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7 ANALISI DEGLI IETS ALL’ETNA SU UN INTERVALLO TEMPORALE PIÙ LUNGO (196-2011)

7.2 Analisi dei Dati

7.2.1 Analisi Spaziale della Sismicità

La variazione dei parametri statistici (Fig. 7.2) associate alle distribuzioni degli IETs (Fig. 7.3), calcolate per il periodo 1976-2011, mostrano che il livello di profondità Z < 5 km appare quello più attivo dal punto di vista sismico e meglio definito. L’alto valore di asimmetria (A > 0), osservato nei settori caratterizzati da profondità Z < 5 km (Fig. 7.2), suggerisce che la maggior parte dei terremoti hanno brevi intervalli di interricorrenza, si tratta quindi settori in cui avvengono un gran numero di eventi correlati (Fig. 7.3a). In particolare la distribuzione degli IETs nel settore sommitale del vulcano (S1, Fig. 7.2), possiede un picco particolarmente evidente sulla parte destra della curva (Fig. 7.3a), indicando la netta superiorità numerica degli eventi correlati rispetto gli eventi indipendenti. L’aperiodicità, invece, per il livello crostale più superficiale, ha valori di α > 1.5, ed assume α > 3 nel settore S1, indicando una forte clusterizzazione dell’attività sismica.

Fig. 7.2 - Mappa dei valori di asimmetria (a), curtosi (b), aperiodicità (c) delle distribuzioni degli IETs (scala colorata) per tre livelli di profondità (Z). Le linee tratteggiate, definiscono settori del vulcano differenziati sulla base di valori di soglia dell’asimmetria (-0.5 e +0.5).

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Fig. 7.3 - Distribuzioni degli IETs più rappresentative dei diversi settori per: a) Z < 5 km, b) 5 < Z < 12 km, c) Z > 12 km.

Nell’intervallo di profondità 5 < Z < 12 km, si osservano valori negativi di asimmetria (Fig. 7.2), che denotano un moderato numero di eventi correlati e quindi distribuzioni degli IETs tendenzialmente unimodali (Fig. 7.3b) caratterizzati da molti eventi indipendenti con alti tempi di inter-arrivo. In Fig. 7.2 è anche evidente che un diverso comportamento sismico distingue il settore orientale da quello occidentale del vulcano. Nel settore orientale sono presenti valori di asimmetria A ~ -1.5, e curtosi k > 3 (Fig. 7.2), che indicano la prevalenza di eventi non correlati; il settore occidentale è invece caratterizzato da una più alta percentuale di eventi correlati come suggerito dai valori: A ~ -0.5, k ~ 2 (Fig. 7.2). L’aperiodicità α (Fig. 7.2), indica che nel settore orientale la sismicità è stazionaria (α ~ 1), mentre nel settore occidentale i terremoti tendono a clusterizzarsi nel tempo (α > 2).

Infine, nel livello di profondità Z > 12 km, è possibile discriminare due settori. Il primo è D1, ed è localizzato nel settore NW del vulcano, settore interessato in tempi recenti (dopo il 2009) da forti sciami sismici. D1 possiede infatti valori di asimmetria A > 0, che indicano la

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presenza di molti eventi correlati e valori di aperiodicità che indicano sismicità clusterizzata nel tempo (α > 2). Il settore D2, invece, è localizzato nella porzione centrale del vulcano, dove i valori di aperiodicità, α ~ 1.5, indicano una sismicità che avviene in maniera continua nel tempo e l’asimmetria negativa indica che nel settore si verificano principalmente eventi indipendenti.

Per definire meglio le caratteristiche della sismicità nei singoli volumi crostali, lo studio degli IETs è stato affiancato a quello delle curve cumulative del numero di terremoti nel tempo, calcolate sia per l’intero vulcano che per i differenti settori distinti. Sia sull’intero dataset (Fig. 7.4) che nei singoli settori (Fig. 7.5), si osserva che lo stile sismico non è costante nel tempo ma periodi di più alta frequenza di accadimento dei terremoti si alternano a periodi di bassa sismicità.

Fig. 7.4 – Numero cumulativo di terremoti nel tempo, calcolato all’Etna per il dataset 1976-2011, Md > 2.5. Le aree colorate indicano la durata delle principali eruzioni laterali (in rosso) e sommitali (in azzurro) (Andronico and Lodato, 2005; dati da bollettino disponibili in: http://www.ct.ingv.it/it/banca-dati-delle eruzioni/eruzioni-etna.html).

Analizzando in dettaglio le curve del numero di terremoti cumulati nel tempo su ogni settore (Fig. 7.5), si osserva un differente comportamento per profondità Z < 5 e per Z > 5 km.

