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Analisi storica in chiave legale: gli atti rilevanti nella questione taiwanese

Cina risultò tra le potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale. Eppure, anche se le potenze espressero la loro intenzione di restituire Taiwan (come anche la Manciuria e le Pescadores) alla Cina, questo passaggio non è ancora avvenuto. Durante la Conferenza del Cairo, conclusasi con la dichiarazione del 27 novembre 1943, si proclamarono gli intenti comuni di Gran Bretagna, Stati Uniti e Cina di fermare l’imperialismo giapponese in Asia, intenzione poi confermata anche dalla Dichiarazione di Postdam del 26 luglio 1945. Secondo alcune interpretazioni, tuttavia, la Dichiarazione del Cairo non andava letta “come un progetto finale per l’Asia del dopo guerra”16: solo gli Stati Uniti di Roosevelt, infatti, proponevano che la Cina andasse trattata al pari delle altre grandi potenze, ma di fatto il cambiamento nel contesto regionale asiatico (la Guerra di Corea) e le contorte dinamiche politiche degli allineamenti post-bellici non portarono mai alla firma di un trattato che garantisse un’effettiva e chiara sovranità cinese sulle isole. Si sancì, infatti, solamente una rinuncia giapponese alla sovranità sulle stesse, rendendole quindi, secondo Arthur H. Dean,

“terra nullius”17.

I principali documenti da tenere in considerazione per capire lo status legale di Taiwan sono il Trattato di Shimonoseki, le Dichiarazioni del Cairo e di Postdam, il Trattato di Pace di San Francisco e il Trattato di Taipei. Del Trattato di Shimonoseki, che sancì la sovranità giapponese su

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Per capire la gerarchia delle fonti nel diritto internazionale, si veda Diritto internazionale pubblico, Edizioni Giuridiche Simone (7° edizione), Napoli (ITA), 2006, pp. 156-164.

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L’art.1 della Convenzione di Montevideo sui diritti e doveri degli Stati (1933) elenca quattro requisiti per godere della sovranità, ossia una popolazione permanente, un territorio definito, un potere di governo esclusivo e la capacità di intrattenere rapporti con altri Stati. La priorità, all’epoca, era data ad aspetti empirici, quindi. Ora invece si ritiene un requisito essenziale anche il riconoscimento internazionale. BERG Eiki & KUUSK, Ene, What makes sovereignty a relative concept? Empirical approaches to international society, in Political Geography 29, 2010, p. 41.

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STEWART Maxwell S., The Cairo Declaration, Far Eastern Survey, vol. 12, n. 25, 22 dicembre 1943, pp. 241-242.

17

LIU Xiaoyuan, China and the Issue of Postwar Indochina in the Second World War, Modern Asian Studies, vol. 33, n. 2 maggio 1999, pp. 445-446 e DEAN Arthur H., United States Foreign Policy and Formosa, Foreign Affairs, XXXIII, 1955, p. 373.

48 Taiwan e le Penghu, si è già accennato in precedenza. Fu firmato il 17 aprile 1895, dopo la sconfitta cinese col Giappone. È sicuramente uno degli eventi chiave per comprendere il senso di umiliazione nazionale che ancora oggi scuote i sentimenti di buona parte del popolo cinese18. In quel contesto, il governo Qing ha ceduto il controllo di Taiwan al Giappone con un trattato ineguale, il che lo renderebbe, secondo alcune interpretazioni, nullo e privo di efficacia ab initio19. Il contenuto del Trattato di Shimonoseki venne ripreso anche nelle successive dichiarazioni del Cairo e di Postdam, rispettivamente del 27 novembre 1943 e del 26 luglio 1945. La Dichiarazione del Cairo affermava la volontà di “privare il Giappone del controllo sulle isole del Pacifico che aveva conquistato o

occupato dalla Prima guerra mondiale nel 1914, e che i territori sottratti ai cinesi, come la Manciuria, Formosa [Taiwan] e le Pescadores [Penghu] dovevano esser restituiti alla Repubblica di Cina” (enfasi aggiunta)20. Ancora, a Postdam fu aggiunto che “I termini della Dichiarazione del

Cairo devono esser resi effettivi […] limitando la sovranità giapponese alle isole di Honshu, Hokkaido, Kyushu, Shikoku e alcune altre isole minori”. Ma il fatto che determina la sovranità

cinese su Taiwan è la sconfitta e conseguente resa del Giappone nel secondo conflitto mondiale, che ristabilirebbe il controllo cinese sull’isola. Tuttavia, per quanto la Cina (ROC) occupasse de facto Taiwan dal 1945, secondo alcune tesi la sovranità del territorio rimase de jure ai nipponici fino alla firma del Trattato di pace di San Francisco, avvenuta l’8 settembre 195121. Nel trattato, il Giappone rinuncia ai propri diritti sulle isole conquistate, ma non indica alcun nuovo beneficiario, e secondo alcuni non compie un vero e proprio passaggio di sovranità (la tesi precedentemente citata di Arthur H. Dean in merito alla terra nullius). Viene però contestato anche questo ipotetico vuoto, in quanto la Cina non ha preso parte al trattato: i termini, quindi, non avrebbero effetto per le parti non contraenti. Inoltre, l’obiettivo del Trattato di San Francisco non era quello di modificare le

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SAMARANI, La Cina del Novecento, 2004, pp. 50-51. Oltre a questo, vengono elencati il Trattato di Portsmouth (1905) e il Trattato di pace di Versailles (1919).

