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5. ANALISI DEI RISULTATI

5.2 A NALISI ECONOMETRICA

5.2.3 Analisi delle regolamentazioni ambientali

La tabella 6 ripropone il cluster di determinanti concernenti i vari strumenti di regolamentazione ambientale. Complessivamente il modello risulta essere significativo (Likelihood Ratio chi2 test con

p-value<0.01) e con una buona percentuale di varianza spiegata (R2=28,9%). In merito ai

coefficienti di regressione possiamo notare che le regolamentazioni ambientali, le tasse, i sussidi e le regolamentazioni previste in futuro presentano un p-value significativo (<0.01) con coefficienti β rispettivamente paria a 2,1; 1,1; 1,5 e 0,7 (Allegato 5). Questo conferma l’esistenza di una relazione causale positiva tra politiche ambientali e introduzione di EI. È possibile, dunque, confermare entrambe le ipotesi H3 e H4. Entrando nel merito degli effetti marginali possiamo riscontrare che lo strumento con maggior incidenza è rappresentato dalle regolamentazioni rigide. In particolare, si evince come le aziende spinte da strumenti di tipo command and control abbiano una probabilità di introdurre innovazioni ambientali di 20,7 punti percentuali superiore rispetto alla controparte. Tale risultato trova conferma nello studio condotto da Li (2014) in cui dimostra come gli strumenti rigidi e coercitivi abbiano un impatto positivo sull’introduzione di innovazioni eco- sostenibili, mentre, gli strumenti market based no. Similmente anche le analisi condotte da Horbach (2008) giungono a concludere che misure politiche stringenti siano positivamente correlate con lo sviluppo di attività legate alla R&S ambientale e come esse siano maggiormente rilevanti per innovazioni di questo tipo. In riferimento alle nazioni analizzate è possibile constatare che gran parte dei paesi ha ritenuto gli “hard policy instruments” estremamente rilevanti nello stimolare l’introduzione di EI (si veda tabella 3), con l’unica eccezione della Germania. Questo ci dimostra, da un lato, come nei paesi più sviluppati (e.g. Germania) le regolamentazioni coercitive siano già state applicate e abbiano fatto il loro corso. Mentre, dall’altro, come nazioni quali ad esempio Romania, Bulgaria, Ungheria ecc., siano ancora radicate in settori ad alta intensità energetica con bassi standard ambientali. D’altro canto possiamo, invece, notare come in Germania vi sia una percentuale maggiore di introduzioni di innovazioni nel campo delle nuove tecnologie ambientali emergenti (e.g. energie rinnovabili) mentre nei restanti paesi, le nuove aree di impatto ambientale risultano essere ancora di importanza marginale (si veda Tabella 2). Ciò può essere dovuto al fatto che i paesi più ricchi abbiano già da tempo adottato misure di abbattimento dell’inquinamento nei settori ad alto impatto ambientale (sia in termini di consumi energetici che di emissioni di gas inquinanti) e, ad oggi, si stanno dedicando maggiormente ai nuovi settori emergenti. Di contro, nei paesi meno ricchi suddetti settori sono ancora poco sviluppati e contraddistinti da un evidente deficit regolamentativo.

Tabella 6: Determinanti EI – Environmental Regulations

MODELLO ENVIRONMENTAL REGULATION

Variabili indipendenti ME (*) SE (**)

Regolamentazioni ambientali 0.207*** 0.011

Tasse ambientali 0.101*** 0.016

Sussidi governativi 0.143*** 0.017

Regolamentazioni e/o tasse ambientali previste 0.072*** 0.014 Dimensione aziendale Media (50<x<250) 0.023*** 0.006 Grande (>250) 0.059*** 0.008 Settore Minerario 0.046** 0.018 Manifatturiero tradizionale 0.073*** 0.015 Life science 0.072*** 0.026 Automotive, Elettronica, Meccanica 0.084*** 0.014 Altro Manifatturiero 0.047*** 0.017 Settore Energetico 0.052** 0.023

