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Gli angeli nell'era patriarcale

Nel documento LA VERITÀ SUGLI ANGELI (pagine 40-47)

Abramo

Dio conferì grandi onori ad Abramo: gli angeli del cielo lo accompagnavano e gli parlavano come a un amico. — Patriarches and Prophets, 138.

Attraverso gli angeli, il Signore comunicò la sua volontà ad Abramo. Per quanto riguarda le richieste della legge morale e la grande salvezza che doveva avvenire mediante il sacrificio di Cristo, egli stesso gli apparve per informarlo sui rispettivi dettagli. — The Review and Herald, 29 aprile 1875.

«Quanto a me, ecco, stabilisco il mio patto con voi, con i vostri discendenti dopo di voi» (Genesi 9:9).

Dopo la nascita di Ismaele, il Signore si manifestò nuovamente ad Abramo e gli disse: «Stabilirò il mio patto tra me e te e i tuoi discendenti dopo di te, di

generazione in generazione; sarà un patto eterno» (Genesi 17:7).

Tramite i suoi angeli, ancora una volta il Signore ripeté la sua promessa di dare un figlio a Sara, e che lei sarebbe diventata la madre di molte nazioni. — The Spirit of Prophecy, 96.

Alla vigilia della distruzione di Sodoma, egli [Abramo] fu informato della decisione di Dio e perorò la causa di quegli uomini colpevoli. Nei suoi contatti con gli angeli ebbe modo di dimostrare tutta la sua ospitalità, lasciandoci un magnifico esempio.

Durante una calda giornata estiva il patriarca, seduto davanti alla sua tenda, osservava sereno il paesaggio. All’improvviso, vide in lontananza tre viandanti che si avvicinavano. Prima di raggiungere la tenda gli stranieri si fermarono, come per consultarsi. Senza aspettare che essi gli rivolgessero una richiesta di aiuto, Abramo corse loro incontro: quando vide che stavano per dirigersi da un’altra parte, con grande gentilezza li invitò a onorarlo, fermandosi da lui per riposarsi. Abramo stesso

portò dell’acqua, in modo che potessero lavarsi i piedi sporchi per la polvere, e scelse i cibi. Mentre i suoi ospiti riposavano al fresco, organizzò un pranzo; quindi

rimase in piedi davanti a loro, in segno di rispetto: nel frattempo, essi godevano della sua ospitalità. ...

Abramo aveva visto nei suoi tre ospiti solo tre viandanti e non aveva pensato che fra loro vi fosse qualcuno degno della sua adorazione. Ma la vera natura dei messaggeri celesti fu presto rivelata. Benché avessero il compito di realizzare un castigo, essi rivolsero a quell’uomo di fede parole di benedizione. ...

Abramo aveva onorato Dio, e per questo egli lo onorò a sua volta, rivelandogli i suoi progetti. ...Dio conosceva bene la grave corruzione di Sodoma, ma adeguò il suo discorso alla logica umana, in modo che la sua azione potesse essere considerata giusta. Prima di condannare i trasgressori, egli disse ad Abramo che voleva rendersi conto di persona della situazione; se essi avevano superato i limiti

della misericordia divina, non ci sarebbe stata un’altra possibilità per pentirsi.

— Patriarches and Prophets, 138,139.

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La distruzione di Sodoma e Gomorra

Abramo non si accontentò di ripetere solo una volta la sua richiesta, ma insistette più volte e, poiché le sue preghiere venivano accolte, la sua audacia cresceva;

questo lo indusse a continuare finché non ebbe ottenuto la garanzia che anche se ci fossero stati solo dieci giusti, la città sarebbe stata risparmiata. — Patriarches and Prophets, 139,140.

Due angeli visitano Lot

Verso il tramonto due stranieri si avvicinarono alla porta della città. In apparenza, sembravano due semplici viandanti che volevano fermarsi per la notte. Nessuno riconobbe in loro i potenti messaggeri del giudizio divino: L’incurante folla di gaudenti non suppose minimamente che il trattamento che avrebbe riservato loro, quella stessa notte, avrebbe rappresentato l’apice delle colpe che avevano condannato la superba città. Solo un uomo si mostrò gentile e premuroso, invitandoli nella propria casa. Lot pur non avendoli riconosciuti, era abituato a essere cortese ed educato: faceva parte della sua fede, degli insegnamenti che aveva imparato da Abramo. — Patriarches and Prophets, 158.

