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CORSO DI METODOLOGIA DELLA RICERCA CRIMINOLOGICA E DELL INDAGINE INVESTIGATIVA DOTT. FABIO FEDERICI

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(1)

CORSO DI METODOLOGIA

DELLA RICERCA CRIMINOLOGICA E DELL’INDAGINE INVESTIGATIVA

DOTT

. F

ABIO

F

EDERICI

(2)

1 . L A CRIMINOLOGIA NEI SUOI CONCETTI

GENERALI E INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA

CRIMINOLOGIA

(3)

La criminologia è una scienza dell'uomo, in

quanto si occupa di studiare un tipo particolare di comportamento umano all'interno di un dato

contesto socio-culturale di riferimento

Cos’è la criminologia?

(4)

Oggetto di studio

• Comportamenti criminosi

• Autori del reato

• Meccanismi psicologici e sociologici che portano a commettere l’azione illecita

• Reazioni sociali conseguenti

• Vittimologia

(5)

Metodologie di ricerca e studio

Tecniche e strumenti propri delle scienze naturali

(6)

Criminologia

Scienza

multidisciplinare Scienza

interdisciplinare

(7)

1. P REMESSE

La criminalità non è altro che uno dei tanti modi

di agire e di comportarsi nella società. E’, dunque,

fondamentale studiare le dinamiche psicologiche e

delle interrelazioni fra individui che sono alla base

del comportamento umano.

(8)

2. L

E SCIENZE CRIMINALI

• Scienze Criminali: studiano i fenomeni delittuosi.

• Diritto penale: che studia, analizza e approfondisce il complesso delle norme giuridiche le quali divengono in

forza di legge, regole di condotta, è in stretta relazione con la criminologia. Il delitto, che è il campo di interesse della

criminologia viene definito dal diritto penale.

• Altre discipline: che si occupano di fatti delittuosi sono: la

storia, la filosofia e la sociologia del diritto.

(9)

Le

Scienze Criminali

comprendono anche:

• Diritto penitenziario: che ha come oggetto di studio l’insieme delle disposizioni legislative e regolamentari che disciplinano la fase esecutiva del procedimento giudiziario penale. Attualmente questa branca del diritto comprende anche l’aspetto risocializzativo e le misure penali in libertà e le alternative al carcere.

• Psicologia giudiziaria: che studia gli attori, la persona umana quale attore (testimone, imputato, vittima etc…. ossia, le persone umane e le interrelazioni psicologiche di coloro che partecipano alle indagini e al processo).

• Politica penale o criminale: configura molteplici filoni di pensiero e studia ed elabora gli strumenti necessari per combattere la criminalità

• La Criminalistica, che non va confusa con le scienze criminali e con la criminologia. Essa si occupa delle molteplici tecnologie che vengono utilizzate per l’investigazione criminale

(10)

3. PRECISAZIONI SEMANTICHE

Per ciò che attiene ai fatti delittuosi bisogna precisare che:

 Reato: ha un significato meno stigmatizzante ed implica reazioni emotive meno forti delle parole delitto/crimine:

 Delitto: atto illecito, doloso o colposo, che determina danno ad altri e obbliga chi lo commette a risarcire il danno e sottostare alla pena;

Nel linguaggio comune: grave reato contro l’integrità e l’incolumità di una o più persone, spesso sinonimo di omicidio, assassinio ecc:

 Crimine: Atti particolarmente efferati accompagnati da una intesa reazione sociale di sdegno e colpevolizzazione dell’autore.

 Atto illegale o illegalità o illeciti penali: hanno un significato meno stigmatizzante e sono più neutri.

 Comportamento disonesto: ancor minore reazione di censura

(11)

La criminologia si occupa anche della reazione sociale al delitto.

Per quanto attiene all’uso giuridico dei termini, come quello di Reato: tutte le azioni penalmente perseguibili in

 Delitti: dal latino delictum, participio passato del verbo delinquĕre, 'venire meno [al dovere]', composto dal prefisso de- e da linquĕre, 'tralasciare' è, nel diritto un particolare tipo di illecito

 Contravvenzioni: è un reato appartenente alla categoria di minore gravità, tra le due o tre nelle quali si dividono i reati.

Vi sono differenze di termini a seconda delle lingue e paesi di origine.

Ad esempio assasinat termine giuridico che da noi non esiste, in Francia indica l’omicidio premeditato.

Per quanto riguarda i termini relativi all’attore del crimine:

 Reo, delinquente, condannato: quando è stata pronunciata sentenza irrevocabile

 Indiziato, indagato, imputato, appellante, ricorrente: a seconda delle fasi del processo.

(12)

Il

criminologo deve tendere, per quanto possibile: a spogliare le parole delinquente, criminale etc. da implicazioni emotive e da giudizi etici.

Si effettuano differenziazioni a seconda della gerarchia dei valori violati (criminale è lo stupratore e non chi ha commesso un illecito finanziario).

In criminologia non si deve generalizzare è inoltre

opportuno utilizzare espressioni possibilistiche.

(13)

4. O

GGETTO E SPECIFICITÀ DELLA CRIMINOLOGIA

La

criminologia si differenzia dalle altre scienze criminali per:

 Ampiezza del campo d’indagine

 studio dei fatti criminosi

 studio degli autori del delitto

 diversi tipi di reazione sociale

 conseguenze esercitate dal crimine sulle vittime

 studia il fenomeno della devianza.

 Scienza multidisciplinare: richiede competenze molteplici e deve saper integrare in una visione sintetica, conoscenze, approcci etc…

 Scienza interdisciplinare: necessita di un dialogo con le altre scienze.

Una scienza dell’uomo che in sintesi: studia il comportamento

umano.

(14)

5. L

A CRIMINOLOGIA QUALE SCIENZA

La criminologia è una scienza. Per parlare di scienza bisogna che vi siano determinate caratteristiche:

 Sistematicità: l’insieme delle conoscenze acquisite in determinati ambienti del sapere integrate in un complesso strutturato e armonico.

 Controllabilità:

• Capacità teoretica

• Capacità cumulativa: costruire teorie in derivazione l’una dall’altra.

• Capacità predittiva: con i limiti delle scienze umane.

(15)

La criminologia è ritenuta da molti una scienza empirica.

Però vi sono delle eccezioni.

Il carattere avalutativo e neutrale è stato fortemente ridimensionato. E’ una scienza descrittiva e ha il carattere di scienza eziologia nel senso che ricerca le cause dei fenomeni da lei osservati.

Il filosofo Giurista Norberto Bobbio ha distinto:

 Scienze di fatto: scienze empiriche

 Scienze di valore: scienze speculative

 La criminologia ha inoltre la caratteristica di scienza applicativa

La criminologia è anche una scienza applicativa.

(16)

6. RELATIVITÀ DEL SIGNIFICATO AVALUTATIVO E NEUTRALE DELLA CRIMINOLOGIA.

Popper definisce scientifiche le teorie che sono falsificabili. Non vi è una verità assoluta, ma piuttosto un succedersi di verità.

La criminologia non può essere solo scienza

empirica, ma è anche scienza etico-normativa.

(17)

7. VERITÀ E TEORIE CRIMINOLOGICHE

Bisogna sottolineare il carattere relativo delle verità enunciate dalla criminologia.