Gestione rifiuti e Trattamento acque 0.045 0.030 Costruzioni -0.070** 0.035 Commercio al dettaglio 0.067*** 0.016 Trasporti -0.001 0.018 Telecomunicazioni e IT -0.014 0.019 Finanziario 0.001 0.020 Attività Professionali -0.004 0.017 Attività amministrative e di supporto -0.043* 0.022 Osservazioni 12,006 Costante 0.098 LR chi2 (20) 2921.60*** Pseudo R2 0.289

NOTE: (*) ME sta per effetti marginali riportati in decimali; (**) SE sta per

standard error; i simboli ***, **, * rappresentano la significatività statistica rispettivamente con p<0.01, p<0.05, p<0.1; la variabile country è esclusa dall’analisi a causa di un basso livello di significatività e ad un elevata incidenza negativa sulla bontà del modello.

Ad ogni modo entrambi le assunzioni sono confermate da evidenze precedenti (Horbach, 2016). In merito agli strumenti di regolamentazione bastati sugli incentivi di mercato possiamo notare come i sussidi governativi e le tasse ambientali abbiamo entrambi degli effetti marginali piuttosto positivi (rispettivamente 14,3 % e 10,1%). Rispetto a quanto riscontrato è possibile trovare risultati analoghi in altre analisi condotte su campioni di imprese appartenenti ad altri paesi (Wugan Cai & Li, 2018; Carrillo-Hermosilla et al., 2010; Horbach et al., 2012). Interessante è il fatto che tra i due strumenti market based analizzati prevalgono i sussidi governativi. Di fatti, è ragionevole constatare che molti paesi analizzati abbiano minori performance finanziare rispetto alla media Europea e, dunque, dati gli elevati costi legati allo sviluppo di nuovi sistemi a basso impatto ambientale essi necessitano di maggior aiuto da parte dei rispettivi governi, come anche, dell’UE49.

Tenendo in considerazione di quanto appena discusso si può constatare che entrambe le tipologie di strumenti regolamentativi (comand and control e market based) abbiano un effetto marginale positivo e significativo sull’introduzione di innovazioni ambientali. Questo ci porta, in prima istanza, a confermare quanto asserito da Rennings (2000) secondo cui le politiche ambientali sono fondamentali nello stimolare le imprese ad innovare attraverso l’effetto da lui definito Regulatory Push/Pull. Nello specifico, un quadro normativo ben congeniato è in grado di internalizzare i costi esterni legati a prodotti/servizi non ecologici contrastando, in questo senso, la concorrenza sleale che spesso contraddistingue la competizione fra innovazioni eco-sostenibili e innovazioni non eco- ecologiche. In merito al dibattito su quale effettivamente sia lo strumento maggiormente efficacie non è possibile trovare conferme rispetto la teoria neoclassica che sottolinea la superiorità degli strumenti basti sugli incentivi economici (Horbach et al., 2012). Anzi nel nostro caso, seppure entrambi abbiano un effetto positivo, si riscontra un effetto marginale più elevato per le regolamentazioni stringenti. Tale risultato può essere giustificato, in primo luogo, dal fatto che l’efficienza di strumenti comand and control è stata migliorata attraverso l’introduzione di “regimi tecnologici” (e.g. definizione di obiettivi di lungo termine e sistemi di negoziazione volontaria) che favoriscono altresì lo sviluppo continuo delle eco-innovazioni anche per questa tipologia di politica (Rennings, 2000). Inoltre, la superiorità di strumenti di mercato evidenziata dalla teoria neoclassica viene contestualizzata in situazioni di mercato contraddistinti dal perfetto equilibrio economico e concorrenziale. Tuttavia, in situazioni caratterizzate da asimmetrie informative, gli standard imposti dalla legge risultano essere più appropriati per stimolare l’innovazione (Fischer & Newell, 2008). Ciò è in linea con quanto è stato empiricamente dimostrato in quanto il mercato europeo, seppur presenta una situazione di mercato altamente concorrenziale, è contraddistinta anche dalla presenza di attori, appartenenti a nazioni differenti, molto eterogenei fra loro con differenti potenzialità economiche come anche distinti canali informativi. Dunque, l’imposizione di limiti e standard permette, altresì, di uniformare il tasso di adozione delle innovazioni ambientali all’interno

