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L'analisi epidemiologica della criminalità ha evidenziato, ad esempio, che la tendenza all'agire criminale è molto più frequente

(circa dieci volte di più) nei maschi che nelle femmine, e si concentra nelle fasce giovanili di età, dai 20 ai 35 anni soprattutto.

1. E

PIDEMIOLOGIA DEI COMPORTAMENTI CRIMINOSI

In Italia le statistiche ufficiali della criminalità sono raccolte, elaborate e pubblicate dall‘ISTAT, l'Istituto Nazionale di Statistica. Esse forniscono in particolare i tassi relativi ai vari reati.

Il "tasso" di un reato è il numero di casi del reato in questione, registrato in un determinato anno, ogni centomila abitanti; per esempio un tasso di omicidio volontario dell'1,5 per 100.000 significa che in quell'anno, ogni 100.000 abitanti, si è verificato in media un caso e mezzo di omicidio volontario.

Indagini campionarie a scopo criminologico sono svolte, oltre che dai ricercatori nelle università, anche da altri enti di ricerca, per esempio dal CENSIS e dalla DOXA. Esse consentono, a titolo di esempio, di studiare la percezione dell’opinione pubblica in materia di criminalità e di misurare quante persone sono state vittime di reati (in questo caso si tratta delle cosiddette "indagini di vittimizzazione").

Il confronto fra i reati ufficialmente denunciati e quelli realmente commessi, quali risultano dagli studi di vittimizzazione, consente una sia pur sommaria valutazione del "numero oscuro" (i reati commessi ma non denunciati né rilevati ufficialmente, e quindi sempre in numero maggiore rispetto ai reati ufficialmente

"contabilizzati"). Il problema della valutazione del "numero oscuro" è una delle maggiori sfide metodologiche per la criminologia

Un ramo applicativo della criminologia viene denominato "criminologia clinica".

Essa si propone, soprattutto attraverso l'analisi e l'intervento su singoli specifici casi, di formulare una diagnosi, una prognosi e una possibile terapia di trattamento relativamente agli autori di reati.

La "diagnosi" punta a ricostruire i fattori e le condizioni che hanno portato alla genesi e all'esecuzione del reato (rispettivamente, "criminogenesi" e

"criminodinamica"), la prognosi cerca di valutare la maggiore o minore pericolosità sociale del soggetto, la «terapia prevede interventi di rieducazione e di assistenza psicologica, con l'obiettivo di risocializzare il reo e di consentirgli una piena reintegrazione sociale»

Un tempo l'analogia con la medicina era interpretata in modo abbastanza letterale, come provano ad esempio gli studi di Lombroso che avevano appunto un carattere marcatamente antropologico-medicale.

Oggi invece i termini diagnosi, prognosi e terapia in criminologia vengono usati prevalentemente come metafore di un processo conoscitivo, interpretativo e trattamentale che non pretende più di avere una valenza medica.

2. C

RIMINOLOGIA CLINICA

Per quanto riguarda la dimensione prognostica, che ha l'obiettivo fondamentale di valutare la maggiore o minore pericolosità sociale di un soggetto, nonché di stimare le maggiori o minori probabilità di recupero sociale per quel soggetto, un modello previsionale che ha avuto notevole successo in passato è quello sviluppato dai coniugi Eleanor e Sheldon Glueck.

Questo modello ipotizza che tre gruppi di variabili consentano di prevedere la maggiore o minore probabilità di incorrere in una "carriera criminale":

 Variabili legate alla famiglia di origine (clima familiare, atteggiamenti dei genitori, valori o controvalori trasmessi, etc);

 Variabili legate alla struttura della personalità del soggetto (stabilità o instabilità emotiva, resistenza o meno alla frustrazione, maggiore o minore impulsività, eccetera);

 Variabili legate ai concreti comportamenti espletati dal soggetto (maggiore o minore precocità di manifestazione di episodi devianti, tendenza o meno alla recidiva, tendenza o meno a fare uso di sostanze voluttuarie o stupefacenti etc).

Lo studio delle tossicodipendenze e quello delle malattie mentali, nei possibili risvolti criminologici, è di competenza della criminologia clinica e della psichiatria e psicologia forense: queste ultime discipline, in Italia, a differenza di quanto avviene all'estero, sono piuttosto vicine alla criminologia in senso stretto.

Tale fenomeno discende dalla collocazione accademica prevalentemente medica della disciplina in Italia, a differenza dai paesi anglosassoni e dalla maggioranza degli altri paesi europei.

Il maggiore campo applicativo di queste discipline riguarda la questione dell’

imputabilità, a sua volta collegata alla valutazione della capacità di intendere e di volere.

