alla temperatura di 240°C.

I due grafici mostrano comportamenti molto simili. I test hanno dimostrato che il materiale, pur alla temperatura utilizzata nei test, non subisce degrado anche quando il campione viene mantenuto ad alta temperatura per tempi lunghi. Questo suggerisce che le condizioni in cui è stato effettuato il processo di produzione, ovvero l’estrusione, non ha comportato un sensibile degrado nel materiale. Si osserva inoltre, come già visto nel paragrafo 4.1.2, come l’inserimento della miscela di additivi non vada a modificare il comportamento reologico dei campioni e risulta quindi ottimale il loro

Documenti correlati