Nel primo caso (Fig. 7.5a), si osserva l’alternanza di periodi di intensa e modesta attività sismica; i periodi di elevata sismicità sono così rilevanti che influenzano fortemente il pattern della curva cumulativa dei terremoti calcolata per l’intero vulcano (Fig. 7.4). Per Z < 5 km, la frequenza di accadimento dei terremoti è particolarmente alta fino al 1987, mentre l’intervallo temporale 1987-2001 mostra una riduzione dell’attività sismica (Fig. 7.5a). Questo fenomeno potrebbe essere legato all’assenza di eruzioni laterali e alla prevalente attività sommitale avvenuta soprattutto a seguito dell’eruzione di fianco 1991-1993 (Allard et al., 2006). Tale riduzione della sismicità è particolarmente evidente nel settore S1 (Fig. 7.5a), dove di solito la moderata attività sismica è interrotta da improvvisi incrementi della frequenza di accadimento

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dei terremoti che accompagna l’inizio delle eruzioni laterali (Fig. 7.5a). Le eruzioni sommitali, invece, sono precedute e accompagnate da un graduale incremento dell’attività sismica nel settore S1 (Fig.7.5a). Queste evidenze supportano ulteriormente la stretta relazione tra attività vulcanica e incremento del rate sismico nei primi 5 chilometri di crosta del vulcano, già messa in evidenza nei capitoli 5 e 6.

Quando il numero cumulativo dei terremoti è calcolato per i settori con 5 < Z < 12 km e Z > 12 km, non si osservano significativi incrementi dell’attività sismica durante l’intero periodo 1976-2011. Solo in pochi casi lievi incrementi dell’attività sismica nel settore occidentale del vulcano (settore I1, Fig.7.5b) precedono alcune eruzioni di fianco, e questo fenomeno continua ad essere osservato a profondità superiori Z > 12 km (settore D2 in Fig. 7.5c).

Fig. 7.5 – Numero cumulativo di terremoti nel tempo, nei differenti settori individuati all’Etna per a) Z < 5 km; b) 5 < Z < 12 km; c) Z > 12 km. Le aree colorate indicano la durata delle principali eruzioni laterali (in rosso) e sommitali (in azzurro) (Andronico and Lodato, 2005; dati da bollettino disponibili in:

http://www.ct.ingv.it/it/banca-dati-delle eruzioni/eruzioni-etna.html).

Un confronto più accurato tra le curve del numero di terremoti cumulati nel tempo, per profondità intermedia (5 < Z < 12 km) e profonda (Z > 12 km), nel settore occidentale e sud- occidentale del vulcano (Fig. 7.6), mostra che incrementi della frequenza di accadimento

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dell’attività sismica precedono, di qualche giorno (a volte settimane), l’inizio di molte eruzioni laterali e di alcune eruzioni sommitali. In particolare, si osserva che gli incrementi dell’attività sismica in esame, iniziano nel livello sismogenico profondo (Z > 12 km) e continuano in quello più superficiale (5 < Z < 12 km). Questo comportamento può essere interpretato come il primo segnale di ricarica profonda (Z > 12 km) del sistema vulcanico che poco dopo è seguito da un incremento della sismicità nei livelli più superficiali (5 < Z < 12 km) probabilmente a causa della migrazione di magma. In successione temporale, gli sciami sismici (Z < 5 km) osservati in occasione delle principali eruzioni laterali, potrebbero essere indicatori dell’ultima fase del processo di risalita di magma, segnando l’apertura delle fratture eruttive. Bisogna tuttavia specificare, che questa tendenza alla migrazione degli ipocentri (che testimoniano la risalita di magma verso la superficie), non è osservata in alcuni casi, come ad esempio in occasione delle eruzioni laterali del 2002 e del 2004. In questi casi, potrebbe essere ipotizzato che il magma stazionava già a livelli crostali superficiali, in seguito ad un precedente processo di risalita (Andronico et al., 2005; Collins et al., 2013).

Fig. 7.6 - Confronto tra la curva cumulativa dei terremoti nel settore I1 (in verde) e nel settore D2 (in nero). Le linee tratteggiate indicano l’inizio delle principali eruzioni di fianco F e sommitali S (Andronico and Lodato, 2005; dati da bollettino disponibili in: http://www.ct.ingv.it/it/banca-dati-delle eruzioni/eruzioni-etna.html), mentre le aree in grigio indicano i periodi in cui nel settore W e SW del vulcano, si è verificato, in successione temporale, un incremento della sismicità rispettivamente per Z > 12 km e per 5 < Z < 12 km.