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5 ANALISI DEI DATI: MD > 2

5.1 Analisi Temporale

5.1.1 Stima del Contributo degli Sciami nel Dataset

Per isolare il contributo degli sciami sismici e delle sequenze sismiche, e stimare le differenze tra pattern della distribuzione degli IETs ottenute usando l’intero catalogo dei terremoti etnei e quello declusterizzato, è stata applicata la procedura standard di declustering di Reasenberg (1985). L’algoritmo è stato applicato seguendo alcuni criteri scelti dopo aver effettuato alcune verifiche sul dataset, riguardo la durata media delle sequenze sismiche e la dimensione del volume focale che esse interessano. I criteri adottati principalmente sono: (i) l’intervallo di temporale tra eventi della stessa sequenza non eccede i dieci giorni, (ii) la massima distanza epi- ed ipocentrale tra due eventi è contenuta in un raggio di 5 km.

In Fig. 5.4 è riportato il numero di terremoti nel tempo calcolato sul catalogo intero e su quello declusterizzato; il confronto tra i due cataloghi indica che circa il 21% della sismicità presente nell’intero dataset è rappresentata da foreshock/aftershocks (quindi la sismicità di background rappresenta il 79% dei terremoti che si sono verificati all’Etna nel periodo 1988- 2011).

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Fig. 5.4 – Numero di terremoti che si sono verificati nel tempo durante il periodo 1988-2011 all’Etna con Md > 2.5; relativi all’intero catalogo (in blu) ed al catalogo declusterizzato (in rosso).

Come si osserva dalla Fig. 5.5, l’applicazione dell’algoritmo di Reasenberg non ha eliminato tutti gli eventi correlati presenti nel dataset di partenza; si nota inoltre che la procedura applicata per il declustering risulta maggiormente efficace sui livelli crostali più superficiali, dove la maggior parte degli eventi caratterizzati da brevi intervalli temporali sono stati eliminati dal catalogo di partenza.

I “gradini” riferiti alle crisi sismiche, infatti, sono molto smussati sugli livelli sismogenici Z < 5 km e 5 < Z < 12 km, mentre i gradini relativi alla sismicità etnea con Z > 12 km hanno un’altezza paragonabile a quella che si osserva sul dataset intero (Fig. 5.3c). Una stima della quantità di terremoti eliminati dal dataset, con il declustering, si può avere facendo un confronto tra il numero di eventi riportato sull’asse delle ordinate dei grafici in Fig. 5.3 e Fig. 5.5.

Il numero cumulativo totale dei terremoti, calcolato per i tre livelli di profondità, sul catalogo intero e su quello declusterizzato (Fig. 5.3 e Fig. 5.5), è rispettivamente variato: da 754 a 535 per Z < 5 km, (il numero degli eventi si è ridotto circa del 30%), da 309 a 296 per i terremoti intermedi con 5 < Z < 12 km (è stato eliminato circa il 5% dei terremoti), e da 261 a 242 sul livello crostale Z > 12 km (la diminuzione è stata dell’8%).

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Fig. 5.5 - Numero di terremoti nel tempo con Md > 2.5, calcolati sul catalogo declusterizzato, riferito a tre livelli di profondità: a) inferiore a 5 km, b) tra 5 e 12 km, c) superiore a 12 km. I periodi evidenziati in grigio specificano la durata delle principali eruzioni etnee, mentre le linee tratteggiate indicano i “gradini” più evidenti dovuti a importanti crisi sismiche che in alcuni casi hanno accompagnato l’inizio delle eruzioni, in altri casi, come nel 2010, si sono verificati in periodi lontani da attività eruttiva.

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Tenendo presente i risultati ottenuti applicando l’algoritmo di Reasenberg, è stata calcolata la distribuzione degli IETs sul catalogo dei terremoti etnei declusterizzato (dove, quindi, gran parte degli aftershock sono stati eliminati); la curva ottenuta possiede un picco molto evidente centrato su valori di IETs di ~106 s (curva in rosso, Fig. 5.6), mentre il picco a brevi IETs (~103 s) precedentemente associato agli sciami, è fortemente smorzato rispetto quello che caratterizzava la distribuzione degli IETs sull’intero catalogo (curva in blu, Fig. 5.6). Questo risultato conferma che la maggior parte degli IETs che incrementano il picco a ~103 s, sono riconducibili ad eventi correlati.

Fig. 5.6 – Confronto tra le distribuzioni degli IETs relative all’intero catalogo 1988-2011, Md > 2.5 (in blu) ed al medesimo catalogo dopo essere stato declusterizzato (in rosso).

Adesso valutiamo le differenze tra pattern della distribuzione degli IETs calcolate sull’intero catalogo sismico e su quello declusterizzato considerando differenti soglie di completezza. L’intero catalogo sismico è caratterizzato da evidente bimodalità qualsiasi sia la soglia di magnitudo per cui si filtra il dataset (Fig. 5.7), quindi sono sempre presenti sia il picco associato agli eventi correlati che quello riconducibile alla sismicità di background (o agli eventi indipendenti). Soltanto filtrando il dataset per una soglia energetica di Md > 3.5 il pattern della distribuzione degli IETs presenta unimodalità, ed è caratterizzato soltanto dal picco associato agli eventi non correlati (Fig. 5.7).

Invece, nelle distribuzioni degli IETs calcolate usando il catalogo declusterizzato, differentemente dalle precedenti, il picco associato agli sciami sismici è appena accennato per tutte le soglie di magnitudo prese in esame (Fig. 5.8). Questo dato avvalora ulteriormente l’ipotesi che sono gli eventi correlati o aftershocks a dare luogo al picco caratterizzato da un IET di ~103 s. Quindi questo IET è dovuto con molta probabilità all’accadimento di eventi che si verificano con tempi di intercorrenza molto brevi ed appartenenti allo stesso volume sismogenico. Ulteriori conferme, riguardo questa affermazione, saranno argomentate nel paragrafo 5.4.

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Si nota infine, che in entrambi i dataset discussi fino ad ora (catalogo declusterizzato e non), il picco a più alti IETs è gradualmente shiftato verso destra (Fig. 5.7 e 5.8) all’aumentare della soglia energetica considerata, indicando che il tempo che intercorre tra eventi non correlati aumenta con la magnitudo. Infatti, in accordo con la legge di Gutenberg-Richter (1944), a parità di area ed intervallo temporale analizzato, il numero di terremoti decresce con la soglia energetica degli eventi considerati. Terremoti a bassa energia ricorrono più frequentemente rispetto quelli più forti, seguendo l’espressione:

dove N è il numero di terremoti, A e b sono due costanti che definiscono il rate sismico nell’area considerata, M è la magnitudo.

Fig. 5.7 – Distribuzioni degli IETs calcolate filtrando l’intero catalogo dei terremoti etnei per diverse soglie di magnitudo (da Md > 2.5 a Md > 3.5).

bM A N = −

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Fig. 5.8 - Distribuzioni degli IETs calcolate filtrando il catalogo dei terremoti etnei declusterizzato. Le distribuzioni sono state calcolate per diverse soglie di magnitudo (da Md > 2.5 a Md > 3.5).

I risultati ottenuti con il catalogo declusterizzato, confermano che i due picchi (o mode), che caratterizzano la distribuzione degli IETs all’Etna (Fig. 5.1 in blue), possono essere associati in questo contesto: (i) alla attività sismica stazionaria di background (rappresentata da eventi non correlati tra loro), (ii) al contributo degli sciami sismici che occasionalmente interrompono la normale attività sismica all’Etna.