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4. MATERIALI E METODI 1 Raccolta dei campioni di FNA

4.3 Analisi dei risultat

Di tutti i pazienti in cui e’ stata effettuata la FNA del nodulo tiroideo sono stati rivisti e raccolti i dati clinici e i risultati ottenuti dall’analisi genetica del materiale prelevato dalla FNA sono stati

confrontati con il risultato dell’esame citologico (eseguito sullo stesso prelievo) e del successivo esame istologico.

5. RISULTATI

5.1 Esame citologico su FNA (FNAC)

Complessivamente abbiamo valutato 115 campioni di materiale proveniente da 115 FNA di noduli tiroidei strisciati su uno o piu’ vetrini, corrispondenti a 115 pazienti 100 con diagnosi di gozzo nodulare e 15 con diagnosi accertata di PTC. Sulla base della risposta citologica abbiamo suddiviso i 100 casi con diagnosi di gozzo nodulare in 75 con diagnosi citologica “indeterminata” (neoplasia follicolare), 25 casi con diagnosi citologica “inadeguata” in cui il materiale prelevato dal nodulo tiroideo non era sufficiente per una adeguata diagnosi e 15 casi in cui avevamo la diagnosi citologica certa di PTC, usati come gruppo di controllo. Tutti i 115 pazienti sono stati sottoposti ad intervento di tiroidectomia totale presso la Clinica Chirurgica dell’ Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, e in tutti i casi e’ stata effettuato l’esame istologico della lesione nodulare. In fig 9 sono riportati e messi a confronto i risulati dell’esame citologico e del successivo esame istologico della stessa lesione nodulare. In particolare

all’esame istologico il 74,4% dei noduli con citologia “indeterminata” e’ risultato benigno (NTB) e nel restante 25,3% e’ risultato essere carcinoma papillare della tiroide. In questo gruppo la variante piu’ frequente era quella follicolare essendo presente nel 68,5% dei casi. Dei 25 casi con citologia “inadeguata” il 40% e’ risultato NTB e il 60% PTC. Diversamente da quanto osservato nel gruppo precedente (a citologia “indeterminata”) la variante istologica piu’ frequente di questo gruppo (a citologia “inadeguata”) era la variante classica . Anche nei 15 casi con citologica accertata di PTC, usati come gruppo di controllo, la variante predominante era quella classica (80%).

5.2 Analisi delle alterazioni molecolari su liquido di lavaggio di FNA

Abbiamo valutato la prevalenza e la distribuzione delle mutazioni di RET/PTC1, RET/PTC3, TRK e di BRAF sul materiale ottenuto dalla FNA dei noduli tiroidei, complessivamente in 49 casi di PTC e 66 NTB, definiti tali sulla base della diagnosi istologica e i risultati sono riportati in Figura 10. In particolare circa il 40% dei casi di PTC presenta un’alterazione molecolare e la mutazione di

BRAFV600E rappresenta circa il 50% di tutte le mutazioni descritte. Al contrario, solo il 6% dei casi di NTB presenta un’alterazione molecolare e in particolare in questo gruppo non e’ stata osservata alcuna mutazione di BRAF. Abbiamo poi analizzato la prevalenza e la distribuzione delle alterazioni molecolari nei 49 casi di PTC in accordo alla diagnosi citologica (Tab. 2). Nel gruppo dei 15 casi di PTC con diagnosi accertata di PTC e usati come gruppo di controllo la frequenza totale di alterazioni geniche era del 53,3%, con una netta prevalenza di BRAFV600E (33,3%). In questo gruppo non sono stati trovati riarrangiamenti RET/PTC3 E TRK. Nel gruppo dei PTC (19 casi) che erano risultati “indeterminati” alla citologia la frequenza totale delle alterazioni geniche (42,1%) era inferiore a quella riscontrata nel gruppo precedente, ma anche in questo caso si osservava una netta prevalenza di BRAFV600E (26,3%). Nella serie di campioni di PTC per i quali la diagnosi citologica non era stata posta a causa dell’inadeguatezza del materiale (15 casi) e risultati PTC all’esame istologico, la frequenza totale delle alterazioni geniche era molto bassa (20%) e la mutazione BRAFV600E era completamente assente. Abbiamo poi voluto analizzare la distribuzione delle alterazioni