Vi sono teorie unicausali e teorie multicausali.

La bontà di una teoria si misura nella sua utilità.

(18)

8. I

L CONCETTO DI CAUSA IN CRIMINOLOGIA

Abitualmente si designa come causa di un fatto un antecedente necessario e sufficiente al suo accadimento.

Ciò che si indica come causa deve costituire una condizione sufficiente, si deve, cioè, individuare tra gli infiniti antecedenti necessari quello che ha provocato l’effetto: cioè la causa. Si cercherà la causa efficiente.

La causalità pragmatica implica il fatto di poter concentrare il proprio interesse su un aspetto in particolare per poterlo modificare. La causalità lineare implica il derivare un effetto direttamente dalla causa, ma oggi, questo genere di causalità è stata superata e soppiantata da una causalità circolare (teoria dei sistemi che considera il tutto, più della somma delle sue parti e considera l’interazione e l’influenza degli altri), oppure Teoria del feedback.

Il CRIMINOLOGO dovrà astenersi dal formulare giudizi, poiché questo compete solo al giudice.

(19)

9. I

L CAMPO DELLE INDAGINI CRIMINOLOGICHE

Il delitto è un fatto sociale e non naturale.

I criteri di pericolosità, crimini dei diritti umani, delitti politici o terrorismo e gravità non possono essere parametri atti a definire la competenza della criminologia.

IL PARAMETRO PER DELIMITARE I CONFINI DEL CAMPO DEGLI INTERESSI DELLA CRIMINOLOGIA PUÒ ESSERE SOLO QUELLO DELLA LEGGE.

La definizione di un fatto quale reato, può essere stabilito solo dalla legge.

La prospettiva giusnaturalistica prevede l’esistenza di leggi immutabili La prospettiva antropologica prevede, al contrario, che le leggi mutano in continuazione.

Non esiste il diritto naturale, perché altrimenti, sarebbe patrimonio ereditario presente nel nostro DNA.

(20)

Il delitto è fatto sociale, e non fatto naturale.

L’idea del delitto naturale è inaccettabile. Anche la gravità non è un elemento valido per stabilire il campo di indagine della criminologia.

Anche i delitti politici dovrebbero essere esclusi dall’ambito della criminologia.

IL PARAMETRO PER DELIMITARE I CONFINI DEL CAMPO DEGLI INTERESSI DELLA CRIMINOLOGIA PUÒ ESSERE SOLO QUELLO DELLA LEGGE.

Ciò nonostante la criminologia non si trova in una posizione passiva e subordinata nei confronti della legge.

(21)

10. I

L DELITTO QUALE CONVENZIONE SOCIALE

:

SUA RELATIVITÀ STORICA

Il concetto di delitto è relativo, poiché la norma penale dipende dai valori e interessi prevalenti in una determinata società.

In larghi lassi di tempo sono stati puniti reati che poi, in seguito, non sono più stati ritenuti tali (stregoneria, eresie, malefici etc…).

Nella stessa epoca, poi, in Paesi diversi, vi sono concezioni difformi circa alcuni reati.

LE LEGGI PENALI SONO DA INTENDERSI COME UNO DEI NUMEROSI SISTEMI DI CONTROLLO SOCIALE.

Anche la definizione di reato è mutevole, cioè non è assoluta.

Ogni condotta dell’uomo è suggerita, prevista e regolamentata da una miriade di norme.

La legge penale esercita un controllo. C’è inoltre, un controllo esercitato in modo informale dai gruppi sociali (derisione, emarginazione etc…).

(22)

11. S

TRUMENTI DI CONTROLLO SOCIALE

Nessun sistema sociale può sussistere senza regole.

Fondamentali sono le Agenzie di riduzione dell’ansietà (comunità, aggregazioni spontanee, partiti, organizzazioni sportive etc…). Il loro venir meno si riflette in un aumento di ansia sociale. Tra i sistemi di controllo sociale vanno distinti:

1. SISTEMI DI CONTROLLO ISTITUZIONALIZZATI (o sistemi di controllo formale): esercitato da organi pubblici: leggi codici etc…

2. SISTEMI DI CONTROLLO INFORMALE: famiglia, scuola, Chiesa, sindacato, servizi sociali….

3. CONTROLLO DI GRUPPO: si esercita da persona a persona con approvazione, derisione, emarginazione etc.

I sistemi di controllo formali e informali sono efficienti quando vi è stabilità sociale, quando il sistema culturale è completamente accettato e condiviso.

(23)

12. C

ONNESSIONI TRA CULTURA

,

LEGGI E POTERI

CULTURA: insieme di contenuti di valori, delle ideologie, delle conoscenze, dei costumi, della morale e delle credenze caratteristici di ogni società. La definizione del bene e del male si realizza nel contesto della società, in una data società esiste un insieme complesso e articolatissimo di valori, taluni dei quali si concretizzano in leggi. Uno dei fini delle leggi è quindi quello di assicurare la continua coerenza e funzionalità fra la struttura della società e il tipo della cultura. In ogni società coesistono conflitti e coesioni. Si può parlare di:

- Struttura: tipo di sistema economico di una società.

- Sovrastruttura: insieme di valori di una società.

La piena corrispondenza culturale tra valori culturali di generale accettazione e valori culturali dei gruppi più potenti, si ha solo nei periodi storici caratterizzati da stabilità sociale. In società come la nostra, dove vi sono gruppi diversi e in contrasto questo non accade.

(24)

2. L O SVILUPPO STORICO DEL PENSIERO

CRIMINOLOGICO

(25)

1. I

DEOLOGIA E CRIMINOLOGIA

La criminologia nasce come scienza solo a partire dal XIX° sec. Quando per la prima volta viene affrontato in modo empirico e sistematico lo studio degli eventi delittuosi.

Triplice prospettiva:

- Esplicativa: perché si delinque - Finalistica: a qual fine punire?

- Operativa: come punire?

La norma rappresenta il normale parametro regolatore della condotta degli uomini.

Prima del XVIII° sec. in ogni delitto era implicito anche un contenuto di infrazione morale e nel passato più remoto i due concetti coincidevano. Poiché la morale etica coincideva con quella religiosa, il delitto era identificato con il peccato.

Solo col XVIII° sec. alla morale religiosa fu affiancata quella laica.

(26)

o Nell’ottica della prospettiva Esplicativa il quesito era: perché si pecca?

o Nella prospettiva Operativa nei tempi passati era prevalente la pena capitale. La limitazione della pena capitale avvenne con il Beccaria nel XIX° sec. Nelle epoche più remote vennero usate pene corporali:

fustigazione, lapidazione etc. Si dovrà arrivare ai tempi nostri per individuare come pena, la detenzione e la mancanza di libertà.

o Per quel che concerne la prospettiva Finalistica bisogna premettere che il principio sanzionatorio è irrinunciabile in qualsiasi società. Anticamente vigeva la legge del taglione (occhio x occhio), altra finalità fu quella della vendetta. Solo più tardi l’Autorità ha avocato a sé l’amministrazione della giustizia. La finalità intimidativa costituiva nel passato l’unica modalità di prevenzione che veniva messa in atto, di solito, con la pubblicità della punizione da eseguirsi sulle pubbliche piazze. In quei tempi una delle finalità della punizione era anche la riconciliazione con Dio. In tutto ciò si può ravvisare un’anticipazione delle nostre attuali finalità della pena:

risocializzazione.

