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L'ANALISI DEL NUOVO TESTO LEGISLATIVO

La legge sulle investigazioni difensive

Alle porte del nuovo millennio, trascorso pertanto più di un decennio dall'introduzione del nuovo codice di procedura penale caratterizzato da profonde riflessioni e dall'avvento di normative mai completamente in grado di disciplinare in maniera organica ed accurata la materia, i tempi apparvero maturi per una normazione esaustiva delle indagini difensive. Precisamente il 16 dicembre del 2000, dopo una gestazione durata circa tre anni, venne approvato dal Parlamento il disegno di legge in tema di disciplina organica delle indagini difensive.

L'analisi che seguirà tenterà una disamina del testo normativo partendo dalla presentazione delle figure soggettive protagoniste della riforma, per poi analizzare i profili temporali e spaziali ed infine illustrerà le modalità attraverso cui il difensore può svolgere le indagini difensive.

I soggetti delle indagini difensive

L'analisi del nuovo testo legislativo non può non partire dall'individuazione dei soggetti legittimati a svolgere l'attività di indagine difensiva. L'art. 7 della legge 397 del 2000, introducendo

l'art. 327 bis del codice di procedura penale, individua in maniera chiara i soggetti che a vario titolo posso imbattersi nella ricerca del materiale difensivo, individuando come attore principale il difensore, cui è dedicato il primo comma del nuovo articolo, seguito dal sostituto, dall'investigatore privato autorizzato e dal consulente tecnico, nominati nel successivo terzo comma.

Il difensore

Non a caso si scelse di utilizzare il termine difensore, in questo passaggio, e non già la locuzione avvocato, per evidenziare che lo strumento delle indagini difensive, per la propria potenziale portata invasiva, è consentito solo a fronte dell'esercizio di un diritto primario quale quello di difesa, nell'ottica quindi di una vicenda processuale. In assenza di un mandato, emesso sulla base di un procedimento (o sulla base di un possibile procedimento) pertanto, la norma non consentirebbe all'avvocato di svolgere attività investigativa e tale precetto parrebbe, pur in assenza di indicazioni normative, esteso anche agli ausiliari del difensore. Si può ritenere, perciò, che la fonte del potere investigativo difensivo sia da individuare nell'incarico professionale, premessa necessaria per il compimento di atti di indagine da parte del difensore. Ed inoltre la prescrizione normativa per cui l'incarico professionale deve avere forma scritta è giustificata

dalla necessità di disporre di uno strumento probatorio certo in punto di effettivo conferimento di un incarico difensivo costituente la premessa legittimante il compimento di atti di indagine30. Risulterà

comunque utile all'interprete, nell'alternativa se ritenere lo svolgimento delle indagini coerente con la fonte legale, il ricorso ad un parametro di legittimità che comprenda la natura dell'incarico, le sue specificazioni e le eventuali articolazioni, ammettendosi quindi una valutazione “caso per caso”, non individuabile a priori. Sempre a riguardo della posizione del difensore ci si è chiesti se le indagini difensive incontrino qualche limite nel caso della difesa d'ufficio e nel caso della persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato. In linea di principio è da escludersi una qualsiasi ipotesi di differenza di trattamento, essendo il difensore soggetto a tutti gli obblighi normativi e deontologici previsti per il mandato fiduciario. Sono tuttavia innegabili alcune problematiche di carattere pratico che potrebbero rendere più ardua l'attività investigativa, solo ad esempio si segnala come in passato l'istituto del patrocinio a spese dello Stato, che rimborsava le spese legali in maniera non superiore ai valori medi, comprendesse la consulenza tecnica ma escludesse l'opera dell'investigatore privato31 (compresa invece dal 2001), il cui

intervento risultava pertanto inibito alla persona ammessa. Molti per vero hanno auspicato un intervento legislativo chiarificatore in tal

senso, ma soprattutto un intervento che predisponesse un sistema difensivo in cui le condizioni d'accesso agli strumenti difensivi non dipendessero dalle disponibilità economiche dei soggetti gravati da un procedimento penale in corso ed infatti questa è la situazione che si è realizzata oggi grazie agli interventi della legge 134 del 2001 al dpr 115 del 2002. L'unica differenza rimane oggi quella reguardante l'attività investigativa preventiva, che per l'appunto essendo preventiva non ammette un accesso al patrocinio a spese dello Stato, ammissibile solo a fronte di un procedimento penale.

