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5. ANALISI DEI RISULTATI

5.2 A NALISI ECONOMETRICA

5.2.4 Analisi dei fattori interni all’azienda

L’ultimo cluster di determinanti rappresenta come alcuni aspetti organizzativi vanno ad incidere sull’introduzione di innovazioni ambientali (Tabella 7). Dando uno primo sguardo alla bontà del modello possiamo notare che esso spieghi in maniera significativa la variazione del fenomeno osservato (Likelihood Ratio chi2 test con p-value<0.01). Inoltre, soffermandoci sui coefficienti β di

regressione relativi alle quattro variabili causali è ragionevole constatare che essi risultano essere tutti positivi e significativi (Allegato 5). È possibile, quindi, confermare anche l’ultima ipotesi di ricerca H5. In merito agli effetti marginali si riscontra sorprendentemente che le capacità organizzative ambientali, misurate in termini di EMS, risultano essere il fattore con maggior incidenza in assoluto. Nello specifico, le aziende che hanno introdotto nuovi sistemi di gestione ambientale, nel periodo 2012-2014, hanno una probabilità di introdurre eco-innovazioni di 24 punti percentuali superiore rispetto a chi non ha implementato tali sistemi. Relativamente alla positività di tale relazione troviamo conferma anche in altri studi econometrici (Galliano & Nadel, 2013; Khanna et al., 2009; Rehfeld et al., 2007; Rennings et al., 2006; Wagner, 2008). La ragione di tale risultato può essere ricollegata all’ipotesi di Porter secondo cui le aziende non sono attualmente in grado di riconoscere il potenziale cost-savings legato all’introduzione di innovazioni eco-sostenibili. In particolar modo, per motivi legati ad un’incompletezza delle informazioni ambientali detenute dalle aziende, come anche, a problemi di organizzazione e coordinamento interno (Porter & Linde, 1995). Dunque, l’introduzione di pratiche strutturate che permettono di adottare approcci proattivi all’identificazione degli impatti ambientali di un’azienda (e.g. sistemi di valutazione ambientale, schemi di prevenzione dell’inquinamento, metodi di green product design) consentono di ovviare a queste problematiche e, in ultima istanza, facilitano l’introduzione di innovazioni ambientali. Anche l’adozione di nuovi metodi di business sembra avere un effetto positivo sull’indice di EI (effetto marinale 8,9%). In questo caso si fa particolare riferimento all’implementazione di nuove procedure, nonché, software informatici legati alla gestione dell’intera supply chain di un’azienda. Suddette pratiche, infatti, permettono di gestire in maniera efficiente l’intero flusso di materiali e risorse dall’approvvigionamento sino alla consegna del prodotto finito al cliente, migliorando complessivamente il coordinamento delle attività interne ed esterne e le prestazioni aziendali (e.g. risparmio di costi, riduzione delle tempistiche), (Shah & McDonald, 2005). Legato al concetto appena espresso vi è anche l’approccio alla Reverse logistic attraverso cui è possibile gestire il flusso inverso dei materiali dal consumo al punto di origine con l’obiettivo di ricatturare valore da risorse già utilizzate o anche garantendone una opportuna dismissione (Aitken & Harrison, 2013). È evidente, dunque, che entrambe le pratiche abbiano un ruolo rilevante nell’identificazione delle opportunità di riduzione degli sprechi lungo tutto il ciclo di vita e nell’introduzione di nuove misure volte a contrastarli. Ciò che, infatti, viene confermato dalle nostre analisi.