Per la legge italiana, se manca pienamente la capacità di intendere e/o di volere, il reo non è imputabile, e nei suoi confronti vengono disposte misure di sicurezza a carattere anche terapeutico; se invece la capacità di intendere e/o di volere è grandemente scemata, il reo è imputabile ma la pena è diminuita (e vengono inoltre disposte misure di sicurezza).

Parzialmente sovrapponibile alla psichiatria forense (ma non sostitutiva) è la criminologia clinica: la psichiatria si pone prevalentemente il compito della diagnosi, mentre la criminologia clinica, più specificatamente, quello dello studio della criminodinamica e della criminogenesi, per usare l'antica ma ancora efficace terminologia di Etienne de Greeff.

3. C

RIMINOLOGIA

P

SICHIATRICA

F

ORENSE

Spesso si confonde, da parte dei mass media, la criminologia con la "criminalistica", o con l'investigazione criminale (crime analysis), anche se si tratta di settori molto distinti: mentre la criminologia è una scienza che studia i reati, gli autori di reato e le possibili misure per prevenire, trattare e controllare il delitto, l’investigazione concerne attività volte a scoprire

"chi" abbia commesso il delitto in modo specifico, messe in atto dalle forze di polizia giudiziaria e dalla difesa dell'indagato/imputato di reati, e la criminalistica fornisce alla stessa le metodologie applicative per le indagini, mutuate dalle scienze di riferimento (scienze forensi).

Dalla fine dell’Ottocento, dai tempi della scoperta delle impronte digitali, la criminalistica ha percorso un lungo cammino. Oggi, ad esempio, l'analisi del DNA fornisce un nuovo tipo di impronta, che consente di risalire con notevoli livelli di precisione alla individuazione dell'autore di alcuni reati. La cronaca mostra che, sempre con maggiore frequenza, i casi delittuosi vengono affrontati attraverso sofisticate metodologie d'indagine che fanno appello alle scienze forensi, e cioè a quelle svariate discipline che si occupano dell'esame di reperti e tracce rinvenute sulla scena di un reato: genetica forense, balistica, tossicologia, medicina legale, microscopia elettronica. Queste scienze non hanno a che fare con la criminologia in senso stretto. Nel processo, queste discipline sono risultate sempre più rilevanti, spesso fondamentali, per dimostrare la colpevolezza di un reo o per scagionare un innocente (anche relativamente a fatti giudiziari lontani e definiti); anche se la loro pretesa di aspirare alla "verità" scientifica è stata più volte messa in dubbio da autorevoli contributi.

4. C

RIMINOLOGIA

C

RIMINALISTICA E

I

NVESTIGAZIONE

Si può ritenere che anche la psicologia criminale e la psicologia investigativa appartengano alle scienze criminali, la prima alle scienze criminologiche, e la seconda alle scienze forensi.

Secondo David Canter, fondatore della psicologia criminale e investigativa, la psicologia è direttamente applicabile allo studio del crimine in quanto il crimine deve essere visto come una forma di relazione interpersonale. Nel caso dell'atto criminale questa relazione si instaura tra il criminale e la vittima; dunque le modalità e le motivazioni che stanno dietro le azioni criminali di un soggetto sono direttamente collegabili a quelle che lo accompagnano in qualunque altro rapporto interpersonale.

In Italia la rivista che aprì la via alla successiva psicologia criminale fu l'Archivio di Psichiatria, Antropologia criminale e Scienze Penali per servire allo studio dell'uomo alienato e delinquente, fondata a Torino da Cesare Lombroso, Raffaele Garofalo ed Enrico Ferri nel 1880.

Uno degli obiettivi della psicologia criminale e investigativa è quello di contribuire alla definizione del cosiddetto "profilo psicologico" del possibile autore di una serie di reati, attraverso una serie di comparazioni fra le evidenze investigative (ad esempio i rilievi fotografici) e le evidenze psicologico-relazionali (gli elementi indicatori di aspetti psicologici e cognitivi della persona che ha commesso il reato).

Questa operazione (divenuta di moda in molte produzioni cinematografiche e mediatiche, ma rispetto a cui è opportuno sottolineare come non esistano reali possibilità occupazionali nel settore), è generalmente chiamata profilazione criminale (in inglese offender profiling o criminal profiling). Il campo del criminal profiling, al di là della sua fama mediatica, dovuta anche a fortunate serie televisive, rimane comunque un settore che, nonostante l'intensità degli studi e delle ricerche, ha fornito risultati molto poco soddisfacenti.

5. C

RIMINOLOGIA PSICOLOGIA

C

RIMINALE E

I

NVESTIGATIVA

4 FUNZIONI E DISFUNZIONI

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