Gli angeli rivelarono a Lot lo scopo della loro missione: «... noi distruggeremo questo luogo. Infatti il grido contro i suoi abitanti è grande davanti al Signore, e il Signore ci ha mandati a distruggerlo» (Genesi 19:13). Gli stranieri che Lot aveva cercato di difendere promisero a loro volta di proteggerlo e di salvare tutti i membri della sua famiglia che avessero voluto fuggire da quella città corrotta. La gente che aveva circondato la casa si era stancata e se ne era andata; così, Lot uscì per avvertire i suoi figli ripetendo loro il messaggio dell’angelo: «... Alzatevi, uscite da questo luogo, perché il Signore sta per distruggere la città...» (Genesi 19:14). Ma a quelle parole essi si misero a ridere, considerandolo un burlone.

Lot tornò tristemente a casa e rivelò il suo insuccesso. Gli angeli allora gli ordinarono di alzarsi e di chiamare la moglie e le figlie che vivevano ancora con lui perché abbandonassero la città. Ma Lot non partì subito. ... Gli angeli di Dio sapevano che così sarebbero morti tutti tra le rovine di Sodoma. Allora, lo presero per mano, insieme alla moglie e alle figlie, e lo condussero fuori città.

Gli angeli li lasciarono qui per tornare a Sodoma, dove dovevano compiere la loro opera di distruzione. Un angelo, colui che Abramo aveva implorato, si avvicinò a Lot. ...

Il Principe del cielo era al suo fianco, eppure egli implorava di aver salva la vita

come se Dio, che aveva dimostrato tanto interesse e amore per lui, non volesse più proteggerlo. Avrebbe dovuto fidarsi completamente del messaggero divino,

ponendo le sue decisioni e la sua vita nelle mani del Signore, senza dubitare minimamente. Ma come tanti altri, cercò di fare da sé. ...

Nuovamente venne ripetuto il solenne ordine di affrettarsi, perché la tempesta

non avrebbe tardato ancora molto. Ma tra i fuggitivi qualcuno [la moglie di Lot]

si fermò per contemplare la città ormai condannata e per questo divenne un monumento del giudizio divino. — Patriarches and Prophets, 158-161.

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Abramo messo alla prova

Abramo aveva quasi cento anni quando Dio gli rinnovò la promessa di un figlio che sarebbe nato da Sara. La nascita di Isacco avvenne dopo una lunga attesa, durata un’intera vita, come coronamento delle più profonde speranze di Abramo e Sara e nelle loro tende regnava ormai la gioia. ...

Sara ritenne che l’atteggiamento [turbolento] di Ismaele avrebbe provocato conflitti continui e chiese con insistenza ad Abramo che Agar fosse allontanata dall’accampamento insieme al figlio. Il patriarca si trovava di fronte a una scelta difficile. Come poteva mandare via suo figlio Ismaele che amava? Prima di decidere, invocò la guida divina e il Signore gli disse, tramite un angelo, di accontentare Sara. ... L’angelo poi lo consolò promettendogli che, benché separato dalla casa paterna, Ismaele non sarebbe stato dimenticato da Dio, che lo avrebbe protetto e sarebbe diventato il padre di una grande nazione. Abramo ubbidì alla parola dell’angelo, anche se ciò apriva in lui una ferita, e con profondo dolore fece partire Agar e suo figlio. — Patriarches and Prophets, 146,147.

Dio voleva che Abramo diventasse il padre di coloro che sono fedeli e in questo senso la sua vita è stata un modello per le generazioni successive. La sua fede

tuttavia non era perfetta. ... Per offrirgli la possibilità di crescere spiritualmente, Dio lo sottopose a un’altra prova, la più severa che un uomo sia stato chiamato ad

affrontare. In una visione notturna gli fu chiesto di recarsi nella terra solitaria di Moriah dove, su una montagna che gli sarebbe stata indicata, avrebbe offerto suo figlio come olocausto. ...L’ordine fu espresso con parole che sicuramente ferirono e angosciarono quel padre: «... Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami... e offrilo là in olocausto...» (Genesi 22:2). Isacco era la speranza della stirpe del vecchio patriarca, il suo conforto, ma soprattutto l’erede delle benedizioni promesse.