(27)

2. L’

ILLUMINISMO E L

IDEOLOGIA PENALE LIBERALE

Il pensiero penalistico moderno nasce con l’Illuminismo.

L’esercizio della giustizia era arbitrario. E vari aspetti quali, l’impossibilità di difendersi, i privilegi di casta etc. erano aspetti di un dispotismo arbitrario che si ancorava a una ideologia assolutistica che mirava a mantenere inalterati i privilegi delle classi potenti, contro la volontà di mutamento delle altre classi in ascesa.

Il delinquente era percepito alla stregua di un malvagio attentatore dell’autorità del sovrano.

A questa situazione reagì il nuovo indirizzo di pensiero dell’ILLUMINISMO che voleva liberare l’uomo dal mito e dall’ignoranza, proponendo tramite lo strumento della ragione, valori quali: libertà e uguaglianza. Il principio di UGUAGLIANZA degli uomini di fronte alla legge, risale a Voltaire e Montesquieu. Durante questo periodo, si affermò la borghesia che si sostituì alla nobiltà e al clero.

(28)

La necessità di una nuova struttura giuridico-normativa trovò in Cesare Beccaria un valido sostenitore e la sua opera “Dei delitti e delle pene”

pubblicata anonima nel 1764 per paura della censura, rappresentò il più valido contributo all’esposizione della nuova concezione liberale del diritto penale:

 La funzione della pena è quella di rispondere alle esigenze di una determinata società anziché a principi morali (separando morale religiosa ed etica pubblica).

 Il diritto deve garantire la difesa dell’imputato.

 I privilegi di casta devono essere aboliti e deve essere garantita a tutti uguaglianza di trattamento penale.

 La pena deve avere un significato retributivo anziché vendicativo.

 Devono essere esclusi i supplizi e le pene corporali.

 La pena deve colpire il delinquente unicamente nella misura del reato commesso.

Il delinquente non deve essere più percepito come peccatore, ma come individuo dotato di libero arbitrio.

(29)

2. L

A SCUOLA

C

LASSICA

Le esigenze di un vero adeguamento del diritto penale ai principi liberali dell’illuminismo avvennero dopo la rivoluzione francese con una prima attuazione del codice napoleonico (1804).

In Italia i nuovi principi si articolarono nel XIX sec con la

SCUOLA

C

LASSICA

del diritto penale (Carmignani, Rossi, Carrara).

Tale scuola muoveva dal postulato del libero arbitrio e poneva a

fondamento del diritto penale la responsabilità morale del

soggetto.

(30)

Questa Scuola si incentrava su tre fondamentali principi:

1. LA VOLONTÀ COLPEVOLE: poiché il colpevole viene percepito come persona libera di scegliere

2. L’ IMPUTABILITÀ: capacità di intendere e di volere

3. LA RETRIBUZIONE DELLA PENA, che doveva essere: affittiva, proporzionata, determinata e inderogabile. La pena era priva di finalità risocializzative.

Il marxismo considerò la SCUOLA CLASSICA la tipica espressione del capitalismo ottocentesco.

Alla SCUOLA CLASSICA va comunque il merito di aver posto le basi di un sistema normativo che difenda il cittadino e le libertà personali, basti pensare ai suoi principi di: legalità, non punibilità per analogia, principio garantistico, principio di certezza del diritto.

(31)

3. L

E CLASSI PERICOLOSE

Nel 1800 il «Crimine» è associato alla povertà. Si affermò il concetto di classi pericolose: attribuendo agli abitanti delle zone più misere, un’innata mancanza di senso morale. Alla povertà era associata una valenza negativa, talché i self made man erano, invece, stimati.

Dovette passare quasi un secolo per raggiungere la convinzione che i reati quali furti, rapine etc. erano sì prevalenti nelle classi povere, ma perché i reati dei “colletti bianchi” come le frodi, illeciti finanziari etc.

sono a lungo rimasti impuniti.

Fu infatti Sutherland che nel 1934 identificò i “delitti dei colletti bianchi” per indicare che anche gli imprenditori compivano reati, ma che questi non venivano perseguiti e dunque non figuravano nelle statistiche.

(32)

A fianco di tale colpevolizzazione delle classi povere, sorse un filone ideologico cristiano e filantropico, che aveva fini assistenziali-umanitari (Esercito della salvezza etc.). Con la porbation, con la quale si mirava a redimere il reo con alternative al carcere, si cercò di percepire il reo non come delinquente ma come persona bisognosa di aiuto.

All’indirizzo incentrato sul concetto di classi pericolose va il

merito, comunque, di aver dato l’avvio alle ricerche sul campo e

di aver sottolineato la connessione tra depressione socio-

ambientale e condotta criminale.

(33)

4. P

RIMI STUDI STATISTICI E SOCIOLOGICI

Nella metà XIX° sec. la concezione della

SCUOLA

C

LASSICA

quale astratta entità di diritto, fu superata con l’utilizzo dei primi studi statistici impiegati per l’approccio scientifico ai fatti criminosi.

Prescindendo dalla questione delle classi pericolose,

questi studi chiamarono in causa l’ambiente sociale in

cui l’individuo agisce, mentre in precedenza il reato era

percepito quale azione malvagia di un individuo

astratto dal suo contesto.

(34)

A.j. Quételet e A.M. Guerry utilizzarono per primi i dati statistici.

Fu per la prima volta studiata l’incidenza dei reati in relazione all’età, il sesso, la razza etc. Tutto ciò aprì la strada alla COMPRENSIONE DEL DELITTO QUALE FATTO SOCIALE.

Con tali studi, si apriva la strada ad un certo grado di prevedibilità e ad una percezione del crimine di tipo deterministico.

Emile Durkheim: fattore sociale ed ineliminabile

Gabriel Tarde: si occupò di archeologia criminale sottolineando l’aumento del crimine nel corso del XIX° sec. L’aumento dei delitti era, secondo Tarde, da imputare all’inizio di una nuova prosperità con la conseguente instabilità sociale e con la generale tendenza degli individui a migliorare il proprio status. La maggior delinquenza era il prezzo da pagare al maggior benessere. Per imitazione

(35)

5. D

ETERMINISMO SOCIALE

Con gli studi statistici si giunse alla conclusione che il crimine non dipendeva solo dalla volontà del singolo, ma che su di lui agivano anche fattori legati alla società.

Nasce così la visione deterministica della condotta criminosa, col mutamento dalla concezione liberale del delitto verso una percezione positivistica (XIX° sec).

Con tale visione vi era la convinzione che era all’interno della società che dovevano ritrovarsi i fattori determinanti.

Al crimine, dunque, si negava la responsabilità morale dell’individuo. Tale determinismo sociale si contrappose al determinismo biologico di Lombroso.

(36)

6. CESARE LOMBROSO LA CRIMINOLOGIA DELLINDIVIDUO E IL DETERMINISMO BIOLOGICO

CESARE LOMBROSO diede il via all’indirizzo individualistico della criminologia, secondo il quale lo studio doveva polarizzarsi sulla personalità del delinquente.

Pensava fosse importante studiare le componenti morbose del delinquente.