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SHEN, Jianming, Sovereignty, Statehood, Self-Determination, and the Issue of Taiwan, in American University International Law Review, vol. 15, n. 5, 2000, p. 1110. L’autore si richiama alle condizioni di invalidità stipulate nella Convenzione di Vienna sul Diritto dei trattati (1969). Secondo l’interpretazione di Conforti, invece, i trattati ineguali non possono essere considerati invalidi per vizio di violenza, a meno che non si dimostri valida la clausola rebus sic stantibus, ossia il mutamento delle circostanze di fatto esistenti al momento della stipulazione, purché si tratti di circostanze essenziali. CONFORTI, Benedetto, Diritto internazionale, pp. 34-35, al link:

http://www.paolonesta.it/attachments/article/2695/Diritto%20Internazionale.pdf.

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Dichiarazione del Cairo, 1 dicembre 1943, in SHEN, Jianming, Sovereignty, Statehood, Self-Determination, and the Issue of Taiwan, 2000, p.1112.

21 CHAN, Phil C.W. The Legal Status of Taiwan and the Legality of the Use of Force in a Cross-Taiwan Strait Conflict,

49 dichiarazioni fatte al Cairo o a Postdam (sul cui valore legale si può comunque discutere22), quanto piuttosto di formalizzarle: la specifica del beneficiario non era, pertanto, legalmente necessaria. Non avendo preso parte al trattato del 1951, Cina e Giappone stipularono un trattato bilaterale a parte, il Trattato di Taipei (28 aprile 1952). Per quanto riguarda la sovranità di Taiwan, non viene aggiunto nulla di nuovo rispetto all’accordo di San Francisco. La voluta ambiguità del linguaggio relativo al beneficiario, nonché la scelta dell’ente politico in rappresentanza della Cina (la ROC) vanno inquadrati nel contesto della Guerra fredda: con lo scoppio del conflitto in Corea si assiste a un mutato interesse statunitense nei confronti di Taiwan e del governo nazionalista. Mantenerlo in essere era in linea con l’obiettivo nazionale americano, anticomunista e anti sovietico.

Sotto l’aspetto legale, quanto avvenuto il 1 ottobre 1949, giorno in cui fu istituita la RPC, è definito dal diritto internazionale con la formula forma regimis mutata non mutatur ipse civica: il mutamento del regime, da quello nazionalista della ROC, a quello comunista della RPC, non ha estinto la personalità giuridica dello Stato “Cina”. La successione della RPC alla ROC23, quindi, ha implicato il trasferimento dei trattati localizzabili (quelli concernenti natura reale o territoriale) al nuovo governo. Secondo il principio uti possidetis, ita possideatis, quindi, se Taiwan era cinese prima del 1949, lo è rimasta anche dopo24.

Da parte della comunità internazionale, il riconoscimento della sovranità sulla Cina in favore della RPC è avvenuto molto tempo dopo, e una svolta in tal senso è stato il cambio di rappresentanza governativa alle Nazioni Unite, nel 1971. Tuttavia, il riconoscimento ha due importanti implicazioni: che la RPC esista legalmente già dalla sua fondazione nel 1949, rendendo così nullo il trattato del 1952 (perché firmato da un governo non legittimo)25, e che l’attuale governo della ROC a Taiwan

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Gli ‘atti unilaterali’, come ad esempio una dichiarazione, sono una manifestazione di volontà di uno o più soggetti internazionali. Sono produttivi di effetti giuridici se presentano due condizioni, ossia la chiara volontà espressa, e una adeguata pubblicità. Diritto internazionale pubblico, Edizioni Giuridiche Simone (7° edizione), Napoli (ITA), 2006, pp. 219-220.

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L’unica possibile variante legalmente coerente per sostenere la sovranità della ROC su Taiwan, è quella di affermare che in realtà sia avvenuta una secessione da parte della RPC: secondo questa lettura, la ROC controllerebbe Taiwan continuativamente dal 1945, e nel 1949 la mainland si sarebbe distaccata dalla ‘Cina’. DELISLE, Jacques, Taiwan: Sovereignty And Participation In International Organizations, in E-notes, Foreign Policy Research Institute (FPRI), luglio 2011. Tale linea di pensiero appare però difficile da sostenere, anche in virtù della storia delle Nazioni Unite, che hanno sostituito la ROC in favore della RPC, anziché permettere a entrambe di parteciparvi; inoltre, fino a prima della ‘teoria dei due Stati’ di Lee (1999) , la posizione della ROC era sempre rimasta in linea con una qualche forma di one China policy.

24 GIULIANO, Mario, La comunità internazionale e il diritto, Padova (ITA), CEDAM, 1994; CONFORTI, Benedetto, Diritto

internazionale, Editoriale Scientifica, IX edizione, 2013.

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CHAN, Phil C.W. The Legal Status of Taiwan and the Legality of the Use of Force in a Cross-Taiwan Strait Conflict, Chinese Journal of International Law, vol. 8, n. 2, 2009, pp. 461-462; DELISLE, Jacques, Taiwan: Sovereignty And Participation In International Organizations, in E-notes, Foreign Policy Research Institute (FPRI), luglio 2011, p. 3.

50 non sia il successore della ROC fondata nel 1912 (non potendo far leva, pertanto, sul principio di autodeterminazione esterna)26. Secondo la prospettiva legale, la svolta democratica degli anni novanta e l’effettiva amministrazione a Taiwan esercitata dalla ROC negli ultimi decenni, non hanno alcun valore ai fini di creare un nuovo Stato: la secessione potrebbe avvenire solo col consenso del legittimo governo cinese, quello di Pechino.

Occorre precisare che la questione è tutto fuorché facile da trattare, sia per i limiti intrinseci del diritto internazionale27, sia per la criticità del caso specifico. Contribuiscono ad alimentare la tensione gli interessi di numerosi attori internazionali, tanto che ad oggi, sessantotto anni dopo la conclusione del secondo conflitto bellico mondiale, la soluzione più generalmente accettata rimane ancora quella del mantenimento dello status quo28.

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