Il sostituto

Il difensore, nello svolgimento degli atti di indagine, può avvalersi dell'ausilio di altri soggetti, come chiarito dal già richiamato comma 3 del nuovo articolo 327 c.p.p.. La finalità della norma è quella di fornire alla difesa un ausilio che sopperisca, almeno in parte, alla disparità operativa con l'accusa, la quale ha a disposizione ben altri mezzi, poteri e strutture32. Qualora ritenga di avvalersi della

collaborazione di sostituti, investigatori o consulenti, pur restando il soggetto principale delle indagini difensive, è auspicabile che fornisca a quest'ultimi idonei mezzi di lavoro, in particolare assolvendo ad oneri di comunicazione riguardanti la natura dell'incarico e consegnando eventualmente gli atti processuali rilevanti per

l'espletamento del mandato. Per quanto concerne il sostituto, in particolare, l'art. 102 c.p.p., ammetteva la designazione del sostituto solo in presenza di un impedimento del difensore, escludendo quindi la “delega per comodità”, ma con l'introduzione della legge 60 del 2001 il primo comma dello stesso articolo è stato modificato ed ora secondo la nuova formulazione “il difensore di fiducia e il difensore d’ufficio possono nominare un sostituto”, prescindendo quindi dalla presenza di un legittimo impedimento e rafforzando la continuità ed effettività della difesa, pur lasciando ferme importanti distinzioni33.

Una possibile soluzione, supportata anche da una lettura in chiave razionale dell'istituto, designava comunque già prima della modifica del 2001 come sostituto colui che avesse ricevuto l'incarico per lo svolgimento di attività d'indagine a prescindere dal primo comma dell'art. 102, questo sia poiché nella fase delle indagini preliminari l'esistenza di un impedimento è difficilmente ammissibile (anche per il sol fatto che si tratta di atti non ufficiali pertanto incompatibili con un obbligo di presenza del difensore), sia perché in concreto il difensore difficilmente potrebbe assolvere simultaneamente e con la necessaria diligenza richiesta i (possibili) molti incarichi a lui affidati. Un altro elemento da considerare riguarda il numero di sostituti designabili. L'art. 327-bis utilizza il termine “sostituto” e lo stesso termine singolare viene utilizzato anche dagli art. 391-bis e 391-sexies, mentre l'art. 391-ter utilizza un termine per così dire più oscuro, ovvero

“autenticata dal difensore o da un suo sostituto”. Rilevando come i riferimenti agli altri ausiliari siano caratterizzati dal plurale (“consulenti”, “investigatori privati”) e che l'art. 102 c.p.p. comma 1 prevede che il difensore di fiducia e quello d'ufficio possano nominare “un” sostituto e al comma 2 ribadisce che “il sostituto esercita i diritti e assume i doveri del difensore”, deve ritenersi che ciascun avvocato cui sia stato conferito l'incarico di svolgere le investigazioni possa nominare un solo sostituto. Del tutto evidente appare la constatazione che l'incarico demandato al sostituto debba essere connotato da alcuni canoni. Esso per vero non può tradursi in una delega “in bianco”, assegnando così un campo d'azione piuttosto vasto e scevro di limiti all'ausiliario, dovendo invece ritenersi corretto l'affidamento di un incarico individuato, seppur non circoscritto, ammettendosi anche la possibilità di un'ulteriore delega in presenza di nuovi elementi o fatti sopraggiunti. Infine secondo un'importante sentenza della Cassazione il difensore sostituto “per tutta la durata dell'impedimento del sostituito assume ed esercita i diritti e i doveri della difesa fino a quando quest'ultimo difensore, che pur conserva la qualifica, non renda nota la cessazione dell'impedimento, dichiarando di riassumere dalla data della comunicazione l'effettivo esercizio di tali diritti e doveri; pertanto, fino all'adempimento di detto onere, l'avviso della fissazione del dibattimento e, in genere, ogni comunicazione o notificazione che riguardi la difesa dell'imputato spettano

esclusivamente al sostituto”34.