I suoi studi comportarono il superamento delle precedenti visioni esclusivamente legali, morali o sociali del diritto, allora dominanti.

Applicò per primo i metodi di ricerca biologica per lo studio del singolo autore del reato e diede il via ad un indirizzo organico e sistematico nello studio della delinquenza (Scuola di antropologia criminale), cosicché la criminologia si impose come scienza.

(37)

Tra le principali teorie:

 TEORIA DEL DELINQUENTE NATO: disposizioni congenite (epilessia ed altre patologie)

 TEORIA DELLATAVISMO: la condotta criminosa è data da una sorta di regressione o di fissazione a livelli primordiali.

LOMBROSO RICONOBBE ANCHE LESISTENZA DEI DELINQUENTI OCCASIONALI.

CARATTERE SALIENTE DEL PENSIERO DI LOMBROSO È IL DETERMINISMO BIOLOGICO.

Il delitto per lui rappresentava un evento legato a qualcosa di patologico o di ancestrale (VISIONE MANICHEA E DERESPONSABILIZZANTE DEL CRIMINE). IL REATO È VISTO COME UNA MALATTIA CHE VA CURATA,

QUESTO APPROCCIO È DERESPONSABILIZZANTE NEI CONFRONTI DELLA SOCIETÀ.

LOMBROSO HA ISPIRATO I PIÙ RECENTI STUDI DICRIMINOLOGIA CLINICA”.

(38)

7. L

A SCUOLA

P

OSITIVA

Enrico Ferri, Raffaele Garofalo e Cesare Lombroso divulgarono i principi di quella che prese il nome di Scuola Positiva (che si contrapponeva alla Scuola Classica). I principali postulati della Scuola Positiva erano:

 il delinquente è un individuo anormale

 il delitto è la risultante di tre fattori: antropologici, psichici e sociali

 la delinquenza non è la conseguenza di scelte individuali, ma è condizionata da tali fattori

 la sanzione non deve avere finalità punitive ma deve mirare alla neutralizzazione e alla risocializzazione.

In questo approccio veniva considerata più la personalità del criminale che il reato commesso. Fondamentale era considerata la pericolosità sociale del criminale. Le misure di difesa dovevano perdurare fino alla cessata pericolosità dell’individuo.

(39)

La giustizia doveva proteggere la società, i cittadini seguendo due indirizzi:

1) SISTEMA DEL DOPPIO BINARIO: a fianco delle pene tradizionali commisurate alla gravità del reato, venivano affiancate misure di sicurezza per i delinquenti ritenuti pericolosi (malati di mente etc…) 2) PENA INDETERMINATA: la cui durata effettiva non era

preventivamente stabilita dal giudice, ma dipendeva dalle possibilità di successo del reinserimento sociale.

Il contributo positivo di questa Scuola risiede nell’aver promosso l’introduzione nel diritto penale della valutazione delle caratteristiche della persona (individualizzazione della sanzione e del trattamento individualizzato del delinquente).

(40)

8. PRIMI INDIRIZZI MARXISTI IN CRIMINOLOGIA

Karl Marx e Friedrich Engels si erano occupati di della criminalità, affermando che il delitto era una conseguenza della Società Capitalistica. I delinquenti venivano percepiti come facenti parte, non il proletariato, ma il sottoproletariato che non aveva acquistato coscienza di classe.

Willem Adrian Bonger: coniugò il marxismo con il pensiero positivo sostenendo che un sistema concorrenziale era strutturalmente contrario allo sviluppo di un’etica sociale e di legami di solidarietà reciproca.

Tutti i tipi di reato riflettevano i rapporti tra classi. Per quel che concerne i contenuti positivistici Bonger riconosceva l’esistenza di differenze innate tra gli individui, ma a suo avviso era solo nell’ambiente sociale che dovevano essere ricercati i fattori atti a provocare io passaggio dalla potenziale aggressività al comportamento criminoso.

Ferri e Turati criminalità connessa a importanti fattori sociali quale conseguenza del capitalismo.

(41)

9. I

NTEGRAZIONE FRA APPROCCIO SOCIOLOGICO E ANTROPOLOGICO

FILONE SOCIOLOGICO: ricercare le cause nella società FILONE ANTROPOLOGICO: individuo.

Il reciproco collegamento e integrazione dei due filoni consente una migliore comprensione dei fatti legati alla criminalità.

(42)

10. T

EORIA DELLE AREE CRIMINALI O TEORIA ECOLOGICA

Nella prima metà del XX° sec si sviluppo negli USA la sociologia criminale.

Clifford Shaw compì uno studio della criminalità nelle aree criminali.

Studio proseguito in seguito dalla Scuola di Chicago.

Teoria Ecologica dà conto del fatto che esistono delle aree criminali, ossia zone delle città dove risiede la maggior parte della criminalità comune. Per tale teoria l’ambiente di vita pertanto è il fattore più importante.

E’ una teoria a medio raggio, limitata alla delinquenza comune più povera.

(43)

11. T

EORIE DELLA DISORGANIZZAZIONE SOCIALE

Tali teorie sottolineano l’importanza del mutamento e instabilità delle moderne società. L’aumento della criminalità è stato dunque imputato, da questo orientamento, al mutamento e alla conseguente instabilità. Si tratta di “disorganizzazione sociale” in quanto perdono di efficacia gli abituali strumenti di controllo sociale (in particolare quello di gruppo e familiare).

Sutherland ha parlato di disorganizzazione sociale, riferendosi però alle contraddizioni normative.

Johnson: 1960 – ha studiato il conflitto di norme affermando che avviene quando:

- la socializzazione è difettosa o mancante - le sanzioni sono deboli

- inefficienza o corruzione dell’apparato giudiziario

(44)

12. TEORIA DEI CONFLITTI CULTURALI

Sellin 1938 – dà conto del fatto che in un medesimo individuo si contrappongano diversi sistemi culturali e questa sarebbe una delle principali cause del venir meno degli abituali parametri regolatori della condotta sociale.

Sellin elaborò tale teoria analizzando l’imponente flusso immigratorio verificatosi negli USA nei primi decenni del 1900. Esaminò che questi immigrati non diedero un grande contributo alla criminalità, mentre quelli di 2° generazione (i figli) contribuirono in maniera massiccia alla delinquenza poiché avevano perso i valori di origine dei padri e non avevano assimilato i valori del paese ospitante.

Sellin distingue tra:

• Conflitti culturali primari: disagio del singolo individuo per l’attrito di due sistemi culturali;

• Conflitti secondari: discriminazione e rigetto da parte della società.

(45)

13. S

TRUTTURAL

-

FUNZIONALISMO E TEORIA DELLA DEVIANZA

Lo struttural-funzionalismo (USA anni ’30), studiò la D

EVIANZA

.

I principali esponenti furono Parsons, Merton, Johnson.

Secondo l’orientamento in questione, il comportamento sociale può andare dalla conformità alla devianza.

Conformità è lo stile di vita orientato e coerente con l’insieme delle norme.

L’essere conformi è il frutto di una socializzazione ben

riuscita, fondamentali sono i meccanismi psicologici più

complessi dell’identificazione e interiorizzazione.

(46)

Il rafforzamento e il mantenimento della conformità è favorito dai sistemi di controllo sociale.