49 Tale evidenza conferma quanto riscontrato da Horbach, (2016) in cui i sussidi e gli incentivi finanziari sono risultati

del mercato unico europeo. Volendo concludere il confronto possiamo comunque ribadire quanto asserito da Oltra & Saint Jean (2009) ovvero che entrambi gli strumenti non possono essere perfetti sostituti uno dell’altro, quanto piuttosto è necessario utilizzare un mix di entrambi in base al contesto in cui vengono applicati. Tale precisazione va riferita anche al singolo strumento politico all’interno di una specifica categoria (e.g. tasse vs sussidi per la categoria market based). E’ stato, infatti, dimostrato come gli effetti sulle innovazioni ambientali in uno specifico settore cambino molto rispetto alla specifica politica introdotta (Johnstone, Haščič, & Popp, 2010). Ultimo fattore, non meno importante, concerne le regolamentazioni ambientali/tasse previste in futuro. In particolare le aziende che hanno tenuto in stretta considerazione l’evolversi delle politiche ambientali nel lungo termine, presentano una probabilità di introdurre innovazioni eco-sostenibili di 7,2 punti percentuali rispetto alla controparte. Di fatti, un recente studio empirico ha dimostrato come le regolamentazioni ambientali previste in futuro stimolano le aziende ad introdurre nuove tecniche per la prevenzione degli impatti ambientali (Khanna et al., 2009). Le imprese consapevoli delle diverse traiettorie tecnologiche ricercate dai governi, come anche, dalle istituzioni internazionali, sono maggiormente stimolate ad anticipare tali assunzioni ottenendo benefici in termini di first mover advantage e minor costi rispetto ad un eventuale adozione tardiva. Anche in questo modello è possibile riscontrare l’esistenza di una relazione positiva e significativa fra dimensione aziendale e introduzione di EI. Possiamo, quindi, ragionevolmente constatare che le dimensioni aziendali siano particolarmente importanti per questa tipologia di innovazioni confermando lo studio di Pereira & Vence (2012). Analogamente, per i settori non rileviamo notevoli differenze rispetto ai modelli precedenti, infatti, quelli con maggior propensione eco- innovativa risultano essere l’automotive (8,4%), il manifatturiero tradizionale (7,3%) e il Life science (7,2%). Ricollegandoci con quanto asserito in sede di analisi descrittiva (par. 5.1) possiamo constatare che queste differenze in termini di EI trovano conferma nel fatto che settori caratterizzati da un elevato consumo energetico come anche un alto tasso di emissioni sono il focus di specifiche regolamentazioni. Invero seguendo la logica dell’”Environmental regime”, ciascun settore, è contraddistinto dalla presenza di un diverso contesto regolamentativo, un numero differente di norme e una diversa stringenza delle leggi (Horbach et al., 2013). Questa eterogeneità porta le aziende appartenenti a settori con pressioni regolamentative più stringenti ad adottare un approccio proattivo alla sostenibilità ambientale introducendo, pertanto, un maggior numero di soluzioni volte a ridurre il proprio tasso di inquinamento e ad adempire le norme imposte dai governi50.

50 Si prendano ad esempio i tre settori considerati, tutti quanti soggetti all’EU ETS (European Union Emission Trading

System) ovvero una legge ambientale che penalizza finanziariamente le aziende che superano determinate quote di emissioni di Co2 (European Commission, 2015).

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