molecolari sulla base della variante istologica, come riportato nella Fig. 11. In particolare dei 49 casi con diagnosi istologica di PTC 25 (51%) erano PTC variante classica, 19 (38,8%) PTC variante follicolare e in soli 5 casi (10,2%) erano presenti le varianti piu’ rare (3 casi di PTC a cellule alte e 2 casi di PTC a cellule trabecolari/solide). Abbiamo riscontrato la piu’ alta prevalenza di alterazioni molecolari in questo ultimo gruppo di casi (5/49), in particolare la mutazione piu’ frequente era la BRAFV600E (40%). I riarrangiamenti RET/PTC1 e RET/PTC3 erano presenti in 1/5 casi (20%) rispettivamente. Confrontando il gruppo di PTC variante classica con quello di PTC variante follicolare abbiamo osservato che mutazioni di BRAF erano presenti in 6/25 casi (24%) della variante classica e in 2/19 casi (10.5%) della variante follicolare, mutazioni di di RET/PTC1 erano presenti in 2/25 (8%) della variante classica e in 6/25 (1,5%) della variante follicolare. Per quanto concerne le mutazioni di RET/PTC3 , non abbiamo riscontrato alcuna mutazione nel gruppo dei casi a variante classica e solo in 1/19 casi (5,26%) della variante follicolare.

6. DISCUSSIONE

La patologia nodulare tiroidea è molto frequente nella popolazione generale e l’introduzione della ecografia tiroidea ha ulteriormente aumentato la percentuale di incidenza di questa patologia. Infatti la frequenza dei noduli tiroidei non manifesti clinicamente ma rilevabili solo ecograficamente è superiore al 50% nelle donne di età superiore ai 60 anni. Tuttavia, come già detto precedentemente, la maggior parte dei noduli tiroidei e’ benigna, seppur con grandi differenze tra casistiche cliniche e chirurgiche; nelle casistiche cliniche, meno del 5% dei noduli tiroidei sono carcinomi, mentre nelle casistiche chirurgiche, non selezionate sulla base della citologia preoperatoria, la percentuale di malignità varia fra l’8 e il 20% (8,10). Quindi sulla base di questo la diagnosi quanto più accurata della natura dei noduli è un elemento indispensabile per la corretta impostazione della strategia terapeutica. Pertanto di fondamentale importanza nella patologia nodulare tiroidea riveste la distinzione fra noduli benigni e noduli maligni resa possibile dalla FNAC. Ove

eseguito correttamente e interpretato da un citologo esperto, questo esame permette la diagnosi di natura dei noduli tiroidei con un elevato grado di sensibilità e specificità. Infatti l’introduzione della FNAC nella pratica clinica ha permesso di ridurre del 35-75% il numero dei pazienti operati per nodulo tiroideo ed ha aumentato di 2-3 volte il numero dei tumori maligni fra i noduli operati. Purtroppo come per altri settori della diagnostica, anche per la FNAC la presenza di falsi positivi e di falsi negativi ne rappresenta i limiti: una errata diagnosi di sospetto cancro può determinare un intervento radicale non necessario, mentre tumori maligni possono sfuggire alla diagnosi. In particolare per quanto concerne il nodulo tiroideo il problema esiste per le forme follicolari ben differenziate, spesso minimamente invasive; ‘esame citologico non riesce a cogliere caratteri morfologici indicativi di neoplasia maligna e, per sua natura, non può dare informazioni circa la capacità di infiltrare del tumore, dimostrabile solo all’esame istologico. In molti di questi casi si ricorre ad una diagnosi piuttosto generale di “neoplasia follicolare” da controllare con l’esame istologico. D’altra parte in molti studi retrospettivi la frequenza di carcinoma nei noduli con citologia “di neoplasia follicolare o di nodulo microfollicolare” è