All’interno del comportamento conforme si possono distinguere:

 il momento dell’apprendimento delle norme (processi di socializzazione)

 mantenimento e rinforzo dell’apprendimento normativo

La D

EVIANZA

, concetto più ampio rispetto a quello della delinquenza, comprende sia le condotte che violano le norme penali sia le regole sociali generalmente accettate che conservino ancora credibilità e che vengano ritenute importanti dalla società.

Si ha devianza solo quando la violazione è frutto di una precisa scelta.

La devianza presuppone nell’attore un atteggiamento di

ambivalenza: da un lato riconosce la norma come imperativa,

dall’altro non ne accetta l’autorità normativa.

(47)

14. L’ANOMIA COME CAUSA DI DEVIANZA

Si ha ANOMIA quando vengono a mancare le norme che si pongano come riferimento per gli individui, perché queste perdono di credibilità.

Emile Durkheim (ai primi del ‘900, Anomia come frattura delle regole sociali, carenza di norme, di limiti). Per Durkheim le cause dell’anomia erano da ricercarsi nell’iperstimolazione delle aspirazioni che la società industriale ha indotto negli individui i quali non sono mai soddisfatti e vogliono sempre di più.

Robert Merton: si ha anomia quando la società propone delle mete ma non i mezzi per raggiungerle. Rapporto di conflittualità tra mete culturali/mezzi:

1. Conformità + + 2. Innovazione + - 3. Ritualismo - +

4. Rinuncia - - (vagabondi, alcolizzati)

5. Ribellione -+ -+ (sostituzione delle mete culturali con mete diverse:

ribelle, contestatore…).

(48)

15. T

EORIA DELLE ASSOCIAZIONI DIFFERENZIALI

Sutherland con la TEORIA DELLE ASSOCIAZIONI DIFFERENZIALI

afferma che il comportamento delinquenziale è appreso, non dalla semplice imitazione, ma mediante l’associazione interpersonale con altri individui delinquenti.

Il termine associazione differenziale dà conto della semplice partecipazione a certi gruppi sociali “differenti”.

Sutherland voleva formulare una teoria valida universalmente.

Per Sutherland non esisterebbe una criminalità innata. Non tutti i gruppi hanno la medesima capacità di influenzare la condotta degli individui, dunque sono quelli frequentati con

1. maggiore intensità

2. maggiore durata e anteriorità

Tarde

parlò di imitazione sociale.

(49)

16. L

A CRIMINALITÀ DEI COLLETTI BIANCHI

SUTHERLAND – La CRIMINALITÀ DEI COLLETTI BIANCHI riguarda quei reati compiuti dai dirigenti delle imprese, industriali, finanziarie, commerciali e dai professionisti.

I reati riguardano: frodi nei bilanci, evasioni fiscali, bancarotta fraudolenta.

Questi studi aprirono la strada alle indagini sul numero oscuro.

Le principali caratteristiche dei colletti bianchi:

- ha luogo dove si producono beni e servizi ed a loro connessi (evasioni fiscali, frodi in bilancio, bancarotta, furto di brevetti, spionaggio industriale)

- costi sociali alti, compenetrano moltissimi settori dell’economia - no delinquenza parassitaria

- indice di occultamento molto elevato, difficile identificazione - gli autori godono di alto tasso di impunità

- è minore l’atteggiamento di censura da parte della società (disonesto invece di delinquente).

(50)

17. GLI SVILUPPI DELLINDIRIZZO INDIVIDUALISTICO E LA CRIMINOLOGIA CLINICA

La fine della II^ Guerra Mondiale ha comportato la nascita dei due grandi blocchi USA/URSS. Anche l’ambito della sociologia risentì di questo clima dando vita ai due filoni:

1. Criminologia di sinistra: di ispirazione marxista;

2. Criminologia di destra: ancorata agli ideali di democrazia e libertà.

L’indirizzo individualistico, non subì l’influsso di una particolare corrente politica, ma fu soprattutto incentrato su una nuova politica penale di risocializzazione. Nasce conseguentemente la Criminologia di passaggio all’atto: che cerca di spiegare perché certi individui a parità di condizione e ambiente passano ad agire in maniera criminosa e altri no.

(51)

L

A

C

RIMINOLOGIA CLINICA

Le teorie precedenti portano alla confluenza operativa della Criminologia Clinica.

Il criminologo Benigno di Tullio. Cultore di criminologia anche durante il fascismo. Tale disciplina venne concepita come volta allo studio non dei fenomeni generali ma del singolo delinquente a fini diagnostici, prognostici e terapeutici con finalità risocializzativa.

Fu molto importante la stretta collaborazione tra diritto penale e criminologia.

Alla Criminologia clinica spetta il ruolo di attuare la prevenzione speciale, attraverso la osservazione scientifica del reo. Il carcere serviva a punire, ma soprattutto a curare.

(52)

18. LA NUOVA DIFESA SOCIALE E LA POLITICA PENALE DELLA RISOCIALIZZAZIONE

Nell’ambito del Welfare State la rieducazione socializzativa costituisce un nuovo diritto del cittadino e un nuovo impegno dello Stato. Ciò doveva essere messo in atto con gli strumenti della psicologia clinica.

Filippo Gramatica 1961 “PRINCIPI DI DIFESA SOCIALE”, proponeva di sostituire il diritto repressivo con un sistema punitivo di reazione contro l’antisocialità. No pena ma sol rieducazione!

Come contrasto a questa teoria, considerata utopistica, abbiamo :

“NUOVA DIFESA SOCIALE” di Marc Ancel 1954. Si rifiuta il determinismo sociologico e antropologico e si rivaluta il libero arbitrio.

(53)

19. C

RIMINOLOGIA DEL

C

ONSENSO E DEL

C

ONFLITTO

CRIMINOLOGIA DEL CONSENSO: Ricondurre i devianti alla conformità 1. Antropologici e individualistici.

2. Criminologia pragmatistica (interventi operativi) Leo Radzinowicz 1966 3. Teorie multifattoriali: Teoria non direzionale (Glueck) – Teoria dei

contenitori (Rekless)

CRIMINOLOGIA DEL CONFLITTO: (indirizzo di sinistra). Questo filone fu denominato anche criminologia della reazione sociale. Giustificazionista.

1. Teorie delle sottoculture giovanili

2. Teoria della cultura delle bande criminali (Cohen) 3. Teoria delle bande giovanili (Cloward e Ohlin 1960) 4. Teoria dell’etichettamento

(54)

20. LE TEORIE MULTIFATTORIALE DELLINTEGRAZIONE PSICO-

AMBIENTALE

Teorie multifattoriali: considerano contestualmente individuo e ambiente (fanno parte della criminologia del consenso).

• Teoria non-direzionale dei coniugi Glueck:

volta all’identificazione dei fattori familiari-situazioni più frequenti tra i giovani criminali. Furono posti a confronto due gruppi di giovani uno con precedenti penali e l’altro con condotta normale (stessa età, sesso, razza e provenienza sociale e geografica), per scoprire quale fattore incidesse affinché un gruppo fosse incline alla delinquenza e l’altro no.

Emerse che fondamentale era il fattore relativo alle diverse caratteristiche di personalità e dell’ambiente familiare di ogni soggetto.