Satana insinuò in lui l’illusione di un errore, perché il comandamento divino imponeva di non uccidere: Dio non avrebbe potuto chiedergli ciò che a suo tempo aveva proibito. Uscendo dalla tenda, Abramo alzò lo sguardo e vide il cielo terso e luminoso; ricordò la promessa di cinquant’anni prima, secondo la quale la sua discendenza sarebbe diventata numerosa come le stelle. Ma se ciò si doveva realizzare tramite Isacco, come avrebbe potuto ucciderlo? Abramo fu tentato di credere di essere stato vittima di un’allucinazione. ... Si ricordò degli angeli inviati per rivelargli il piano di Dio di distruggere Sodoma: essi gli avevano annunciato la promessa di un figlio, di Isacco; si recò nel posto in cui spesso aveva incontrato i messaggeri celesti, nella speranza di vederli ancora una volta per ricevere da loro delle indicazioni, ma nessuno venne in suo aiuto. — Patriarchs and Prophets, 147, 148.

Per tutto il giorno aspettò con fiducia la venuta di un angelo affinchè lo confortasse e lo benedicesse, oppure revocasse l’ordine di Dio, ma non apparve alcun messaggero di grazia. ... Il secondo lungo giorno stava per terminare, un’altra notte insonne trascorse nell’umiliazione e preghiera. Una nuova giornata prese inizio: il terzo giorno. — The Signes of the Times, 1º aprile 1875.

Giunti nel punto indicato, eressero l’altare e vi posero la legna; poi, con voce tremante, Abramo annunciò a suo figlio il messaggio divino. Isacco conobbe il suo destino con terrore e meraviglia, ma non oppose resistenza. Avrebbe potuto evitare la condanna, ma non lo fece. Il vecchio, affranto per l’angoscia ed esausto per la

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lotta di quei giorni terribili, non si sarebbe infatti potuto opporre alla volontà di quel giovane robusto. Isacco aveva però imparato sin da bambino a ubbidire

prontamente e con fiducia e ora, una volta conosciuto il piano di Dio, vi si sottomise volontariamente. Condivideva la fede di Abramo e considerava un onore la possibilità di offrire la sua vita. Cercava con tenerezza di alleviare l’angoscia del padre e aiutava le sue mani stanche a legarlo all’altare.

Era giunto il momento: le ultime parole erano state pronunciate, le ultime lacrime erano state versate. Il padre sollevò il coltello per uccidere il figlio ma un angelo di Dio gli gridò dal cielo: «Abraamo, Abraamo!» Egli rispose: «Eccomi». E l’angelo:

«Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli male! Ora so che tu temi Dio, poiché non mi hai rifiutato tuo figlio, l’unico tuo» (Genesi 22:11-12). ...

Dio mandò suo Figlio a morire tra le sofferenze e la vergogna. Gli angeli che videro l’umiliazione e la terribile angoscia del Figlio di Dio non poterono intervenire, diversamente da quanto avvenne per Isacco. Nessuna voce gridò: “È sufficiente”.

Per salvare gli uomini decaduti, il Cristo, il Re di gloria, offrì la sua vita. ...

Gli abitanti del cielo erano stati testimoni della scena in cui la fede di Abramo e la sottomissione di Isacco erano state messe alla prova. ...Tutto il cielo constatò con meraviglia e ammirazione la ferma ubbidienza di Abramo e gioì per la sua fedeltà.

Le accuse di Satana si dimostrarono false. ...

Era stato difficile anche per gli angeli comprendere il mistero della redenzione, comprendere che il Signore del cielo, il Figlio di Dio, doveva morire per l’uomo

peccatore. Quando fu chiesto ad Abramo di sacrificare suo figlio, tutti gli esseri del cielo furono coinvolti, e osservarono con grande interesse e attenzione

l’esecuzione di quell’ordine. Quando alla domanda di Isacco: «Ma dov’è l’agnello per l’olocausto?» Abramo rispose: «...Dio stesso si provvederà l'agnello per l'olocausto» (Genesi 22:7,8); quando la mano del padre si alzò per colpire il figlio e infine il montone che Dio aveva procurato fu offerto al posto di Isacco, il mistero della redenzione si illuminò di una luce più intensa e anche gli angeli capirono più

chiaramente il grande piano che Dio aveva previsto per la salvezza dell’uomo (cfr.

1 Pietro 1:12). — Patriarches and Prophets, 152,154,155.

Il matrimonio di Isacco

Per Abramo, la scelta di una moglie per suo figlio [Isacco] era una questione molto importante, egli era ansioso di trovare una donna che non lo avrebbe allontanato da Dio. Isacco aveva fiducia nella saggezza e nell’affetto del padre ed era contento di seguire i suoi consigli; credeva inoltre che la sua scelta sarebbe stata guidata da Dio stesso. Abramo pensò allora ai parenti di suo padre, che vivevano in Mesopotamia. ...