Tabella 7: Determinanti EI – Firm Specific Factors

Fonte: Elaborazione dell’autore su dati CIS (2014)

MODELLO FIRM SPECIFIC FACTORS

Variabili indipendenti ME (*) SE (**)

Capacità organizzative ambientali

0.240*** 0.007

Nuove pratiche di business 0.089*** 0.009

Nuovi metodi per organizzare il lavoro

0.111*** 0.009

Nuovi metodi per organizzare le relazioni esterne 0.085*** 0.010 Dimensione aziendale Media (50<x<250) 0.008 0.008 Grande (>250) 0.037*** 0.012 Settore Minerario 0.279*** 0.026 Manifatturiero tradizionale 0.234*** 0.018 Life science 0.313*** 0.032 Automotive, Elettronica, Meccanica 0.278*** 0.018 Altro Manifatturiero 0.227*** 0.022 Settore Energetico 0.243*** 0.029

Gestione rifiuti e Trattamento acque 0.287*** 0.028 Costruzioni 0.253*** 0.038 Commercio al dettaglio 0.148*** 0.019 Trasporti 0.180*** 0.021 Telecomunicazioni e IT 0.092*** 0.022 Finanziario 0.055** 0.023 Real estate 0.174 0.126 Attività Professionali 0.138*** 0.023 Attività amministrative e di supporto -0.104 0.106 Osservazioni 17,116 Costante -2,132*** LR chi2 (22) 2,839.12*** Pseudo R2 0.121

NOTE: (*) ME sta per effetti marginali riportati in decimali; (**) SE sta per

standard error; i simboli ***, **, * rappresentano la significatività statistica rispettivamente con p<0.01, p<0.05, p<0.1; la variabile country è esclusa dall’analisi a causa di un basso livello di significatività e ad un elevata incidenza negativa sulla bontà del modello.

Per quanto concerne, invece, la riorganizzazione del lavoro è possibile asserire che le aziende che hanno cambiato gli assetti organizzativi interni, attraverso ad esempio l’introduzione di team specificatamente orientati alle questioni ambientali, hanno un maggior probabilità di introdurre innovazioni eco-sostenibili (effetto marginale 11,1%). Risultato che trova riscontro anche in Horbach et al. (2012) secondo cui un riallineamento e una ristrutturazione interna dei dipartimenti aziendali sia positivamente correlata con l’adozione di eco-innovazioni di processo. Infine, ultimo aspetto, non meno importante, si lega all’adozione di nuovi metodi di gestione delle relazioni con l’esterno aziendale. In particolare le aziende che hanno introdotto nuovi sistemi di coordinamento e collaborazione con altre imprese/organizzazioni, quali ad esempio, alleanze strategiche e partnership, hanno una probabilità di introdurre innovazioni ambientali superiore di 8,5 punti percentuali rispetto a chi non ha adottato tali pratiche. In riferimento al campione analizzato possiamo confermare il fatto che molti paesi non detengono le informazioni e/o le competenze necessarie per sviluppare ed anche implementare internamente nuove tecnologie ambientali. Questo mette in evidenza di come essi siano dipendenti da risorse ed organizzazioni esterne che gli permettano di colmare questo gap tecnologico/conoscitivo. Assunzione che tra l’altro trova conferma in un altro studio in cui è emerso che i paesi dell’Est Europa necessitano di un trasferimento tecnologico da altre nazioni e/o organizzazioni aventi maggior esperienza e competenza in ambito eco-innovativo (Horbach, 2016). In ultima istanza, possiamo affermare che le capacità organizzative ambientali, l’introduzione di nuovi metodi di gestione della supply chain, la riorganizzazione interna del lavoro e l’implementazione di nuove modalità di cooperazione sono tutti fattori in grado di migliorare l’efficienza operativa di un’azienda, permettendogli contemporaneamente, di ridurre l’impatto ambientale, ridurre i costi e migliorare le performance eco-innovative. In merito alle variabili relative alle dimensioni aziendali e al settore di appartenenza non si riscontrano notevoli differenze rispetto a quanto emerso in precedenza. Ragione per cui si può confermare la sussistenza di una relazione significativa e positiva fra dimensioni aziendali, settore di appartenenza e introduzione di innovazioni eco-sostenibili.

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