(55)

Le caratteristiche principali del gruppo dei delinquenti sono:

1. corporatura robusta

2. temperamento irrequieto, impulsivo, introverso

3. atteggiamento psicologico ostile, risentito, sospettoso

4. intellettivamente capaci di apprendere con modalità diretta e concreta

5. inadeguatezza dei genitori, per ciò che attiene all’ambiente familiare Tali valutazioni, hanno, però, valore solo statistico.

• Teoria dei contenitori di Reckless: mira a spiegare in generale il comportamento sociale identificando quei fattori che favoriscono il contenimento della condotta nell’ambito della legalità. Distingue tra:

1. Contenitori interni: aspetti della struttura psicologica (buon autocontrollo, stima di sé).

2. Contenitori esterni: insieme delle caratteristiche dell’ambiente.

(56)

21. C

RIMINOLOGIA DEL CONFLITTO

Gli ispiratori teorici furono gli esponenti della Scuola di Francoforte.

Ideologie di sinistra influenzate dalla teoria critica della società.

Contestazione del ’68.

(57)

22. T

EORIE DELLA SOTTOCULTURA GIOVANILE

Al

concetto di cultura (complesso insieme che include conoscenze, fede, arte, morale e altre capacità acquisite dall’uomo in quanto membro della società), si associa quello di gruppo e questo ultimo si associa a quello di cultura di gruppo.

L’appartenenza al gruppo è fatto dinamico.

In caso di gruppo con una propria cultura fortemente differenziata rispetto a quella dominante, si parlerà di sottogruppo caratterizzato da una sua propria sottocultura (es.

sottocultura degli zingari). Vi è una sottocultura delinquenziale.

(58)

TEORIA DELLA CULTURA DELLE BANDE CRIMINALI (Cohen 1955)

Volta ad identificare le dinamiche che portano alla delinquenza nelle grandi città i giovani delle classi più sfavorite.

Per Cohen la sottocultura delinquenziale dei giovani di bassa estrazione sociale nasce dal conflitto con la cultura della classe media.

I giovani per riparare a ciò cercano di organizzare nuovi e diversi rapporti interpersonali con proprie norme, mettendo in atto un meccanismo difensivo di formazione reattiva che consente di sostituire nella coscienza i sentimenti che provocano angoscia. Tale teoria non dà conto del perché alcuni giovani che vivono nelle aree criminali delinquono e altri no (risposta data dai Glueck con il riferimento alla famiglia).

(59)

TEORIA DELLE BANDE GIOVANILI (CLOWARD OHLIN 1960)

Si

colloca nell’ambito della sociologia di sinistra.

In questi autori è chiara l’influenza di Merton di società anomica perché non permette di conseguire le mete culturali proposte.

Per questi autori la limitazione delle opportunità è data da differente: razza, ceto, sesso etc. e favorisce il confluire in sottoculture di banda.

Persiste lo stereotipo di una delinquenza esclusivamente

derivante da classi sociali inferiori.

(60)

Le bande giovanili originano dal bisogno di aggregazione tra soggetti socialmente sfavoriti e possono assumere tre forme:

1. bande criminali: dediti ad attività illecite quali il furto e la rapina

2. bande conflittuali: dediti a violenza e vandalismo sistematico, mirano alla distruzione di simboli del successo.

3. bande astensioniste: giovani che cercano di fuggire dalla società riparando nella droga e nell’alcol.

Oggi suona sicuramente anacronistica la distinzione netta fra due classi.

Ci sono maggiori opportunità per tutti.

L’approccio di queste teorie è rigidamente deterministico, cioè giovani che provengono da certi gruppi fatalmente destinati a delinquere.

(61)

23. T

EORIA DELL

ETICHETTAMENTO

La TEORIA DELLETICHETTAMENTO (nuovo indirizzo della criminologia del conflitto) Becker, Kitsuse, Lemert si basa sui seguenti punti:

1. Visione rigida e dicotomica delle classi sociali 2. Non univoca accettazione delle norme legali 3. Valorizzazione del concetto di reazione sociale

4. Percezione della devianza non quale comportamento negativo ma mero frutto di un etichettamento esercitato dal potere.

Il deviante non è tale perché commette azioni illecite, ma perché la società etichetta come deviante chi commette quelle azioni.

Tale teoria è anche della reazione sociale.

La condotta deviante è ritenuta utile alla società, il deviante è un capro espiatorio.

(62)

Consolidamento della devianza: colui definito come deviante si consolida in una carriera deviante.

 DEVIANZA PRIMARIA: non mette in moto reazioni sociali, il deviante non si percepisce come tale.

 DEVIANZA SECONDARIA: si realizza come effetto della reazione sociale e il deviante si percepisce tale.

CRITICHE ALLA TEORIA:

 Non distingue tra devianza e criminalità.

 Tale teoria ben si adatta alla microcriminalità da strada ma non alla devianza più grave.

Tale teoria risulta deterministica, perché la persona che ha subito lo stigma sembra non potersi sottrarre da un destino da delinquente e deresponsabilizzante, perché equipara delinquenti e devianti e finisce per attenuare la colpevolezza dei primi.

(63)

24. T

EORIA DELLA DEVIANZA SECONDO

M

ATZA

Anni ’70. L’americano Matza superò la teoria della sottocultura (Cohen) e dell’etichettamento.

Criticò la teoria delle sottoculture criminali, poiché gli autori dei questa teoria intendono la sottocultura delinquenziale come il risultato di un processo di costruzione e mantenimento di valori antagonisti a quelli della classe media.

La devianza per Matza non è frutto dell’apprendimento di

imperativi o di valori devianti, ma dell’acquisizione di particolari

tecniche di auto-giustificazione, dette anche di neutralizzazione.

(64)

Tecniche di neutralizzazione: sono procedimenti psicologici di autogiustificazione:

1. negazione della propria responsabilità 2. minimizzazione del danno provocato

3. negazione della vittima, si afferma che la vittima meritava quel trattamento.

4. condanna di coloro che condannano: es. polizia ipocrita, giudici parziali.

5. richiamo a ideali più alti

Matza non si schiera né per un totale libero arbitrio né per un rigido determinismo, egli, piuttosto, è per affermare un “determinismo debole” che spiega con il concetto di «drift», termine che non trova una giusta traduzione in italiano, ma che rimanda alla presenza di una motivazione all’agire deviante non rigidamente vincolante.

(65)

25. L

A

C

RIMINOLOGIA CRITICA

Tra gli anni ’70 e ’80, in una prospettiva rigidamente marxista, la criminalità venne intesa non più come fatto sociale ma piuttosto come fatto politico.

La criminologia, cioè, identificò la devianza con il dissenso, cosicché tutte le classi ed i movimenti che si opponevano alla società neo- capitalista vennero ritenuti costituire l’autentica categoria dei devianti.

Questa è la criminologia critica, che identificò la devianza con il dissenso.

Primo filone attorno al National Deviancy conference a Londra. La new criminology inglese affrontò invece il problema della devianza come scelta consapevole dei singoli dinanzi ai disagi e alle contraddizioni sociali.

Attorno alla rivista “La questione criminale” anche in Italia e Germania.

(66)

La criminologia critica coltivata anche in Germania ed in Italia facente capo alla rivista Questione criminale.

