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7. MATERIALI E METOD

7.6 Analisi statistica

Tutti i dati sono stati espresso come media ± deviazione standard (SD).

I valori erano distribuiti normalmente secondo il metodo Kolmogorov-Smirnov.

La comparazione attraverso i gruppi per il metodo TOSCA è stata eseguita attraverso t- student e ANOVA non-parametrica per valori ripetuti e usato il post-hoc Bonferroni test. I valori assumevano rilevanza statistica per valore inferiore a p<0.05.

Le analisi sono state condotte utilizzando il software Prism 4.0 (GraphPad Software Inc., San Diego, CA, USA).

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8. RISULTATI

Dai risultati trovati si evince che l’attività fisica e la supplementazione con catechina migliorino la risposta tissutale all’attività antiossidante.

Nella tabella 1, si riportano i dati ottenuti dallo studio.

Al termine del training si osserva un incremento della capacità antiossidante tissutale nei ratti allenati e in quelli trattati con catechina.

Andando nello specifico (fig. 1), si può vedere come i ratti allenati e i ratti tratti con catechina presentino una capacità antiossidante per quanto riguarda i perossilici (ROO·) aumentata rispetto ai controlli. (4.71±0.05 vs 4.95±0.49; 1.88±0.51; p<0.001).

Si può affermare la solita cosa sia per quanto riguarda la capacità antiossidante verso gli idrossilici e dei derivati della perossinitrite.

Nello specifico, si vede come i ratti allenati e i ratti trattati con catechina presentino una capacità antiossidante per gli idrossilici (OH-) superiore rispetto ai controlli. (1.33±0.21 vs 0.44±0.06 vs 0.09±0.05).

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Per ultimo vediamo come i ratti allenati e i ratti trattati con catechina presentino una capacità antiossidante per i derivati della perossinitrite (ONOO-) aumentata rispetto ai controlli (6.04±0.51 vs 5.87±0.51 vs 1.21±0.48).

In figura 2, è stata messa a confronto la risposta antiossidante tissutale dei ratti allenati e dei ratti trattati con catechina sempre rispetto ai perossilici (ROO·); agli idrossilici (OH-); e ai derivati della perossinitrite (ONOO-).

Dalla figura 2 si evince che non vi siano differenze significative nell’attività antiossidante tissutale tra i ratti allenati e i ratti trattati con catechina; per i perossilici (ROO·) e i derivati della perossinitrite (ONOO-).

Mentre differenze significative sono state osservate nell’attività antiossidante tissutale tra i ratti allenati e i ratti trattati con catechina per gli idrossilici.

In questo caso, e solo in questo caso, si è registrato un miglioramento della risposta nell’attività antiossidante tissutale in seguito ad attività fisica.

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9. DISCUSSIONE E CONCLUSIONE

Il danno indotto da ischemia-riperfusione cerebrale vede il coinvolgimento delle specie radicaliche nella creazione e diffusione del danno cellulare.

L’ischemia e la riperfusione fanno la loro comparsa a livello cerebrale a seguito di eventi di tipo ischemico ed alla restaurazione del flusso ematico, provocando numerosi danni alla struttura e alla funzione dell’encefalo.

Il tessuto encefalico rappresenta uno dei principali bersagli di danno redox a causa della grande quantità di lipidi suscettibili alla perossidazione, all’elevata attività ossidativa ed alla scarsa attività antiossidante (Miller MW., et all., 2014).

Tutte le aree cerebrali sono “attaccate” dal danno ossidativo, la corteccia prefrontale rappresenta l’area implicata nel movimento e nella gestione spaziale, motivo per cui può essere in diretta relazione con il danno ischemico e i sistemi antiossidanti.

In quest’ottica, il nostro lavoro si è focalizzato sull’analisi dell’attività antiossidante della corteccia prefrontale in seguito al danno indotto da ischemia e riperfusione in ratti allenati vs sedentari vs trattati con catechina.

Abbiamo investigato se una costante attività fisica o l’assunzione giornaliera di antiossidanti naturali fossero in grado di determinare una maggior protezione dal danno ischemico mediante l’incremento dell’attività antiossidante tissutale.

I risultati ottenuti hanno evidenziato la capacità protettiva in generale sia dell’attività fisica che della supplementazione con catechina nei confronti del danno ischemico.

Infatti, dai dati si rileva come i ratti allenati e trattati presentavano una maggior capacità antiossidante tissutale nei confronti di tutte e tre le specie radicaliche: perossilici, idrossilici e derivati della perossinitrite.

L’incremento dell’attività antiossidante risulta essere un dato molto interessante, alla luce di quanto la letteratura riporta inerente il danno indotto da RONS.

Sia l’attività fisica che la supplementazione con antiossidanti stanno riscontrando un grande successo in letteratura scientifica.

Molti studi hanno evidenziato il ruolo protettivo di tali pratiche nel combattere lo stress ossidativo. Le vie di segnalazione attraverso cui agiscono però sembrerebbero differenti. Infatti l’attività fisica è in grado di indurre un potenziamento delle difese antiossidanti endogene (SOD, Catalasi, GPx etc…) mediante un adattamento allo stress ossidativo. Ovvero, nel corso di un regolare esercizio fisico protratto nel tempo si ha origine una condizione denominata ormesi (Troy L.M., Michael R., 2015).

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Tale effetto è in grado di determinare una attivazione dei pathway genetici atti all’incremento dei sistemi antiossidanti.

