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Anastilosi e ricomposizione dei frammenti architettonici 101

La tendenza diffusaa ricomporre gli organismi edilizi recuperando i frammenti crollati (sia ossature murarie che elementi di decorazione architettonica), consente di ricostruire almeno in parte i metodi di rialzamento e di ancoraggio dei singoli elementi, nonché le tecniche di consolidamento strutturale ed i sistemi di centinatura adottati in quegli anni.

Gli elementi di crollo, individuati ed isolati durante gli sterri, venivano analizzati nelle loro condizioni di giacitura e nelle loro caratteristiche strutturali; si tentava quindi di ricollocarli mentalmente, prima ancora che fisicamente, nelle posizioni originarie. Se la presenza di tracce utili alla comprensione strutturale del contesto conferiva attendibilità alla ricostruzione proposta, e se esistevano le condizioni materiali per un’eventuale integrazione delle parti mancanti, si poteva procedere a singole anastilosi o a più complessi progetti di ricomposizione, generalmente affidati, nel corso del Novecento, alla competenza architettonica di Italo Gismondi anche se non mancarono interventi diretti dagli altri protagonisti ostiensi1.

Il primo problema riguardava la possibilità di sollevare i crolli, facendo in modo che non venissero danneggiati dalle sollecitazioni a trazione esercitate dalle macchine di sollevamento (paranchi agganciati a capre o a castelli lignei). Se infatti molte strutture murarie ostiensi presentavano una tenacia tale da apparire quasi monolitiche, numerose altre di qualità costruttiva inferiore o semplicemente meno conservate, necessitavano di particolare attenzione e a volte di interventi di preconsolidamento. In gioco non c’era solo la conservazione dei manufatti ma anche l’incolumità degli operai2. I pezzi venivano avvolti in legature di funi multiple, ben tese, giuntate tra loro e fissate ai paranchi tramite nodi e cappi. Tra le funi ed i muri crollati, specie in presenza di cortine, si interponeva uno strato di protezione ottenuto con legnami diversi, secondo le disponibilità del cantiere: questo strato, a volte doppio, evitava il contatto diretto delle funi con le strutture, preservandone l’integrità durante le operazioni di sollevamento (fig. 1). La fasciatura protettiva di legname veniva prevalentemente impiegata nel rialzamento di crolli pertinenti a membrature murarie; non era invece necessaria nel sollevamento di blocchi lapidei, data la maggiore resistenza meccanica del marmo o del travertino, se non in corrispondenza di fragili modanature degli elementi di decorazione architettonica (fig. 2).

1 Sulla possibilità che almeno in alcuni casi le ricostruzioni furono l’esito di scelte operate da Calza e prima di lui da

Vaglieri o da Finelli, cfr. infra, par. 3.3 “Lo studio e la ricostruzione delle architetture ostiensi: il ruolo di I. Gismondi”.

2 Eloquenti le premure di Finelli durante i lavori di spostamento dei crolli rinvenuti lungo Via di Diana (G.S. febbraio

1915): “Il movimento di questi pezzi non è cosa tanto facile sia per il peso di essi che dei grossi blocchi di cui si compongono, sia anche per lo stato di poco buona conservazione in cui si trovano, perciò essi esigono cure minuziose per non farli rompere e per evitare disgrazie”.

1. Via del Pomerio, 1925-26. Fasciatura protettiva di un frammento di pilastro in muratura (Arch. fot. Ostia, n. B2296).

2. Tempio di Roma e Augusto, 1924. Protezione dei blocchi lapidei (Arch. fot. Ostia, n. B2287).

La possibilità d’innalzamento era ovviamente legata alla capacità delle macchine in dotazione3. Laddove si presumeva un carico al limite (o superiore) della portata dei paranchi, se ne impiegavano due contemporaneamente: è il caso ad esempio del frammento d’angolo del ballatoio di Casa di Diana, il cui peso era stimato intorno alle cinque o sei tonnellate (fig. 3). In casi eccezionali di crolli di dimensioni notevolissime, non supportati dalle capacità delle macchine di sollevamento (calidarium delle Terme del Foro), si fece ricorso al sezionamento in parti più piccole.