La devianza veniva definita come una modalità di condotta contrapposta ai canali normativi (costumi, leggi, cultura) ispirati e governati esclusivamente della classe al potere. La devianza esprime tutte le esigenze alternative all’ideologia borghese e si identifica con la non accettazione di questa: il fatto che la devianza sia stigmatizzata e repressa dalle istituzioni è la conseguenza del fatto che essa viene, dalla società capitalista, percepita come una minaccia per il suo sistema.

Viene distinta:

una devianza individuale - che nelle sue varie forme (criminalità, evasione nella droga, rifiuto dell’inserimento lavorativo, ecc.) costituisce una modalità di rigetto della società borghese, devianza che però è priva oltre che di consapevolezza anche di prospettive;

una devianza organizzata - che rappresenta la lotta delle classi lavoratrici (quindi un superamento della devianza individuale che è parziale ed alienata) chiaramente politicizzata e ordinata nei movimenti politici delle masse. La lotta sociale organizzata per il superamento della società capitalistica e per l’edificazione del comunismo avrebbe dovuto consentire anche il riassorbimento delle devianze individuali nella devianza collettiva e organizzata dei lavoratori.

(67)

26. I

L NUOVO REALISMO

Seconda metà ’80. Pur rimanendo su posizioni di sinistra si diede vita al Nuovo Realismo.

Considera la criminalità come una realtà di fatto e non solo come contestazione.

Si rivolge l’attenzione all’osservazione empirica (street crimes).

Viene posto l’accento sul malcontento, la deprivazione

relativa e la marginalizzazione delle classi meno

favorite

.

(68)

27. N

EO CLASSICISMO E ABOLIZIONISMO

Sempre negli anni ’80, dopo la fine della criminologia tutta incentrata sulla ideologia politica di sinistra, hanno preso le mosse altri due filoni di pensiero come conseguenza di due differenti e in un certo senso opposte ragioni:

ABOLIZIONISMO: massima espressione della critica alla carcerazione, ritenuta inefficace quale strumento per combattere la criminalità.

1. Abolizionismo carcerario

2. Abolizionismo penale, il norvegese Christie il più noto esponente di questo orientamento, propone in alternativa al carcere, risoluzioni in chiave privatistico-risarcitoria e un controllo disciplinare esercitato dalle comunità.

NEOCLASSICISMO: Pena come retribuzione, è risorto quale reazione al fallimento della politica penale incentrata sul trattamento risocializzativo.

(69)

28. APPROCCIO ECONOMICO RAZIONALE

In seguito al declino delle precedenti ideologie, i fattori legati all’economia si sono fatti strada pure nel pensiero criminologico. Secondo l’economista americano Becker anche per l’agire criminale vi è una valutazione in termini di costi-benefici, ideando una sua formula (0 = P,F,U), dove 0 è il numero dei reati commessi da una persona in un determinato periodo; P la probabilità di essere condannato per quel reato; F la sanzione per quel reato; U una variabile complessiva di tutte le altre influenze. E’ dunque evidente che taluni cambiamenti della variabile U (ad es.: aumento del reddito disponibile, aumento dell’educazione rispetto alla legge) potrebbero ridurre gli incentivi ad entrare in attività illegali.

Costi del delitto:

1. costi diretti: connessi all’organizzazione del reato.

2. costi indiretti collegati al rischio di venire 1) individuati e 2) condannati.

Benefici connessi alla commissione: più difficile calcolarli.

Un settore al quale sono stati brillantemente applicati questi principi è quello dei reati dei

“colletti bianchi”.

La visione che viene fornita da questa teoria è quella di una persona umana responsabile che, prescindendo dalle motivazioni profonde come dai determinismi sociali, è consapevole di quel che compie e delle scelte che effettua sia nell’ambito delittuoso che in quello lecito. Ma anche se la condotta delittuosa è talora irrazionale o addirittura autolesiva, essa è pur sempre attuata per conseguire un utile, pecuniario o psicologico che esso sia.

(70)

29. L

A CRIMINOLOGIA IN

R

USSIA

In Russia la totale assenza di pluralismo ha fatto sì che i contenuti della criminologia si uniformassero con l’ideologia ufficiale.

Il dogmatismo ideologico è poi andato scemando con l’89.

(71)

3. L A C RIMINOLOGIA O GGI

(72)

Dal punto di vista descrittivo, la criminologia si occupa sia dell’epidemiologia dei principali delitti, ossia il modo in cui essi si manifestano concretamente: omicidio, violenza sessuale, reati legati al consumo di sostanze stupefacenti, crimini economici e dei colletti bianchi, delinquenza comune e organizzata, terrorismo, etc;

sia delle caratteristiche degli autori dei delitti stessi, della loro maggiore o minore propensione a delinquere, nonché dei fattori di rischio correlati al comportamento criminale.

L'analisi epidemiologica della criminalità ha evidenziato, ad esempio, che la tendenza all'agire criminale è molto più frequente (circa dieci volte di più) nei maschi che nelle femmine, e si concentra nelle fasce giovanili di età, dai 20 ai 35 anni soprattutto.

1. E

PIDEMIOLOGIA DEI COMPORTAMENTI CRIMINOSI

(73)

In Italia le statistiche ufficiali della criminalità sono raccolte, elaborate e pubblicate dall‘ISTAT, l'Istituto Nazionale di Statistica. Esse forniscono in particolare i tassi relativi ai vari reati.

Il "tasso" di un reato è il numero di casi del reato in questione, registrato in un determinato anno, ogni centomila abitanti; per esempio un tasso di omicidio volontario dell'1,5 per 100.000 significa che in quell'anno, ogni 100.000 abitanti, si è verificato in media un caso e mezzo di omicidio volontario.

Indagini campionarie a scopo criminologico sono svolte, oltre che dai ricercatori nelle università, anche da altri enti di ricerca, per esempio dal CENSIS e dalla DOXA. Esse consentono, a titolo di esempio, di studiare la percezione dell’opinione pubblica in materia di criminalità e di misurare quante persone sono state vittime di reati (in questo caso si tratta delle cosiddette "indagini di vittimizzazione").

Il confronto fra i reati ufficialmente denunciati e quelli realmente commessi, quali risultano dagli studi di vittimizzazione, consente una sia pur sommaria valutazione del "numero oscuro" (i reati commessi ma non denunciati né rilevati ufficialmente, e quindi sempre in numero maggiore rispetto ai reati ufficialmente

"contabilizzati"). Il problema della valutazione del "numero oscuro" è una delle maggiori sfide metodologiche per la criminologia

(74)

Un ramo applicativo della criminologia viene denominato "criminologia clinica".

Essa si propone, soprattutto attraverso l'analisi e l'intervento su singoli specifici casi, di formulare una diagnosi, una prognosi e una possibile terapia di trattamento relativamente agli autori di reati.

La "diagnosi" punta a ricostruire i fattori e le condizioni che hanno portato alla genesi e all'esecuzione del reato (rispettivamente, "criminogenesi" e

"criminodinamica"), la prognosi cerca di valutare la maggiore o minore pericolosità sociale del soggetto, la «terapia prevede interventi di rieducazione e di assistenza psicologica, con l'obiettivo di risocializzare il reo e di consentirgli una piena reintegrazione sociale»

Un tempo l'analogia con la medicina era interpretata in modo abbastanza letterale, come provano ad esempio gli studi di Lombroso che avevano appunto un carattere marcatamente antropologico-medicale.