Abramo affidò questo compito importante “al più anziano servitore”, un uomo di

esperienza, pio e saggio, che lo serviva fedelmente da molto tempo, e gli disse: «Il Signore, il Dio dei cieli, che mi fece uscire dalla casa di mio padre e dal mio paese natale... egli stesso manderà il suo angelo davanti a te...» (Genesi 24:7). ...

Il messaggero partì senza indugiare. ... Arrivato ad Haran, la “città di Nahor”, egli si fermò fuori dalle mura, presso il pozzo al quale le donne del luogo andavano la sera ad attingere l’acqua. ... Si ricordò che Abramo gli aveva promesso che Dio

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avrebbe inviato il suo angelo per guidarlo e pregò ardentemente per ricevere aiuto.

Nella casa del suo padrone era stato abituato a essere sempre gentile e ospitale e ora chiedeva che la ragazza, che Dio aveva scelto, si distinguesse per un suo gesto di cortesia.

La risposta alla sua preghiera non si fece attendere. La sua attenzione fu attratta infatti dalle maniere gentili di una delle donne che erano vicino al pozzo. Quando ella si allontanò, lo straniero le andò incontro per chiederle dell’acqua dalla brocca che portava sulle spalle. La ragazza rispose gentilmente e si offrì di attingere altra acqua per i cammelli, come anche le figlie dei prìncipi avevano l’abitudine di fare per i greggi e le mandrie dei loro padri. Era questo il segno tanto desiderato. ...

Abramo abitava a Beer-Sceba e Isacco, che aveva accompagnato il gregge nelle zone circostanti, era tornato alla tenda di suo padre per attendere l’arrivo del messaggero che proveniva da Haran. «Isacco era uscito, sul far della sera, per meditare nella campagna. ... Il servo raccontò a Isacco tutto quello che aveva fatto.

E Isacco condusse Rebecca nella tenda di Sara sua madre, la prese, ed ella divenne sua moglie» (Genesi 24:63-67). — Patriarchs and Prophets, 171-173.

Giacobbe ed Esaù

Giacobbe ed Esaù, i due gemelli di Isacco, avevano un carattere opposto e conducevano una vita molto diversa. Tutto ciò era stato predetto dall’angelo di Dio ancor prima della loro nascita quando, in risposta all’ansiosa preghiera di Rebecca, annunciò che le sarebbero stati concessi due figli. Le rivelò anche il loro destino futuro, dichiarando che entrambi sarebbero diventati i fondatori di potenti nazioni e che il più giovane avrebbe avuto una posizione preminente.

Isacco... stabilì con chiarezza che Esaù, come figlio maggiore, avrebbe avuto diritto alla primogenitura. Ma Esaù non aveva nessuna dedizione e nessuna

attitudine per la vita religiosa e il culto. ... Rebecca ricordava le parole dell'angelo e... si convinse che la promessa dell'eredità divina era diretta a Giacobbe; ripetè a

Isacco le parole dell'angelo, ma egli non cambiò idea: amava troppo il figlio maggiore. — Patriarchs and Prophets, 177-178.

Giacobbe era venuto a sapere dalla madre che secondo l’ordine divino il diritto di primogenitura sarebbe stato concesso a lui. Tutto ciò fece sorgere nel giovane un profondo desiderio dei privilegi che questo gli avrebbe conferito. Non desiderava le ricchezze del padre, ma il diritto alla primogenitura spirituale.

Un giorno Esaù, tornando dalla caccia debole e affaticato, vedendo che Giacobbe stava preparando del cibo, gliene chiese una porzione. Giacobbe, che aveva in mente sempre lo stesso pensiero, ne approfittò per proporgli quel cibo come condizione di scambio per ottenere il diritto di primogenitura. «... Ecco, io sto morendo» gridò il cacciatore sconsiderato ed egoista, «a che mi serve la primogenitura?» (Genesi 25:32). Così per un piatto di minestra egli rinunciò al suo diritto e confermò questa sua scelta con un giuramento. ...

Giacobbe e Rebecca riuscirono a realizzare i loro piani, ma questo inganno portò loro solo difficoltà e tristezza. Dio aveva dichiarato che Giacobbe avrebbe ricevuto il diritto alla primogenitura; la sua parola si sarebbe adempiuta al momento opportuno, se essi avessero agito con fede, affidandogli la possibilità di operare in loro favore.

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... Minacciato di morte dalla collera di Esaù, Giacobbe abbandonò la casa paterna come un fuggiasco.