Quando gli elementi da ricollocare andavano posizionati in asse con le strutture di elevato, sia che fossero originali o appositamente ricostruite, bastava raggiungere la quota voluta e procedere all’appoggio della porzione di crollo soprastante. Le irregolarità e i vuoti, che spesso risultavano tra la superficie di attesa e quella di posa, venivano temporaneamente livellati con l’inserimento di zeppe lignee, per poi essere integrati con nuova muratura. Non sempre era possibile rimuovere le zeppe a conclusione dei lavori, come accadde ad esempio in occasione del riposizionamento delle finestre lungo il lato orientale della Caserma dei Vigili. Per la ricollocazione di membrature architettoniche in aggetto, si fece invece generalmente ricorso a tirantature in ferro. L’ancoraggio dei frammenti del ballatoio di Casa di Diana fu ottenuto inserendo barre di ferro nelle sezioni murarie, fissate all’estremità della parete retrostante con elementi ortogonali (bolzoni o paletti) di dimensioni e forma diversa; questi ultimi, dotati di occhiello e spesso di ulteriori fori circolari, erano forgiati ad uncino e inseriti nella parete di fondo. La connessione fra tiranti e bolzoni fu ottenuta frequentemente facendo passare un’estremità del tirante all’interno dell’occhiello del bolzone, per poi curvarla; in alternativa si utilizzarono semplici cunei inseriti in un foro del tirante o bulloni a vite fissati in uno dei fori

circolari del bolzone. Questo sistema, quasi del tutto invisibile dall’esterno, risultava decisamente antiestetico all’interno dell’edificio, con tutti i paletti a vista variamente disposti (fig. 4). Il problema venne risolto qualche anno più tardi nella ricomposizione del balcone d’angolo degli Horrea Epagathiana, con l’inserimento delle barre all’interno delle murature e successiva mimetizzazione.

Nel rialzamento delle colonne, l’integrazione dei frammenti mancanti era frequentemente realizzata in muratura coperta da uno strato d’intonaco. Durante i restauri del frigidarium delle Terme del Foro, le colonne di cipollino vennero invece integrate con mattoni lasciati in vista; la stessa tecnica fu utilizzata per la ricostruzione delle basi marmoree perdute, con una fedele riproduzione delle modanature originarie. La

3 Cfr. infra, par. 4.1 “ Materiali e attrezzature di cantiere”, n. 19.

3. Casa di Diana, 1915. Spostamento di un frammento del ballatoio con due paranchi (Arch. fot. Ostia, n. B2216).

4. Casa di Diana, sistema di ancoraggio dei frammenti del ballatoio con i paletti a vista all’interno dell’edificio.

sovrapposizione degli elementi marmorei, sia dei rocchi che dei frammenti di fusti monolitici, avveniva spesso senza ausilio di sistemi di ancoraggio, limitandosi a sottili strati di boiacca cementizia. Ove ritenuto opportuno (ad es. nel collegamento tra base e fusto), si fece invece ricorso all’inserimento di perni di ferro fissati con boiacca o con colature di piombo fuso (fig. 5).

L’uso delle piombature, usate sin dall’antichità per il fissaggio di elementi metallici, è testimoniato anche per la ricomposizione del timpano del Tempio di Roma e Augusto4. Studiati i singoli pezzi ed individuati gli attacchi, la congiunzione avvenne in parte a terra, in parte direttamente nella sede di ricollocazione, utilizzando perni di rame (fig. 6). Fu inoltre necessario ancorare al muro, appositamente costruito, molti dei blocchi in aggetto con ausilio di tiranti di ferro. La capacità di deformazione del piombo consentiva di assorbire i tensionamenti determinati dalla dilatazione differenziale, dovuta all’accostamento dei metalli agli elementi lapidei o alle murature.

I dissesti statici delle strutture riportate alla luce furono affrontati, nel corso degli anni con interventi di consolidamento che rivelano scelte e tecniche esecutive diverse. Si è visto come nei lavori ottocenteschi del Caseggiato del Balcone a Mensole i dissesti strutturali furono affrontati con sostegni permanenti, quali contrafforti in muratura, speroni e tamponature. Nei decenni successivi si cercò invece di ristabilire le condizioni statiche compromesse attraverso interventi ricostruttivi.