Oggi invece i termini diagnosi, prognosi e terapia in criminologia vengono usati prevalentemente come metafore di un processo conoscitivo, interpretativo e trattamentale che non pretende più di avere una valenza medica.

2. C

RIMINOLOGIA CLINICA

(75)

Per quanto riguarda la dimensione prognostica, che ha l'obiettivo fondamentale di valutare la maggiore o minore pericolosità sociale di un soggetto, nonché di stimare le maggiori o minori probabilità di recupero sociale per quel soggetto, un modello previsionale che ha avuto notevole successo in passato è quello sviluppato dai coniugi Eleanor e Sheldon Glueck.

Questo modello ipotizza che tre gruppi di variabili consentano di prevedere la maggiore o minore probabilità di incorrere in una "carriera criminale":

 Variabili legate alla famiglia di origine (clima familiare, atteggiamenti dei genitori, valori o controvalori trasmessi, etc);

 Variabili legate alla struttura della personalità del soggetto (stabilità o instabilità emotiva, resistenza o meno alla frustrazione, maggiore o minore impulsività, eccetera);

 Variabili legate ai concreti comportamenti espletati dal soggetto (maggiore o minore precocità di manifestazione di episodi devianti, tendenza o meno alla recidiva, tendenza o meno a fare uso di sostanze voluttuarie o stupefacenti etc).

(76)

Lo studio delle tossicodipendenze e quello delle malattie mentali, nei possibili risvolti criminologici, è di competenza della criminologia clinica e della psichiatria e psicologia forense: queste ultime discipline, in Italia, a differenza di quanto avviene all'estero, sono piuttosto vicine alla criminologia in senso stretto.

Tale fenomeno discende dalla collocazione accademica prevalentemente medica della disciplina in Italia, a differenza dai paesi anglosassoni e dalla maggioranza degli altri paesi europei.

Il maggiore campo applicativo di queste discipline riguarda la questione dell’

imputabilità, a sua volta collegata alla valutazione della capacità di intendere e di volere.

Per la legge italiana, se manca pienamente la capacità di intendere e/o di volere, il reo non è imputabile, e nei suoi confronti vengono disposte misure di sicurezza a carattere anche terapeutico; se invece la capacità di intendere e/o di volere è grandemente scemata, il reo è imputabile ma la pena è diminuita (e vengono inoltre disposte misure di sicurezza).

Parzialmente sovrapponibile alla psichiatria forense (ma non sostitutiva) è la criminologia clinica: la psichiatria si pone prevalentemente il compito della diagnosi, mentre la criminologia clinica, più specificatamente, quello dello studio della criminodinamica e della criminogenesi, per usare l'antica ma ancora efficace terminologia di Etienne de Greeff.

3. C

RIMINOLOGIA

P

SICHIATRICA

F

ORENSE

(77)

Spesso si confonde, da parte dei mass media, la criminologia con la "criminalistica", o con l'investigazione criminale (crime analysis), anche se si tratta di settori molto distinti: mentre la criminologia è una scienza che studia i reati, gli autori di reato e le possibili misure per prevenire, trattare e controllare il delitto, l’investigazione concerne attività volte a scoprire

"chi" abbia commesso il delitto in modo specifico, messe in atto dalle forze di polizia giudiziaria e dalla difesa dell'indagato/imputato di reati, e la criminalistica fornisce alla stessa le metodologie applicative per le indagini, mutuate dalle scienze di riferimento (scienze forensi).

Dalla fine dell’Ottocento, dai tempi della scoperta delle impronte digitali, la criminalistica ha percorso un lungo cammino. Oggi, ad esempio, l'analisi del DNA fornisce un nuovo tipo di impronta, che consente di risalire con notevoli livelli di precisione alla individuazione dell'autore di alcuni reati. La cronaca mostra che, sempre con maggiore frequenza, i casi delittuosi vengono affrontati attraverso sofisticate metodologie d'indagine che fanno appello alle scienze forensi, e cioè a quelle svariate discipline che si occupano dell'esame di reperti e tracce rinvenute sulla scena di un reato: genetica forense, balistica, tossicologia, medicina legale, microscopia elettronica. Queste scienze non hanno a che fare con la criminologia in senso stretto. Nel processo, queste discipline sono risultate sempre più rilevanti, spesso fondamentali, per dimostrare la colpevolezza di un reo o per scagionare un innocente (anche relativamente a fatti giudiziari lontani e definiti); anche se la loro pretesa di aspirare alla "verità" scientifica è stata più volte messa in dubbio da autorevoli contributi.

4. C

RIMINOLOGIA

C

RIMINALISTICA E

I

NVESTIGAZIONE

(78)

Si può ritenere che anche la psicologia criminale e la psicologia investigativa appartengano alle scienze criminali, la prima alle scienze criminologiche, e la seconda alle scienze forensi.

Secondo David Canter, fondatore della psicologia criminale e investigativa, la psicologia è direttamente applicabile allo studio del crimine in quanto il crimine deve essere visto come una forma di relazione interpersonale. Nel caso dell'atto criminale questa relazione si instaura tra il criminale e la vittima; dunque le modalità e le motivazioni che stanno dietro le azioni criminali di un soggetto sono direttamente collegabili a quelle che lo accompagnano in qualunque altro rapporto interpersonale.

In Italia la rivista che aprì la via alla successiva psicologia criminale fu l'Archivio di Psichiatria, Antropologia criminale e Scienze Penali per servire allo studio dell'uomo alienato e delinquente, fondata a Torino da Cesare Lombroso, Raffaele Garofalo ed Enrico Ferri nel 1880.

Uno degli obiettivi della psicologia criminale e investigativa è quello di contribuire alla definizione del cosiddetto "profilo psicologico" del possibile autore di una serie di reati, attraverso una serie di comparazioni fra le evidenze investigative (ad esempio i rilievi fotografici) e le evidenze psicologico-relazionali (gli elementi indicatori di aspetti psicologici e cognitivi della persona che ha commesso il reato).

Questa operazione (divenuta di moda in molte produzioni cinematografiche e mediatiche, ma rispetto a cui è opportuno sottolineare come non esistano reali possibilità occupazionali nel settore), è generalmente chiamata profilazione criminale (in inglese offender profiling o criminal profiling). Il campo del criminal profiling, al di là della sua fama mediatica, dovuta anche a fortunate serie televisive, rimane comunque un settore che, nonostante l'intensità degli studi e delle ricerche, ha fornito risultati molto poco soddisfacenti.

5. C

RIMINOLOGIA PSICOLOGIA

C

RIMINALE E

I

NVESTIGATIVA

(79)

4 FUNZIONI E DISFUNZIONI

DELLA CRIMINOLOGIA

(80)

P ERCHÉ 7?

Perché 7 sono

le strutture conservative X corrispondenti

alle catastrofi semplici Y

avvenuta la quale

0

s = 7

f

s

differenziazione funzionale

regressione

7

s = 0

f

s

progressione

si determina

complessità

crisi esplosive (S>1) caos o implosive (S<0)

Criminologia Italiana

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