Alla fine del secondo giorno di fuga era già lontano dalle tende di suo padre; si sentiva esiliato e riconobbe che tutti i suoi problemi erano una conseguenza del suo errore. Vittima della disperazione, quasi non osava pregare: ma fu in questa terribile solitudine che avvertì, come mai prima, la necessità della protezione di Dio. Si umiliò profondamente e piangendo confessò il suo peccato, implorando un segno della protezione divina.

Il Signore, tuttavia, non aveva dimenticato Giacobbe. ... Stanco per il cammino, il viandante si sdraiò sulla nuda terra e posò la testa su una pietra. Durante il sonno vide una scala luminosa e splendente, che collegava il cielo con la terra; gli angeli salivano e scendevano e in cima c’era il Signore della gloria, che dal cielo pronunciò queste parole: «... Io sono il Signore, il Dio di Abraamo tuo padre e il Dio di Isacco...» (Genesi 28:13). In questa visione era stato presentato a Giacobbe il piano della salvezza. ... La scala infatti rappresenta Gesù, colui che con i suoi meriti ha gettato un ponte fra Dio e l'uomo, superando l'abisso aperto dal male; senza di lui, gli angeli non avrebbero potuto realizzare nessun contatto con gli uomini caduti. ...

Con una fede nuova e salda nelle promesse divine, rassicurato dalla presenza e dalla protezione degli angeli, Giacobbe continuò il suo viaggio «... e andò nel paese degli Orientali» (Genesi 29:1). — Patriarchs and Prophets, 178-180,183,184,188.

Nonostante Giacobbe avesse lasciato Paddan-Aram per ubbidire alle direttive divine, il viaggio di ritorno, lungo la strada percorsa vent'anni prima mentre fuggiva, non fu privo di difficoltà. La sua colpa era viva nella sua mente: aveva ingannato suo padre. ... Mentre il patriarca si avvicinava alla sua destinazione, il ricordo di Esaù suscitava in lui tristi presagi. ... Il Signore ancora una volta, diede a Giacobbe un segno della sua protezione. — Patriarchs and Prophets, 195

.

Quando Giacobbe continuò il suo viaggio, gli angeli si presentarono. Vedendoli disse: «Questo è l'esercito di Dio» (Genesi 32:2). In sogno vide gli angeli di Dio accampati intorno a lui. — Spirituals Gifts 3:127.

Direttamente davanti a lui, come se gli mostrassero la via, Giacobbe vide due compagnie di angeli celesti che lo guidavano e lo proteggevano. E vedendoli, dalle

sue labbra sgorgarono parole di lode, esclamando: «Questo è l'esercito di Dio», e chiamò quel luogo Mahanaim, che significa due campi o due eserciti. — The Signes of

the Times, 20 novembre 1879.

Giacobbe, tuttavia, pensò di dover fare qualcosa anche lui per assicurarsi la propria salvezza. Decise infatti di inviare dei messaggeri per porgere a Esaù un saluto di riconciliazione. ... Ma i servi tornarono con la notizia che Esaù gli veniva incontro con quattrocento uomini e non aveva risposto al suo messaggio amichevole. ... «... Giacobbe fu preso da gran paura e angoscia» (Genesi 32:7). ...

Decise allora di dividere in due gruppi la gente che era con lui, facendo in modo che se uno fosse stato attaccato, l'altro avrebbe avuto il tempo di fuggire.

La sera, il gruppo raggiunse il torrente Iabbok e Giacobbe mandò la sua famiglia sull'altra sponda del fiume. Aveva deciso di passare la notte in preghiera e desiderava essere solo con Dio.

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All'improvviso una mano robusta lo afferrò: Giacobbe pensò subito che un nemico volesse ucciderlo e cercò di liberarsi dalla presa dell'assalitore. I due uomini lottarono nel buio e in silenzio. Giacobbe s’impegnò con tutte le sue forze, senza fermarsi neanche un momento. Mentre lottava per sopravvivere, un profondo senso di colpa oppresse il suo animo: gli tornarono in mente gli errori commessi. Essi lo

All'improvviso una mano robusta lo afferrò: Giacobbe pensò subito che un nemico volesse ucciderlo e cercò di liberarsi dalla presa dell'assalitore. I due uomini lottarono nel buio e in silenzio. Giacobbe s’impegnò con tutte le sue forze, senza fermarsi neanche un momento. Mentre lottava per sopravvivere, un profondo senso di colpa oppresse il suo animo: gli tornarono in mente gli errori commessi. Essi lo

Nel documento LA VERITÀ SUGLI ANGELI (pagine 40-47)