Operazioni relativamente semplici erano costituite dalla rimessa a piombo di pareti sottoposte a rotazioni o a traslazioni orizzontali. In base all’entità del dissesto, si utilizzavano semplici leve o più frequentemente martinetti a binda5; una volta eseguito il raddrizzamento, si effettuava l’integrazione delle linee di frattura determinate dagli sforzi di taglio o di trazione, a volte ancora oggi riconoscibile. Quando invece ci si trovava di fronte a pareti completamente ribaltate, si procedeva alla realizzazione di puntelli temporanei in muratura, che consentivano di proseguire lo scavo e di progettare le operazioni di ricollocazione6.

4 Il progetto di ricomposizione è descritto in G. Calza, Restauri di antichi edifici in Ostia, “ Bollettino d’Arte”,IX,

1929-30, p. 307.E’ tuttavia Finelli a darci notizie più dettagliate delle tecniche di esecuzione nei G.S. aprile-settembre 1924.

5 Finelli ricorda la rimessa a piombo con ausilio di binde, dell’intera parete del fabbricato II III, 3 lungo Via dei Vigili,

ruotata di c. 30 cm (R.Q. gennaio 1912): “Un muratore con un manovale…e con l'aiuto di un secondo manovale, rimandò a posto tutto il muro di facciata della casa privata muro che misura m(….?) e che si trova quasi dirimpetto alle terme in questa medesima strada dei Vigili; muro che strapiombava di quasi m. 0,30. Lavoro che riuscì bene col solo aiuto di tre binde. Le ore impiegate furono 108 e la spesa di opere fu di 56 non comprese lire 5 per calce e pozzolana, in tutto fanno lire 61”. Intervento analogo fu compiuto all’interno del molino del Silvano (R.Q. maggio 1915) con la rimessa a piombo di una parete alta 4 m e lunga 7.

6 E’ ciò che è stato fatto, ad esempio, per una parete interna degli Horrea Epagathiana, in un vano posto lungo

l’omonima via (cfr. G. Calza, Restauri di antichi edifici in Ostia, “Bollettino d’Arte”, IX, 1929-30, pp. 293-294 ff. 2-3). 5. Foro di Porta Marina, 1938-39. Collegamento tra base e fusto di

In casi particolari i puntelli, benché pensati con carattere di temporaneità, cercavano di rispettare e mantenere la visibilità delle caratteristiche architettoniche dei manufatti. Come si può vedere nelle immagini relative ai primi consolidamenti dei balconi del Thermopolium7, venne realizzato un sostegno che non si limitava a riproporre la situazione antica, ma per esigenze statiche inglobava la mensola di travertino su due lati e si prolungava fino agli intradossi degli archi superstiti: alcune aperture consentivano tuttavia la visione e il rispetto degli elementi originali (fig. 7). Il puntello venne eliminato qualche anno più tardi, in occasione della ricostruzione del ballatoio (fig. 8).

Per rinforzare piattabande o archi sottoposti a schiacciamento, s’inserivano profilati di ferro orizzontali in corrispondenza delle linee d’imposta delle piattabande o armature centinate nell’intradosso degli archi; lo stesso sistema, anche con ausilio di due o tre barre parallele, era utilizzato per sostenere le stesse strutture ritrovate in frammenti che si decideva di rimettere in opera (fig. 9).

L’utilizzo più frequente di tiranti di ferro venne tuttavia adottato nel consolidamento e nella ricostruzione di archi e di volte parzialmente conservate, con lo scopo di contrastare le spinte sulle murature d’appoggio. Il loro impiego nelle operazioni di consolidamento, sia che fosse eseguito con intenti provvisionali che con

7 Le prime ricomposizioni e i primi consolidamenti delle strutture del Thermopolium furono eseguiti negli anni 1914-

1915 e sono descritti nei Giornali di Scavo; la ricostruzione definitiva del ballatoio avvenne nel 1920. 7. Thermopolium. Sulla destra il sostegno temporaneo in

muratura realizzato nel 1915 (Arch. fot. Ostia, n. B2208). 8. Thermopolium. Stato attuale dopo la ricostruzione del ballatoio eseguita nel 1920.