L'investigatore privato autorizzato

Il terzo soggetto che elenca la norma è l'investigatore privato autorizzato. Prima di passare all'analisi delle facoltà dell'investigatore chiariamo subito come risultano oltremodo applicabili agli ausiliari le regole deontologiche previste per i difensori, così come ad essi si riservano le garanzie previste per gli avvocati, ricordiamo in questo senso l'estensione della tutela prevista dall'art. 200 comma 1, lettera b, c.p.p. (segreto professionale) agli investigatori privati autorizzati e le garanzie dell'art. 103 c.p.p..

Il difensore risponde per di più sia a titolo di culpa in vigilando che a titolo di culpa in eligendo dell'operato dell'investigatore e proprio per tale motivo si apprezza la necessità, già richiamata, dell'affidamento da parte dell'avvocato di un incarico preciso al sostituto. Un'ulteriore cautela può essere ravvisata nella costituzione di una polizza assicurativa per i rischi professionali che preveda la copertura anche per l'attività investigativa delegata dal difensore, in aderenza con l'art. 3.935 del Codice di deontologia forense europeo.

34 Vedi Sent. Cass. n. 3348/2004.

35 Art. 3.9. Codice deontologico forense europeo: “Assicurazione per la responsabilità civile professionale:

3.9.1. L’avvocato deve essere assicurato per la responsabilità civile professionale in misura ragionevole, tenuto conto della natura e della portata dei rischi assunti. 3.9.2. Se ciò non fosse possibile, l’avvocato dovrà informare il cliente della

Con riguardo all'attività dell'investigatore, questa si apprezza soprattutto nel momento dell'individuazione delle fonti di prova, della decisione circa la credibilità dei potenziali testimoni e delle altre attività utili ad organizzare il possibile esame del teste. Nello specifico le attività dell'investigatore si possono racchiudere in due categorie: gli atti tipici e gli atti atipici. Gli atti tipici esperibili dagli investigatori privati sono costituiti dal colloquio non documentato con persone informate sui fatti (art. 391-bis comma 1 c.p.p.) e dall’accesso ai luoghi (art. 391-sexies c.p.p.), mentre tra gli atti atipici possiamo annoverare i pedinamenti, gli appostamenti, le riprese fotografiche e cinematografiche e l’acquisizione di notizie e documenti di libero accesso a chiunque, mentre risulta inderogabilmente vietato ricevere dichiarazioni scritte o raccogliere informazioni da documentare (ai sensi dell’art. 391-ter c.p.p), facoltà affidata solamente al difensore e al suo sostituto.

Per tali ragioni l'attività investigativa come detto non può essere assiduamente vincolata, pur ritenendosi necessarie alcune limitazioni, anche di carattere deontologico, ricavabili sia dal codice deontologico forense che dal codice deontologico degli investigatori privati. Si fa riferimento, rimanendo in tema di investigatore privato, ad una autorizzazione ulteriore rispetto alla licenza professionale, in particolare all'interno del codice di procedura penale fu inserita una disciplina (per vero transitoria) che prevedeva, il rilascio

dell'autorizzazione a svolgere indagini difensive ad opera del prefetto e subordinata ad una “maturata esperienza che garantisse il corretto esercizio dell'attività”. Il rapporto tra il difensore e l'investigatore è un rapporto di tipo privato caratterizzato dalla assoluta riservatezza (a tal proposito si richiamano anche due norme del codice penale: l'art. 379

bis c.p.36 , introdotto dalla stessa legge 397 del 2000, che sanziona la

divulgazione di notizie apprese a causa della partecipazione ad atti del procedimento penale e l'art. 622 c.p.37 che sanziona la rivelazione di

segreti professionali) ed in cui l'utilizzo delle notizie riguardanti gli atti del procedimento deve rimanere interno al rapporto tra i due soggetti e finalizzato alle ragioni professionali dell'incarico, ossia alla difesa dell'assistito. Il mancato rispetto di questi oneri genera non solo una responsabilità penale, bensì anche una responsabilità contrattuale. Per quanto concerne la posizione dell'investigatore e le relative garanzie, prima dell'entrata in vigore del testo che stiamo esaminando, l'investigatore poteva essere sentito come testimone. L'art. 4 della

36 Art. 379 bis c.p.: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque rivela indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per avere partecipato o assistito ad un atto del procedimento stesso, è punito con la reclusione fino a un anno. La stessa pena si applica alla persona che, dopo aver rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 391quinquies del codice di procedura penale”.