variabile dal 12 al 42% a seconda delle diverse casistiche. In altre situazioni la FNAC non risulta conclusiva a causa dell’esiguità del materiale prelevato dal nodulo e in questo caso si parla di “esame citologico inadeguato”. Da qui è nata la necessità di ricorrere a sperimentare nuove metodiche diagnostiche da integrare alla FNAC nella valutazione della patologia nodulare tiroidea. Negli ultimi anni la biologia molecolare ha ampiamente dimostrato che i recettori tirosino- chinasici giocano un ruolo importante nella patogenesi del cancro della tiroide. I riarrangiamenti di RET/PTC sono stati trovati in circa il 40% dei casi di PTC spontaneo e in una percentuale superiore nei carcinomi tiroidei radioindotti (51). I riarrangiamenti di TRK sono invece presenti in circa il 10% dei casi di PTC. Più recentemente sono state descritte mutazioni puntiformi attivanti BRAF nell’esone 15. Sulla base di questi primi risultati e allo scopo di valutare la possibilità di utilizzare la biologia molecolare per l’analisi del materiale agoaspirato dai noduli tiroidei, al fine di ottenere una diagnosi pre-chirurgica più accurata, abbiamo eseguito l’analisi della mutazioni di BRAF, dei riarrangiamenti RET/PTC e di TRK nel materiale ottenuto da un “singolo agoapirato”.

Esistono già degli studi pubblicati che hanno ricercato la presenza di questi geni nel materiale agoapirato dai noduli tiroidei, ma sono studi retrospettivi e limitati all’analisi di un oncogene o di pochi oncogeni per volta (67-69).

I nostri risultati mostrano che nel gruppo dei casi di carcinoma papillare utilizzato come controllo la frequenza di alterazioni genetiche è paragonabile a quella osservata nelle casistiche in cui lo studio viene eseguito su tessuto fresco dimostrando che la ricerca delle mutazioni eseguita sul liquido di lavaggio dell’agoaspirato è una metodica sensibile e specifica. Osservando la frequenza delle alterazioni geniche nei PTC individuati all’istologia nel gruppo di casi con citologia inadeguata emerge che questa è simile (42,1%) a quella ottenuta nei casi di controllo (53,3%). Inoltre in entrambi i casi l’alterazione molecolare più frequente è quella di BRAFV600. Quindi anche in questo gruppo caratterizzato da un’alta frequenza di varianti follicolari, il materiale raccolto consente di effettuare correttamente l’analisi molecolare.

Nella serie di campioni di PTC per i quali la diagnosi citologica non era stata posta a causa dell’inadeguatezza del materiale e risultati PTC

all’esame istologico, la frequenza totale delle alterazioni geniche era significativamente più bassa (20%) che nelle altre forme di PTC e la mutazione BRAFV600E era completamente assente. Una possibile spiegazione di questo risultato potrebbe essere che la scarsità, l’esiguità del materiale in esame non consente una adeguata diagnosi sia citologica che molecolare.

Nella nostra casistica 66 casi con citologia non diagnostica sono risultati NTB. Nel 6% di questi abbiamo trovato riarrangiamenti RET/PTC. Il riscontro di queste alterazioni in patologie di natura benigna è attualmente molto dibattuto in letteratura (70). Non si può escludere che l’utilizzo di una metodica così sensibile come la PCR e il southern blot riescano ad individuare, nel campione in esame, anche quella poche cellule che hanno gia’ subito la trasformazione neoplastica. Nello stesso tempo la presenza di RET/PTC nelle neoplasie benigne potrebbe essere anche spiegata dal fatto che questa alterazione genetica costituisca una lesione pre-neoplastica. Nessuna mutazione di BRAF è stata individuata in questo gruppo ad indicare che questo tipo di alterazione genica e specifica della forma maligna del carcinoma tiroideo. Da questo studio quindi emerge che la biologia

molecolare, ed in particolare l’analisi delle varie alterazioni oncogeniche, è sicuramente applicabile, con risultati attendibili, a campioni derivanti dal liquido di lavaggio dell’agoaspirato tiroideo utilizzato per l’esame citologico. Dal momento che l’analisi molecolare viene effettuata sul liquido di lavaggio dell’ago con cui e’ stata effettuta la FNA del nodulo tiroideo, e’ sufficiente sottoporre il paziente ad un “singolo agoapirato”, evitando cosi’ il possibile disconforto legato ad un eventuale doppio prelievo. L’analisi che noi abbiamo messo a punto è sicuramente applicabile in tutti i casi e la presenza di alterazioni molecolari nei campioni deve porre un dubbio sulla natuta maligna del campione anche quando l’analisi citologica non ponga una diagnosi certa di malignità. Un limite di questa metodica è rappresentato dai casi in cui il campione risulta inadeguato anche alla citologia. In questi casi infatti la presenza di un ridotto numero di cellule o di cellule degradate non permette di eseguire un’accurata analisi molecolare. In questi casi l’unica diagnosi possibile rimane quella istologica.

7. BIBLIOGRAFIA

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