9. Thermopolium. Inserimento di armature di ferro a sostegno di una piattabanda rimessa in opera nel 1914.

carattere di permanenza, fu favorito dalla facilità di realizzazione e di posa in opera nonché dalla rapidità di esecuzione dei lavori. L’efficacia provvisionale dei tiranti consentiva di procedere ad una più agevole e sicura ricomposizione delle coperture, senza pericolo di squilibri delle masse murarie. Il sistema si rivelava particolarmente opportuno durante lo scavo di complessi edilizi con grande sviluppo in elevato, quando era necessario consolidare subito i livelli superiori prima di procedere all’abbassamento degli interri (fig. 10). In relazione alle caratteristiche del sistema spingente da consolidare e agli sforzi di trazione da contrastare, i tiranti potevano essere a sezione quadrata o a sezione circolare. Si ricorreva a questi ultimi nel caso di catene connesse con tenditore a vite (giunto a manicotto), il cui ruolo era quello di calibrare la tensione dei tiranti durante le fasi di ricostruzione della volta e prima del disarmo delle centine. E’ questo il caso del consolidamento delle teorie di crociere ribassate delle Terme dei Sette Sapienti. I capichiavi più frequentemente associati ai tiranti erano quelli a paletto, ottenuti con profilati a doppia T o con barre a sezione piatta.

Per la ricostruzione degli archi e delle volte si faceva ricorso a sistemi di centinatura realizzati in concomitanza con le operazioni di scavo; l’utilizzo degli interri come ponteggi provvisori consentiva infatti di risparmiare sui materiali8. A differenza dei restauri di fine ‘800, quando sia ad Ostia che a Roma erano ancora testimoniate centine su baule di terra9, nel secolo successivo si fece ricorso a centinature lignee

8 Finelli ricorda in più di un occasione l’utilizzo della terra di scavo come base d’appoggio per la realizzazione delle

armature, ad es. nel 1921 durante lo scavo degli Horrea Epagathiana: “..terra che fu maneggiata più volte da noi per preparare le forme per i restauri degli archi, restauri che furono eseguiti prima di togliere la terra allo scopo di economia di armature in legnami”.

9 Per l’utilizzo delle centine di terra nei restauri ostiensi e in quelli romani, cfr. infra 1.2, nota (da inserire).

10. Caseggiato del Serapide, 1936. Inserimento di tiranti in ferro nelle reni delle volte superstiti prima di procedere alla ricostruzione della copertura a botte (Arch. fot. Ostia, n. B2541).

ottenute con fogli di compensato curvati su strutture di sostegno, secondo la direttrice voluta10. Si trattava in genere di strutture a schema triangolare, realizzate spesso con un puntello centrale verticale e due puntoni inclinati sostenuti da saettoni; sui due lati inclinati erano inseriti mattoni a secco che impedivano la deformazione del compensato (fig. 11).

La disposizione e la conformazione delle armature di sostegno poteva variare in relazione allo stato di conservazione delle strutture da ricostruire ed alla disponibilità dei materiali. Una volta messa in opera la centina, sull’esterno del foglio di compensato si stendeva uno strato di malta con lo scopo di irrigidire la struttura lignea ed ottenere una superficie di appoggio omogenea, sulla quale il carico degli archi o delle volte ricostruite potesse distribuirsi in maniera uniforme (fig. 12).

Restano rare testimonianze di centine eseguite interamente in muratura, evidentemente in mancanza di materiali lignei. Si trattava di strutture realizzate probabilmente con malte molto magre, in grado di assolvere alla funzione di sostegno temporaneo ma facilmente smontabili al momento del disarmo (fig. 13).

10 Come risulta dall’acquisto dei materiali (ASR sede succursale, Fondo Soprintendenza Archeologica di Ostia), i fogli

di compensato si ricavavano preferibilmente da legni teneri, come il pioppo e l’ontano, e presentavano spessori di 5 o 6 mm.

11. Corridoio degli Aurighi, 1938. Sistemi di centinatura utilizzati per la ricostruzione degli archi, 1938 (Arch. fot.

12. Caseggiato degli Aurighi, 1938. Ricostruzione degli archi del livello superiore del portico. Visibile lo strato di malta steso sul foglio di compensato della centina (Arch. fot. Ostia, n. B2622).

13. Horrea Epagathiana, 1923-24. Realizzazione di una centina temporanea in muratura per la ripresa della ghiera di un’arcata del portico (Arch. fot. Ostia,