37 Art. 622 c.p.: “Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino a un anno o con la multa da trenta euro a cinquecentosedici euro.

La pena è aggravata se il fatto è commesso da amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci o liquidatori o se è commesso da chi svolge la revisione contabile della società.

legge n. 397 ha invece esteso il novero dei soggetti autorizzati ad opporre il segreto professionale su quanto hanno conosciuto in ragione del proprio ministero, ufficio o professione, includendo anche l'investigatore privato autorizzato, equiparando le garanzie dell'investigatore privato a quelle previste per il difensore. Per vero l'auspicabile estensione delle garanzie è apparso quanto mai logico in virtù del ruolo che l'investigatore privato ricopre nella vicenda processuale, specificatamente quello di un professionista, dotato pertanto di particolari qualifiche tecniche nella ricerca del materiale probatorio, prestato all'ausilio del difensore nell'espletamento del mandato a questi affidato. In questo contesto la mancata estensione delle garanzie non poteva non denotarsi come una lacuna normativa assai rilevante che in talune situazione rischiava di mettere in dubbio il contributo dell'investigatore alle indagini. L'art. 222, comma 4, disp. att. c.p.p. stabilisce che il difensore debba comunicare il conferimento dell'incarico all'autorità giudiziaria procedente. Questa norma solleva dubbi, poiché subordinerebbe l'operatività delle garanzie alla pendenza di un procedimento, come dimostrerebbero il riferimento agli investigatori incaricati per il procedimento aggiunto dall'art. 1 della legge 397/2000 e la dizione autorità procedente. Esse dunque non sarebbero applicabili alle indagini preventive svolte dall'investigatore privato e quando non siano noti gli estremi del procedimento penale. Tuttavia i passaggi normativi criticati sono stati

introdotti dalla legge sulle indagini difensive proprio per accrescere la protezione delle attività compiute dagli investigatori privati e dai consulenti tecnici, dovendosi pertanto ricercare una interpretazione maggiormente conforme alla medesima ratio ed ai dettati costituzionali, che possa consentire un rimedio alle gravi disarmonie denunciate. Ad esempio all'interno della comunicazione prevista dall'art. 222, comma 4, disp. att. c.p.p., non devono essere inseriti tutti i dati contenuti nell'atto di incarico o trascritti nell'apposito registro. Come non sembra necessario indicare gli estremi del procedimento penale su cui si riferiscono, dal momento che non è neppure richiesto dall'art. 222, comma 4, disp. Att. c.p.p.. Basterà comunicare le notizie strettamente sufficienti all'attivazione delle garanzie, come la data e la presumibile durata delle investigazioni. La comunicazione appare diretta ad apprestare una tutela preventiva dell'attività dell'investigatore privato, impedendo all'autorità giudiziaria di procedere presso di lui a sequestri e ad intercettazioni di conversazioni e comunicazioni38.

Il consulente tecnico

consulente tecnico, previsto esplicitamente dalla norma. È da accogliere con entusiasmo l'introduzione nel novero dei soggetti dell'art.327 bis c.p.p. del consulente tecnico per il sol fatto che il potersi rivolgere ad un professionista, quando si rendano “necessarie specifiche competenze tecniche” per il difensore, costituisce un elemento inquadrabile in un esplicito ampliamento delle facoltà previste per la difesa e quindi nell'estrinsecazione di quel diritto di difesa che il testo legislativo intende concretizzare. Per vero la precisazione di chiedere la consulenza “quando si rendano necessarie specifiche competenze tecniche” appare in realtà superflua, poiché non v'è dubbio che il legale interpellerà il consulente quando si trovi ad affrontare questioni tecniche, mentre meno ovvia è il fatto che la valutazione sulla necessità di far ricorso ad un esperto è rimessa alla discrezionalità del difensore, senza possibilità di alcun intervento dell'organo inquirente, come implicitamente confermato non solo dall'art. 277-bis terzo comma ma anche dall'art. 233 c.p.p. comma 1-

bis39. Il difensore chiederà l'intervento di un consulente tecnico ogni

qual volta si renderà necessario acquisire pareri su discipline specifiche (come ad esempio la medicina legale o la grafologia) in una prospettiva probatoria. L'attività dell'indagine difensiva ha la sua centralità nella fase delle indagini preliminari e quindi la consulenza

39 F. Focardi, Sempre più effettivo il diritto di difesa mediante esperti, in L. Filippi, Processo penale: il nuovo ruolo del difensore, Padova, 2001, pag. 92. Ed ancora

tecnica viene maggiormente utilizzata in questa fase antecedente alla fase processuale. Il difensore tuttavia potrà far ricorso al consulente tecnico anche nelle fasi dell'udienza preliminare o del dibattimento per sollecitare ad esempio che venga disposta una perizia. In sede dibattimentale potrà inoltre essere disposta la perizia sulla base delle argomentazioni proposte dal consulente tecnico sia per tramite del difensore sia mediante i pareri proposti al giudice dal consulente tecnico stesso.