La cosa curiosa è che tali pathway sembrano essere dipendenti dall’incremento della concentrazione dei RONS.

Di contro, la supplementazione con antiossidanti agisce secondo un altro schema.

Infatti la teoria più comune vede il ruolo degli antiossidanti come agenti tamponanti le specie radicaliche.

Ovvero riescono a “sacrificarsi” donando o accettando elettrone in modo da rendere inermi i RONS. Risulta però evidente come al momento della sospensione dell’integrazione con antiossidanti che il potenziale effetto positivo possa svanire, a differenza che dell’attività fisica che ha un effetto protratto nel tempo fino a tarda età.

È ormai risaputo come soggetti anziani che hanno effettuato attività fisica per tutto il corso della vita presentino una capacità antiossidante plasmatica superiore rispetto ai coetanei e sovrapponibile al controllo sedentario giovane (Daniele S., et all., 2017).

Tali dati però, a nostra conoscenza, non sono stati dimostrati per quanto riguarda l’assunzione di integratori ad azione antiossidante.

I risultati ottenuti sono molto interessanti alla luce del ruolo e degli effetti notevoli sulle strutture delle molecole con cui interagiscono le tre specie radicaliche analizzate (Vider J., et all., 2001).

Il radicale idrossilico è una molecola altamente reattiva, con breve emivita, ma che reagisce molto rapidamente con quasi tutti i tipi di molecole presenti in un organismo vivente (zuccheri, amminoacidi, fosfolipidi, DNA e acidi organici), compromettendone la funzionalità.

Di contro, anche i radicali perossilici stimolano la perossidazione degli acidi grassi e possono promuovere lo sviluppo di tumori.

I derivati della perossinitrite sono considerati i principali responsabili dei danni all’endotelio dei capillari cerebrali.

L’ONOO- può ossidare i lipidi, ossidare le proteine denaturandole e ossidare il DNA provocando la formazione di nitroguanina (Phaniendra A., et all., 2013).

Dalla prima analisi si riscontra come l’incremento dell’attività antiossidante tissutale sia da ricercarsi da una up-regulation degli enzimi antiossidanti.

Normalmente, i saggi di valutazione di attività antiossidante o stress ossidativo vanno ad indagare i vari biomarker di risposta al danno quali ad esempio MDA, TBARS oppure l’espressione o meno delle molecole enzimatiche, senza una reale specificità.

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Quello invece che abbiamo evidenziato dal nostro lavoro è la reale attività specifica dell’omogenato di tessuto di corteccia prefrontale nei confronti delle specie radicaliche maggiormente studiate in fisiopatologia.

Dalla valutazione dei ratti allenati e trattati si riscontra come vi sia un incremento totale delle difese antiossidanti nei confronti delle tre specie radicaliche.

Sottolineando la capacità di indurre una risposta specie specifica ad ampio raggio. Di interessante analisi è l’incremento nei confronti dei derivati della perossinitrite.

Tale condizione è altamente rilevante alla luce dell’importanza dell’ossido nitrico come mediatore antiaggregazione piastrinica e il suo ruolo a livello della risposta meccanocettiva. Infatti, il miglioramento dell’attività antiossidante nei confronti di questi derivati permette una maggior biodisponibilità di questo radicale libero, permettendo così una miglior risposta a livello sinaptico, che garantisce anche la migliore regolazione del rilascio di ormoni e neurotrasmettitori, come l'adrenalina (Bailey DM., et all., 2010).

Il secondo step del nostro studio è stato quello di valutare e mettere a confronto tra loro i ratti allenati e trattati.

Si osserva come entrambi non presentino una differenza significativa nei confronti dei radicali perossilici e derivati della perossinitrite.

Sottolineando la capacitià di entrambi i trattamenti nel modulare la risposta antiossidante specifica.

Di rilevante interesse invece è il confronto verso i radicali idrossilici. Infatti in questo caso l’attività fisica si dimostra maggiormente in grado di migliorare le difese antiossidanti a dispetto del trattamento con catechina (+67% vs OH).

Considerazione questa veramente interessante.

Infatti, i radicali idrossilici, a causa della loro breve emivita (ms) sono altamente reattivi e difficili da contrastare dalle difese antiossidanti; da ricordare come nell’uomo non siano presenti un elevato numero di difese antiossidanti nei confronti di questo radicale. Non solo, infatti il corpo umano, con particolare riferimento al sistema nervoso centrale, risulta essere altamente suscettibile al danno indotto da questo radicale libero alla luce delle scarsissime protezioni antiossidanti offerte dalle cellule.

In conclusione, dallo studio effettuato si riscontra come una costante e moderata attività fisica e la supplementazione con catechina siano in grado di determinare non solo un incremento dell’attività antiossidante tissutale in modo specifico, come evidenziato dalla letteratura, ma siano in grado di indurre una maggior protezione nei confronti del danno ossidativo indotto da IR.

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Di contro però si riscontra come l’attività fisica a dispetto della supplementazione sia in grado di determinare una maggior protezione nei confronti di tutte le specie radicaliche maggiormente coinvolte nella fisiopatologia umana, sottolineando come sia superiore e più efficace allenarsi che assumere integratori.

Tale considerazione trova rilievo alla luce dell’utilizzo dell’esercizio fisico in prevenzione primaria al fine di cercare di ridurre i possibili danni indotti da ictus, andando così a migliorare la qualità della vita (QoL) dei pazienti.

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