In tema di nomina del consulente tecnico vigono le medesime situazioni di incompatibilità prescritte per la nomina del perito, in particolare quanto di cui all’art. 222 c.p.p. Non può essere nominato consulente tecnico di parte colui che è stato chiamato a testimoniare. Infatti il consulente tecnico di parte ha la facoltà di astenersi dal testimoniare su quanto conosciuto per ragione del suo ufficio, tranne il caso in cui egli è stato testimone di un reato come privato cittadino in cui prevale la sua qualità di testimone. Non sono inoltre ammessi ritardi alla perizia o alle altre attività processuali a causa della nomina e dell’attività dei consulenti. Nel caso in cui il giudice disponga la perizia a norma dell'art. 225 c.p.p. il pubblico ministero e le parti private hanno la facoltà di nominare non più di due consulenti ciascuno. I consulenti nominati durante le operazioni peritali partecipano alle stesse proponendo al perito indagini, osservazioni, riserve delle quali è dato atto nel verbale. Mentre se non venisse

disposta alcuna perizia, secondo l'art. 233 c.p.p. le parti possono nominare due consulenti tecnici sentiti con esame incrociato, pur non assumendo, a differenza del perito, l’obbligo penalmente sanzionato di rispondere secondo verità, rilevando un'eventuale discrasia solamente per l'attendibilità della consulenza.

Il difensore ha la facoltà di decidere se presentare al giudice gli elementi di prova raccolti dal consulente, non ravvisando un obbligo di presentazione del materiale raccolto (i soli verbali degli accertamenti tecnici non ripetibili vanno sempre obbligatoriamente inseriti nel fascicolo per il dibattimento e presentati al giudice). Il consulente tecnico può proporre al giudice valutazioni tecniche tramite pareri orali o memorie scritte e può conferire con le persone in grado di fornire informazioni. Inoltre dietro autorizzazione del giudice può visionare il materiale sequestrato, intervenire alla ispezioni ed esaminare l’oggetto delle stesse cui non è intervenuto. Può conferire con persone in grado di riferire circostanze utili ai sensi dell'art. 391- bis, comma 1, c.p.p.. Come anche per l'investigatore privato autorizzato, il divieto di formale documentazione del colloquio non esclude il potere di effettuare annotazioni sul suo contenuto, non solo per fini meramente interni, ma anche in funzione di una testimonianza, non essendo soggetti alla incompatibilità di cui all'art. 197, lett. d), c.p.p..

può essere autorizzato l'esame delle cose sequestrate in virtù delle esigenze contrapposte: garantire un effettivo esercizio de diritto di difesa, da un lato, ed evitare alterazioni irreversibili del bene, dall'altro. Per alcuni40 non possono ritenersi consentite manipolazioni

idonee a provocare alterazioni dei beni sottoposti a cautela, come dimostra il potere dell'autorità giudiziaria di impartire le prescrizioni necessarie per la conservazione dello stato originario delle cose e dei luoghi (art. 233, comma 1-ter). Ma non v'è dubbio che l'esame visivo e tattile delle cose sequestrate sia sempre concesso.

I limiti temporali della legge 397 del 2000

Dopo la presentazione dei profili soggettivi si può procedere con l'individuazione degli eventuali limiti temporali entro cui possano effettuarsi le indagini difensive.

Così come esposto per i profili soggetti, altrettanto per il profilo temporale la riforma apporta importanti novità rispetto alla realtà precedente. Infatti, prima dell'introduzione della legge numero 397 del 2000, si avvertiva una sorta di restrizione del diritto di difesa poiché l'art. 38 delle norme attuative del codice di procedura penale prevedeva la possibilità di un'attività investigativa solo “al fine di

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